PANTERA
Walk
1993 - Atco records
FABRIZIO IORIO
19/12/2016
Introduzione Recensione
Parlare di un brano divenuto il "brano" simbolo di una band estremamente importante come i Pantera, equivale a parlare di un pezzo come può essere un "Master of Puppets" per i Metallica, di "Reign in Blood" per gli Slayer, oppure di una "The Trooper" degli Iron Maiden. Di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe, ma voglio cercare di farvi capire quanto "Walk" sia entrata di diritto in quella cerchia di brani che solamente dopo un secondo dall'avvio della stessa, ci rivelano la storia della band stessa. La particolarità di questo brano risiede principalmente nella sua semplicità disarmante; il tutto si basa praticamente su di un unico riff partorito dal mai troppo compianto Diamond Darrel, sul quale ruota tutta la struttura del pezzo. Lenta, soffocante e martellante musicalmente, viene resa ancora più esasperata dal cantato di Philip Anselmo, che si rivela incisivo come non mai. Questo singolo arriva un anno dopo la pubblicazione di "Vulgar Display of Power", un lavoro incredibile nonché ulteriore tassello di quel percorso di evoluzione e stravolgimento totale di sound e genere avviato con il precedente "Cowboys From Hell". Il successo ottenuto dalla band texana spinse i nostri a rilasciare (dopo "Cowboys.."), un primo singolo dal titolo "Mouth for War" che di fatto anticipava l'uscita del secondo full length, presentando a tutto il mondo due delle tracce che sarebbero finite su "Vulgar Display of Power", le quali davano già a tutti la dimostrazione di trovarsi dinnanzi ad un gruppo con una grinta ancora più marcata, che voleva dare come antipasto giusto due cazzotti sui fianchi prima dell'esecuzione vera e propria. E difatti il disco che ne seguì fu un qualcosa di altamente clamoroso, un qualcosa che ancora oggi spazza via una miriade di produzioni dei tempi nostri. Ora ci troviamo ad analizzare questo "Walk", qui proposto in tre varianti: la prima è la classica versione che si può trovare come terza traccia nel succitato secondo lavoro della band, la seconda è praticamente un remix della stessa che venne fatto ad opera del polistrumentista australiano James George Thirlwell. Lecito più che mai spendere, in sede di introduzione, due parole circa il personaggio in questione. James, "aborigeno" di nascita, una volta trasferitosi a Londra formò un gruppo chiamato Foetus, un progetto Industrial rock che vanta nove uscite discografiche tra il 1981 ed il 2005. Questi dischi hanno comunque una particolarità: non tutti sono usciti con il moniker Foetus anche se si tratta della stessa band. Infatti, i primi due lavori uscirono con il nome "You've got Foetus on your Breath" , altri due con il nominativo "Scraping Foetus off the Wheel" ed uno sotto il nome di "Foetus Interruptus". Solamente gli ultimi videro l'uscita con il semplice e definitivo nome Foetus, segno che al nostro artista è sempre piaciuto stupire e spiazzare, e non solamente con la sua particolare proposta musicale. La terza versione di Walk è anch'essa un remix ad opera dello stesso Thirlwell, che non stravolge totalmente il brano come nella precedente, ma si limita ad applicare un filtro vocale all'ugola di Anselmo aggiungendo qualche suono artificiale. Non finisce qui, ed infatti possiamo trovare in mezzo a queste tre versioni, anche il brano "A New Level", contenuto anch'esso in "Vulgar Display of Power". Le sorprese non finiscono qui: per questo singolo sono state prodotte ben cinque versioni; la prima appena citata denominata "Cervical Edition", la seconda chiamata "Biomechanical Edition" contenente la song Walk ed il brano "No Good (Attack the Radical)" nella loro studio version, e Fucking Hostile e By Demons be Driven prontamente remixate nientemeno che da Justin K. Broadrick. Un nome che, per chi conosce un minimo la scena, non può certo passare inosservato; e difatti, il Nostro è colui che ha dato vita prima alla seminale grindcore band Napalm Death, e poi ha creato gli altrettanto importanti Godflesh, band tra le prime a mescolare metal ed industrial. Terza versione, e parliamo della "Live Material", (distribuita in vinile da 12") dove Walk e No Good.. sono sempre presenti, ma vengono aggiunte le versione live prese in quel di Mosca nel 1991, di Cowboys From Hell e Psycho Holiday. La quarta incarnazione di questo singolo è destinata al mercato nipponico, con le varie varianti "Cervical" e "Biomechanical" con Cowboys From Hell ed Heresy in versione dal vivo. Se queste prime quattro versioni uscirono nel 1993, l'ultima e più recente vide la luce nel 2012, e venne distribuita in formato vinile da 12" con una tiratura di solamente duemilacinquecento copie, con il contenuto della versione giapponese. Parlando della cover di questo singolo, possiamo trovare in copertina un Phil Anselmo che vuole volutamente puntarci il dito addosso (cover tra l'altro azzeccatissima dato che Walk parla proprio del portare rispetto, e di conseguenza di venire oltremodo rispettati, anche se questo fermo immagine è preso direttamente dal videoclip di "Mouth for War") con uno sfondo azzurrino che varia a seconda delle versioni, spaziando dal verde pallido al grigio tendente il nero, fino al viola della versione giapponese ed un nero per il vinile. Per capire decisamente meglio cosa riserva questo singolo insomma, non resta che seguire la nostra attenta analisi del contenuto, cercando di capire al meglio se questa operazione sia stata fatta per arricchire genuinamente una discografia che inizia a diventare importante, o semplicemente se si tratta di una operazione puramente commerciale; oppure, terza ipotesi, capire se siamo di fronte ad un puro e semplice esperimento.
