MORBID ANGEL
Juvenilia
2015 - Earache Records
ANDREA FUMAGALLI
18/04/2016











Introduzione Recensione
Procedendo in ordine cronologico (ed alfabetico), il disco che ci apprestiamo oggi a recensire risulta l'ultimo (sino ad ora) lavoro targato Morbid Angel, nonché il secondo live album della loro carriera (il primo, "Entangled in Chaos", risale al 1996). Raggiungiamo la lettera "J", la quale sta per "Juvenilia", termine latino con il quale gli autori dell'epoca umanistico-rinascimentale erano soliti identificare i loro primi componimenti, quelli riconducibili alle primissime fasi della loro carriera. Non ci stupisce, dunque, che i Morbid Angel vogliano tornare (forse) indietro nel tempo, dopo la batosta ricevuta con il loro ultimo album di inediti. La band floridiana, infatti, si macchiò di uno dei più gravi peccati della propria storia: l'aver pubblicato il deludente "Illud Divinum Insanus", strana commistione di Death Metal, industrial ed elettronica di vario tipo. Sperimentazione senza né capo né coda, realizzata in un clima confusionario ed instabile, a livello di line-up. In un frangente appena assistiamo infatti al rientro di Vincent ed alle defezioni di Tucker e Sandoval, in favore dell'entrata di Destructhor e Tim Yeung, entrambi sfruttati comunque al minimo. Le redini del tutto rimasero ben salde nelle mani del pilastro Azagthoth, storico chitarrista del gruppo, il quale mal digerì il fallimento di "Illud.." e decise dunque di trascinare i compagni in questa nuova avventura, un live che sa molto di amarcord e richiamo dei tempi d'oro. Una mossa astuta, atta a prendere tempo e soprattutto a stemperare le attese dei fan per un nuovo lavoro in studio. Lavori in corso in casa Morbid Angel, quindi, "occultati" dalla pubblicazione di "Juvenilia" (uscito per la "Earache Records"), disco / "segno di vita" immesso sul circuito giusto per far in modo di mostrare al pubblico una sorta di attività costante, per nulla fermata nonostante le pessime recensioni ricevute da "Illid..". Le premesse, tuttavia, non sono per niente esaltanti, visto che il gruppo non ci propina certo una grande novità, ed anzi decide di riscaldare una minestra abbellendola con l'ausilio di una nuova confezione. "Juvenilia", infatti, altro non è che la riproposizione integrale del dvd "Live Madness", il quale risale al 2006 e ritrae gli allora giovanissimi Morbid Angel intenti a promuovere il fantastico debutto "Altars of Madness" ad un audience entusiasta. Un DVD in principio allegato ad una ristampa del suddetto primo capolavoro, uscita come già detto ormai dieci anni fa. Parere personale: non parlo di "esaltazione" visto che, per quel che mi riguarda, sarebbe stato più adatto proporci qualche registrazione recente, in grado di testimoniare la forma della line-up attuale, piuttosto che adagiarsi sui vecchi successi e su tempi che di certo non torneranno mai più. Sta di fatto che, per lo meno, abbiamo tra le mani un prodotto che ci riporta indietro nel tempo, cercando (forse) di farci scordare il disastro avvenuto con "Illud..". Anche la copertina sembra riprendere quella di "Altars?", presentandoci un suo spaccato, pregno di demoni incastonati nel medaglione disegnato in origine da Dan Seagrave. La registrazione e la qualità sonora, ovviamente, non sono perfette: ma questo non rappresenta di certo un problema, stiamo infatti parlando di un di un gruppo Death Metal allora emergente, che di certo non poteva permettersi elevate spese o maestri del recording. La formazione presente in questo disco, inoltre e per forza di cose, è quella "classica". Troviamo quindi Trey Azagthtoth alla chitarra, affiancato da Richard Bruenelle, senza scordarsi della presenza di un carismatico David Vincent (voce / basso) e dell'instancabile macchina da guerra altrimenti conosciuta come Pete Sandoval. Nota: la registrazione originale risale al 1989, rilasciata dapprima come bootleg. Il concerto dal quale è tratta venne tenuto il 14 Novembre dello stesso anno, presso il "Rock City" della città inglese di Nottingham. Una testimonianza, se non altro, dall'ampio valore documentario, in quanto resoconto del leggendario "Grindcrusher Tour", nel quale i Nostri ebbero modo di dividere la scena con mostri sacri del calibro di Napalm Death, Carcass e Bolt Thrower. Addentriamoci quindi nel disco, quasi come se stessimo per salire a bordo di una macchina del tempo, apprestandoci a viaggiare attraverso le varie decadi. Chi avrà vissuto direttamente quei tempi potrà magari rivivere esperienze ormai dimenticate, sopite dallo scorrere degli anni; chi invece, come me, in quegli anni non era ancora venuto al mondo, può avere se non altro una bella testimonianza dell'accaduto in quei tempi, i tempi d'oro di un genere aggressivo come il Death Metal che allora e negli anni a venire avrebbe raggiunto un discreto successo, per poi ridimensionarsi dalla seconda metà degli anni '90, sotto i colpi di nuovi generi maggiormente accessibili come il Nu Metal e così via.

