Mütiilation
The Lost Tapes
2018 - Osmose Productions
GIOVANNI AUSONI
24/08/2022
Introduzione Recensione
Spesso il passato ritorna improvvisamente a braccare la vita degli individui, soprattutto quando esso è stato foriero di situazioni non esattamente gioiose ed esaltanti. Ma qualora questo passato si incarni nell'ennesima rentrée della punta di diamante delle famigerate Légions Noires, allora la persecuzione potrebbe trasformarsi in ossessione intensa e schiavizzante, nonostante la natura post-mortem dell'evento stesso. Infatti, a seguito della pubblicazione dell'esornativo mini live "Black As Lead & Death" (2012) e il definitivo scioglimento proclamato ufficialmente nel 2017, pochi o nessuno avrebbero scommesso qualche nichelino su un nuovo come back discografico dei Mütiilation, anche tenendo conto dell'investimento di Meyhna'ch su un solo project che porta - salvo l'apostrofo - il suo nom de plume. In realtà "The Lost Tapes" (2018), rilasciato a creatura già bella che defunta, non racchiude del materiale inedito, bensì una versione relativamente alternativa di sei brani - tre per ciascuno - dalla tracklist di "Vampires Of Black Imperial Blood" (1995) e di "Remains Of A Ruined, Dead, Cursed Soul" (1999): una concisa compilation, dunque, dietro cui si cela una storia oscillante tra l'aneddotico e il leggendario, invero un po' una regola del Roussel provocatore e saltimbanco. L'origine della raccolta monta all'inverno 2009-2010, quando il francese decide di re-incidere - decisione presa durante una solitaria performance in reaharsal room - una manciata di classici destinanti a restare delle demo a uso e consumo personale. Se già fa sorridere che un musicista professionista si eserciti in sala prove con del materiale non pensato per una futura divulgazione, cagiona ulteriori ghigni la vulgata della scomparsa nel nulla di tali tracce, poi magicamente ritrovate quasi un decennio dopo. Un platter, dunque, che, rispetto alle release precedenti, possiede delle motivazioni economiche piuttosto pronunciate, non né uscendo in edizione limitata, né attraverso un'etichetta minore, visto che della pubblicazione si occupa la Osmose Productions, responsabile della ristampa di tutto il catalogo dei Mütiilation e attuale label dei Meyhnach. Per mezzo di una label che conosce le regolo del gioco quando si tratta di associare black metal e business, Willy riesce a garantirsi delle dignitose e legittime entrate, poggiando sul culto di una piccola comunità di appassionati e collezionisti. A ogni modo, il disco non appare assolutamente privo di interesse dal momento che offre l'opportunità di riascoltare pezzi che fanno parte del patrimonio del metallo nero francese, di cui, piaccia o meno, il gruppo è stato, assieme al resto delle formazioni delle Legioni Nere, tra i precursori nazionali. I brani rimangono tanto sporchi quanto accattivanti, conservando buona parte della loro malvagità malinconica, penalizzati forse da un missaggio poco equilibrato, tuttavia latori delle medesime melodie, della medesima epicità, della medesima malinconia che caratterizza le versioni originali. Al netto delle leggendo e del profitto, comunque modesto visto il genere esperito, emerge altresì evidente un desiderio di autenticità e di riscoperta delle proprie radici, testimoniate da una copertina minimale, che mostra l'occitanico al naturale, con cappuccio, giacca di pelle e barba fulva mentre suona la chitarra accanto a un microfono pronto a ricevere ordini. Una copertina dall'allure blues, i cui colori sgranati e pallidi ricordano quelli di un tramonto di fine estate, quasi a simboleggiare sia la natura occasionale dei nastri sia la fine di un'era, in realtà già sepolto mesi addietro. L'unica critica fondata che si può muovere a "The Lost Tapes" riguarda la sua natura di cover album, contenente prodotti sonori, da "Transylvania" a "My Travels To Sadness, Hate & Depression", già autosufficienti e che non necessitavano obiettivamente di reinterpretazioni. Eppure, con i Mütiilation, l'oggettività assoluta non rappresenta mai una chiave di lettura esclusiva e totalizzante, considerata la complessità artistica e biografica della one man band di Grabels. In attesa che altre sessioni amatoriali rivedano la luce dalle profondità di qualche archivio segreto sito nei sotterranei di un antico maniero bretone abbandonato alle fredde correnti atlantiche.
