PANTERA

Mouth For War

1992 - Atco Records

A CURA DI
FABRIZIO IORIO
18/05/2016
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione Recensione

Due anni dopo la pubblicazione di quel disco enorme e stilisticamente molto importante per i Pantera dal titolo "Cowboys From Hell", i Nostri preparano il terreno per la prossima pubblicazione di inediti, e lo fanno rilasciando un singolo dal titolo "Mouth For War". Prima di entrare nel vivo della pubblicazione successiva, comunque, è bene riassumere brevemente l'importanza ed il peso storico avuto dalla titanica release precedente al singolo oggi recensito; senza tralasciare l'effetto e "l'onda d'urto" che provocò, inesorabilmente. Fu subito noto a tutti quanto "Cowboys From Hell"  fosse un disco molto importante per il gruppo proveniente dal Texas, proprio perché segnò un nuovo inizio sia a livello personale (dato i pochi riscontri ottenuti con i primi dischi di stampo Glam), sia soprattutto a livello musicale. Le influenze Thrash che avevano ammaliato i fratelli Abbot avevano preso il sopravvento, di conseguenza il cambio di rotta verso un Groove/Thrash divenne del tutto naturale. Il primo album fu un successo su tutti i fronti e spianò la strada alla band verso un tour di grande importanza in compagnia di Exodus Sucidal Tendecies. Nel 1991, il grande frontman dei Judas Priest Rob Halford, molto influente sul cantato di Phil Anselmo soprattutto nelle fasi iniziali della sua carriera con i Pantera, decise addirittura di portare con se la band facendole ad aprire alcuni concerti in Europa proprio per i Judas. Il successo era lì a portata di mano, ed i Nostri non volevano certo farselo sfuggire. La grande occasione arrivò dunque con la partecipazione al "Monsters of Rock in Moscow" nel settembre del 1991, in compagnia di mostri sacri del Heavy Rock e Thrash metal quali AC/DCMetallica (una delle band insieme agli Slayer che folgorarono indelebilmente i fratelli creatori della band) ed i The Black Crowes, per citarne alcuni; un'esperienza che gli permise di esibirsi davanti a cinquecentomila persone (dato non ufficiale, dato che si pensa che i presenti fossero quasi il doppio). Questo evento fu organizzato ad hoc per voler celebrare la libertà di eseguire musica proveniente dall'occidente appunto nella (ormai) ex Unione Sovietica. I Pantera, quindi, sulle ali di un rinnovato entusiasmo, si misero subitamente al lavoro per pubblicare un disco che fosse riuscito ad essere ancora più convincente del suo predecessore. Questo lavoro nasce nel 1993 e viene pubblicato con il titolo di "Vulgar Display Of Power". Qualche mese prima, però, i Nostri diedero alle stampe questo singolo apripista, nel quale possiamo trovare quattro tracce di cui le prime due sono inedite (ed andranno a fare parte del full-length vero e proprio), mentre le altre sono constano in delle versioni live di "Cowboys From Hell" ed "Heresy" (entrambe estratte dalla performance moscovita di cui parlavamo pocanzi). Una pubblicazione che, nella sua esiguità, si rivelò vincente: "Mouth For War" divenne presto uno dei tanti cavalli di battaglia, irrinunciabile in sede live e capace di dare una carica pazzesca ad ogni singolo ascolto. Oltre a ciò, fu la prima song ad entrare nella UK Single Chart posizionandosi al 73° posto; non solo, fu anche utilizzata dall'emittente americana MTV come sigla di apertura per il famoso (e purtroppo defunto) programma musicale dedito alla circolazione di video metal, "Headbangers Ball". Altra piccola curiosità sta nel fatto che nello storico videogioco Doom (sparatutto in prima persona indicato come capostipite del genere, con una ambientazione in 3D ad alto tasso di violenza), pubblicato da "Id Software", si può sentire il riffi principale di questa song nel livello "E3M1 Hell Keep" denominato "Inferno". E' giunto dunque il momento di focalizzarci al 100% su questo singolo, il quale (come nostra abitudine) andremo ad analizzare in ogni suo dettaglio.

