PAOLA PELLEGRINI LEXROCK

Dreams Come True

2015 - QuaRock Records

A CURA DI
NIMA TAYEBIAN
01/08/2015
TEMPO DI LETTURA:
8

Recensione

Il caldo implacabile di quest'estate, torrida come non mai, non ci ha lasciato neanche un millisecondo di tregua. Il concetto di "freschezza" sembra essere un’oasi mentale praticamente irraggiungibile. Il mare è poco più di un placebo: ti bagni, esci fuori al sole e nell'arco di poco il sole ricomincia a picchiare. Conscio del fatto di non poter passare le mie intere giornate al mare, cerco il concetto di freschezza altrove. Nel mio studio magari, abbastanza ventilato, dove tento di aggiungere, alla suddetta, anche la voglia di "freschezza musicale". La situazione è deleteria: tonnellate di dischi già sentiti non possono darmi quella indescrivibile sensazione di piacere, paragonabile ad una bibita ghiacciata offerta al viandante nel deserto dopo chilometri e chilometri di cammino nel nulla. In mio soccorso per fortuna interviene un collega, che forse memore di quanto io sia restio ultimamente a far da “esporatore” nei meandri del web, mi passa un bel dischetto sottolineandone la qualità. Conscio di aver sentito ormai di tutto, affronto l'ascolto con una punta di scetticismo: "sarà bello, sicuramente...certo ce ne vuole per colpirmi ora come ora....boh, vediamo...". Qualsiasi dubbio iniziale viene smentito dall'ascolto: il disco (di matrice tra il punk e l'hard rock) è bello per davvero, e coinvolgente oltretutto. E certo che per coinvolgermi ormai un po' ce ne vuole. L'artista responsabile del disco, chiamato "Dreams Come True" risponde al nome di Paola Pellegrini, artefice del progetto "Paola Pellegrini Lexrock", un progetto che ha al suo attivo un demo ("Agape" del 2013) e il disco in questione, dato alle stampe in questo 2015 per la Qua'rock Records. Il disco, inutile a dirlo, di cui mi diletterò a parlare oggi, non prima comunque di un breve ma, si spera, esauriente spaccato sull'artista indispensabile per introdurre la nostra analisi. Dunque, a riguardo possiamo dire che Paola Pellegrini è molto di più che una semplice musicista e cantante, essendo anche un avvocato penalista del foro di Firenze (questa, comprendiamo dalla biografia, la sua professione "ufficiale") e una scrittrice con all'attivo materiale letterario e saggistico (incentrato proprio sulla sua professione da avvocato). Ma ci arriviamo per gradi. Parliamo al momento della Paola Pellegrini "musicista", argomento più consono alla nostra testata. La sua carriera musicale inizialmente "decolla" grazie alla sua partecipazione in alcune band, che possibilmente vanno strette a Paola, convincendola a mettere in piedi, ben presto, un monicker proprio, un progetto solista chiamato "Paola Pellegrini Lexrock", coniando nell'ultimo termine quasi una sorta di neologismo per dare l'idea della fusione quasi alchemica dei sue due mondi: da un lato la legge, con il costante impegno di tutelare i diritti costituzionalmente garantiti di ogni persona; dall'altro il rock, inteso nel suo senso più ampio di forza dirompente e amore per l'autenticità. E' del 2013 la registrazione del suo primo demo "Agape" che la porta alla corte della QuaRock Records, con la quale realizza, nel 2015 il disco "Dream Come True". Tematica portante l'Amore, trattato non banalmente, ma "amore tradotto in musica a volte con rabbia, a volte con poesia, a volte con divertimento, ma sempre con grande passione ed emozione”. Pur negli episodi più cupi o aggressivi (es. la canzone "Amore abissale"), il messaggio di fondo dell'album è la speranza: i sogni si possono realizzare, compreso il sogno di amore vero, andando sempre avanti e continuando a crederci, pur nelle avversità che sono disseminate in ogni percorso di ricerca di autenticità e felicità duratura. Come già accennato la nostra poliedrica artista non si fa mancare neanche contrappunti letterari, essendo scrittrice e per di più con buoni esiti: è infatti del 2014 il suo primo romanzo "Ingollare Senza Affogare" (Del Bucchia Editore), storia d'amore a tempo di rock nuovamente imperniate sulla difficoltà di trovare giuste risposte alle proprie aspirazioni. A questo si aggiungono la raccolta di racconti "Rime vaganti - in un cielo spezzato, bruciato, smarrito" del 2010, edito da La Riflessione (raccolta con cui ha vinto molteplici premi letterari) e la monografia giuridica "La repressione degli abusi edilizi nella giurisprudenza amministrativa, penale e della Corte Europea dei diritti dell'uomo" (Giappichelli Editore 2012). Detto ciò, prima di addentrarci nell'analisi del disco in questione, spendiamo giusto qualche breve parola introduttiva sul disco oggetto dell'analisi,"Dreams Come True". L'album, composto di undici tracce, si muove su versanti principalmente punk oriented, con un vago spettro hard rock e alternativo a screziare il tutto qua e là. Generalmente, però, si parla la lingua del punk (anche a volta indurito verso frangenti più hardcoreggianti) nei suoi vari spettri, dal classico stile puro della prima ondata ("Hello Man", "You Will Not Wait For Me", l'appeal classicissimo di "Until You Drop") al punk hardcore ("Amore Abissale"), al pop punk quasi "californiano" (la title track). Alcune tracce invece sono più anomale ed alternative, tant'è che si fatica a classificarle come punk ( la cadenzata "Senza Difesa", la catchy "Take Me", l'ombrosa "Enough"). Il tutto griffato da un'ugola, quella di Paola, capace di una performance che a tratti può ricordare un mix tra Courtney Love e Siouxsie (ma solo in particolari frangenti, tranquilli, la personalità canora della singer è ben salda). Benone, finiti i preamboli direi di passare all'analisi del disco traccia per traccia.