Transylvania
Inclusa nell'esordio capolavoro "Vampires Of Black Imperial Blood", "Transylvania" ("Transilvania") è in assoluto una delle migliori canzoni a firma Mütiilation, capace di evocare, in pieno horror movie mood, quelle atmosfere spettrali che i lettori del "Dracula" di Bram Stoker conoscono perfettamente. All'interno della medesima tracklist, già "Born Under The Master's Spell" trattava delle imprese del Conte, prendendo però direttamente ispirazione dal "Nosferatu" di Werner Herzog - a sua volta rifacimento dell'omonimo film muto di Friedrich Wilhelm Murnau - e non dalle pagine dello scrittore irlandese. In "The Lost Tapes" questa traccia, come tutte le altre presenti nel lotto, subisce un processo di alterazione musicale, soprattutto dal punto di vista tecnico: produzione e arrangiamenti migliori rendono la canzone più nerboruta, mentre il nuovo mix catapulta la voce davanti agli strumenti, schiacciandoli quasi completamente, con le melodie che, nonostante appaiano pressate in sottofondo, continuano comunque a veicolare con forza emozioni pregne di malvagità e malinconica. Il clima da Romanticismo gotico che caratterizzava, oltre le liriche, il sound dell'originale si stempera, benché moderatamente, nella trasposizione targata XXI secolo, a vantaggio di una resa fragorosa e d'impatto, testimonianza di un Meyhna'ch desideroso di aggregare nuovi proseliti attorno a un cadavere già decomposto. L'apertura viene contrassegnata da una locuzione che Roussel recita con il medesimo pathos di Dead alla partenza della "Freezing Moon" inclusa nel mitologico "Live In Leipzig" (1990): le angosce ancestrali dei mortali diventano carne nella regione stretta tra i Carpazi della Transilvania, palese avvertimento che si sta per entrare in una dimensione diversa, totalmente avulsa dalla cultura occidentale e dimora di spaventosi eventi di matrice soprannaturale. Una chitarra stridente e una drum machine meno scatolare rispetto all'autografo costruiscono un rumoroso abbrivio dalle sfumature industrial che conosce tosto un diminuzione del ritmo grazie al quale il singer può narrare una storia vampiresca marcata da un elegante tropismo cinematico/letterario. Nascosto nelle cavità sepolcrali di un cimitero logoro e abbandonato, il succhiasangue vorace, spossato dal fardello dell'immortalità, aspetta un erede che gli subentri nelle feroci attività notturne, intraprese più per sopravvivenza che per piacere. All'approssimarsi del crepuscolo, la creatura si leva dal torpore, alla ricerca di cibo fresco; il trambusto decresce, la batteria elettronica dalle pulsazioni simil-dub prima accompagna una linea melodica mesta e declinante, poi infila senza remore il viale del blast beat apocalittico, annientando ogni opportunità di riportare all'ordine un brano dalla forte carica raw punk. In questo clima da tregenda osserviamo il mostro antropomorfo lasciare la bara, abbandonare il castello, percorrere la strada che unisce l'ipogeo avito alla boscaglia, galoppare sulle cupa urla dei zannuti figli delle tenebre, mutare in caligine e trangugiare il plasma della vittima eletta per il sacrificio. Il pezzo termina con il titolo gridato come se non esistesse un domani, a testimoniare la prepotente tristezza per una patria distante nel tempo e nello spazio, visto che verosimilmente la creatura è riuscita a ottenere il riposo tanto desiderato. Una chiusura che, con la morte dei Mütiilation, assume per Willy e i di lui adepti un significato emotivo particolare.