Mouth For War

Ad aprire ovviamente le danze è proprio "Mouth For War (Discorsi di Guerra)", ed immediatamente veniamo colpiti da una introduzione di chitarra molto pesante, resa ancor di più tale da una sezione ritmica a dir poco imponente. Se le prime battute sondano il terreno per preparare l'ascoltatore ad un qualcosa di più possente, ecco che il sound esplode letteralmente in sonorità bestiali ed adrenaliniche. Successivamente ritroviamo quel Groove iniziale non troppo sostenuto, che a differenza dei momenti precedenti viene adesso esaltato dalla voce di Anselmo con rinnovata grinta. La strofa fila via che è un piacere, mentre i compagni di Phil si dimostrano subito suoi perfetti collaboratori di distruzione. Il mid tempo offerto da Vinnie Paul è arricchito da una doppia cassa che si destreggia molto bene senza essere per forza continua, ed il risultato è a dir poco eccezionale. Un ultima parte di strofa cantata con una marcia in più, ed un tripudio di tom, crash, splash e chi più ne ha più ne metta, ed ecco che il ritornello ci cattura all'istante in un vortice di assoluto piacere musicale da far venire la pelle d'oca. Una parte pazzesca dove la band realizza uno dei più bei chorus a livello voce/strumetale che si fossero mai potuti sentire, parlando anche a posteriori, della loro intera discografia. Vien fuori una energia incredibile, la quale viene a sua volta incanalata durante le prime battute per poi esplodere come una supernova ogni qualvolta ci viene riproposto il ritornello di questa splendida song. Il riffing è estremamente chirurgico e devastante, mentre il basso di Rex Brown macina frequenze penetranti da stordire in un raggio ampio chilometri. Dopo un'altra strofa molto simile alla prima parte di brano, finalmente ritroviamo il chorus pazzesco che caratterizza la song e sul finire andiamo ad ascoltare un assolo perfetto con sovraincisa anche la parte di chitarra ritmica, per dare una carica maggiore ed uno spessore più ampio a questo solo decisamente ben riuscito. Terminata questa parentesi (che serve proprio a dividere il brano a metà) ecco che dopo qualche breve parte cantata a dir poco aggressiva, si parte con una cavalcata sonora micidiale con tanto di doppia cassa a tratti martellante, un riffing veloce quando serve ed una voce spettacolare che di fatto chiudono (con tanto di cattiveria sonora finale) un brano leggendario, pazzesco e fresco ancora oggi, Un pezzo che molte band dei nostri tempi possono solo sognare di comporre. Si potrebbe andare avanti ad elogiare una canzone del genere, ed ogni aggettivo non renderebbe comunque giustizia ad un brano ad alto coefficiente di adrenalina. Il testo, poi, è un grido di puro odio; un odio determinato, urlato per dichiarare guerra a qualcuno. La parola chiave è "vendetta", una vendetta che viene continuamente urlata a squarciagola perché il protagonista del testo si rende conto di aver sbagliato troppe volte nella vita. Ora si sente talmente frustrato da incanalare mucchi di odio, da poter liberare al momento opportuno. La sua forza è la stessa che risiede nell'animo di ognuno di noi, ed il rilascio costante di rabbia risulta essere più efficace di qualsiasi medicinale. Qui la band vuole insegnarci a non tenerci tutto dentro, a non accumulare troppa rabbia derivata a delusioni, torti o soprusi. Bisogna cercare una valvola di sfogo per far uscire questa furia in maniera graduale, cercando di non farla esplodere tutta in un colpo per evitare tragedie o colpi di testa sgradevoli. C'è un momento che tutti noi passiamo, dove è necessario chiudere gli occhi e riflettere sulla realtà che ci circonda. La paura di fallire è grande, le delusioni arrivano, ma il volere il successo è la base per rialzarsi ed imparare dagli errori. Viene fatto un esempio: "Come un coltello nella carne, dopo la vita la morte", una frase che spiega che anche la vita stessa è messa a dura prova e che la morte non è il fallimento del ciclo vitale, ma è la fine di una prima parte di percorso; un sentiero che continua dopo la nostra morte. Quindi, questa dichiarazione di guerra che viene fatta non è nient'altro che uno sfogo verso la vita, o meglio, verso chi (nonostante le già grandi difficoltà) vuole metterci i bastoni tra le ruote. Un grido verso le ingiustizie e le difficoltà che dobbiamo costantemente affrontare fino alla fine dei nostri giorni. 