Si inizia con "Love My Game", pezzo di gran presa ed impatto, diviso praticamente in due tronconi: una prima parte molto tirata, strutturata sull'alternanza di stop and go e frangenti veloci, e una seconda parte più cadenzata e paradossalmente più punkeggiante. La partenza è affidata a una veloce gragnola di stop and go in cui laconiche frasi urlate con vigore da Paola si alternano a secche deflagrazioni di chitarra e batteria in sincrono. A meno di dieci secondi voce e strumentazioni si saldano iniziando a correre sincronizzati su ritmi spossanti, carichi, irrefrenabili, con la vocalist che urla a gran voce "Love me/ love me/ love my game!!!!" per un paio di volte. A quindici secondi il copione si ripete: ancora stop and go tra gli strumenti e la voce sino al ventitreesimo secondo, quando, all'urlo quasi bellicoso di "Love me, love me, love my game!!!!" (ma in realtà di amore si parla) si ritorna a ritmi veloci, grondanti testosterone da ogni dove. Al trentunesimo secondo piccola variazione: gli stop and go scompaiono, e mentre le frasi mantriche già ascoltate in precedenza rimangono sostanzialmente invariate ( "You Love Me", "You Fuck Me", You Kiss Me", You Kill Me") scompaiono gli stop and go, cosa che permette a queste ultime di fluire in maniera più lineare e senza interruzioni, quasi fossero trainate da una slavina o da un qualcosa di indefinibilmente potente a cui è impossibile porre un freno. Tale parte si aggancia dunque fluida alla successiva, mantrica declamazione di cui sopra (quella in cui Paola invita ad "amare il suo gioco"). Al cinquantacinquesimo secondo i ritmi cambiano repentinamente: la struttura, prima indiavolata ed incalzante, ora diventa improvvisamente quadrata, cadenzata, retta da un gioco di chitarra pulsante di chiara matrice punk. La stessa performance vocale assume altri connotati, passando dall'irruenza istintiva del primo troncone ad un appeal più melodico e meno isterico. La struttura rimane pressoché invariata sino alla fine, che sopraggiunge con sorpresa molto presto (a quasi un minuto e quaranta). Una scheggia di bravura dunque, un ottimo preambolo per un disco che già da queste premesse inizia ad intrigare. A livello testuale ci troviamo d'innanzi ad un brano che mette in evidenza il rapporto un un uomo, un rapporto di natura sentimentale e sessuale caratterizzato da un turbinio di violenza (psicologica e fisica, da quel che evinciamo) e masochismo alle quali la protagonista (Paola?) non può opporsi. Quasi una sorta di perverso gioco in due nel quale sembra bello lasciarsi andare per godere del male, delle pulsioni represse che nel suddetto  trovano adeguato sfogo. Un gioco: del resto la natura del rapporto è vista come un qualcosa di "ludico", e l'importante non è amare o "farsi uccidere" (una metafora?) ma continuare a giocare al più perverso dei giochi, l'amore ("Tu mi ami, tu mi possiedi/ mi scopi nel tuo letto/ mi baci, mi uccidi./ Mi hai fatto del male ancora una volta./ Mi ami, mi ami, ami questo mio gioco../ Mi hai di nuovo lasciata sola a casa,/ mi fai stare così male,/ non riesco a stare qui dove sono,/ la vita è così nera.. gioca al mio gioco!"). La successiva "Amore Abissale" parla, rispetto al brano precedente, un linguaggio più consono al punk hardcore: dunque ritmi più frenetici e voce mantenuta maggiormente su toni urlati. Un giro di basso della durata di poco meno di sette secondi introduce il tutto. Un preambolo che precede  una struttura ferale decisamente più aggressiva rispetto a quanto ascoltato nel primo brano. E infatti oltrepassata la soglia del settimo secondo, finita l'introduzione di basso, parte un freddo giro di chitarra subito succeduto dalla singer e dal resto della strumentazione. Paola si mantiene su toni rabbiosi, carichi di acredine mentre la chitarra si mantiene su un rifferama essenziale quanto incalzante ben coadiuvata dalla batteria, foriera di ritmiche basilari ma veloci decisamente calzanti nel contesto. Al venticinquesimo secondo uno stacco strumentale rabbioso per la gioia di tutte le anime più metalliche: un break hardcore al confine con sonorità thrasheggianti, di cui mantengono un alone, un eco, senza entrarvi mai a pieno diritto. Un break nel quale viaggia solitario un sibilante innesto di chitarra che serpeggia in sordina tra le trame dell'inquieto marasma sonoro. Al trentatreesimo secondo si riprende sulla scorta delle già rodate sonorità, che proseguono implacabili come un panzer non deviando quasi di una virgola dalla struttura rodata. Quindi ancora una volta notiamo in evidenza le urla belluine di Paola, accompagnate egregiamente da un impianto strumentale molto veloce e duro, un motore spinto al massimo che si approssima alla fusione. Al cinquantesimo secondo ancora un break, gemello siamese del precedente, ancora una volta (e sarebbe deleterio ribadirlo, ma lo faccio ugualmente) si sfiora l'assalto thrash rimanendo su coordinate hardcore. Lo stacco si va smorzando verso l'inizio del minuto in maniera graduale, tramite note lunghe che deragliano in piccoli break, per arrivare a defluire in un giro di basso non troppo distante da quanto udito nelle prime battute. Giro di basso che ci riporta inesorabilmente nella struttura portante, screziata nuovamente, per un paio di volte dal solito break hardcoreggiante (a un minuto e venti e a un minuto e