Immortal Rites
Il conosciuto riff di "Immortal Rites (Rituali dell'Immortalità)" si diffonde prepotentemente dalle casse del nostro stereo, e ci riporta indietro nel tempo; proprio in quel 1989, quando ancora "Altars of Madness" era considerato una novità assoluta, il prodotto di un nuovo gruppo che aveva sin da subito catalizzato l'attenzione su di sé. I riff taglienti delle chitarre, in questo inizio, risultano ancora più aggressivi e devastanti, mentre il groove della strofa, se possibile, è addirittura più convincente dal vivo che in studio. Dobbiamo tenere conto che stiamo parlando di una registrazione datata, la qualità sonora non è il massimo ma la resa risulta comunque grezza e adatta ad un contesto Death d'assoluta potenza. La voce di Vincent è convincentissima, ispirata e come al solito abrasiva, il drumming si conferma potente riuscendo a farci rimpiangere i bei tempi di Pete, quando dietro alle pelli era la sua aggressività a farla da padroni. Nel break centrale possiamo goderci tutta la cattiveria dei floridiani, e come se non bastasse, i continui riferimenti satanici del testo (i "riti dell'immortalità", di cui si parla già nel titolo) non fanno altro che appesantire il pezzo, le liriche, da sempre caratterizzate da un tema demoniaco atto a rendere l'ambientazione più malvagia e sanguinolenta. Accorgimenti che sconvolgono gli ascoltatori, nel mentre arriviamo alla ripresa finale della strofa, e gli interventi solisti di Azagthtoth ci portano alla conclusione del pezzo. Continuiamo ancora ad udire la chitarra in sottofondo, finché quattro colpi di rullante danno inizio al pezzo successivo. Il testo, in linea con la blasfemia che il gruppo non ha mai mancato di sfoggiare, ci parla di riti compiuti proprio dai Nostri per ottenere il dono dell'immortalità, oltre che di come tutti i componenti del gruppo si vedano estranei all'umanità intesa nel senso "tradizionale" del termine. L'intero apparato lirico si riferisce proprio alla volontà dei membri di non fare più parte del genere umano ( Liberateci da questi rifiuti umani, purificateci dalle nostre vite terrestri") e di diventare parte di una sorta di ordine "superiore", quello per l'appunto dei demoni che tanto affascinano i Morbid Angel. Si nota qui un richiamo, come in quasi tutti i testi del gruppo, agli scritti di Lovercraft. Abbiamo in "Immortal Rites" un riferimento ai grandi antichi, creature che secondo lo scrittore dimorano nelle parti più profonde della terra, dopo esserci arrivati tantissimo tempo fa, addirittura prima dell'arrivo della specie umana. Si risveglieranno quando vi sarà una specifica configurazione stellare ed allora saranno loro i maestri cerimonieri che aiuteranno i Morbid Angel (e tutti gli altri "adepti") ad ottenere l'immortalità. I Nostri si schierano a favore dell'antica progenie stellare, decidono di abbracciare il male ed, in compagnia del demone sultano Azathoth, di distruggere il mondo come oggi lo conosciamo.