To The Memory Of The Dark Countess
Primo dei tre brani tratti da "Remains Of A Ruined, Dead, Cursed Soul", "To The Memory Of The Dark Countess" ("Alla Memoria Della Contessa Oscura"), come si può evincere facilmente dal titolo, narra le vicende nefande dell'aristocratica ungherese Erzsébet Báthory che, secondo la leggenda, soleva fare il bagno nel sangue di ragazze vergini da lei torturate e uccise, convinta così di poter conservare un'eterna giovinezza. Un personaggio del folklore dell'Europa orientale già oggetto di trasposizioni artistiche di varia natura, soprattutto musicali visto che sia i Venom sia i Tormentor di Attila Csihar ne utilizzarono la figura per brani diventati poi celebri in ambito metallico. E Meyhna'ch non si lascia sfuggire l'occasione di contribuire alla causa, realizzando un pezzo che, oltre a descrivere con dovizia di particolari, le sevizie inflitte alle sventurate dalla feroce contessa, guarda anche al lato emotivo della vicenda, cosa che potrebbe sembrare eccentrica considerato il contesto generale. In realtà, è nell'epilogo che, per la prima volta e al di là della spettacolarità da grand guignol della vicenda, la nobile magiara, murata viva a mo' di sadica condanna dei delitti perpetrati, inizia a sentirsi sola, debole, indifesa, forse in preda ai rimorsi per le sofferenze causate a delle innocenti. Roussel, dunque, con l'eleganza della propria penna, ci restituisce un essere umano scevro di maschere, quasi costringendo l'ascoltatore a provare empatia nei confronti di una serial killer senza scrupoli, colpevole di seicento efferati omicidi - un'ecatombe, almeno in base ai resoconti dell'epoca. Uno delle migliori piste a firma Mütiilation che, nella versione contenuta in "The Lost Tapes", si giova di chiari perfezionamenti a livello produttivo: se l'originale, infatti, suonava ovattato e cantinaro, questa nuova incisione presenta una maggiore pulizia generale e, benché gli strumenti appaiono compressi nel missaggio, comunque il loro lavoro risulta più che percepibile. L'incastro tra chitarra e drum machine, l'una dall'andamento muscolare, ma pregna di melodie funebri, l'altra che alterna blast beat ipertonici a passaggi più cadenzati, richiama molto da vicino le architetture in minore del DSBM, eppure il leggero incremento ritmico fornito ex novo alla canzone conferisce a essa un'apprezzabile patina black'n'roll. Un taglio moderno a una composizione antica per epoca di scrittura e tema trattato, a cui Willy aggiunge un'interpretazione vocale meno sofferta ed espressiva rispetto all'autografo, preferendo uno scream alcolico e cartavetrato al rantolo cadaverico spesso impiegato nelle prove degli anni '90. Il ritorno alle radici merita qualche piccolo aggiornamento.
Black Imperial Blood
Seconda traccia estratta da quel capolavoro che risponde al nome di "Vampires Of Black Imperial Blood", la quasi omonima "Black Imperial Blood" ("Sangue Nero Imperiale") riceve in sorte il medesimo processo di manipolazione riservato alle altre tracce di "The Lost Tapes". Muscolare, tonante, immersa in pronunciati effetti eco che ne accrescono l'aura satanica, la canzone, più di "Transylvania" e della successiva "Born Under The Master's Spell", beneficia, rispetto all'originale, di una drum machine meno avventurosa e imprecisa, capace di conferire al ritmo un andamento meccanico da catena di montaggio che ancora una volta rivela l'interesse di Meyhna'ch per l'industrial e affini. Dal punto di vista lirico, un po' come accade nel resto dei brani dell'esordio sulla lunga distanza, Roussel pennella un racconto colto e visionario, ammantato di una malinconia terrificante, malgrado l'intreccio risulti abbastanza convenzionale dal momento che è l'eterna lotta tra il Bene e il Male a venire rappresentata: una contesa senza trionfatori né sconfitti, musicalmente tradotta da una bilancia sonora soggetto e oggetto di frastagliature e irregolarità. La partenza, caratterizzata da grevi accordature di basso sintetico, vede l'occitanico impiegare una vocalità matura, lugubre e rotonda, capace di catapultare l'uditore in polverosi scenari veterotestamentari, fra le sabbie del Negev e le cateratte del Mar Rosso. Tocca nientemeno che a Satana prendere la parola, un Principe delle Tenebre così geloso delle gioie dell'Eden