Rise

Passiamo ora al brano "Rise (Salita)", il quale (appena partito) ci prende letteralmente a calci nei denti con una velocità dirompente ed un riffing assassino. Questa terrificante introduzione lascia spazio ad una parte leggermente più lenta e controllata, con continui stop and go da parte di Darrel che favoriscono a loro volta l'ingresso vocale da parte di Phil. La prima strofa è sempre ottimamente aggressiva e concitata, ed il tutto viene esaltato da una sezione ritmica intermittente ma estremamente efficace. Assistiamo ad un ottimo pre-chorus che dà il via ad un ritornello assassino con tanto di urla laceranti da parte dello stesso singer, ma la differenza la fa la musica vera e propria: i restanti tre killer, infatti ci danno dentro a meraviglia inanellando una prestazione dirompente ed accecante. Si riparte con un'altra strofa diversa per contenuto ma simile per timbrica ed impostazione. Interessante l'andamento alternato della chitarra che piano piano si lascia andare arrivando al chorus e spingendo al massimo, con una batteria dirompente con tanto di doppia cassa velocissima sul finale, coadiuvata da un basso in grande spolvero. Arriva il momento dell'assolo, ma questa volta non sono presenti sovraincisioni e quindi l'accompagnamento di base viene affidato solamente alle quattro corde di Rex Brown e naturalmente alla batteria di Vinnie. Il risultato è stupefacente, facendo in modo di farci focalizzare solamente sulla parte solistica e dunque di esaltare il lavoro di squadra sopperendo alla mancanza di un'altra chitarra. L'assolo prosegue con toni a tratti altissimi per poi riprendere in mano la parte prettamente ritmica con una batteria in grande forma. Altra strofa, questa volta molto più breve del solito, e si rimonta su di un purosangue che corre all'impazzata e si ferma bruscamente per finire con questo stop and go chitarristico posto come freno d'emergenza, da tirarsi per non sbandare. Si conclude così un altro brano ottimamente eseguito che andrà a far parte della set list del nuovo disco, il quale si preannuncia già assolutamente dirompente. Come il precedente, anche questo testo sembra poi pregno di rabbia e voglia di riscattarsi. E' tempo di risalire e di dire basta; ogni credo ha insegnato solamente a noi giovani l'odiarci l'uno con l'altro. Dobbiamo essere decisi a voltare le spalle a coloro che si oppongono a questa ribellione, a chi vuole continuare ad essere usato come un burattino. Non abbiamo più tempo da perdere, è il momento di diffondere la nostra parola; ascoltate la voce che vi dice cosa cambiare e come agire, non ascoltate le notizie che spacciano per nuove quando sono talmente vecchie da essere quasi irriverenti. E' giunto il momento di avere un nuovo regno, in modo che nessuno possa arrendersi facilmente e che tutti combattano per quello che reputano il meglio per loro stesso. Abbiamo vissuto fino ad ora insieme agli errori del passato, i quali a quanto pare, non sono serviti poi a molto, dato che compiamo gli stessi identici misfatti ancora adesso. Bisogna educare la gente in modo giusto, non solamente con il metodo che ci vogliono far vedere sia unico e solo. Troppe cose ci vengono nascoste a nostra insaputa, tutto controllato da chi vuole mantenere un certo livello di ignoranza per non causare il caos o semplicemente per far in modo che la gente non insorga vedendo effettivamente come stanno le cose, e in che modo ci fanno vivere. E' tempo di risalire, è tempo di riprenderci la nostra vita e darle un senso. 