Suffocation
Come da copione all'insegna dell'estremo, la partenza tagliente e fulminante di "Suffocation (Soffocamento)" aggredisce l'ascoltatore, annichilendolo e proiettandolo nuovamente in un contesto d'assoluta violenza sonora. Per l'occasione, notiamo come il tutto venga accelerato così da risultare ancora più aggressivo, anche più che nella versione in studio. I magistrali riff di Azagthoth, calibrati con precisione chirurgica e sferraglianti quanto serve, si avvicendano in maniera decisiva e le metriche superbe di Vincent non fanno altro che tenere l'ascoltatore su un filo di tensione costante. Un cantato che dunque ci fa proseguire lungo una successione killer di strofe e refrain, il tutto buttatoci contro con prepotenza e decisione. Ecco che fa la sua comparsa l'assolo, di breve durata ma in grado di mettere in crisi le nostre orecchie, donando al pezzo ancora più malvagità, facendo ruggire il pezzo come una belva feroce. Il pesante stacco ci permette di goderci al meglio, nuovamente, tutta la maestria dei nostri; il refrain si fa amare per quello che è, vale a dire un monumento di odio e cattiveria, come pochi ne abbiamo potuti udire. Gli ultimi assoli hanno quindi modo di avvicendarsi e ci portano alla definitiva conclusione di un altro ottimo pezzo, perfettamente (ed ancora di più) a suo agio in questa veste live, nella quale sembra rendere veramente il doppio. L'apparato lirico è un delirante insieme di insulti ai cristiani e al cristianesimo in generale. Il gruppo vuole beffarsi dei credenti, che considera solo un insieme di capre schiave del loro dio. Si cerca addirittura di capire cosa spinga le persone ad abbracciare una fede e si arriva alla conclusione che il tutto sia forse la voglia di sapere (ed anche la paura di scoprire) cosa ci sia effettivamente dopo la morte " I mortali sono in preda alla disperazione,vorrebbero capire che destino li attende". Alla fine del testo c'è un riferimento esplicito alla Bibbia " I miserabili umani urlano, "Perché, perché mi hai abbandonato". Dunque i nostri immaginano una sorta di Apocalisse nella quale il credente è immerso sino al collo: ritornano forse i riferimenti agli Antichi, le forze del male prendono il sopravvento e la Fede si rivela essere un orpello inutile, in quanto nessun Dio è lì pronto a salvare chi, in preda al panico, ora comincia ad urlare al cielo, sentendosi abbandonato nonostante le promesse ed il "paradiso" tanto celebrato dalla Chiesa.

Visions From The Dark Side
La violenza della terza track dell'album, "Visions From The Dark Side (Visioni dal Lato Oscuro)", si abbatte ancora una volta (e senza fare sconti) su di noi ascoltatori, ormai magnificamente assuefatti a questo devastante turbinio di note letali quanto raffiche di proiettili. Anche in questo caso il pezzo risulta accelerato rispetto alla versione originale, ed in questo senso è soprattutto la prestazione di Sandoval a risultare impressionante. Il batterista, con i suoi groove e i suoi blast beat, riesce a donare al pezzo un che di unico, mostrandoci quanto la sua potenza fosse unicamente frutto del suo innato talento e non certo di ritocchi in studio. Ascoltare live un musicista di questa caratura è davvero un'esperienza unica, un batterista che non solo tiene magnificamente il tempo ma che riesce al contempo a cesellare alla perfezione i potenti e aggressivi riff di chitarra di Brunelle ed Azagthoth, rendendoli ancora più pieni e roboanti. Un qualcosa di veramente superbo. Vinccent ,dal canto suo, non fa altro che trasmettere angoscia e desolazione con la sua voce abrasiva, una vera e propria colata di acido ed incubi. L'insieme degli assoli, poi, crea un chaos sonoro di tutto rispetto, rendendo tangibile la tempesta demoniaca raffigurante nella copertina di "Altars..". L'avvicendarsi di lick veloci, uniti ad un uso quantomeno irresponsabile della leva, dà infatti vita ad un qualcosa unico, dall'impatto incredibilmente tosto e distruttivo. In sostanza, il pezzo scorre senza intoppi, viaggiando in rettilineo. Questo è segno, ancora una volta, della bravura del gruppo. Un combo inarrestabile, che non si inceppa ed anzi concentra tutta la sua rabbia in poco tempo, esplodendo e devastando totalmente il territorio circostante. Quanto al testo, il quartetto ci propone qualcosa di più "articolato". Si parla qui di controllo mentale, in particolare sul controllo mentale che il Male esercita sulle persone. Si parla di come alcuni individui siano attratti da quest'ultimo e siano disposti a cedere ai loro impulsi, spinti da una sorta di schizofrenia, per cercare di dominare su tutto e tutti. Ovviamente abbiamo nel testo anche riferimenti più fantasiosi e surreali "Ombre spaventose, occhi scuri, stanno arrivando per me. Rintocca la mezzanotte, la terra si fa più nera, sorge il male", uniti alle visioni che il Male inculca nella mente dei malcapitati di turno, che in una sorta di incubo / trance si ritrovano ad assistere alla rovina dell'umanità: uomini sfigurati dall'acido, cataclismi, distruzione, sangue che scorre.. questa sarà la fine preannunciata, l'Apocalisse. Al mattino, quando ci si sveglierà, si avrà come l'impressione di aver fatto un brutto sogno.. mentre, invece, quelle visioni ci sono state realmente inculcate da una nera figura.