Walk
Partiamo ovviamente dal brano protagonista di questo singolo, ovvero "Walk (Cammina!)". Le battute iniziali sono affidate da un riff solitario di chitarra, piuttosto semplice per la verità, ma che riesce a catturare l'attenzione fin da subito. Raggiunto dalla sezione ritmica, ovvero dal basso di Rex Brown e dalla batteria di Vinnie Paul , questo continuo riff di chitarra messo quasi in loop si regge praticamente da solo senza aver bisogno di alcuna trovata strana o particolarmente tecnica da far in modo di cambiarne la struttura stessa. Arriva giustamente il momento dell'ingresso in scena da parte di Anselmo: il quale, con molta semplicità ed altrettanta grinta, riesce a destreggiarsi benissimo su questa base cadenzata ed altrettanto pesante. Un leggerissimo cambiamento sonoro lo si può trovare al momento di un pre-chorus, il quale viene raggiunto quasi nell'immediato dal ritornello vero e proprio, scandendo Phil a chiare lettere le parole chiave di questo brano, ovvero: "Respect, Walk". La prima parola viene volutamente spezzata a metà dallo stesso singer per fare in modo di creare una specie di suspance, la quale sfocia successivamente nella grinta della parola successiva, ovvero "Walk". Si può notare oltremodo un leggero cambio di rotta di batteria, ma è una piccola e vincente parentesi che serve ad accentuare ancora di più il concetto espresso dalla band, per poi faro tornare il tutto ancora su tempistiche lente ed ossessive. Altra strofa, e come da copione si torna nuovamente a martellare imperterriti con queste sonorità implacabili, atte a stritolare il cervello dell'ascoltatore fino a farlo esplodere a brandelli; ma quando tutto sembra volgere senza alcun tipo di variazione particolare, ecco che (dopo qualche battito di tom da parte di Vinnie) arriva il momento dell'assolo da parte di Dime. Questo si rivela un momento particolarmente emozionante, con una interpretazione chitarristica di altissimo livello; una esperienza quasi catartica che si regge praticamente da sola, senza bisogno di sostegni. E' un momento non particolarmente tecnico od innovativo, è semplicemente l'assolo giusto messo nella canzone giusta, e riesce ad esaltare sia chi lo suona ma soprattutto chi lo ascolta. Successivamente andiamo a prenderci nuovamente quelle manganellate sonore che molto lentamente finiscono il loro lavoro, ovvero quello di annichilirci conducendoci dritti allo sfinimento; "botte" che di seguito lasciano libera da qualsiasi tipo di briglie la chitarra, che fino a questo momento veniva sempre e costantemente stoppata. Il brano termina con un' ultima parte totalmente strumentale che sfuma lentamente fino a non farci udire più nulla; come un giustiziere che, dopo averci riempito di mazzate, si allontanasse da noi con la mazza da baseball sulla spalla. Un brano che sin da subito era destinato a diventare leggenda per i Pantera, ed è la chiara dimostrazione di come le cose più semplici, se fatte bene, funzionino alla grande. L'importante è non prendere il brano superficialmente, perché si rischia di prenderlo come un pezzo monotono dato che praticamente si basa su quell'unico ed inimitabile riff. Sono del parere che ci troviamo di fronte ad una manifestazione di grande creatività, resa nella maniera più semplice e diretta possibile. Scrivere un brano di una portata così devastante (soprattutto in ambito live), può essere facile per certi versi, ma con il tempo si rischierebbe di perderne un po' l'essenza. Paradossalmente in questo caso, ogni volta che si ascolta dal vivo "Walk", è come se fosse la prima volta; è in grado di dare una carica esagerata, di far muovere a tempo anche il cemento armato. Come accennato in fase di introduzione, l'argomento che andiamo a trattare è quello del rispetto. Il rispetto che noi cerchiamo di dare alle persone e soprattutto agli amici, e che giustamente pretendiamo ci diano anche loro, a loro volta. Un qualcosa di semplice, alla fine, e soprattutto di giusto; un concetto che viene però troppo spesso affrontato con troppa superficialità. Infatti , purtroppo il tutto non fila mai liscio e senza intoppi. Anzi, se vogliamo dirla tutta, non funziona quasi mai; capita nostro malgrado che tante volte veniamo presi letteralmente a pesci in faccia proprio da chi si professa un nostro amico, e questo è un concetto espresso molto chiaramente testo. A volte ci capita persino di essere infastiditi dalla presenza di determinati soggetti; ma purtroppo, il messaggio non viene praticamente recepito. "Vuoi insinuarti sotto la mia pelle, e vuoi chiamarti amico? Io ho molti amici come te" , qui è proprio tangibile il desiderio di allontanare certe persone, parlando al plurale, proprio perché in tanti, troppi, si rivelano degli infingardi traditori, pronti a pugnalarti le spalle alla prima occasione. In realtà, questi "amici", sono delle vere e proprie sanguisughe e degli approfittatori. Ci assale dunque quella dannata voglia di balzargli al collo, di scagliarci con tutte le nostre forze su di loro per fargliela pagare una volta per tutte, con tutti gli interessi del