METALLICA
The Unforgiven II
1998 - Mercury Records
MICHELE MET ALLUIGI
18/11/2015
Introduzione recensione
Proseguendo il nostro cammino nell'immensa (in tutti i sensi) discografia dei Metallica, giungiamo ora ad un'altra pubblicazione del 1998: il singolo di "The Unforgiven II". Sul mercato, i Four Horsemen hanno lanciato "Re-load" pochi mesi prima, siamo infatti nel febbraio del '98 mentre il disco è uscito appena nel novembre dell'anno precedente; l'operazione commerciale è molto simile a quella intrapresa con "Load" nel 1996: i due lavori si discostano molto dalle sonorità a cui la band californiana aveva abituato, ed esaltato, i propri fan, si rese quindi necessaria una riproposizione massiccia del campionario di James Hetfield e soci di quel periodo, sia per cercare di convincere i supporters di vecchia data che il gruppo era sempre la grande leggenda di sempre, anche se l'opinione che fossero ormai "dei venduti" dilagasse imperante, sia per offrire ai sostenitori di ultima generazione quanto di più sfizioso quei due controversissimi album potessero offrire. Nell'era "reloadiana" però, i 'Tallica osano un po' di più nella scelta delle canzoni costituenti i singoli promozionali: Nel caso dei precedenti "Until It Sleeps", "Hero Of The Day", "Mama Said" e "King Nothing", i quattro musicisti stavano ancora cercando quello che potesse essere il giusto compromesso fra le due sole canzoni estrapolate dall'album (o di una di esse accostata ad una cover) e di una scelta più ampia che comprendesse anche qualche estratto live; una volta appurato che questa seconda opzione, a conti fatti, risultasse assai più gradita al pubblico, ecco che la presenza di quattro brani (o tre nel caso del successivo singolo "Fuel") diventa quindi la direttiva principale di tutte le pubblicazioni successive a "Re-load". Nel 1998 quindi si può dire che i Metallica abbiano trovato la loro linea guida per la struttura di tutte le loro uscite promozionali in supporto al disco appena pubblicato: una traccia in studio, di volta in volta tra le più d'effetto della tracklist dell'album, e tre proposte dal vivo, che vanno però a ripescare nel variegatissimo campionario di vecchio e nuovo, cover ed inediti, di cui la band disponesse all'epoca. In "The Unforgiven II" il tentativo di legarsi con il passato si riscontra subito leggendo il titolo: la canzone infatti si ricollega alla quarta traccia del Black Album, il che fa subito sorgere spontaneo il chiedersi come mai una ripresa così spiazzante con una particolare pubblicazione di ben sei anni prima. Ma questo è un ponte solo concettuale con l'album omonimo dei Metallica; il singolo rientra in quella serie di pubblicazioni "minori" il cui unico fine è continuare a far parlare del gruppo facendolo passare in radio, in televisione con i videoclip e portando sugli scaffali dei negozi di dischi una vera e propria invasione del marchio "Metallica". L'artwork riprende nuovamente il concetto del singolo precedente, "The Memory Remains": l'immagine principale è una foto live della band, nella quale compaiono in primo piano due membri del gruppo; non si riesce però a capire perfettamente di chi si tratti, dato che lo scatto risulta volutamente sgranato ed in bianco e nero, stesso espediente utilizzato peraltro nella cover di "Live in London - Antipodean Tour Edition". Trattandosi dello sfondo, esso deve quindi rappresentare il contorno per il soggetto principale: una nuova macchia di Rorschach piazzata al centro quasi come se fosse uno squarcio nella barriera temporale dei Metallica, in cui compare invece un fotogramma di James Hetfield, anch'esso volutamente selezionato fra quelli "mossi" per rendere in maniera ancora più efficace il dinamismo dei quattro musicisti californiani sul palco. Il logo del gruppo, ormai indiscutibilmente posto in alto in posizione centrale, titaneggia su questa cover con lo stile "anni novanta" ormai definitivamente scelto dai Four Horsemen: la scritta in semplice stampatello maiuscolo con dietro la celebre stella, mentre il titolo del singolo viene posto in basso al centro, scritto in maniera molto semplice e chiara. Per quanto riguarda la tracklist, le tracce scelte sono la titletrack del singolo e tre versioni dal vivo: quella di "Helpless", celebre cover dei Diamond Head (già comparsa come registrazione in studio all'interno di "The 5.98 $ EP - Garage Days Re-revisited"), "The Four Horsemen", estratta da "Kill'Em All" e "Of Wolf And Man", estratta da "Metallica". Con soli quattro brani i 'Tallica toccano tutte le varie tappe della loro carriera: iniziano con la fase più recente per poi saltare indietro prima al 1987 con la cover, poi al 1983 ed infine tornare al passato prossimo con un'estrapolazione del 1991. Ecco svelato come James Hetfield e soci cercassero di essere appetibili per qualunque tipo di loro fan, dal ragazzino novizio alle loro sonorità, al metal head classico che cerca sempre la nostalgica incursione nei lavori delle band storiche, al thrasher oltranzista fermo sostenitore del fatto che il primo disco sia sempre migliore fino ad arrivare alla fascia "mezzana" di utenti, venuti a conoscere i Metallica attraverso il Black Album e tutte le sue grandi canzoni.