Maze of Torment
Sono una serie di colpi di cassa ed un mini assolo di chitarra (assai piacevole ed azzeccato, capacissimo di creare la giusta atmosfera) che fungono da "preludio" e permettono a David Vincent di subentrare, introducendo uno dei pezzi più conosciuti del gruppo, il monumentale "Maze of Torment (Il Labirinto del Tormento)". Questo pezzo, nel suo inizio, non sembra esser stato modificato né accelerato in maniera importante.. ma aspettiamo solo di arrivare alla strofa, perché il gruppo possa di nuovo catapultarci in un turbinio di ferocia e cattiveria. I tupa-tupa ed i blast beat si avvicendano quindi senza sosta, mentre il refrain è un concentrato di tensione e di nervosa esaltazione, come se i Nostri avessero scelto di esplodere poco alla volta, spalmando la loro cattiveria lungo un climax ascendente. La seconda strofa irrompe prepotentemente e ancora una volta il refrain è in grado e stupirci, quasi fosse una vera e propria coltellata sferrata al nostro stomaco. Ecco dunque che la chitarra solista fa la sua comparsa, devastante e tagliente come al solito, intenta a donarci un nuovo momento di assurda ferocia. Il break centrale non fa prigionieri, si stringe intorno all'ascoltatore come una morsa, soffocandoci, facendoci sentire quasi schiacciati all'interno di un furiosissimo moshpit. Ecco un altro assolo che ci porta ad un devastante rallentamento, che si conclude con la sola chitarra solista che dà vita ad un assolo cacofonico ma incredibilmente ben riuscito. Il tutto viene presto scalzato da una ripartenza veloce, la quale ci porta ad una ripetizione del ritornello e dunque alla conclusione di un altro ottimo pezzo. Le liriche parlano di un labirinto dei tormenti che non è altro che l'inferno. Molto interessante questa metafora che rende il testo discretamente accattivante. Si parla di come la morte possa essere solo il primo di una serie di orrori, dopo la discesa negli inferi ci si trova ad essere prigionieri all'interno di mura continue ed invalicabili mentre il delirio circonda le anime in esse rinchiuse. Alla fine si è talmente rassegnati che si prega di morire, morire per davvero per chiudere con un incubo che in realtà non avrà mai fine. Come si finisce, in questo labirinto? Dai primi versi, sembra cedendo al "lato oscuro", ovvero abbracciando quanto di più malvagio ci sia, lasciandoci dominare dalla rabbia e dall'impulso distruttore. Una volta venduta la nostra anima, inizia la discesa senza fine in quelle mura. Possiamo correre, scappare, ma il labirinto non ci lascerà mai andare via, garantito.