caso. Ma alla fine a cosa servirebbe? Probabilmente non ne varrebbe nemmeno la pena, ma non possiamo nemmeno trattenere il nostro istinto, e non possiamo essere quello che non siamo. Ed è proprio per questo che l'unico modo per porre rimedio a tutto ciò è allontanare questa gente dalla nostra vita, in modo da non farci più intralciare in alcun modo e proseguire sereni il nostro cammino. "La tua bocca corre quando non ci sono", è un'altra frase molto eloquente: quando siamo insieme a questi individui, veniamo spesso idolatrati e rispettati, ma appena ci allontaniamo un attimo, essi parlano alle spalle come i peggiori vigliacchi, solamente perché non hanno il coraggio di affrontarci faccia a faccia. Ed è qui che il rispetto viene a mancare; e per colpa di questa gente, perdiamo anche la fiducia verso le persone, costringendoci a fidarci solamente di noi stessi.
A New Level
"A New Level (Un Nuovo Livello)" ha un inizio di chitarra stridente quasi al limite del sopportabile, per poi iniziare a martellare seriamente, sostenuta da una ritmica a dir poco imponente, con un basso ed una batteria che comprimono ed annichiliscono il nostro cervello ad ogni loro passaggio. Vinnie Paul riesce nell'intento di risultare altamente minaccioso anche solo accarezzando il ride con le sue bacchette; il basso di Rex Brown invece, in queste prime battute è a dir poco fondamentale, ed il suo apporto per creare un muro sonoro invalicabile (composto da frequenze bassissime) risulta decisamente incisivo. Dopo una pausa brevissima dettata dal silenzio più totale, si parte finalmente con una prima parte strumentale caratterizzata da continui maltrattamenti di rullante da parte del drummer, e si arriva ad una prima strofa che trova un Phil Anselmo particolarmente aggressivo e coinvolgente nello svolgere la funzione primaria di questa prima parte di brano, ovvero riuscire a destreggiarsi alla perfezione sopra una struttura musicale non esattamente semplice ed a tratti intricata. La pura cattiveria espressa dal vocalist assume dei connotati quasi magici, e riesce a coinvolgere alla grandissima. Il ritornello, poi, è talmente pesante che lo stesso Anselmo riesce ad accentuarne l'incedere, facendo pesare ulteriormente la forza gravitazionale, riuscendo a piegarci in due. Altra brevissima pausa, e si riprende alla grandissima con il solito connubio di cantato spumeggiante e base sonora impeccabile e devastante. Ancor più devastante risulta essere la base su cui poggia il ritornello, ed anche se risulta leggermente più lenta delle strofe, portando con sé un carico di adrenalina disumano. Improvvisamente, colpi di tom ripetuti annunciano una sezione chitarristica piuttosto particolare, frangente dopo il quale Darrel esce ancora di più allo scoperto con un assolo spettacolare, assecondando di fatto l'ottimo lavoro del fratello, il quale con una doppia cassa piuttosto tecnica ed il solito rullante martoriato, risulta essere un perfetto compagno di distruzione. Alla conclusione di questo assolo, il volume diventa più flebile, ed una voce molto soffusa preannuncia quindi l'ennesima esplosione musicale. Si riprende con il ritornello che gode di una pesantezza incredibile, dove il basso diventa l'assoluto protagonista e la colonna portante insieme alla voce incazzatissima del singer. Il brano prosegue dunque in questo modo per poi lasciarsi andare ad una ritmica schizofrenica, trovata di fatto che chiude un brano "esagerato". Un brano che vuole essere un macigno vero e proprio messo in musica, come una frana lenta e costante che al suo passaggio è in grado di fare tabula rasa di tutto. La voglia di una vita nuova è il tema portante delle liriche proposte in questo brano. Si cerca e si vuole una vita nuova in tutto e per tutto, in grado di sostituire quella vecchia e logora. Non è semplice però ottenerla: anche se le difficoltà vengono sistematicamente superate, tornano costantemente in mente quei ricordi orribili che di fatto ci invogliano a voler cambiare definitivamente la nostra esistenza. Nel testo, la band ci chiede di rimanere uniti, soprattutto durante le difficoltà, e ci viene quasi da supplicare che tra noi ci sia questa unione, proprio perché uniti vinceremmo, mentre rimanendo divisi verremo senza ombra di dubbio spazzati via. L'unica cosa che ci divide è solamente la morte, e per questo dobbiamo "ringraziare" questo finto ordine dai tratti militareschi, che ci manda continuamente al macero senza preoccuparsi dei nostri sentimenti e delle nostre aspettative di vita. Un tempo tiranno, in poche parole. Siamo impazienti, perché ci rendiamo conto ogni giorno di quanto il tempo a nostra disposizione sia sempre meno, e in attesa di acquisire questa fantomatica nuova vita, dobbiamo per forza di cose stringere i denti e non arrenderci a quella vecchia; perché è proprio questa nostra permanenza "nel vecchio" che ci ucciderà senza pietà. Il problema che si pone alla base, è quello di non puntare mai al meglio, ma anzi di accontentarci della nostra mediocrità. La comodità di adagiarsi sugli allori, decreterà la nostra fine.