cinquantacinque, l'ultimo reiterato per ben due volte). Finale fulminante a due minuti e venti con un'ultima declamazione della singer. Il testo stavolta tratta della difficoltà della protagonista (si immagina sia sempre Paola) di andare avanti in un rapporto sentimentale senza annegare nelle proprie frustrazioni, smorzate attraverso la risata "terapeutica" e il fumo. Quando dalle prime battute si parte con "Ho Voglia Di Vivere/ Ho Voglia Di Fumare" sembra ci si trovi di fronte ad una dichiarazione d'intenti sul probabile edonismo della protagonista, ma non è così: andando avanti nel corso del brano, ci si rende conto di come si cerchi invece un'ancora di salvataggio in un amore che la sta strangolando (come si evince con estrema evidenza dal verso "Un Tempo Era Bello Lasciarsi Trasportare/ Adesso Non C'è Tempo, Bere O Affogare", ma a dire il vero la cosa si percepisce un po'in tutto il brano) e quel che si respira è decisamente un aria di tensione, per una vita ormai ingestibile a causa di un "amore abissale" (Ho voglia di vivere/ Ho voglia di fumare/ Non riesco più a ridere/ in questo amore abissale/ Non farmi più domande/ Non posso più aspettare/ So cosa si nasconde/ in questo amore abissale"). La terza traccia "Hello Man" ritorna a parlare un linguaggio più inerente al genere "punk classico", seppur subodorante indie rock e alternative. Niente velleità hardcoreggianti, i ritmi sono sicuramente più distesi e catchy, e la "rabbia" in questi frangenti sembra commutarsi alchemicamente in "grinta". Un giro di basso ancora una volta introduce il brano - ma rispetto al precedente preambolo qui vi è un abbozzo di melodia che lascia ben presagire per il "dopo". Infatti al termine del preambolo siamo fiondati su ritmi sicuramente arrembanti, ma decisamente di facile presa (specie se si azzardano paragoni con la precedente "fucilata" hardcoreggiante). Infatti il brano attacca con decisione con un riff semplice di chitarra e una batteria cronometrica ben attenta a non alzare il tasso dei bpm. La cosa interessante è la modulazione vocale di Paola, che in questi frangenti evita quasi del tutto l'approccio "urlato" al fine di una maggiore ricerca melodica, sempre gestita su toni controllati (vagamente cantilenanti) e meno irruenti, salvo pochi "accenti" più grintosi, come al trentesimo secondo, quando la voce si carica per un istante prima di un modesto break (di pochi secondi) che lascia spazio agli strumenti (batteria e chitarra, in un sincrono martellante). Terminato il break si continua nelle medesime direttive di cui sopra: il pezzo avanza veloce ma non terremotante, molto godibile, con la chitarra che continua a sciorinare il suo rifferama monocorde egregiamente accompagnata da una batteria controllatissima e basilare. La voce ora si accompagna ad un controcanto più acuto (sempre di Paola) che funge da "enfatizzazione" alla strofa. Il cantato arriva dunque nuovamente a caricarsi (quasi alla soglia del cinquantesimo secondo) per aprirsi nel refrain (superato il cinquantesimo secondo), decisamente energico, la cui peculiarità è in gran parte il cantato più veloce e forse più “testosteronico” di Paola (rispetto naturalmente a quanto ascoltato sino ad ora nel brano). Ma cadrei in fallo se omettessi le piccole ma significative variazioni ritmiche di batteria, accenti interessanti di un drum set che sino a questo momento si era mantenuto fondamentalmente soggiogato ad un ambito strutturale, architettonico. Superata la soglia del minuto la voce si spegne gradualmente dando spazio a un giro di basso identico a quello delle prime battute. A un minuto e quindici circa, con il giro di basso ormai in secondo piano, emerge un interessante, breve, giro esagitato di chitarra, utile (e inaspettato, a dirla tutta) per creare un interessante stacco con quanto segue. A un minuto e ventitre si riprende sui medesimi binari portanti: ergo il pezzo torna veloce ed arrembante, e la voce di Paola si riassesta sui toni melodico/cantilenanti, salvo darsi a qualche accento "grintoso"  e "sprezzante"in più qua e la. A un minuto e cinquantasette ancora una volta il refrain, cantato a pieni polmoni, dinamico, fulminante. Un ritornello pieno di energia e capace di prenderti al volo, in cui si concentra anima e cuore di questo pezzo. Il ritornello viene ripetuto più volte, fluendo rapido come un fiume in piena, prima di un breve stacco in cui la vocalist cambia tono assumendo un'aria più sarcastica, gigioneggiando per un attimo dietro al microfono. E poi di nuovo il refrain, ripetuto ancora, e ancora, e ancora, per arrivare come una slavina alla fine. Il testo stavolta sembra una pura, immacolata, semplice dichiarazione d'amore. Anzi, per andare nello specifico, la volontà di cercare certezze da un uomo che la protagonista sente essere una sorta di anima gemella, quello "giusto per lei". Poche sono le pretese (la volontà di farla sentire se stessa) in cambio di un tenero, incondizionato amore ("Quando il mio cuore inizia a brillare/ quando ciò che desidero è anche ciò di cui ho bisogno,/ allora sento che tu sei mio!/ Non mostrarmi il modo giusto di fare le cose,/ non dire che è il giorno sbagliato,/ fammi solo essere me stessa!/ Ciao, uomo!