da cancellarne le vestigia da cima a fondo, evento sublimato dai manrovesci elettronici sui piatti. L'atmosfera si colora di solennità, con il Maligno che, costretto dall'Onnipotente, per l'iniqua distruzione, a soggiornare ramingo in oscuri reami paralleli, resuscita trionfale indossando le vesti smunte di un vampiro giunto sulla Terra in compagnia di lupi che ululano issandosi bestiali sulla scia glaciale di nevose tempeste. Il tremolo picking della chitarra, nonostante un mix imperfetto, rimbomba aguzzo a proclamare l'avvento dell'Inferno sul pianeta degli uomini, squarciando l'aria intorno a mo' di treno sfrecciante su rotaie magnetiche. La Bestia mefistofelica, da un maniero disfatto occultato dietro massicci antartici di spropositata altezza, signoreggia su un territorio solitario attraverso cui, sotto le mentite spoglie del Nosferatu, si inoltra per incitare gli uomini a marciare sotto il suo vessillo. La pausa centrale, precorsa da ipnotiche falcature melodiche e seguita dalla ritorno del riff principale che avanza imperterrito sino al termine del brano, risulta decisiva per il menestrello provenzale, in quanto gli dà modo di rendere chiaro il significato profondo del testo, tinteggiato di un pessimismo leopardiano che mescola il cosmico e l'eroico. Porsi sotto la tutela del Diavolo equivale a nutrirsi di conoscenza, a respingere le false lusinghe del Dio cristiano, a rendersi conto che abbracciare la vita vera, aliena dalle illusioni, equivale a votarsi al dolore e alla sofferenza. Il finale in dissolvenza funerea lascia il dubbio se il gioco apocalittico possa davvero valere la candela e la nuova, stentorea registrazione del pezzo non fa che contribuire a conficcare tale pensiero nel cuore e nel cervello di ciascun individuo influenzato dal Verbo dei Mütiilation.
Born Under The Master's Spell
Terzo pezzo in scaletta estrapolato da "Vampires Of Black Imperial Blood", "Born Under The Master's Spell" ("Nato Sotto L'Incantesimo Del Maestro") vede la propria fisionomia leggermente sfigurata vista la modifica di un paio di aspetti: se la scelta di conferire alla prima e all'ultima parte del brano una patina black/thrash di derivazione Aura Noir non sembra una scelta del tutto azzeccata, diverso il discorso per i riverberi atmosferici della sezione centrale, coerenti con lo spirito originario del pezzo, imbevuto di vampirismo e Romanticismo nero sino al midollo. Meyhna'ch, infatti, ambienta il racconto in un villaggio di contadini pagani, immerso nell'atemporalità tipica dei siti abitati non toccati dalla civiltà moderna: l'abbrivio del brano, improvviso, disarmonico e iperveloce, trasporta l'ascoltatore entro un clima stokeriano, nel quale la chitarra e i suoi sodali sintetici edificano un wall of sound a dir poco dirompente, che si arresta soltanto per consentire al singer di spiegare i contorni della vicenda. La popolazione del borgo succitato, oppressa da un'epidemia mortale di matrice diabolica, hanno poche possibilità di salvarsi: mentre pennate di ghiaccio e ronzii demoniaci si succedono a cavallo di refrain simil-sinfonici, il Nosferatu che dimora in alto, sulla cupa altura, pretende il sangue di una vergine per placare la propria ira e il proprio stomaco, approfittando della paura superstiziosa della gente e dell'assenza del salvifico Verbo di Dio. Palese il polemico riferimento di Roussel all'evangelizzazione promossa dal Cristianesimo, un avvenimento che riuscì sì nell'impresa di sradicare antiche credenze e le paure a esse correlate, ma, allo stesso tempo, non si comportò molto diversamente da vampiri e lupi mannari, legando gli uomini a una nuova e per certi versi peggiore schiavitù. La drum machine inizia ad arrancare in prossimità del traguardo, scortando un riff forse mai così esangue e depresso, perfetta testimonianza dello stato d'animo di un mostro che, pur potente e autoritario, sembra ormai consapevole che i crociati della fede difficilmente lasceranno a lui scampo, costringendolo a tornare nella profondità degli Inferi. Un finale intriso di mestizia, marcato da un assalto all'arma bianca che fa da pendant speculare all'abbrivio la cui sorte, però, è di crollare nell'abisso piuttosto che asfaltare impietosamente i nemici: a quello ci penserà l'Illuminismo, almeno in via transitoria.