Walk (Cervical Dub Extended)
"Walk (Cervical Dub Extended)" (presente nella versione giapponese) consiste nel primo esperimento su questo brano. L'inizio ha un sapore tipicamente tribale, e ci viene proposta immediatamente la strofa che precede il ritornello; il tutto condito da un suono artificiale (a tratti fastidioso per dirla tutta), per poi trovarsi di sorpresa il bel riff di chitarra ideato da Dimebag, che però dura giusto una manciata di secondi. Infatti ci vengono riproposti dei suoni di synth piuttosto fuori luogo, con una chitarra che molto timidamente tende a venir fuori per poi lasciare spazio nuovamente a rumori sperimentali e lasciando il tutto in balia del caos più totale. Dal secondo minuto sentiamo dei rumori distorti di campionamenti vari che rovinano del tutto la natura del brano stesso. Dopo una piccola pausa ecco che sentiamo il riff portante dell'intero pezzo, che purtroppo viene "arricchito" malamente da quei rumori fastidiosi che fortunatamente non diventano protagonisti e lasciano spazio all'assolo che possiamo trovare nella versione originale, e che sul finale viene messo in loop un paio di volte, per poi continuare fino al termine, sino a sentire un piccolo scorcio del brano originale prima che esso venga rovinato nuovamente da sintetizzatori e suoni di vario genere. Il brano fila liscio, se così si può dire, fino alla conclusione, dove viene nuovamente messo in loop un pezzo di assolo che conclude piuttosto malamente un episodio sinceramente poco felice che va, più che a stravolgere, a rovinare una song leggendaria. Il testo non subisce alcuna variazione, ma viene tagliato in malo modo in funzione proprio di questo remix poco felice che sicuramente fa storcere il naso (e non solo) e non rende minimamente giustizia ad un qualcosa di sacro.
Walk (Cervical Edit)
Passiamo ora a "Walk (Cervical Edit)" (presente anch'essa nella versione giapponese) e subito capiamo che probabilmente ci troviamo davanti ad una versione molto meno ritoccata della precedente. In effetti l'inizio è pressoché identico alla sua controparte, con quel suo riff iniziale bello pesante che funge da perfetta introduzione. Un leggero campionamento salta subito all'orecchio, ma non è un qualcosa di troppo fastidioso ed in un certo senso si può anche sorvolare. Quello che invece colpisce fin da subito è la voce di Phil Anselmo, la quale viene "modificata" tramite un filtro che la rende più robotica, perdendo decisamente di fascino ma non per questo di grinta. Ogni tanto ascoltiamo questo suono artificiale messo in sottofondo che, è vero, non si adatta proprio bene; ma per lo meno non va ad intaccare la potenza sprigionata dalla band tramite questo capolavoro. Il momento dell'assolo è "arricchito" da un sottofondo piuttosto rumoroso, mentre l'esecuzione viene lasciata così come la conosciamo. Al termine la band ovviamente riprende con quel suo refrain malato, e possiamo sentire una esplosione quando la batteria di Vinnie Paul inizia ad accompagnare il gruppo, ma in fondo è un espediente che fa più scena che altro. Il finale di canzone è invece ripreso dalla versione precedente con la parola "Walk" ripetuta all'infinito ed un solo incollato li per finire in bellezza, e questo continuo sintetizzatore che questa volta un po' di fastidio lo riesce effettivamente a provocare. Diciamo che lo stravolgimento in questo caso è minimo e non va ad intaccare troppo la natura del brano. Peccato solamente per il finale che viene rovinato da soluzioni evitabili, senza contare quella voce a volte troppo filtrata che fa perdere un po' di quella rabbia originale. Anche in questo caso il testo non viene toccato, anzi, viene riproposto quasi per intero, mantenendo il concetto di rispetto che la band vuole inculcarci nella testa.