/ Ciao.. mi donerai il tuo amore?"). Con la quarta traccia, la Title Track, arriviamo ad un pezzo più "pop punk oriented", allegro nei toni, scanzonato, un tipico pezzo che non guasterebbe nel songbook di qualche punk band californiana. Il pezzo, molto lineare e diretto, inizia con un bel giro di chitarra "allegro", dalle tonalità accese e solari, sovrapposto ad un riff "grattato" tipico del genere, incalzante e funzionalmente "atonale", gemellato ad una batteria veloce capace a tratti di qualche piccola variazione ritmica. Quasi al ventesimo secondo subentra la voce di Paola, che, non tradendo le aspettative, stempera qualsiasi velleità rabbiosa  a favore di un appeal decisamente melodico. E' una voce se possibile calda, solare, capace di integrarsi perfettamente con la musicalità "California-oriented" della tessitura. Non si dimentica la grinta, in questi frangenti: la voce infatti sa dimostrarsi qua e la sprezzante (come da copione punk). Al quarantesimo secondo il refrain, zenith del brano, in cui il calore dimostrato dalla trama precedentemente abbozzata, si  palesa pienamente: il ritornello è di quelli che finiscono, grazie alla sua innegabile capacità di fare presa, per stamparsi immediatamente nella testa dell'ascoltatore. Quasi al minuto, al termine del refrain, si ritorna nelle coordinate-base, decisamente simili a quanto ascoltato in precedenza (prima del ritornello, insomma): il pezzo dunque si mantiene veloce ma molto positivo, capace di suscitare sensazioni gradevoli e strappare un compiaciuto sorriso di goduria (già a metà ascolto si potrebbe pensare di eleggerlo a tormentone di quest'estate). Il proseguo non offre particolari sorprese: a quasi un minuto e venti di nuovo il refrain, ripetuto per due volte, quindi un breve break melodico (con il giro di chitarra ascoltato nelle prime battute) oltrepassato il minuto e mezzo, e quasi a due minuti di nuovo il refrain (accompagnato da controcanti, sempre di Paola). Si arriva così alla fine, a circa due minuti e venti. Dunque ancora una volta un pezzo molto breve e sicuramente semplice, ma fidatevi, di gran presa. Un piccolo gioiellino di cui sentivamo sicuramente il bisogno! Il testo parla fondamentalmente di un amore infranto, di un rapporto, quello della protagonista con il suo uomo, finito come un bel sogno alle prime luci del mattino. La protagonista ancora si aggrappa ai propri ricordi, quasi venendone trascinata (esemplare l'affermazione "Amami, tesoro!/ Amami, e realizza i miei sogni!") e senza il proprio uomo, della quale la protagonista sembrava (o sembra ancora) ciecamente innamorata, non sembra esserci via di scampo. Incredibilmente ancora si ritorna al concetto di amore visto come un gioco, un "gioco crudele" che non lascia possibilità di fuga a chi inizia a "giocarlo" in maniera più seria e coinvolta ("Sognando un cielo bianco e azzurro,/ hai rubato la mia anima../ senza ragione, perché?/ Non c’era nulla da dimenticare,/ hai solo spezzato il mio cuore / e mi hai fatta impazzire [...] L’amore è un gioco crudele,/ ed io non voglio innamorarmi ancora una volta.."). Ugualmente bella la successiva "You Will Not Wait For Me", diversa nella trama a dimostrazione della poliedricità dell'artista. Pur essendo, il pezzo, ancora irrorato da uno spettro punkeggiante, stavolta sembra di trovarci di fronte a qualcosa di ibrido tra punk, alternative e post-punk (eh si, con un bel po' di fantasia potrete vedere materializzato lo spettro di Siouxsie). Soprattutto la fusione tra punk e post punk sembra palesarsi con una certa evidenza: dunque il parto stavolta non è più animato da puro e incompromissorio spirito punk, ma da un ibrido spettro evoluto, capace di parlare un linguaggio diverso senza per questo disorientare. Si parte con un breve intro alla batteria, colpi secchi e decisi, poi brevi note strimpellate di chitarra, "saltellanti", pazzarelle, ad accompagnare basso e batteria su ritmi sincopati e meccanicamente dinamici. Al dodicesimo secondo la voce di Paola, mantenuta su toni vagamente sprezzanti e distaccati, dall'appeal molto punk / indie. Al ventesimo secondo circa la strofa giunge all'acme con la declamazione "You Will Not Wait For Me" (riprendendo il titolo del pezzo) e la voce di Paola si fa più accesa, lasciando da parte i toni un po' distaccati sentiti in precedenza per riscaldarsi caricandosi di invidiabile grinta. Superato ampiamente il trentesimo minuto si ha una ripetizione delle prime "saltellanti" battute post-punkeggianti,che ci riportano verso i quarantacinque secondi al proseguo  della struttura basilare del brano (dunque strutturalmente ci si muove verso ambiti del tutto gemelli a quanto sentito oltrepassata la soglia dei primi dieci secondi) che si palesa nuovamente nella liberatoria, catartica declamazione "You Will Not Wait For Me". Ancora una ripetizione di quanto sentito nei primi dieci secondi, quindi una rullata di batteria ci porta al refrain, arioso, ancor più catartico e liberatorio, capace di svettare sul resto del brano come un'aquila in volo: un refrain che pesca più dall'alternative e dall'indie che dal post punk, e che corona il brano come completo poliedro indice del vasto spettro musicale di Paola. A un minuto e trentaquattro si ripete per l'ennesima volta lo stacco già usato nell'introduzione, stavolta addizionato alla voce campionata di Paola (che ripete suadente "tonight/tonight..."). Ancora il refrain a un minuto e quarantacinque, al termine del quale, screziata da un riff molto