The Unforgiven II
Partiamo con "The Unforgiven II" ("trad. "L'imperdonato" parte due); il legame con la "versione I" del '91 emerge subito dall'apertura: entrambe le tracce possiedono infatti la stessa introduzione orchestrale, ma mentre quella contenuta nel Black Album "esita" ancora in una parte di chitarra acustica, ecco che quella di "Re-load" parte subito imponente attraverso dei power chord sontuosi che aprono subito l'intero sviluppo. Ad attirare subito è il main riff di chitarra, fluido, dinamico e coinvolgente, che sostenuto da una base di accordi in clean si propone subito come protagonista di questo nuovo avvio. Dopo appena trenta secondi ecco il break, la sei corde resta da sola sulla scena illuminata da un metaforico occhio di bue che illumina tutto il suo pathos blues. La voce di Hetfield entra delicata con un fare quasi teatrale a quella che è un nuovo capitolo di una storia che si snoderà, almeno apparentemente, su tre versioni (contando anche "The Unforgiven III" contenuta in "Death Magnetic"). Il brano parte lentamente grazie ad un quattro quarti lineare di Ulrich, che con i colpi decisi e potenti del suo set accompagna fedelmente un costrutto ritmico tutto incentrato sulla melodia. Emerge ormai lampante il cambio di rotta dei Metallica, che con i due lavori della seconda metà degli anni novanta viaggiano ora sull'onda dell'Hard Rock, facendo del Thrash Metal che li rese grandi solo un vago ricordo che emerge ogni tanto. Ad arricchire un procedere lineare dal punto di vista ritmico è senz'altro la parte di basso di Newsted, resa limpida e variegata attraverso una ricerca di fraseggi che si distaccano dalla classica linea di basso che uno potrebbe aspettarsi di trovare su un pezzo a metà fra la ballad e la rock song più tirata, e le chitarre, protagoniste indiscusse della traccia sia nelle strofe, con le due parti in pulito che si intrecciano sinergiche in uno sviluppo perfettamente riuscito, sia nella parte distorta, dove il main riff ritorna eseguito con tutta la potenza che le mani dei quattro californiani sanno mettere nelle loro creazioni. È proprio nel ritornello che i Four Horsemen ci regalano una prova di tutta la loro maestria, grazie al sentimento che impregna questa canzone dall'inizio alla fine, la parte si presenta subito come la più coinvolgente dell'intera composizione. Se c'è una cosa che James Hetfield e soci hanno sempre saputo dimostrare, nonostante i risultati siano stati un po' altalenanti nel corso degli anni, è che le grandi canzoni le sanno scrivere eccome; "The Unforgiven II" è infatti da collocare senza ombra di dubbio fra le migliori prove compositive di "Re-load", d'accordo che i fasti degli anni ottanta sono lontani, ma il brano in questione è indiscutibilmente una vera e propria perla nel metaforico canzoniere dei Metallica del '98. Anche sul piano lirico James Hetfield ci regala nuovamente uno dei suoi testi più introspettivi ed atmosferici: le parole sono sentite ed emozionanti come una poesia della corrente romantica o maledetta; protagonisti sono due soggetti, probabilmente due amanti, che insieme condividono la loro impotenza verso l'oscurità di un mondo che a stento mostra loro un po' di luce ad illuminargli la via della vita. Il frontman californiano veste nuovamente il ruolo di narratore in prima persona, che invita la sua partner a stendersi accanto a lui in quell'oscurità che li paralizza. Le chiede di raccontarle che cosa le abbiano fatto quelle entità malvagie con cui abbiamo a che fare ogni giorno della nostra esistenza, lui potrà aiutarla ad aprire la porta che la imprigiona nelle tenebre ma ad una condizione, che lei sia sincera. Essi infatti giacciono sotto un cielo nebuloso che li avvolge senza che essi possano vedere un solo raggio di sole che possa dar loro la speranza, l'amante è anch'egli sconvolto e stanco ma per la donna che ama potrà fare un ultimo grande sforzo per aprire questa porta e regalandole la libertà a patto che ella, come accennato, si dimostri sincera con lui dicendole tutta la verità. Sarà lui a doverle aprire la porta? Lei sarà stata sincera o anche lei è un'imperdonata? Ecco svelato quale sia la colpa di tutti gli uomini: la menzogna. Mentire alle persone che più si fidano di noi e sulla cui lealtà possiamo contare ciecamente rappresenta forse la colpa più grave che si possa avere; le tenebre dell'indifferenza rappresentano quindi