No Good (Attack the Radical)
"No Good (Attack the Radical) - Non va Bene (Attacco alla Radice)", è presente sia nella versione Live Material che nella Biomechanical Version, dove la prima parte di chitarra si fa subito imponente e decisamente minacciosa. Il drumming arriva nell'immediato a dar man forte a basso e chitarra, adottando un uso sapiente di doppia cassa e rullante. Il tutto viene interrotto improvvisamente, dove possiamo solamente udire l'accompagnamento del drum set che sorregge un parlato iniziale molto basso ma la tempo stesso molto espressivo. Quando però la voce di Anselmo prende connotati decisamente più aggressivi, la chitarra diventa molto pesante reggendo praticamente da sola la struttura di questa prima strofa, la quale si rivela molto lenta ma dannatamente pesante. Arriviamo al ritornello, non particolarmente elaborato per la verità, anzi, decisamente orecchiabile, con delle stonature da parte del singer che sono (è ben ricordarlo) volute, per poi lasciarsi andare ad urla strazianti che porgono il fianco a quella parlata iniziale sottovoce che si ripresenta accompagnata solamente da basso e batteria. La seconda parte è caratterizzata da un mid tempo molto ficcante con il grande Dimebag che si cimenta in un riffing generale veramente penetrante ma mai esagerato, però sempre efficace e caratterizzato da un' ottima tecnica. Il secondo ritornello vuole ripetersi con quelle stonature da parte di Anselmo che difatti vanno proprio a caratterizzare un chorus piuttosto particolare. Sul finire però, Vinnie Paul decide di fare sul serio, ed inizia a picchiare duro e veloce con la sua doppia cassa, con una intermittenza incredibile, e lascia il testimone al fratello che ci delizia con un assolo interessante che però non va a toccare vette compositive ascoltate in altri brani. Dato che non vengono usate sovraincisioni per pompare il suono, il basso di Rex Brown assume un ruolo fondamentale nell'accompagnare la chitarra, diventando una sorta di gemello ideale che va a completare il lavoro di Darrel. Terminato questo assolo, il sound si fa pesantissimo, con l'adozione di un riff di chitarra a dir poco lavico. Torna la voce del frontman e ci propone ancora una volta il ritornello, che però risulta essere leggermente più corto che in precedenza, per poi lasciare l'ultimo spazio a disposizione alla strumentazione, la quale si cimenta in distorsioni quasi morbide ma di grande impatto. Questo brano non è particolarmente elaborato, ma punta decisamente sulla particolarità di alcuni passaggi e su di una voce che si dimostra piuttosto versatile nel proporsi ruvida e cattiva, ma con dei momenti atipici e particolari. Il testo è un chiaro manifesto contro la discriminazione razziale. Diciamo subito che sin dall'inizio dell'evoluzione della specie umana, si è sempre fatto fatica ad accettare le persone per così dire "diverse". Che sia per etnia o per chissà quale altra diversità, l'uomo ha sempre visto con occhi attenti chi risultava diverso da lui, e si è ben riguardato nel socializzare con chiunque. Ci sono state delle guerre per questo, ma dobbiamo cercare di capire una volta per tutte che siamo tutti uguali, e poco importa la provenienza od il colore della pelle. Non bisogna sentirsi ai margini, non bisogna essere sentiti discriminati o inferiori. L'inferiorità non esiste, e non serve a nulla nascondersi perché tutti abbiamo gli stessi diritti, lo stesso orgoglio e soprattutto la stessa voglia di vivere. L'evoluzione, se così possiamo chiamarla, ha portato solamente ad un peggioramento di questa situazione ed i fatti sono qui a testimoniarlo. Con il passare del tempo infatti, si sono compiuti dei veri e propri atti a dir poco orribili nei confronti di queste "razze inferiori", e la storia avrebbe dovuto insegnarci qualcosa. Invece si continua a discriminare, ad offendere, ed a far sentire minori queste persone che hanno il diritto sacrosanto di stare insieme a noi; quasi viene data loro colpa di respirare la nostra stessa aria, solamente perché ritenuti indegni di condividere alcune cose con noi. I Pantera giustamente non vanno troppo sul sottile, e propongono di bruciare questo maledetto mondo perché l'umanità non ha mai viaggiato verso un vero progresso, ma si è trovata ad affrontare una involuzione crescente a livello mentale ed ideologico. Insomma, si può discutere di ogni cosa, non condividere certe idee o certe credenze, ma alla base di tutto ci deve essere sempre e solo il rispetto.