metallico e rombante, sentiamo ancora la voce di Paola ripetere mantricamente "tonight...tonight..." mentre i toni si affievoliscono per poi spegnersi del tutto. Ancora una volta, testualmente, si torna a parlare di amori infranti, di promesse tradite. La protagonista si cala in una fase introspettiva ripensando a come il proprio uomo abbia scelto "altre strade" sacrificando ciò che per lei (la protagonista) era tutto, l'aria che respirava, il sole che sorgeva al mattino, ossia il suo amore, la sua attenzione, il fatto di poter essere vicina a lui. Ma lui non c'è più, è solo un ricordo, e lei non può fare altro che ripensare al suo uomo. Un pensiero che la logora dall'interno, che si conclude come un anatema ("L’amore uccide e tu morirai,/ la mia anima risorgerà questa notte..") lanciato in maniera rabbiosa e giustamente spietato ("Cerco una risposta ma nulla è chiaro,/ vado avanti, ogni giorno/ è una lotta./ Il tempo scorre così lontano../ Ma tu non mi aspetterai!/ Come l’alba arriva dopo la notte,/ io guardo il cielo../ e spero che tutto brilli ancora./ Hai scelto la strada sbagliata,/ hai venduto la tua anima per un po’ di soldi../ sei andato via e mi hai lasciata."). Ecco, della precedente "You Will Not Wait For Me" elogiavo la "singolarità", l'importante peculiarità di non ripetere schemi ad libitum, il fatto di mantenere la propria identità incorporando anime diverse: con questa "Senza Difesa", sesta traccia, ci spingiamo addirittura un gradino oltre. Il brano si struttura nei suoi quasi quattro minuti (un record, considerando il basso minutaggio dei singoli pezzi sino a qui ascoltati) su ritmi decisamente più quadrati e robusti: non c'è traccia delle bordate ariose dei precedenti pezzi, dell'irruenza all'arma bianca di un brano come "Amore Abissale", stavolta si giocano carte più pesanti. Il brano è più (hard) rock, ma troppo "pachidermico" per scomodare questo termine. Sensibilità metalliche sono comunque dietro l'angolo (Tant'è che temerariamente potrei scomodare l'etichetta "alternative metal". E' comunque singolare come sino a questo momento siano proprio i brani cantati in italiano quelli capaci di strizzare l'occhio alle anime più "metal oriented"). Si inizia con un riffone sincopato accompagnato dal resto degli strumenti. Al ventesimo secondo circa subentra, sempre sulla scia gettata dalla traccia di partenza (che si conferma come struttura portante non cambiando quasi di una virgola), la voce di Paola, screziata di un'indefinibile spleen: risulta senza mezzi termini più ombrosa, meno "positiva", priva di qualsiasi velleità sprezzante, quasi che il buonumore punkettone ascoltato in precedenza si fosse improvvisamente eclissato in un buco nero di sordida riflessività, quasi che l'irruenza “caciarona” si fosse stemperata in rivoli di sublime grigiore. Il cantato si alterna e viene screziato qua e la da inserimenti chitarristici algidi. Dopo una brevissima pausa a quasi cinquanta secondi si ricomincia, e l'intelaiatura non cambia quasi di una virgola, salvo l'inserimento di backing vocals (della stessa Paola) a dare più carattere al cantato. A un minuto e quindici, su un arazzo strumentale fondamente simile inizia ad ergersi un apporto vocale ben più alto e deciso, molto più enfatico rispetto al primo minuto, seppur non privo di quel senso di angustia che sembra aleggiare come un'ombra dietro alle trame del brano. A un minuto e quarantacinque abbiamo un giro di chitarra freddo come un neon in una città notturna in pieno inverno, addizionato al riffone possente che mai ci ha abbandonato e che ha continuato imperterrito a marciare adombrato dalla magnetica voce della cantante. Un ottimo connubio, non c’è che dire. Oltrepassati i due minuti torniamo in seno alle coordinate già rodate di un brano che ama muoversi attraverso passi mastodontici da elefante (ed eventualmente travolgere tutto nel cammino). Si nota, ne proseguo, una maggiore volontà di Paola di inasprire i toni, portando talvolta il cantato ad assumere caratteristiche più ferali ed "incazzate" (scusate il francesismo). Si continua così imperterriti sino alla fine, su coordinate che non si prestano a particolari variazioni di sorta. Il testo si concentra sulla totale dedizione della protagonista ad un uomo, resa palese in una focosa notte d'amore. La protagonista si concede anima e corpo a lui, cerca una perentoria conferma ("Dimmi che sono io il tuo tutto o niente...") ma in fondo sa che ora lui e lei sono un tutt'uno, che esiste un feeling impossibile da rompere, e infatti il tutto viene sugellato con la frase "Sarò sempre tua. Senza difesa" ("Una salita che è già scesa/ Una Bastiglia che è già presa/ Una moneta che è già spesa/ Stanotte sono tua. Senza difesa/ Baciami dolcemente e veramente/ Dimmi che sono io il tuo tutto o niente/ La perfezione nell'attimo presente..."). La settima traccia ,"Take Me" sembra pescare nuovamente dal genere indie rock. Le fucilate punk di tanti brani ascoltati in precedenza in questo brano sembrano stemperarsi in ritmi più distesi, molto, molto catchy: l'irruenza ancora una volta è accantonata a favore di un più spiccato appeal melodico, e non si nasconde, tra l'altro, un andamento generale, sia a livello musicale , sia delle modalità espressive di Paola, vagamente ombrose. Niente di particolarmente evidente o sottolineato, solo con un po' di