PARADISE LOST
In Requiem
2007 - Century Media
DONATELLO ALFANO
01/07/2011
Recensione
In Requiem! Il disco che tutti i fans dei Paradise Lost attendevano da anni; proprio così, l'undicesimo full length nella carriera ultraventennale della band di Halifax segna il ritorno definitivo alle sonorità che avevano reso epocali lavori come Icon (1993) e Draconian Times (1995). In questo cd le atmosfere cupe e morbose s'impossessano nuovamente della musica degli inglesi, facendoli tornare prepotentemente sul trono del gothic metal! Dimenticate le sperimentazioni elettroniche (ad onor del vero a me non sono mai dispiaciute, anche se erano distanti anni luce da quel sound magico ed unico da adorare incondizionatamente) che avevano caratterizzato album come Host e Believe In Nothing, in questo platter ritroviamo i PL più emozionanti ed intensi della prima metà degli anni novanta. Pubblicato nel maggio del 2007 dalla Century Media (la nuova collaborazione con la storica label, non poteva cominciare in maniera migliore!) il lavoro si presenta con una copertina ed un artwork meravigliosi; immagini inquietanti (realizzate dal leader dei greci Septic Flesh,Seth Siro Anton) che si adattano perfettamente alla musica contenuta. La line-up è la stessa dell'album precedente del 2005, quindi accanto ai veterani (e nel caso dei primi due anche fondatori): Nick Holmes (vc) Greg Mackintosh (ch) Aaron Aedy (ch) e Steve Edmunson (bs) alla batteria ritroviamo Jeff Singer, questa volta il suo drumming può essere visto come il classico valore aggiunto nell'alchimia creata dal gruppo. Il cd si apre con Never For The Damned, introdotta da gelide trame chitarristiche e suggestive percussioni, la traccia mette in mostra immediatamente la vena più dark e potente di vecchi cavalli di battaglia come Embers Fire e Enchantment, il singer guida magistralmente il pezzo con la sua voce evocativa e sofferta, ascoltandola la mente ci riporta nuovamente a quella di James Hetfield. La produzione a cura dell'ex Front Line Assembly, Rhys Fulber è perfetta, in ogni pezzo la scelta dei suoni si rivela sempre la più appropriata, lo dimostrano canzoni come Ash & Debris e The Enemy (pubblicata anche come singolo) dirette e con dei refrain affascinanti sempre in bilico tra rassegnazione e malinconia. Praise Lamented Shade è un altro episodio decisamente cupo, qui accanto alla struttura heavy delle tracce precedenti vengono affiancati dei suoni elettronici che non risultano affatto invadenti, il cantato di Nick diventa ancora più profondo e tetro. La title track alterna momenti aggressivi ad altri estremamente drammatici, le tastiere e le melodie create da Greg e Aaron ricoprono un ruolo fondamentale nella creazione di quest'atmosfera così triste. In Unreachable ritroviamo la struttura che aveva caratterizzato la fase sperimentale della band con l'unica differenza che questa volta la presenza delle chitarre è decisamente più consistente. Prelude To Descent con quel suo andamento cadenzato e la voce sognante del frontman ci fa evadere dalla realtà quotidiana, tutto questo fino ad una breve parte centrale dove assistiamo ad un inaspettato aumento di velocità che lascia poi nuovamente spazio al meraviglioso ritornello. Passiamo a Fallen Children, altra song nel classico stile dei PL, contraddistinta da una sezione ritmica sempre precisa e dinamica e da delle tastiere che donano un alone misterioso e malinconico ed ora è arrivato il momento di quello che personalmente considero il capolavoro assoluto del disco nonchè una delle migliori tracce composte dalla band, il suo nome è Beneath Black Skies, in questo brano dal ritmo sostenuto non c'è nessuno sprazzo di luce ma solo un viaggio nella disperazione più profonda reso ancora più doloroso dalle note da giorno del giudizio eseguite dal pianoforte, quando vogliono Greg e soci non sono secondi a nessuno in termini di oscurità e drammaticità, basta ascoltare una traccia come questa per rendersi conto della loro grandezza! Per riprendersi da un'emozione così intensa ci vuole proprio una parentesi diretta ed accattivante come Sedative God, gli echi dark wave sono ben presenti ed il singer offre un'altra performance decisa e versatile, devo ammetterlo: io sono uno di quelli che ha sempre adorato la sua voce in qualsiasi cosa abbia inciso. La chiusura è affidata a Your Own Reality, un lento meraviglioso e tormentato, ricco di arrangiamenti sinfonici e con un testo che mette i brividi (It's in your heart, it's in my soul, in your own reality It's in my heart it's in your soul... You believe that control has freed Never disguise all the tears that are cried) l'opera è già completa così e non si può chiedere veramente altro ai ritrovati sovrani del gothic ma occorre sottolineare la presenza di due interessantissime bonus tracks nell'edizione limitata del cd, la prima è la riuscita cover di Missing degli Everything But The Girl che pur mantenendo le linee melodiche dell'originale viene ovviamente resa più cupa e pesante, d'altronde il gruppo ci aveva già stupito in passato con le sue reinterpretazioni di vecchi hit della pop music, basti pensare alla loro versione della celebre Smalltown Boy dei Bronski Beat. La seconda bonus è Silent In Heart, brano immediato e tirato al punto giusto che fin dal primo ascolto mi ha ricordato pezzi storici come Shadowkings e I See Your Face. In conclusione possiamo affermare che anche se abbiamo dovuto aspettare ben dodici anni per sentire il vero successore di Draconian Times, l'attesa è stata ampiamente ripagata, questi sono i Paradise Lost che abbiamo sempre voluto e amato, quelli che ci trasportano ed emozionano con la loro musica colma di passione e solennità; dal canto mio continuo ad avere lo stesso pensiero di quindici anni fa: il futuro è anche nelle loro mani!
1) Never For The Damned
2) Ash And Debris
3) Enemy
4) Praise Lamented Shade
5) Requiem
6) Unreachable
7) Prelude To Descent
8) Fallen Children
9) Beneath Black Skies
10) Sedative God
11) Your Own Reality
Bonus Track:
12) Missing
13) Silent In Heart