Chapel of Ghouls
Arriva quindi il momento di "Chapel of Ghouls (La Cappella dei Ghoul)". Anche questa track parte col botto, esplodendo nella sua velocità e cattiveria, dilaniando i nostri timpani. Ancora una volta, ormai come da tradizione, il pezzo viene accelerato per dare maggior impatto allo show e soprattutto presentare il vero volto dei Morbid Angel, quello degno di un quartetto di animali da palcoscenico. Il drumming di Pete Sandoval è sempre devastante, prima la strofa e poi il refrain fino ad arrivare al break centrale dove il gruppo riesce a materializzare un vero e proprio inferno, con i riff che tutti conosciamo, taglienti e monolitici. Gli stacchi di chitarra si avvicendano, ben sostenuti da veloci blast beat ed ecco che arrivano gli assoli, dissonanti e veloci, che ben si accompagnano con il suono creato dall'intero ensemble. È con il fulminante lick di chitarra che si arriva al break che ci accompagna alla fine del pezzo, un break devastante e pesante, quanto un'incudine. Il micidiale refrain innalza ancora una volta la velocità del pezzo, prima che si arrivi alla conclusione, condita da un altro assolo di chitarra giusto per mostrarci tutta l'abilità del combo di chitarristi qui chiamato ad esprimersi. Per quanto riguarda le liriche si parla dei Ghoul, ancora una volta demoni che nascono da antiche mitologie islamiche e vengono ripresi successivamente da Lovercraft. Il "riadattamento" in veste Morbid Angel vede questi esseri occupati ad assaltare una chiesa, uccidendo il prete e svolgendo, "girando la croce verso l'inferno", vari riti di stampo satanico. Un assalto in piena regola dove nessuno viene risparmiato, e l'uccisione del Prete è un po' il simbolo della morte di Dio, il quale non può fare nulla contro quest'orda di demoni vampiri che stanno mettendo a ferro e fuoco uno dei suoi templi. La croce viene rovesciata, il grande padre Satana è soddisfatto di questo blitz demoniaco, il Male prolifera sulla terra mettendo radici che ormai non potranno mai più essere estirpate. Satana ed il suo impero stanno muovendo le loro pedine sulla scacchiera, la vittoria è ormai annunciata. L'inerme stirpe umana non può far altro che perire. Un fulminante e dissonante assolo ha il compito di "deliziare " (per così dire) un pubblico sempre più esaltato ed in preda al fomento totale. Un espressione solista veloce e tagliente, dalla durata assai esigua, una sorta di preludio a quello che sarà il pezzo effettivamente successivo.

Bleed for the Devil
Giunge quindi il momento di "Bleed for the Devil (Sanguina, per il Diavolo!)": questo breve pezzo, velocissimo e devastante, crea la più assoluta devastazione sotto forma di musica, un frangente in cui i Morbid Angel decidono di condensare la loro selvaggia attitudine in un lasso di tempo assai breve, per meglio esprimerla. I veloci blast beat si avvicendano come fulmini mentre Vincent, anche se commettendo qualche piccola imperfezione, si lancia in metriche velocissime ed assai essenziali, potenti nella loro assenza di velleità di sorta. Le chitarre, dal canto loro, continuano a distruggere le orecchie del pubblico e di noi tutti, macinando riff senza sosta, quasi Azagthoth e Brunelle avessero stretto un patto col demonio, per apparire quanto più efficaci e potenti possibili. Riff a tempesta che vengono alternati a fulminei e devastanti assoli, letteralmente "buttati lì" con la finalità esclusiva di creare un maggiore chaos sonoro. Momento breve, ma terribilmente intenso e significativo. Ancora satanismo a go-go per la parte lirica, ci si concentra sul "Re dell'immondo", vale a dire il diavolo in persona, evocato con riti di automutilazione ed adorato per il suo " seducente potere". Un testo permeato quasi di "oscuro" erotismo, in quanto il Diavolo viene visto come un qualcosa capace di sedurre in maniera lasciva, sfrontata, in grado di infondere un gran piacere nelle sue vittime, che non hanno certo paura di far sgorgare il loro sangue per renderlo più forte e potente. Il Demonio si ciba infatti di quanto di più abietto risieda in noi, la sua forza deriva dalle anime dannate, e più ce ne sono a formare la sua coorte, più egli ha possibilità di rafforzare il suo potere, imponendo la sua forza contro chi, inerme, non può fare altro che inginocchiarsi dinnanzi ai suoi devastanti poteri.