attenzione si può notare come il buonumore ruspante dei primi brani sia ridimensionato a favore di soluzioni più "riflessive", quasi autunnali. L'intro, gestito su un giro di chitarra freddo e distaccato (ma al contempo melodico) sembra lasciar presagire qualcosa di maggiormente "duro", "punkettone". A stemperare qualsiasi possibile andamento urticante ci pensa, verso il quindicesimo secondo un ottimo giro di chitarra, molto melodico, fluido, abbastanza"introspettivo" (non è di quei ricami chitarristici che possono portare alla mente termini come "goliardia", "scanzonatezza", "ironia", "allegria"). Al quarantesimo secondo la voce di Paola entra dunque in scena, stavolta subodorante un lontano senso di spleen: i toni sono più mesti che altrove e la rabbia incontrollabile di certi brani sembra essere ridimensionata dietro larghe porzioni d'ombra. Il cantato non è veloce, ma gestito in maniera molto più controllata. Il sottofondo musicale è sincopato, strutturato su tempi molto ragionati. A un minuto e otto il ritornello, che si distacca un minimo dai toni opachi precedentemente sentiti per rinvigorirsi un minimo (ciò è avvertibile più che altro dal cantato di Paola, che acquista quel tantinello di grinta in più per enfatizzare tale frangente) ma sicuramente le trame rimangono poco irrorate di luce solare. Un giro melodico di chitarra (superato il minuto e cinquanta) ci riportano in breve alla struttura principale, inevitabile continuo di quanto sentito prima del refrain. Si continua dunque su binari in cui la rabbia si diluisce nell'angst, attraverso una voce, ora forse più carica, ma mai troppo rabbiosa, e un supporto musicale che preferisce non gettarsi su particolari variazioni e svolazzi pindarici (ad eccezione di qualche piccolo accento di chitarra e batteria). A due minuti e cinquanta un break chitarristico di gran pregio si erge nel brano valorizzandolo, dando ancor più spessore ad una song che nel suo retrogusto melanconico già ci era piaciuta. Ed è proprio con questo "stacco" che il brano, arrivato ai quattro minuti, si conclude. Testualmente stavolta si parla il linguaggio della pura sensualità: la protagonista è quantomeno esaltata dal rapporto passionale con un uomo, un delirio di una notte che la spinge a pensare follemente caricata al massimo dalla più focosa libido e da un bruciante senso di goduria estatica. Si intuisce che è la travolgente passione di una notte, ma tale notte vuole e deve essere un coacervo di emozioni forti, privi di qualsiasi razionalità. La protagonista vuole farsi possedere da quell'uomo, vuole essere sua anima e corpo, bruciata, dilaniata letteralmente da un'inspiegabile ardore ("Questi momenti sono senza tempo,/ non finiscono mai,/ il tempo non ci cambierà, amico mio,/ un fragile delirio che mi spinge al massimo,/ una notte perfetta../ Amami,/ prendimi, leghiamoci per tutta la vita!/ Stupiscimi,/ disarmami,/ fammi tua come solo tu sai fare!"). I termini "ombroso", "riflessivo" ben si addicono alla ottava traccia "Enough", brano ancora una volta molto particolare, del tutto rinunciatario del verbo punk e del rock duro a favore di soluzioni molto introspettive. Un brano "notturno" che pur indirettamente sembra irrorato di uno spirito oscuro alla Siouxsie (non troverete omaggi ne citazioni nel suddetto pezzo, ma la verve oscura non sembra lontana anni luce da certe cose partorite dalla reginetta inglese). Non è post punk, non è punk: stavolta sembra di avere a che fare con un ibrido di "dark indie rock". Certo l'intro di chitarra potrebbe ricordare proprio Siouxsie o i Cure, ma dal ricamo chitarristico - molto melodico - al ventesimo secondo si tracciano le opportune distanze. La voce è mesta, dotata mai come ora di “ennuì2, di spleen. L'amarezza sembra essere di casa. Dal quarantacinquesimo secondo, finito il ricamo chitarristico, ci si assesta verso la struttura portante (abbozzata nei primi secondi, subito dopo l'intro chitarristico) venata di mestizia e di un inesplicabile grigiore: gli strumenti hanno il compito di scortare la voce di Paola verso sentieri brumosi, evitando particolari accenti o caratterizzazioni strumentali. La performance vocale, pur non rinunciando a "iniezioni di grinta" incanala quest'ultima in una sorta di cortina che ne ridimensiona l'impatto mutandola in "carica repressa" e smorza decisamente l'appeal testosteronico. Per quanto l'apporto vocale qua e la abbia comunque degli accenti "grintosi" anche grazie all'utilizzo delle "backing vocals" (sempre appannaggio di Paola). Poche le cose su cui soffermarsi ancora: il brano è ipnotico nella sua oscura, semplicità magnetica, priva di inutili orpelli ed interferenze. Giusto da sottolineare verso i due minuti e quaranta un recupero del "solo melodico" fratello di quello ascoltato oltrepassati i venti secondi, indispensabile per amplificare il lato emozionale del brano. A livello "lirico" stavolta la protagonista cerca conferme da un uomo, vuole segnli che il suo amore è effettivamente corrisposto, anche se, come si capisce ad un certo punto, in realtà l'amore provato è "direttamente proporzionale", nel senso che lei lo ama ma lui in realtà per lei non prova nulla. E questo finisce per essere per lei un incubo, un'ossessione, perchè vorrebbe tanto avere un minimo feedback da parte di quell'uomo che reputa così speciale ("Fammi capire che mi ami!