Fucking Hostile (Biomechanical Mix)
"Fucking Hostile (Biomechanical Mix) - (Fottutamente Ostile)" ha un inizio in cui si sente la chitarra di Darrell nella sua tipica versione "stridente", seguita dal riff portante dell' intero brano in tutta la sua potenza. Fin qui, verrebbe da dire, tutto bene; il problema è che vengono piazzati versi di strofa e di ritornello un po' a caso, con tanto di effetti eco e distorsioni della voce, i quali servono sinceramente a ben poco. La batteria del buon vecchio Vinnie viene a tratti coperta (parliamo del suono di rullante più che altro) da rumori metallici e freddi. Non c'è molto da dire su questa versione sinceramente, dato che è un ripetersi continuo di situazioni che trovano un motivo di ascolto solamente quando vengono lasciate le parti di brano originale. In quel caso si riassapora la devastante sezione ritmica, non ché la predisposizione della band a spaccare ogni cosa. Il problema principale è che viene ripetuto continuamente quel suono acuto di chitarra, il quale dopo un po' infastidisce in un contesto che sinceramente non trova troppo motivo di esistere. Fucking Hostile è nata per demolire l'ascoltatore, un pezzo tiratissimo come pochi altri partoriti dalla band texana; un brano che in questa versione perde proprio quella sua natura furiosa per far posto ad un esperimento che lascia un po' il tempo che trova. Qui non si può nemmeno parlare tanto del testo, visto che le poche parole (non frasi) che vengono buttate un po' a caso, non trovano un legame vero e proprio, e quindi la sensazione di smarrimento viene ancor di più accentuata. Questo è un vero peccato, dato che la band va a colpire duramente quelle che dovrebbero essere le principali istituzioni del loro paese, ovvero l'allora presidente degli Stati Uniti George Bush accusato dalla gente di essere sempre in tv e di pensare poco al bene delle persone. Le forze dell'ordine, che sembrano concentrarsi più su chi si fuma una canna piuttosto che arrestare assassini e stupratori, ed infine la chiesa. La chiesa che viene descritta come un contenitore di storie assurde, in cui Dio è quell'entità che veglia continuamente su di noi ed è in continuo conflitto con il demonio, pronto a prendersi le sue creature. Come detto, in questo caso si perde proprio l'essenza della forma "canzone" per lasciare spazio a sperimentazioni che lasciano un po' il tempo che trovano.
By Demons Be Driven (Biomechanical Mix)
"By Demons Be Driven (Biomechanical Mix) - (Guidato dai Demoni)" viene introdotta dalla batteria stoppatissima di Vinnie con tanto di voce filtratissima, quasi demoniaca. Il riff arriva quasi nell'immediato e viene bruscamente interrotto da un rumore dettato dai synth che fermano di netto il brano, quasi come se venisse chiuso improvvisamente il canale audio. In un secondo momento si può sentire la bella chitarra di Dimebag che accompagna il cantato breve di Anselmo con tanto di inserti un po' caotici che a tratti coprono il pezzo, ma non rovinano di molto la base sonora. Questa fase è un continuo loop musicale che viene ripetuto varie volte, con il risultato di essere un po' prolisso e ripetitivo. Il titolo della song viene ripetuto praticamente all'infinito, il drumming è inserito piuttosto bene, così come la sezione ritmica. Torniamo ancora ad ascoltare quegli stop forzati di inizio brano, ed il tutto si protrae praticamente fino alla conclusione del brano, con la sola variante che proprio sulla conclusione si sente solamente basso e batteria con una leggera esplosione conclusiva. Anche qui c'è poco da raccontare; un episodio un po' tutto uguale, senza cambi di sound, senza soluzioni particolari od avvincenti. Come per il brano precedente, le liriche sono praticamente assenti, salvo appunto la ripetizione continua del titolo stesso e qualche scorcio appena accennato di strofa. Pensare che anche in questo caso il testo è particolarmente interessante, dove la chiesa viene messa al centro del discorso facendo però risultare i propri concetti vecchi ed obsoleti. Ci si rende conto che non è più in grado di educare i giovani come faceva un tempo, perché appunto i tempi cambiano così come le generazioni. Ed è proprio questo il problema principale, ed i demoni che aleggiano su di noi non aspettano altro che la nostra morte per condurci con loro verso la disperazione. Tutto quello in cui abbiamo sempre creduto viene a mancare improvvisamente, ed andremo a finire in una sorta di limbo nel quale non sembra esserci una via d'uscita.
Cowboys From Hell (Live in Moscow)
Passiamo dunque ai brani live delle versioni Live Material e Japan ed iniziamo con la versione dal vivo di "Cowboys From Hell (Live in Moscow) - (Cowboys Dall'Inferno)". Una folla oceanica intenta ad esultare l'ingresso in scena da parte dei Pantera viene immediatamente accontentata con la presentazione del pezzo da parte di un esaltatissimo Phil Anselmo, il quale lascia immediatamente spazio alla chitarra riconoscibilissima del grande Diamond Darrel. Si parte, e l'esplosione sonora sprigionata dalla band è di una portata talmente devastante che anche il pubblico presente ne percepisce tutta l'energia. Prima strofa con tanto di chitarra piuttosto stoppata ed una sezione ritmica che si muove su un mid tempo regolare e preciso, e si viene travolti da un ritornello esplosivo che denota una attitudine live incredibile. Al termine viene proposto un breve assolo che, non presente nella versione in studio, fa comunque una buona figura nello spezzare un po' il brano, e funge da piacevole diversivo per poi riprendere a macinare riff e grinta vocale come non mai. Altro chorus, bello, incisivo ed appagante, dove questa volta viene messa in bella mostra la sezione strumentale della band con un grande drumming da parte di Vinnie Paul ed un'accoppiata basso / chitarra decisamente sugli scudi. Il brano termina in un tripudio di urla di esaltazione generale che non fanno altro che dimostrare la potenza in sede live dei nostri texani. Il testo del brano vuole essere una sorta di dichiarazione al cambiamento (il loro) ed esprimono il proprio disappunto verso chi non ha mai creduto a questa volontà di mutare dopo i primi lavori totalmente differenti per musica e qualità. Un testo che si adatta molto bene sia per quanto riguarda l'ascolto su disco, sia per quanto concerne l'attività sul palco. Sì, perché i Pantera stavano arrivando più carichi che mai, volendo mettere subito in chiaro davanti ai loro fan chi erano e cosa volessero, sfoderando una prestazione a dir poco maiuscola. Ai Nostri poco importa di venire etichettati con il luogo comune del metallaro vestito solamente di nero, "brutto e cattivo"; sono esternazioni simpatiche che i Nostri decidono di sfruttare a loro favore per vedere proprio la reazione di questi comuni mortali che si spaventano ancora per queste sciocchezze. Ci hanno messo parecchio tempo per trovare la strada giusta da percorrere, su questo non c'è dubbio. Ma ora sono qui a reclamare ciò che gli spetta, ovvero stare accanto ai grandi della musica metal.