Damnation
L'ottava track, "Damnation (Dannazione)", parte senza intoppi e spedita come un treno. Dopo i primi versi della strofa, più cadenzata, si riparte con riff più veloci e taglienti, i quali riportano i nostri ad operare seguendo i loro stilemi preferiti, quelli della velocità e della violenza senza quartiere. Ancora una volta la strofa e poi il refrain, che sicuramente si sarà stampato ormai nelle mente degli ascoltatori, tanta è la sua efficacia. Dopo questo ritornello abbiamo un veloce assolo di chitarra, la batteria incalza senza sosta e si arriva ad un nuovo refrain, sempre magnificamente convincente. Vincent non perde un colpo e continua a "sbraitare" come una belva, maltrattando contemporaneamente il suo basso. Il gruppo, con maestria, accede dunque al break; le atmosfere infernali che hanno da sempre contraddistinto il combo floridiano emergono quindi in tutto il loro tetro splendore, mentre un veloce assolo ci porta ad una nuova parte "cantata" (urlata, più che altro!). La chitarra solista fa la sua parte prima che il gruppo si conceda ad un altro refrain che chiude il pezzo improvvisamente. Le liriche si occupano della guerra santa e delle nefandezze che questa a provocato: si fa riferimento alle religioni pagane, distrutte dal sacro esercito e dall'assenza di un Dio in questa "opera" di cristianizzazione. Si fa riferimento in questo testo in misura maggiore alla realtà, andando a evocare avvenimenti reali che si sostituiscono al concept lirico tradizionale del gruppo, fatto di creature fantastiche o mitologiche. Ritorna però il concetto di "Apocalisse Infernale", qui considerata una sorta di giusta punizione per un'umanità che non merita altro che sofferenze, proprio per via della sua crudeltà e della sua sempiterna volontà di schiacciare il suo prossimo e chiunque consideri "diverso" dalla norma, come i pagani. Il protagonista delle lyrics osserva il mondo crollargli attorno e non ha paura, anzi, decide di unirsi alle armate Infernali per combattere al loro fianco. Non ha nulla da perdere, "cenere alla cenere", egli dice, ed è prontissimo a non morire da schiavo, in quanto tutti i Cristiani, come sta vedendo, sono ormai inginocchiati attorno alla Bestia, ovvero l'Anticristo.

Blasphemy
Dopo la presentazione, quattro colpi di charleston ci portano quindi all'episodio successivo, "Blasphemy (Blasfemia)". Un vero e proprio monolite di blasfemia, esattamente come da titolo. Un monolite, si; proprio perché (nonostante il gruppo stia suonando live) la pesantezza e il coinvolgimento emotivo che il pezzo detiene vengono perfettamente riprodotti, quasi ci trovassimo nella nostra camera, facendo scorrere sul piatto la nostra copia originale di "Altars..". Troviamo così le strofe veloci e devastanti che si avvicendano senza sosta, il refrain demoniaco e inquietante, un susseguirsi di potenza e di prepotenza che ben ci annichiliscono e ci danno l'idea di infrangerci contro un muro di cemento armato. Tutto è al suo posto, la batteria che stupisce per la sua velocità e potenza, le chitarre sempre precise e caotiche. Una voce che sembra provenire dall'inferno e che ci evoca immagini di sofferenza e tormenti, un ensemble unico nel suo genere, testimonianza di una performance da ricordare. Quando il pezzo sembra finito, ecco che si riparte con il riff portante prima di accedere ad una nuova e breve scarica di blast beat, che ci accompagna quindi alla fine del pezzo. Nelle liriche si va a canzonare il "Messia" che viene deriso dal combo, la blasfemia è un mezzo con cui "ferire" il Dio visto dai quattro come un essere ipocrita e bugiardo. Abbiamo un riferimento all'occultismo quando viene dichiarata la volontà dei quattro di "venire prima a Dio" nel senso di non farsi influenzare nelle decisioni dai testi sacri, di abbracciare quelle teorie considerate appunto "occulte" perché nascoste dalla Chiesa, la quale da sempre ha cercato di condannare la pluralità delle fonti per non perdere la sua egemonia. I Nostri sono tuttavia giunti a queste conclusioni, vomitano il loro astio contro la divinità cattolica, suo figlio ed i loro rappresentanti (la Chiesa, appunto), adoperando la blasfemia quasi fosse una spada, un modo per ferire, come già detto, ed imporsi con la forza contro delle dottrine che loro considerano false, in nome delle quali troppi innocenti sono morti.

