PANTERA
Shedding Skin
1994 - Eastwest
FABRIZIO IORIO
10/03/2017
Introduzione Recensione
Dopo pochissimo tempo trascorso dal rilascio del singolo "5 Minutes Alone", occasione nella quale i Pantera dimostravano di non aver assolutamente perso un briciolo di cattiveria sonora dopo due dischi enormi come "Cowboys From Hell" e soprattutto "Vulgar Display of Power", e successivamente dall'immissione nel mercato di "Planet Caravan" (omaggio di stampo psichedelico alla band inglese patrona del Metallo, i Black Sabbath), eccoci al cospetto del terzo e penultimo "trailer" anticipante il nuovo album dal titolo "Far Beyond Driven". Questo singolo dal titolo "Shedding Skin", come detto, è l'ennesimo atto compiuto dalla band texana, sempre e più che mai volenterosa di indirizzarci verso quello che alla fine sarà il prodotto conclusivo; di conseguenza, la curiosità aumenta sempre di più, proprio per l'eterogeneità delle tracce fino ad ora proposta. Un bello sforzo da compiersi, quello che consiste nel cercare di capire che cosa abbiano i Pantera in serbo per noi. Se il primo singolo infatti ci presentava una rinnovata grinta mista ad una più ragionata armonizzazione di alcuni passaggi, dall'altra il singolo "Planet Caravan" aveva solamente la funzione, oltre ovviamente a quella di omaggiare una band che ha donato praticamente i natali all'Heavy Metal per come lo conosciamo, quella di confondere totalmente l'ascoltatore. Confondere, perché è un brano assolutamente atipico, il quale non viene snaturato per niente (come giusto che sia) come fatto in maniera molto ma molto intelligente nel caso della cover dei Poison Idea dal titolo "The Badge", dove rimaneva l'attitudine punk di base, ma veniva resa ancora più ruvida grazie alla prestazione collettiva dei quattro ragazzacci, che riuscirono di fatto a donargli una nuova linfa. Ecco quindi che questo brano, quello di cui oggi disquisiremo, assume una valenza ancora più importante per vedere effettivamente se quelle sensazioni positive ottenute con "5 Minutes Alone" possano venire o meno confermate. La cover, seppur inquietante, rispecchia appieno il titolo della song (Distacco della Pelle), dove si può notare una testa decapitata ma ancora in qualche modo cosciente, con relativo distacco di materiale epidermico che di fatto va a sfigurarne il volto. Volto che si vede chiaramente essere sofferente per colpa di questo processo di "scarnificazione" che lascerà per sempre dei segni indelebili su di esso. Una mutilazione totale, impressionante; insomma, una copertina quasi più adatta ad un album Death Metal, piuttosto che al singolo di una band dai toni Groove. Un piccolo espediente grafico che comunque ci mostra uno dei lati più visivamente aggressivi dei Pantera. Dovuti anche alla forte poliedricità di Phil Anselmo, sin da sempre appassionato di Metal Estremo (sia esso Death od anche Black Metal). Tornando al brano e visti i suoi precedenti, potremmo tranquillamente affermare fin qui che la band si trovi in grande forma per lo meno compositiva. Esattamente, perché se a livello di amalgama e di intesa tra i membri del gruppo tutto può far presagire un ottimo episodio, figlio di un marcato stato di forma generale, dobbiamo aggiungere che a livello fisico il "buon" Phil Anselmo non è che se la stesse passando proprio bene. Infatti, è doveroso segnalare quanto segue, ovvero il fatto che il singer iniziò ad aver seri problemi di dolori alla schiena, fitte insopportabili che lo portarono di fatto ad assumere dosi massicce di painkillers (antidolorifici in grado spessissimo di creare dipendenza, largamente e specialmente diffusi negli ambienti sportivi americani) ed anche vere e proprie droghe, con relativa assunzione incontrollata di alcolici (anche se, in quest'ultimo caso, non dobbiamo certo urlare allo scandalo; ben sapevamo, visti i precedenti di Phil, della sua vita sregolata). Il tutto preso in dosi massicce, per cercare di alleviare un dolore frustrante ed insopportabile. Detto ciò, bisogna cercare di capire se questo tipo di problema abbia di fatto influito in qualche modo sulla buona riuscita del disco, e questo singolo potrebbe chiarirci in parte le idee.