Psycho Holiday (Live in Moscow)
"Psycho Holiday (Live in Moscow) - (Vacanza Psicopatica)" viene annunciata con grande grinta da Anselmo e sentiamo immediatamente quell'intro che sa tanto di mitragliata, per poi iniziare ad inanellare un riffing ed un drumming dannatamente coinvolgenti. Il doppio pedale è continuo e martellante e la chitarra si cimenta in leggeri virtuosismi per permettere al singer di iniziare la propria performance. Il cantato per la verità è si sempre bello granitico, ma inizia a sentirsi anche un po' di stanchezza vocale generata probabilmente dalla foga eccessiva e più che giustificata nel trovarsi di fronte ad un pubblico così vasto, e dal fatto di spremere ogni briciolo di energia per offrire un qualcosa di memorabile. Comunque si continua con grande voglia di fare, e le strofe filano via lisce senza troppi intoppi. La band corre alla grande, la sezione ritmica è a dir poco imponente e Dime è praticamente perfetto in ogni situazione, e poco importa se qualche volta gli amplificatori fanno i capricci, facendo sentire qualche acuto di troppo. I Nostri non si fermano un momento e quando arriva il momento dell'assolo è pura goduria totale. Le persone sembrano assistere in silenzio per assaporare tutto quello che c'è da assaporare per poi incitare la band a spingere continuamente senza fermarsi. Il cantato riprende visibilmente sofferente ma consapevole di andare avanti con tutta la grinta possibile, accompagnato da una batteria terrificante sotto ogni punto di vista, e da una sezione sonora a dir poco incredibile. Un brano che forse rende di più in sede live, e questa è la dimostrazione lampante di questa affermazione. Riesce a trasmettere una carica unica e non permette minimamente di rimanere fermi nemmeno per un secondo. E' questa la potenza di questo gruppo, il saper trasmettere al proprio pubblico un'adrenalina che viene rilanciata sul palco e che riesce a dare una ulteriore spinta alla band stessa. Il tema è quello della pazzia che quotidianamente l'essere umano deve affrontare. Il protagonista di questo pezzo si sente svuotato per colpa dell'alcol e per colpa dei continui abusi che fa di se stesso, solamente per cercare di evadere da questo mondo che lo circonda. E' talmente frustrato che ormai la dipendenza è il suo male peggiore, ed una volta assunta la sua dose, si trova in uno stato di trip mentale che inizia a farlo viaggiare lontano da casa, sentendo il bisogno di rimanere da solo, consapevole di non aver bisogno di alcun tipo di aiuto. Ad un certo punto si rende però conto di dover per forza di cose riordinare la sua mente e ripulirla da tutti quei demoni che invadono quotidianamente la sua vita. Capisce di essere stato messo alla prova, e di conseguenza la sua testa si è presa questa "vacanza psicopatica". Non riuscendo più a distinguere gli amici dagli estranei e ponendosi assurdi problemi come quello di avere due donne a disposizione e non saperle come soddisfarle, il nostro protagonista sembra impazzire ancora di più. Tutto ciò gli impedisce di vivere una vita serena, e dunque viene portato a quello stadio della pazzia di cui non esiste un ritorno.