Encore: Lord of All Fevers and the Plagues
Con "Lord of All Fevers and the Plagues (Il Re di tutte le Malattie e le Piaghe)" siamo dunque arrivati al consueto "bis". I colpi di cassa di Pete infiammano l'audience mentre Vincent si concede una breve presentazione. Gli stacchi di chitarra, a dir poco infernali, ci catapultano quindi nel devastante e breve assolo che dà di fatto inizio al pezzo, per poi portarci direttamente alla strofa. Una strofa breve e scarna, alternata subito con il refrain, instaurando quindi un rapido avvicendarsi di questi due frangenti. Vincent trascina carismatico il gruppo mentre i musicisti danno letteralmente il loro meglio, non accusando affatto la stanchezza delle fasi finali del concerto, ma anzi spingendo ancor di più sull'acceleratore. Non un esitazione o un intoppo, tutto scorre rapido e velocissimo come un treno. Dopo un altro stacco la velocità cala leggermente, almeno fin quando Vincent (con poche parole) anticipa quella che è una vera e propria esplosione di chitarre fulminee e veloci. Si continua su ritmi forsennati, a volte si rallenta un po' ma subito dopo si ritorna a correre come se non ci fosse un domani. Dopo un attimo di silenzio il gruppo riprende con la strofa e il refrain, abbiamo anche qui un Vincent devastante in grado di macinare parole su parole senza fermarsi. Un frangente dopo siamo dunque giunti alla fine di un altro ottimo pezzo. L'apparato lirico si concentra su due entità demoniache, il serpente piumato degli abissi, "guardiano del cancello" e protagonista dei pantheon di molte civiltà precolombiane, ed il dio Pazuzu (abbiamo nuovamente dei riferimenti alla mitologia azteca, e a quella sumera), reso celebre dal famoso film "The Exorcist", e comunemente (ed erroneamente) identificato da noi occidentali come un demone crudele e signore degli Inferi. Sono dunque entità considerate portatrici della pestilenza e della malattia: i Nostri le invocano, sperando che essi portino peste e malattie all'umanità intera, in un'ottica estremamente nichilista. La voglia di distinguersi dalla massa, a cui il gruppo non vuole appartenere, si concreta in continue velenose frasi ed auguri di morte e disperazione rivolti al mondo intero, il quale è "invitato" a perire sotto i velenosi dardi delle antiche entità evocate e considerate portatrici di guerre, carestie, fame e pestilenza. E' dunque giunto il momento del commiato finale, affidato nientemeno che ad "Evil Spells (Incantesimi Diabolici)". Questo demoniaco ed interessante pezzo chiude dunque un gran bel concerto, un tripudio di violenza sonora come -al giorno d'oggi- non molti se ne vedono in giro. Abbiamo una partenza abbsstanza cadenzata, a riprova del fatto che il gruppo punti più sull'atmosfera; senza disdegnare, però, improvvise accelerazione lungo il refrain. Sandoval continua a martellare, la sua precisione non cala né commette un errore, nemmeno al pezzo finale (quando un po' di stanchezza sarebbe lecita). Le strofe si avvicendano ai vari refrain mentre gli assoli fanno la loro comparsa in pompa magna, affilati e taglienti come rasoi. Si accede ad uno stacco cadenzato dove il gruppo rallenta un attimo prima di giungere ad un'esplosione di violenza, devastante e infernale. Immaginiamo solo l'impatto che una prestazione del genere poteva avere allora quando ancora il Death metal era agli esordi, quando ancora non si era avvezzi a questo sound e ci si muoveva, nella scena, con fare inesperto ma voglioso di novità. Un altro rallentamento ci fa prendere un po' di respiro portandoci quindi alla definitiva fine del pezzo, con la consueta esplosione di batteria e i lick di chitarra taglienti come sciabolate. E' così che i nostri salutano quindi il pubblico, ormai sfinito ma anche soddisfatto per aver ricevuto una dose di violenza e devastazione inimmaginabile. Le liriche si concentrano sui riti satanici e sulle modalità con cui vengono perpetrati (nell'immaginario del gruppo, ovviamente) dagli adepti del "Signore delle Mosche". Si parla di atti osceni che coinvolgono ragazze e bambini, ancora una volta elaborati dalle menti del combo per colpire nel segno la morale cristiana. Non si sta parlando infatti di accadimenti reali ma immaginari, fatti per impressionare l'ascoltatore alle prime armi e la morale pubblica, che viene sconvolta e allontanata dai Morbid Angel così come dall'intero genere del quale fanno parti. Se non sono brutali uccisioni stile Cannibal Corpse sono per l'appunto le blasfemie dei Morbid Angel, che in questo testo ci parlano di sabba, rituali violenti e sanguinosi, inscenati per la gioia di Padre Satana. Per il maligno siamo come delle bambole, egli può fare tutto di noi, può prendere le nostre anime in blocco e bruciarci nella fornace infernale, dato che quello è principalmente il suo scopo: assaporare la nostra paura, immolarci ad egli stesso, cosicché possa accrescere il suo potere. La Morte è arrivata, per la vittima sacrificale: lo Stregone si accinge a sacrificarla in nome del Re delle Tenebre.