Shedding Skin
Partiamo dunque ad analizzare a fondo il primo ed unico brano presente in questa release, ovvero "Shedding Skin (Distacco della Pelle)". L'introduzione strumentale è affidata ad una sezione ritmica lenta e costante e da un riff iniziale di chitarra come al solito bello corposo ed intraprendente. Terminato questo primo assaggio, ci si aspetterebbe il fatto che il brano iniziasse la sua manovra di decollo con una esplosione di sonorità che possa far saltare letteralmente dalla sedia. Ed invece, ci troviamo ad ascoltare (con molta sorpresa) un arpeggio leggermente distorto con una prima prova vocale da parte di Anselmo, molto soft, che nasconde però un' anima oscura. Al termine di questa "seconda parte", se così possiamo definirla, è il momento di ascoltare quelle sonorità pesanti alle quali i nostri Pantera ci hanno ormai abituati, con tanto di voce bella aggressiva ed una strumentazione che non si lascia troppo andare a velocità folli, ma si concentra sostanzialmente ad accompagnare il cantato in maniera fluida ma al tempo stesso aggressiva. Per prepararci al ritornello, la band si affida ad un riverbero piuttosto marcato che funge da trampolino di lancio per il chorus, il quale arriva puntuale senza deragliare minimamente dai binari fin qui proposti. Che cosa si intende in questo caso il "perdere la pelle"? Immaginiamo due fratelli siamesi, quindi due individui che nascono condividendo una o più parti dello stesso corpo, e talvolta anche organi. Ecco, noi sentiamo la voce di uno dei due fratelli che non vuole farsi vedere mentre è in atto il loro distaccamento. Dice: "Mi sparo piuttosto che sapere che mi guardi" quindi la volontà espressa è quella di separarsi senza vedere l'altro morire o sopravvivere. Per sopravvivere, l'uno cerca in qualche modo di rubare la pelle dell'altro, ma la lotta per la sopravvivenza farà solo un vincitore. Ad un certo punto l'emozione da lui espressa (dal protagonistA) è quella dell'odio verso il proprio fratello, tanto da fargli dire che egli è inutile e solo di intralcio, e fino ad ora è stato attaccato a lui come una pulce. Ripensando a quei momenti, però, ricorda il dolore mentale e fisico di tale distacco, e sa che il sangue versato non era solamente il suo. In sostanza ha perduto una parte di se stesso, e se ora è libero ed autonomo è anche grazie al sacrificio della sua metà. Gli mancherà comunque una parte fondamentale della propria vita, benché durante il processo di separazione siano effettivamente nati pensieri assai negativi. Ha sperato che morisse per poter così conquistare la libertà, ma a giochi fatti si rende anche conto di aver perso un fratello che poteva rivelarsi l'unico suo vero amico. In questo preciso momento torna quell'arpeggio dagli atteggiamenti oscuri con tanto di vocals sussurrate, per poi far partire in sostanza una terza fase di brano dove sentiamo la band leggermente più agguerrita. Questa nuova linfa però, viene smorzata nuovamente da quel riverbero che permette nuovamente al ritornello di far capolino, il quale continua a recare un po' con i sensi di colpa verso chi non c'è più. Una riflessione profonda viene in questo senso compiuta, con il sopravvissuto che di fatto inizia a dispiacersi per la morte / sacrificio del fratello, ma si rende anche conto del fatto che lui avrebbe potuto provare le sue stesse sensazioni, in sede d'operazione. Non poteva certo introdursi nella mente della sua esatta metà, ma entrambi erano coscienti del fatto che solo uno sarebbe rimasto in vita. Ed entrambi hanno accettato di mettersi in gioco, consci dei pro e dei contro. "Sai dannatamente bene dove sono stato", comunica il protagonista: questo non vuole essere un messaggio di discolpa, ma solamente una purificazione della propria coscienza. La song cambia nuovamente volto e questa volta la ritmica aumenta sensibilmente con un lavoro certosino di doppia cassa e della chitarra del grande Dime, che ci regala il solito riff granitico e devastante. La song sembra diventare quasi caotica, ma ci pensa l'assolo di Darrell a mettere le cose a posto presentandoci un ottimo lavoro solistico, di grande caratura, sostenuto solamente (come quasi di consuetudine) solamente da basso e batteria e quindi senza l'ausilio di sovraincisioni. Colpi decisi di tom e cassa, ed una chitarra che ne segue le gesta, ed il suono si fa soffocante e cattivo, per poi concludersi in maniera secca e decisa. Dopo questa esperienza, al gemello sopravvissuto tornano continuamente quei sensi di angoscia, le folli paure di quei momenti, e la sua testa inizia a non dargli pace, una pace che non avrà mai più nella propria vita, come se la sua metà ormai defunta continuasse a tormentarlo.