/ Non potrai mai fare a meno!/ Fammi capire che hai bisogno di me!/ Non ne potrai più fare a meno!/ Fammi capire che sono la tua amata,/ fammi capire che sei il mio sogno,/ perché non riesco a fare a meno di te!/ Tu non mi ami,/ a te non interessa,/ non hai bisogno di me,/ questo è il mio incubo.."). Con la nona "Until' You Drop" ritorniamo prepotentemente a un brano di puro "punk prima ondata" (per quanto si possano trovare alla lontana reminiscenze con i brani più "divertenti" di Siouxsie). Si parte con un bel riffone punkeggiante giocato su stop and go, accompagnato fedelmente dalla batteria, in cui, verso i sei secondi, si inserisce la voce sprezzante di Paola (molto punk) puntellata da frangenti enfatizzati (già dal diciassettesimo secondo, quando la singer scandisce "You are in my mind", o al ventinovesimo secondo, scandendo "You are my desire"). Al trentesimo secondo il refrain, stavolta abbastanza continuo al resto (nessun picco emozionale, nessuna enfatizzazione, il tutto si dimostra molto coerente alla struttura portante). Al quarantacinquesimo secondo parte un bel giro di chitarra (che ci riportano per un momento in ambiti più "rockeggianti"), molto breve, essenziale a creare un piccolo stacco prima di tornare in seno alla struttura portante. Una struttura portante molto basilare, fatta di una voce come già sottolineato in precedenza "sprezzante" ma anche vagamente "monocorde" (cosa indispensabile per un prodotto che idealmente può avere punti di contatto con il primo punk). Il brano, tirato avanti su schemi reiterati ad libitum non si presta a sezionamenti al bisturi: da evidenziare giusto i vari stacchi chitarristici (che poco sanno invece di punk) che qua e la puntellano il brano dandogli maggiore vigore: ad esempio quello infilato a oltre un minuto e mezzo, molto bello e molto "hard rock", o il finale, alternato alla mantrica declamazione di Paola " Til the end of time". Il testo risulta incentrato sulle declamazioni di amore, totale, spassionato, nei confronti di un uomo. Un uomo molto amato dalla protagonista, tanto da essere sempre oggetto dei suoi pensieri. In una delle strofe (qui tradotta per comodità del lettore) si sente "Tu sei nella mia mente,/ te ne vai, ritorni" sembra abbastanza scontato che lui va e viene dalla sua mente, essendo una presenza fissa, costante. Al contempo lei ribadisce di vivere a suon di rock & roll, dunque immaginiamo che il loro possa essere un rapporto non lineare, sicuramente passionale ma con qualche ombra inseme alle molte luci. Un rapporto travolgente e immediato. ("Ti farò diventare pazzo, finché non cederai!/ Lo so che non è facile,/ ma non riesco a fermarmi!/ E’ il mio unico modo di vivere, il Rock n Roll![...]Amami!/ Facciamolo ancora!/ Lo sai che sei mio!/ Baciami!/ Voglio volare in alto,/ sono qui per restare fino alla fine dei giorni!"). Catchy sino al midollo la successiva "All Right" (con un vago retrogusto à la Courtney Love nelle modalità canore), brano che rinuncia totalmente a qualsiasi assalto all'arma bianca, attacco in your face, scanzonatezza punkettona o esplosioni di felina grinta. Il brano infatti, il più "morbido" del lotto si presenta come un "divertissement" a base di ritmiche allegrotte e spensierate, che ancora una volta va vicino a spiazzare l'ascoltatore senza però rompere, neanche questa volta, un eventuale continuum logico del disco. E' come se dopo tanti pezzi in cui a farla da sovrana è stata la "forza", la "grinta", la "passione", l'"ardore" fosse giunto ora il momento di creare una parentesi leggera. Si parte con uno strimpellio molto melodico di acustica - puntellato dalla batteria - a creare un'atmosfera "piacevole" e "rassicurante". All'approssimarsi del ventesimo secondo fa il suo ingresso la voce di Paola, con un apporto vocale molto suadente, decisamente differente dalle bordate punkeggianti di tanti brani sentiti in precedenza. Il brano da qui si assesta su ritmiche "scoppiettanti" tutte basate sulla ritmica e dai contrappunti alla batteria. Unica variazione a un minuto e cinquantaquattro, un bel solo di elettrica "rock oriented" a creare un'unica, piacevole variazione. Il testo, molto stringato a onor del vero, da l'idea di un rapporto d'amore molto tenero tra la protagonista e il suo uomo: si parla di una donna che, tornando da un bar (dove questa va a bere? O forse lavora li? La risposta può al massimo essere immaginata, fantasticata) cerca solo un po' di coccole dal suo uomo, vuole essere teneramente abbracciata. Niente libido, niente impulsi passionali brucianti, tutto quel che si cerca è il contatto umano, la voglia di condividere un momento dolce con qualcuno. Il lato più umano della protagonista del disco (forse Paola, forse lo sterotipo di una donna a caso, un personaggio inventato che rappresenta le molte anime di una figura femminile che a volte vive la sua vita in maniera molto "rock", altre volte cerca solo di esprimere il suo lato più innocentemente umano ("Stringimi, tesoro,/ stringimi forte,/ fammi sentire al sicuro../ Quando torno a casa dal bar,/ in genere mi guardi, ma non tocchi../ Non posso aspettare ancora!