My Travels To Sadness, Hate & Depression
Secondo brano ricavato dal lotto di "Remains Of A Ruined, Dead, Cursed Soul", "My Travels To Sadness, Hate & Depression" ("I Miei Viaggi Verso La Tristezza, L'Odio E La Depressione") forse rappresenta l'apice depressivo di un album/compilation che si pone come uno dei modelli assoluti del DSBM. Rispetto alle modifiche presenti nella nuova versione di "To The Memory Of The Dark Countess", il brano testé analizzato rispecchia pressoché fedelmente l'autografo, eccetto le migliorie produttive già evidenziate altrove e un utilizzo, da parte di Meyhna'ch, di uno scream più standard, anche se non per questo meno efficace. L'occitanico delinea le tappe di un percorso interiore lastricato di odio misantropico e tristo autolesionismo, viaggio a ostacoli che viene battezzato da un proemio strumentale nel quale spiccano egemoni la linearità corposa della batteria elettronica e un arpeggiato di chitarra sinusoidale capace di tradurre in musica il montare sibillino della classica angst freudiana. In quest'atmosfera di attesa deforme, la voce del singer balza improvvisamente in primo piano, con il ritmo che, pur appressandosi robusto, va comunque incontro a continue variazioni, seguendo gli sbalzi emotivi del suo mentore ed esecutore, un po' come le linee melodiche, certo affossate nel mix, ma protagoniste di sussulti e tremolii di natura bipolare. A due minuti dalla conclusione si leva dalla melma avvilente un feedback lancinatimpani che dà il la, dopo una brevissima cesura, a un'accelerazione darktrhoniana tanto rapida quanto ficcante; poi, la lenta discesa nell'Ade del proprio cuore, la ripresa di una cadenza al limite del black'n'roll e ancora l'imbocco, ora definitivo, della catabasi psichica, con effetto larsen finale a condire il tutto. Fariseo chi consideri il Sé di Roussel un encefalogramma piatto.
Through The Funeral Maelstrom Of Evil
Ultima canzone di "The Lost Tapes", ancora estrapolata da "Remains Of A Ruined, Dead, Cursed Soul", "Through The Funeral Maelstrom Of Evil" ("Attraverso Il Funereo Maelstrom Del Male") assume nella nuova versione una sfacciataggine punk già percepibile in un originale che, però, soffriva - o, per i puristi, beneficiava - di una produzione da obitorio sotterraneo Per il resto, il pezzo, anche come durata, non tradisce lo scheletro compositivo dell'autografo, da un abbrivio in palm muting che getta il malcapitato uditore in una voragine buia, priva di fondo e di appigli, simbolo della caduta nell'abisso della depressione più disperata, all'emergere di un rifferama eufonico, ma roccioso, accompagnato da una drum machine dapprima velocissima, poi gradualmente meno solerte, mentre un clima cimiteriale ammanta il tutto. Meyhna'ch, la cui voce domina incontrastata sull'insieme, sembra prendere spunto, per le liriche, dal racconto di Edgar Allan Poe "A Descent Into The Maelström", nel quale il personaggio principale, dopo essersi salvato da un tremendo vortice marino, inizia a palesare segni di canizie precoce, tanto fisica quanto mentale. La musica pare seguire, dunque, i tentativi dell'alter ego letterario dell'occitanico di risalire a galla nonostante le correnti avverse, tra fraseggi melodici, cesure, drammatici recitativi, intermezzi pensosi di chitarra acustica, assalti all'arma bianca che flirtano con il crust e in generale con un black metal diretto e pugnace, rumori dodecafonici il cui obiettivo appare quello di disorientare e tramortire. Un pezzo, dunque, connotato da una forte inquietudine senza sbocco alcuno, che emana una freddezza glaciale anche nei momenti più drammatici e disperati; Willy sembra riuscire addirittura a cogliere la dimensione estetica di quel Maelström che si avvolge su sé stesso, trasformando l'orrido in una singolare declinazione del sublime. Terrore e bellezza si fondono nell'incubo di rimanere sepolto per sempre nelle profondità oceaniche, metafora di una prigione interiore colma di dipendenze tossiche, tentazione suicide e misantropia allucinata.