Cowboys From Hell

Dopo esserci sparati questi due begli inediti, arriva dunque il momento di approcciarci al lato live del singolo. Il primo dei due brani registrati dal vivo (in quel di Mosca) è "Cowboys From Hell (Cowboys Dall'Inferno)". La titletrack dell'omonimo disco viene aperta come di consuetudine da quel effetto di chitarra molto particolare, che rende il brano riconoscibile a km di distanza, ancora oggi. La parte strumentale iniziale viene qui arricchita da qualche parola da parte del carismatico Phil Anselmo, e si parte dunque verso una prima parte di brano dove la chitarra di Dimebag la fa da padrone, mentre la batteria del fratello Vinnie scandisce il tempo in maniera leggermente più veloce rispetto alla sua controparte su disco. Il ritornello fila liscio senza problemi, dopodiché possiamo ascoltare un piccolo solo di chitarra non presente nello studio album e messo lì giusto per dare una leggera e piacevole variazione alla song. Ovviamente, non essendo presente una seconda chitarra ritmica per sostenere l'unica presente, il basso di Brown diventa oltre che indispensabile, assolutamente protagonista nel reggere dunque la sezione di accompagnamento. Si riprende con giusta foga, e possiamo notare un leggero calo vocale da parte dello stesso singer, il quale comunque tiene ugualmente bene per tutto il pezzo. Altro ritornello e questa volta assistiamo al solo presente a metà canzone, il quale viene eseguito in maniera perfetta dal chitarrista. Il basso è come sempre penetrante mentre la batteria trova libero sfogo nella doppia cassa per poi avviarsi verso una parte finale con tanto di incitamento da parte di Anselmo verso il pubblico presente. Si va verso il finale e ritroviamo l'ottima cavalcata ritmica che chiude con maestria un grande brano, chiuso da un bel "Fucking Scream" da parte dello stesso singer. Non c'è che dire, "Cowoboys From Hell" fa sempre la sua grande figura anche dal vivo, ma magari avremmo preferito sentire anche la partecipazione attiva del pubblico, che sicuramente non mancava. E' comunque una buona testimonianza dal vivo da parte di una band che inizia seriamente a farsi le ossa on stage. Il testo ovviamente è quello e non si scappa, quindi parliamo di una vera e propria dichiarazione di cambiamento da parte della band stessa, un cambiamento che i Nostri finalmente a manifestare ed urlare davanti ad una nutrita folla. I Pantera esprimono tutto il loro disappunto verso coloro che non credevano in questa loro svolta, ma soprattutto vogliono preparare( con questo primo brano) chiunque decida da adesso in poi di seguirli verso questo sostanzioso mutamento in atto. L'intenzione è quella di lasciare un segno indelebile nel mondo musicale, e dobbiamo dire che con il primo full length ci sono riusciti alla grande. Questa esibizione ne è la testimonianza, in fondo. "Dicono che i cattivi ragazzi si vestono di nero, siamo stati etichettati e non possiamo più tornare indietro", notiamo come i nostri citino uno dei luoghi comuni, anzi, il luogo comune per eccellenza. Quello che vede il metallaro etichettato costantemente come bestia rara o pecora nera della società, appunto. La band dice infatti che ormai loro stessi sono stati etichettati in questa maniera, e che non possono di certo tornare verso i loro passi; in fondo, probabilmente, a loro piace così: essere considerati brutti e cattivi, in fondo i Pantera se ne fregano di tutto e tutti e tirano dritto per la loro strada. L'importante è aver provato a cambiare, aver avuto il coraggio di reinventarsi per tirare fuori quel che tenevano dentro da troppo tempo. Ovviamente la missione può dirsi compiuta al cento per cento. Ci hanno impiegato qualche anno per trovare la strada giusta, ma alla fine ci sono riusciti ed i risultati sono davanti agli occhi di tutti; quindi, come si dice in questi casi, "meglio tardi che mai". Benvenuti, nuovi Pantera! 

Heresy

Arriva quindi il momento di "Heresy (Eresia)", la quale viene annunciata senza troppi preamboli; si parte alla grandissima con le prime stridule noti iniziali di chitarra, ben supportate da una batteria sanguinaria che sfocia presto in una doppia cassa vertiginosa, seguita a ruota da un riffing devastante. Il ritmo rallenta vistosamente e permette all'ugola del singer di urlare la prima parte di strofa. Arriva il momento del pre chorus che viene intonato con una propensione piuttosto acuta che mostra un po' il fianco dal vivo per via di una leggera usura delle corde vocali (spinte al limite), dopodiché arriva il momento del ritornello vero e proprio dove troviamo ancora una volta una mazzata di doppio pedale incessante ed una voce nuovamente al limite per quanto concerne le capacità estensive di Anselmo. Seconda strofa che va via senza troppi problemi, mentre la parte che precede il ritornello soffre moltissimo della stanchezza generale, ma riesce nonostante tutto a concludersi nel migliore dei modi. Allo scoccare della metà il brano cambia faccia e troviamo un bell'assolo sostenuto da un basso spettacolare, come spettacolare è la parte strumentale successiva dove la band mostra i muscoli con canto di sezione ritmica imponente e riff incandescenti. Un momento pazzesco e memorabile. Prima dell'ultima parte, il frontman ringrazia sentitamente il pubblico per poi scatenarsi nuovamente in un chorus superbo che si chiude con un' ultima cavalcata distruttiva. Il pezzo termina con un sentito "Thank you, good night" e si va a casa tutti felici e contenti. Le influenze tipicamente thrash emergono anche e soprattutto dal vivo ed il tasso di coinvolgimento sale alle stelle ogni qual volta il riffing diventa fumante ed inarrestabile. Il brano vuole essere un documento di denuncia verso questo mondo corrotto ed ipocrita, ed incita a voltare le spalle a questo lurido e schifoso sistema. Tutti sappiamo che ogni nostro sforzo ed ogni nostro tentativo di cercare di cambiare veramente qualcosa risulta essere vano e totalmente inutile. Anche solo il voler lottare per un qualcosa che sappiamo già non essere possibile cambiare, è come intraprendere una guerra persa ancora prima di iniziare a combatterla. Quello che possiamo decidere però è il modo in cui moriremo; almeno questo dobbiamo riuscire a deciderlo noi e non dobbiamo in nessun modo farci influenzare da nessun altro. Non bisogna piegarsi alle continue bugie, perché quello che per molti può essere peccato per noi potrebbe benissimo essere sinonimo di salvezza. La vita è così, bianca o nera, e molte persone pagano per poter pregare ed assicurarsi un posto in paradiso; allora noi ci chiediamo il perché, anche se in fondo a non ci importa molto, dato che la conclusione è una e sola. Finiamola una volta per tutte con questa storia che un giorno arriverà il giorno del giudizio, basta con questa speranza che prima o poi arrivi qualcuno a sistemare le cose per noi. Sappiamo benissimo da soli cosa è giusto e cosa è sbagliato e non ci servono quei consigli "saggi", giunti nonostante nessuno li abbia mai chiesti. Alla fine verremo comunque giudicati e quindi continueremo a fare tutto quello che ci pare e piace, sempre nel rispetto della vita, come in fondo abbiamo sempre fatto.