il contrappasso dantesco che ci spetta per questo torto gravissimo che si possa fare ai nostri migliori amici o al nostro partner. Il talento lirico di Hetfield si riscontra nel gioco di parole messo in atto fra il numero II della traccia ed il "too", entrambi aventi la pronuncia uguale a livello fonetico, nella frase "Or are you unforgiven too?" (trad. "O sei anche tu imperdonata?", cioè colpevole di aver mentito). Ogni sforzo dell'amante per la sua amata si rivela vano, si scopre infatti che lei è colpevole di averlo tradito, condannandoli entrambi ad un'esistenza relegata nelle tenebre più buie nelle quali neanche il tenersi compagnia a vicenda basterà ad alleviare la sofferenza; il protagonista però vive un dolore ancora maggiore, quello dell'annientamento del suo stesso ruolo di amante: se il sentimento provato per lei era l'unica cosa che potesse portare un po' di luce in quest'ombra perpetua, ecco che con il tradimento esso viene completamente polverizzato in un attimo condannandolo a vivere il resto dei suoi giorni completamente estraneo a se stesso in totale prigionia, tutti gli altri umani sono bugiardi ma almeno la sua amata sembrava essere la sua unica fonte di luce e invece anche lei è colpevole. Questa bellissima metafora viene inoltre resa in maniera molto efficace attraverso il videoclip: la band infatti suona al buio in uno sfondo simile ad una caverna, dove i membri del gruppo emergono appena dalla penombra grazie a delle luci dal basso che li illuminano in maniera marcata, ma anche i Metallica, come tutti gli umani, vengono resi inermi di fronte alla vastità del buio tramite una serie di inquadrature da lontano che, grazie ad un gioco prospettico, li fa apparire insignificanti in confronto alla vastità della grotta in cui sono, segno che tutti gli uomini, per quanto ricchi o famosi possano essere, restano comunque un granello di sabbia disperso nella vastità dell'Universo.
Helpless (live - Diamond Head cover)
Con la successiva versione di "Helpless (Live)" (trad. "Privo di aiuto")" abbandoniamo l'atmosfera poetica e sognante per lanciarci nella vera e propria bolgia di un concerto dei Four Horsemen. Con le cover, i Metallica hanno dato più volte prova di essere dei veri e propri maestri quando si tratta di reinterpretare in chiave personale un brano scritto da un altro artista, e i Diamod Head sono inoltre una band particolarmente cara a ai quattro californiani, tanto che realizzeranno anche la cover di "Am i Evil?", raccolta poi nel successivo album di rivisitazioni "Garage Inc.". Come da manuale, la traccia si apre con il pubblico in delirio, trepidante nell'attesa che i propri idoli regalino ai fan presenti un'altra botta di Metal nelle loro facce talmente forte da far crollare la struttura dove si svolge lo show; per un'esecuzione di questo calibro non serve nemmeno pronunciare il titolo, Hetfield non può fare altro che esprimere l'apprezzamento della band verso un pubblico così in delirio come quello del concerto registrato per l'occasione con un semplice "We love you babe" (trad. "Vi amiamo ragazzi"). Senza proferire altra parola, ecco che la batteria di Lars Ulrich parte in quarta con un tempo lineare in puro stile thrash metal, sul quale si lanciano immediatamente i power chord serrati di delle chitarre e del basso. La differenza con l'originale versione della band inglese di Brian Tutler si nota subito nella differenza di "pesantezza" dei suoni: più seventies e leggera l'originale, contenuta nel debut album dei Diamond Head "Lightning To The Nations" decisamente più grossa e speed la versione realizzata dai Metallica. I Four Horsemen infatti prendono ispirazione dal groove e dal tiro del classico heavy metal di inizio anni ottanta per aggiungerci l'energia ed il tiro della macchina da guerra inarrestabile che erano diventati a fine anni novanta grazie a vent'anni di carriera. Sono le accordature ribassate in primis a conferire al pezzo un impatto maggiore, ogni singolo accordo emerge granitico in ogni passaggio ed il main riff della strofa acquista tutto un altro gusto: quello ruvido e crudo che in passato è stato insegnato al mondo dal verbo di mostri sacri quali Motorhead e Venom. Vista la sua maggiore linearità rispetto all'originale, si può tranquillamente supporre che la cover sia stata realizzata dai Four Horsemen dando priorità al suo impatto esplosivo dal vivo e che la registrazione