Conclusioni
Tirando dunque le somme, possiamo tranquillamente affermare che, con "Juvenilia" i Morbid Angel ci propinino un live tutto sommato ben confezionato ed interessante, anche e soprattutto dal punto di vista documentario. I fan potranno infatti ricavare, da questo lavoro, non solo un prodotto atto a presentare lo spaccato di un'esibizione veloce e potente, distruttiva, ma anche e soprattutto una diretta testimonianza di come suonava il Death Metal degli esordi, quello tosto e sanguinolento. Già in giovane età, i nostri Morbid Angel si dimostravano alfieri di quella scena, facendo notare a tutti anche la grande padronanza dei loro mezzi: attitudine e notevole tecnica strumentale, fattori che chiaramente determinarono la grande qualità dei pezzi (tutti estrapolati, lo ricordiamo, da "Altars of Madness" e, salvo un'eccezione, suonati nel medesimo ordine). Brani che suonavano magnifici su disco e chiamati, in questo senso, alla fatidica "prova del 9". Suonare dal vivo, infatti, è sempre la palestra ultima e definitiva per ogni band, uno dei metri di giudizio più importanti. Poiché, e ne siamo tristemente consci, molti gruppi non riescono a comunicare (a volte) la stessa potenza che li caratterizza su disco. Soprattutto nell'era odierna, quando sono le consolle ed i computer a fare il grande del lavoro, pulendo ogni minima imperfezione. Nel 1989 era diverso, l'attitudine live era fondamentale e si scalpitava per esaltare il pubblico dei concerti, affamato di musica quant'altri mai. Ed i Morbid Angel, nemmeno a dirlo, incarnavano alla perfezione l'ideale di potenza e devastazione. Il gruppo supera dunque la prova senza intoppi, seppure con qualche imprecisione (qualità audio non eccellente, qualche esitazione di Vincent). In sostanza, però, assistiamo ad un qualcosa di molto valido: il drumming di Pete è sempre efficace e potente, durante le accelerazioni i livelli di adrenalina si alzano pesantemente mentre le chitarre affilate dispensano riff in una maniera brutale ma al contempo precisa. Gli assoli, poi, completano il tutto a mo' di coronazione. Vincent, dal canto suo, non ci delude e con la sua voce completa i pezzi in maniera convincente, dissolvendo in un lampo i suoi momenti di incertezza. Il suo growl, sostanzialmente, è abrasivo quanto serve, chiaramente ancora acerbo rispetto ai suoi standard; tuttavia la sua performance non deve essere assolutamente sminuita, anzi, il tutto serve a fornirci ancora di più quell'idea di sanissima old school che live del genere vogliono trasmettere. Concludendo, "Juvenilia" rappresenta un prodotto oggettivamente validissimo, ma soggettivamente da pesare secondo il proprio metro di giudizio. Ne sentivamo l'urgenza, il bisogno prorompente? Un'operazione nostalgia? Un modo per anticipare un ritorno alle vecchie sonorità? Ognuno troverà le risposte che più lo aggradano, l'ascoltatore potrà decidere se fare suo o meno un prodotto del genere. Un disco sicuramente buono, non certo un qualcosa di bassa qualità o altro: tuttavia, gli unici fattori che ci spingerebbero all'acquisto di "Juvenilia" sembrano essere la curiosità e la "smania" da collezionismo. Un live che esalta e diverte, ma non aggiunge nulla di nuovo ed anzi, risulta essere una ri-edizione di un qualcosa di preesistente.

2) Suffocation
3) Visions From The Dark Side
4) Maze of Torment
5) Chapel of Ghouls
6) Bleed for the Devil
7) Damnation
8) Blasphemy
9) Encore: Lord of All Fevers and the Plagues