/ Fammi sentire amata un’altra volta!"). Finale con il botto con "Love Is Near", brano a cavallo tra indie rock e punk, caratterizzato da una performance vocale di Paola ancora una volta con vaghissime reminiscenze à la Courtney Love. L'inizio sa tanto di punk, con un bel giro di chitarra elettrica scanzonato (da festicciola allo skate park). Al decimo secondo fa il suo ingresso la voce di Paola, con quelle lontane rimembranze alla Courtney Love, sfacciata ma allo stesso tempo seducente. Le ritmiche si assestano da subito su tempi veloci ma non parossistici: la chitarra macina un rifferama serrato,  basilare e smaccatamente punk seguita a ruota dalla batteria. Si varia in prossimità del ritornello (superato il trentesimo secondo), sia per quel che concerne la voce di Paola (più enfatica) sia per ciò che riguarda il lato strumentale (la batteria si cimenta in piccole interessanti variazioni, la chitarra geme note più stirate) e proprio in questi frangenti il brano, dall'anima punk avvertita in precedenza, sembra variare in direzione indie rock, assumendo connotati più "catchy" e meno "diretti". A un minuto e quaranta un buon solo chitarristico accompagnato dal lato ritmico sempre e inossidabilmente serrato (un solo non molto lungo data la sua esigua durata di circa dieci secondi). Dopo una nuova ripetizione del refrain, al solito molto enfatica (grazie anche ai controcanti di Paola) il pezzo, anche stavolta non gargantuesco, ai due minuti e quaranta si spegne. Il lato più umano della protagonista del disco si palesa anche nel testo di questa "Love Is Near", incentrata dapprima sulle sue considerazioni sull'amore ("l'amore è nell'aria" dice lei "l'amore è paura") quindi lei ribadisce il suo amore per il suo uomo, asserendo di volergli restare vicino, di avere bisogno della sua presenza. Con le "constatazioni" della protagonista su dove e cosa sia l'amore lei delimita un tracciato, sottintendendone l'importanza e quasi l'onnipresenza: un'onnipresenza che può frastornare, ma da cui, alla fine, non si può fare a meno. Il concetto di amore è molto importante (è presente nella stragrande maggioranza dei brani. E dove non si parla di amore in se si parla di delusioni che da questo derivano), la protagonista lo sa bene, e per quanto ribadisce, in ultima analisi, di aver tentato di ignorarlo, sa che la cosa è praticamente impossibile ("L’amore è nell’aria,/ l’amore è paura,/ l’amore morde,/ dimmi il perché../ L’amore è nell’aria, l’amore è paura,/ lo sapevi?/ eccoci qui../ L’amore è nella mia mente/ non posso ignorarlo, ci ho provato../ voglio solo te,/ rimanere al tuo fianco.").



Arriviamo così alla fine di un disco che, neanche a ribadirlo, ha suscitato nel sottoscritto un piacevole senso di goduria. E sicuramente non mancherà di suscitarlo anche a voi, musicofili alla ricerca di un prodotto "fresco", piacevole e sicuramente non pretenzioso. Il disco infatti, come abbiamo sottolineato più di una volta si compone di undici pezzi decisamente brevi (spesso sono intorno ai due minuti, due minuti e mezzo) e abbastanza variegati tra loro, tanto da non far mai cadere l'attenzione (già dopo aver sentito i primi due/tre brani ed essersi resi conto dell'effettiva poliedricità dell'artista - immaginiamo si sia divertita abbastanza a scrivere i pezzi, e la volontà di variare si pensa derivi dal fatto di non volersi mai fossilizzare su schemi onde non annoiarsi e non annoiare - che ama spaziare ma non spiazzare. Si avverte già una certa bravura, cosa palesata anche solo dal semplice fatto di saper coinvolgere (cosa che a molti, magari avvolti da particolari pretese artistiche, spesso non riesce). Il prodotto sembra sicuramente destinato a chi della musica ama il lato più "scanzonato" (alcuni episodi sono sicuramente più "sanguigni" e passionali piuttosto che scanzonati, ma si è già evidenziato come un'artista come Paola abbia la capacità di usare uno spettro artistico abbastanza ampio). Tutto questo lo stipiamo nel settore "pro". Per ciò che concerne il settore "contro" possiamo dire che un prodotto dotato di così differenti influenze (vi abbiamo trovato indie, hardcore, hard rock, addirittura lontani vezzi post punk) può non adeguarsi totalmente alle esigenze di chi cerca un prodotto "puro" (per la serie "solo hard rock", "solo punk", "solo indie rock") ma, con rispetto nei confronti dei puristi di qualsiasi settore, la musica si nutre anche di contaminazioni. Oggi come ieri. Vogliamo citare Joe Strummer? O valanghe di altri artisti simili? No, non credo serva. Mi basti ribadire che quel che spesso rende speciale un artista, un cantante, un musicista, è proprio la voglia di osare (a parte, certo, la bravura, cosa abbastanza scontata). Qui si osa, pur se di misura, si sperimentano soluzioni differenti, lo scopo è sempre di non annoiare, di dare in pasto a tutti coloro che amano la musica - e non i pipponi fatti dietro al concetto di quest'ultima - dieci goderecce bordate di pura e sana musica che parlano, con modalità differenti, il linguaggio del punk/indie. Promuovo dunque giustamente questo disco, complimentandomi con Paola (alcuni pezzi sono veramente delle bombe!) e incrociando le dita per il futuro, con la speranza che il secondo parto discografico non solo confermi quanto c'è di buono in quest'album, ma porti avanti il discorso in maniera più evoluta e matura. Brava Paola!


01) Love My Game
02) Amore Abissale
03) Hallo Man
04) Dreams Come True
05) You Will Not Wait For Me
06) Senza Difesa
07) Take Me
08) Enough
09) Until You Drop
10) All Right
11) Love Is Near