Conclusioni

Diciamo subito che si tratta di un buon singolo contenente delle ottime tracce. Le prime, due come detto, sono un perfetto antipasto per quello che sarà un grandissimo album: dato che tutte le (future) canzoni presenti saranno assolutamente di valore, non era certo facile estrapolarne solamente due per mettere l'acquolina in bocca non solo ai propri fans, ma anche a tutto il popolo metallico dell'epoca. "Mouth For War" vale da sola il prezzo di questo dischetto; un brano pazzesco ad alto tasso di adrenalina, dove ogni singola nota è studiata per far rimbalzare ognuna delle nostre cellule, all'interno del nostro corpo. Una sezione ritmica incredibile, un costante riffing distruttivo ed un cantato molto più aggressivo che in passato. "Rise" invece ha dalla sua un inizio folgorante e spezzacollo che sfocia in sonorità più controllate quando serve (risultando sempre incisiva), costantemente furiosa nei momenti più concitati, dimostrando una carica distruttiva dirompente come non si era mai sentito prima in seno alla band. Il lavoro svolto per questi due brani, rispettivamente primo e sesto brano nel prossimo "Vulgar Display Of Power", è un lavoro certosino sotto il punto di vista dell'impatto sonoro e dimostra una ulteriore maturazione/evoluzione verso questa nuova identità nata tre anni prima. I due brani presenti e proposti dal vivo sono invece tra i maggiori esponenti per quanto riguarda le esibizioni dei Nostri. Da una parte troviamo quella meravigliosa "Cowboys From Hell" che è sinonimo di assoluta qualità ed è la perfetta incarnazione della band proveniente dal Texas. Per quanto riguarda "Heresy" possiamo tranquillamente dire che non c'è brano migliore (almeno fino ad ora) per smuovere le masse e scatenare un mosh pit infernale, nel quale solamente chi ha la determinazione giusta può sopravvivere. La registrazione dal vivo pecca un po' di omogeneità ed i suoni non sono molto puliti, ma bisogna anche considerare che i mezzi a disposizione all'epoca non erano certo paragonabili a quelli dei giorni nostri. Avremmo magari preferito sentire la reazione del pubblico a fronte di queste due perle eseguite on stage, ma tant'è, la testimonianza è comunque messa su disco e quindi diventata indelebile nel tempo. La voce di Phil Anselmo non perde di aggressività (salvo sporadici casi) e nel complesso la resa è ottimale. I compagni invece sono praticamente perfetti nel costruire, mattone dopo mattone, un muro sonoro impressionante; e se qualcuno poteva dubitare della scarsa tenuta sul palco dovuta alla mancanze di due chitarre, si dovrà assolutamente ricredere. Rex Brown svolge il lavoro "sporco" ed è un perfetto compagno ritmico, così come lo è per il fratello Vinnie. Ora non resta che attendere la portata principale con l'arrivo dell'imminente full length, e sentire con le nostre orecchie cos'altro sono stati capaci di creare, questi quattro ragazzacci.. anzi, questi Cowboys venuti dall'inferno! 

1) Mouth For War
2) Rise
3) Cowboys From Hell
4) Heresy
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