Conclusioni
Giunti quindi alla conclusione dell'ascolto di questa "Shedding Skin", possiamo trarre conclusioni sicuramente positive. Un brano dai mille volti che parte in maniera discreta senza strafare, ti rilassa quel tanto che basta a livello strumentale e ti azzanna sul finale senza tralasciare momenti salienti che donano ottime sensazioni, una volta giunti al termine, quando è il momento di "riorganizzare" tutte le sensazioni durate lungo l'ascolto. Non siamo di fronte ad un pezzo lineare, ma nemmeno estremamente elaborato, dove sono sì presenti sonorità ormai tipiche della band texana, ma sono al contempo pervase da un'aura più oscura rispetto ai lavori precedenti. La voce di Phil Anselmo si destreggia bene nei momenti sussurrati e non si risparmia certo in quelli dove c'è da dare energia; il tutto senza strafare e questo attesta una capacità di controllo e di crescita ulteriore delle proprie doti canore. Dal canto loro, i compagni di scuderia svolgono il solito ottimo lavoro, dove la sezione ritmica si dimostra come di consueto solida e chirurgica, mentre la Dean di Dimebag è un rasoio continuo che sputa scintille ad ogni riff che macina. Un brano del quale abbiamo ampiamente discusso, e che mi sento perciò di promuovere, alla luce di quanto ho esplicato sino ad ora. Dobbiamo, arrivati a questo punto, cercare di far quadrare il cerchio: e se quindi possiamo considerare magari poco la cover dei Black Sabbath, "Planet Caravan", presente nel precedente singolo, abbiamo un quadro più completo se a venir preso in considerazione è il singolo "5 Minutes Alone". Due brani piuttosto distanti tra di loro, due temi trattati diversi tra di loro, ma una cosa in comune: la personalità. Sono due pezzi molto singolari sia a livello musicale che concettuale e se presi nell'insieme possono probabilmente spiazzare un po' l'ascoltatore, forse sorpreso da cotanta pluralità. Se da una parte troviamo un brano, un grande brano, dotato di una pesantezza incredibile miscelata ad un leggerissimo gusto melodico che ha tratti ha del commovente, dall'altra troviamo una leggera sperimentazione con una cattiveria di fondo che non va ricercata puramente al solo suono generale, ma più che altro nel malessere interiore che la band cerca e vuole trasmettere. Quindi, quello che ci aspetterà con la pubblicazione di "Far Beyond Driven" sarà probabilmente un saliscendi di emozioni che andranno a cozzare fortemente tra di loro. A livello di produzione possiamo notare tranquillamente una migliore fase di mixaggio e masterizzazione del prodotto, dove i suoni vengono appesantiti ancora di più senza però essere buttati in un pericoloso calderone ricolmo di caos. Gli strumenti infatti si odono e distinguono perfettamente, così come la voce. Non ci resta altro che fare, dunque, se non sentire dapprima l'ultimo singolo messo a disposizione e di seguito il nuovo disco. Sarà sicuramente interessante anche vedere come e dove verranno collocati questi brani all'interno della tracklist stessa. Le premesse per un altro disco enorme ci sono tutte, ora sta a noi giudicare tale operato.