Heresy (Live)
"Heresy (Live) - (Eresia)" inizia subito con quella chitarra stridula che, supportata dal lavoro disumano di Vinnie Paul (atto a distrugge i suoi tom), fa partire un riff poderoso con conseguente cavalcata sonora impeccabile. Anselmo non si risparmia ad urlare dietro il microfono ed è sorretto in maniera impeccabile dai propri compagni, i quali bruciano note ad ogni passaggio. Una breve interruzione fa ripartire la song con una grinta forse ancora più marcata che si denota attraverso la cattiveria imposta dal singer e da una sezione ritmica che per un momento sembra andare fuori tempo per poi rientrare al volo proponendoci mazzate a profusione. Un breve siparietto solistico da parte di Darrel ed ecco che si propaga tutta la potenza di un brano che, nella sua parte centrale, mostra i muscoli scatenando di conseguenza un mosh pit mostruoso. E' talmente devastante, la potenza in sede live di questo brano, ed in particolare di questo passaggio, che si stenta a credere che gli spettatori siano passati indenni a questa prova. Ultimo assalto finale, e si conclude un altro episodio vincente e coinvolgente. Anche questo brano funge da tramite per denunciare questo mondo corrotto e pieno di falsità, invitando proprio a voltare le spalle a questo sistema maledetto. Il fatto di dover lottare per un qualcosa che non riusciremo mai a sistemare, è inutile quanto frustrante. Ed allora che vadano tutti a farsi fottere, perché la razza umana è diventata talmente violenta da non avere più rispetto per nessuno. La nostra morte, però, sarà solamente scelta da noi, saremmo noi a decidere come andarcene, e non altri al nostro posto. Non bisogna ascoltare gli altri perché quello che per alcuni potrà essere peccato, per noi potrebbe rivelarsi salvezza. La vera onestà è dentro ognuno di noi ed in fondo sappiamo cosa è giusto o cosa è sbagliato, e la nostra fede sarà sempre più forte di quei consigli non richiesti. Veniamo considerati come il nulla? Bene, anzi meglio, così possiamo fare tutto ciò che vogliamo perché tanto verremo giudicati comunque e noi di conseguenza ce ne freghiamo come abbiamo sempre fatto.
Conclusioni
Arrivati alla conclusione della nostra analisi, dobbiamo dire subito che non è poi troppo facile dare un giudizio a quanto sentito. Partiamo innanzitutto dalle note positive: ovvero "Walk", il brano principe di questo singolo, una grande song che con il passare del tempo si è rivelata essere una delle più conosciute in ambito metal. Una garanzia già di per sé necessaria a farci propendere per un giudizio non insufficiente. In generale, poi, i brani ripresi dal lavoro in studio funzionano; certo non aggiungono granché a questa operazione, ma sono sempre ottimi esempi di musica compatta, e sono stati scelti decisamente con criterio. Discorso diverso per i brani ripresi dal vivo, i quali rendono perfettamente l'idea di come la band si sappia muovere davanti ad un contesto sempre imprevedibile, con una volontà decisamente vincente alla base di ogni esibizione intrapresa. Parliamo ora, ahinoi, delle note meno gradevoli, ovvero quelle versioni remixate che sanno tanto di operazione commerciale. E' bene dire fin da subito che tale operazione è giustamente condivisibile, dato che la popolarità della band era cresciuta sino a toccare livelli altissimi, grazie agli ultimi due album "Cowboys From Hell" e "Vulgar Display of Power". Allungare il brodo, dunque, non era certo un crimine. Mettiamoci poi che il lavoro svolto per dare un volto "diverso" alla stessa Walk od agli altri brani rivisitati è stato compiuto da artisti di un certo calibro, e non certo da i primi venuti. Il problema ,però, è che le varie canzoni sono state snaturate troppo, perdendo di fatto quella carica dirompente di cui godevano originariamente. Le innumerevoli versioni di questo singolo sono dovute ovviamente un po' al fatto di arricchire la discografia dei Nostri, e soprattutto per raggiungere più pubblico possibile. Anche a livello prettamente collezionistico diciamo che sono versioni sicuramente ricercate, soprattutto l'ultima e più recente del 2012, stampata solamente a duemilacinquecento copie. Tornando al contenuto, Justin K. Broadrick sembra aver voluto strafare troppo nell'inserire soluzioni elettroniche in un contesto che probabilmente si sposava poco per questo tipo di operazione; fortunatamente, con i suoi Godflesh, ha saputo esprimere al meglio la propria creatività sfornando album decisamente riusciti. Per quel che riguarda le versioni di James George Thirlwell salviamo Walk (Cervical Edit), appunto quella meno ritoccata e che di fatto risulta essere quella meno "rovinata". Se ci fossero stati solamente i brani live a riempire questo singolo, sarebbe venuto fuori sicuramente un gran bel lavoro; però bisogna dare atto ai Pantera di non aver avuto paura di osare per offrire un qualcosa di differente e particolare, consapevoli del fatto che non a tutti sarebbe andata giù, un'operazione del genere. Sta di fatto che non è un lavoro da buttare, ci mancherebbe altro. Stiamo pur sempre parlando di una band che negli anni ha saputo cambiare pelle non curandosi troppo dei giudizi altrui. Diciamo che in questo senso hanno voluto provare a spingersi oltre, forse troppo: ma alla fine, quello che rimane è un gruppo consapevole dei propri mezzi. Il contributo dato al genere è un qualcosa di fondamentale che rimarrà per sempre nel tempo, e non sarà certo un singolo episodio a minare la loro credibilità.
2) A New Level
3) Walk (Cervical Dub Extended)
4) Walk (Cervical Edit)
5) No Good (Attack the Radical)
6) Fucking Hostile (Biomechanical Mix)
7) By Demons Be Driven (Biomechanical Mix)
8) Cowboys From Hell (Live in Moscow)
9) Psycho Holiday (Live in Moscow)
10) Heresy (Live)