Conclusioni
Esclusa la Norvegia dei '90, la scena francese è stata una delle realtà più significative e veraci del panorama black metal europeo, in virtù di una serie di gruppi protagonisti di eroiche e oscura gesta da pionieri. Tra i primi, e gli unici a raggiungere una longevità invidiabile, figurano i Mütiilation di Meyhna'ch, esponenti di punta delle tossiche ed elitarie Légions Noires, aristocratico cenacolo nero che annoverava entro le sue fila entità musicali presto dissoltesi come neve al sole. Una one man band che, terminate ufficialmente le attività nel 2007, ha dato alla luce nel corso dei lustri una manciata di album venerati come campioni di assoluta misantropia, da "Vampires Of Black Imperial Blood" a "Remains Of A Ruined, Dead, Cursed Soul", da "Black Millenium (Grimly Reborn)" a "Majestas Leprosus", da "Rattenkönig" a "Sorrow Galaxies" e un paio di EP, "Hail Satanas We Are The Black Legions" e "New False Prophet", che rappresentano un po' l'alfa e l'omega stilistico di un percorso a tratti tortuoso, ma terribilmente avvincente. Certo, appare quantomeno singolare, eppure coerente con il personaggio, che, a creatura già defunta, Roussel autorizzi sia l'uscita di un mini live dal carattere eminentemente decorativo ("Black As Lead & Death") sia "The Lost Tapes", una compilation di sei pezzi tratti dai primi due full-length sulla lunga distanza, la seconda dopo "1992-2002 Ten Years Of Depressive Destruction". Una raccolta che comprende ri-registrazioni risalenti all'inverno del 2009-2010, dimenticate in archivio e improvvisamente tornate alla ribalta, pronte per la pubblicazione il giorno della Vigilia di Natale del 2018: la strenna giusta per i collezionisti, felici di riascoltare in versione relativamente alternativa meraviglie del livello di "Transylvania", "To The Memory Of The Dark Countess", "Black Imperial Blood", "Born Under The Master's Spell", "My Travels To Sadness, Hate & Depression", "Through The Funeral Maelstrom Of Evil". Spinto in parte da legittime motivazioni commerciali, dal profitto risibile considerata la fanbase di nicchia dell'act di Grabels, il mastermind occitanico probabilmente sentiva con maggior forza il desiderio di recuperare le proprie radici artistiche e quelle di un sound che, durante gli albori della carriera, arrivò a un apice espressivo non inferiore ai platter provenienti dal mondo scandinavo. Un recupero che non si limita alla mera riproposizione, con Willy impegnato a fornire una veste diversa, sebbene senza sconvolgimenti rivoluzionari, ai vari brani scelti per costruire la scaletta: una produzione professionale, un mix diverso, l'utilizzo di uno scream controllato, un ritmo che, rispetto agli originali, si avvicina all'orecchiabilità e alla velocità del black'n'roll, qualche parco effetto elettronico inserito qui e là. Non tutto funziona alla perfezione, specialmente il missaggio, squilibrato e tendente a schiacciare gli strumenti, pecca a cui va aggiunta una parziale smorzatura dell'atmosfera gotica che permeava gli autografi a favore di una muscolarità dell'insieme non sempre conforme al contesto. In ogni caso, chi ama il solo project occitanico/provenzale e le sue contraddizioni spesso stridenti, non avrà di che lamentarsi per un disco dal sapore passatista capace, però, di stare al passo con gli orientamenti del contemporaneo, soprattutto dal punto di vista tecnico. Trattasi, comunque, di un lavoro che conserva intatta la ruvidezza originaria delle piste incluse in esso, emanando un fascino barbarico da trve kult in grado tanto di toccare le corde di un ben determinato uditorio quanto di suscitare un sicuro interesse nei neofiti, con la Osmose Productions indaffarata, all'epoca, a classificare il genere della release come raw black metal. Un'etichetta adeguata, malgrado il carattere meno lo-fi delle nuove incisioni e alla quale andrebbe associata una locuzione in lingua afrikaans, rof en onbeskof, traducibile pressappoco con l'inglese rough and ready, che riesce a descrivere al meglio la tipologia dell'opus presente. Oggi dei Mütiilation resta un ricordo affettuoso misto a rimpianto e, nonostante ora Meyhna'ch si dedichi anima e corpo all'interessante progetto solista omonimo, la speranza recondita che la sua vecchia emanazione possa tornare continua ad alimentare i cuori degli affezionati. D'altronde Willy è avvezzo a risorgere dalle ceneri, anche quando non sembravano sussistere le condizioni minime.
2) To The Memory Of The Dark Countess
3) Black Imperial Blood
4) Born Under The Master's Spell
5) My Travels To Sadness, Hate & Depression
6) Through The Funeral Maelstrom Of Evil