in studio sia poi un valore aggiunto per conferire ancora più solennità all'omaggio reso alla band inglese; altra grande differenza risulta nella parte solista, dove Kirk Hammet compie un vero e proprio salto indietro nel tempo verso la sua attitudine più thrash; il suo assolo si compone infatti di una vera e propria cascata di note sparate a velocità altissima, un'esecuzione decisamente old school, comprensiva anche di qualche piccola e perdonabile imprecisione per il moro axeman, che all'epoca si stava indirizzando verso uno stile più morbido e sentito. Anche la voce di Hetfield risulta più sporca e stradaiola rispetto allo stile adottato da Sean Harris, scelta che conferisce un tono più graffiante alla realizzazione pur non snaturandone le linee vocali originali. Un pezzo ribelle per un testo ribelle: le liriche infatti raccontano metaforicamente una vera esplosione di energia da parte del classico metal head insofferente alle regole, un fan irriducibile che vuole soltanto dare alle fiamme il mondo intero alimentando il proprio incendio con solo il suono della musica che ama. Il tutto viene descritto come una corsa a folle velocità: lanciatosi sulla strada senza più freni il nostro metallaro investirà inesorabilmente tutto ciò che si troverà sul proprio cammino, tutto per sentire le vibrazioni della musica e l'amore di una donna, tutto per vivere la propria esistenza attimo dopo attimo senza mai sprecare ogni singolo momento. Egli ci vede muoverci veloci nel tentativo di scansarlo mentre siamo ormai sulla sua traiettoria, non c'è modo alcuno con cui egli possa evitarci ed inesorabilmente veniamo travolti e trascinati da una potenza heavy metal che non lascia superstiti; come una cometa che si schianta sulla Terra ed incendia tutta l'area circostante, sprigionando un calore ed una luce che solo fra le fiamme dell'Inferno si possono trovare. Le lingue di fuoco si stagliano ormai su una strada incandescente di cui possiamo ormai sentire il ruggito nei nostri timpani fracassati. L'energia lentamente si impossessa dei corpi nei quali entra; non vi sono più organi interni dentro al metal fan ma solo una cascata di note scuote le ossa fino a frantumarle, è nella musica ormai che noi metallari abbiamo il nostro destino, è un voto di lealtà eterno verso la fedeltà al Metal e nessuno potrà mai toglierci la passione che scorre in noi, non ci interessano gli affari economici del mondo, il pagare le bollette, fare la spesa o altro, ci interessa solo poter comprare dischi ed andare i concerti, tutto per ascoltare qual sound energico e vibrante che ci nutre meglio di qualsiasi altra proteina. Non c'è via di scampo, il Metal ci ha travolti, e noi siamo rimasti inermi, completamente privi di aiuto.
The Four Horsemen (live)
Torniamo indietro nel tempo, precisamente al 1983, anno in cui i Metallica esordivano con il celeberrimo "Kill'Em All": l'estratto live qui proposto è quello di "The Four Horsemen", una delle tracce simbolo della discografia della band californiana, tanto da farne un omonimo soprannome per identificare il gruppo stesso. La partenza è decisamente più esplosiva rispetto al brano precedente contenuto in questo singolo: quei quattro stacchi accentati sono ormai riconoscibilissimi fin dal primo attacco e la reazione dei presenti non può che scoppiare con un'ovazione. Il riff di chitarra parte incalzante e tagliente così come noi lo vogliamo; sia dal vivo che su disco, siamo di fronte ad una traccia che non può fare a meno di farci esplodere le budella e farci partire con l'headbanging immediato. Nel corso degli anni, i Metallica hanno optato per l'accordatura in re, ed il tono più basso si nota subito come una maggiore potenza di una parte di chitarra che di per sé rappresenta la leggenda del Metal; se sull'album di appartenenza il sound complessivo appariva ancora grezzo e minimale (che per il genere di questione rappresenta comunque un tutto di guadagnato) in sede live i quattro californiani ce lo ripropongono supportato dal meglio che la tecnologia potesse offrire nel 1998 per i loro show; pur trattandosi di una ripresa di un'esibizione dal vivo infatti, i suoni ci giungono limpidi e curati nel dettaglio e quasi annulla il fatto di non aver presenziato direttamente a quel concerto; la pulizia sonora è tale da farci visualizzare la band di fronte a noi solo chiudendo gli occhi e, con un po' più di immaginazione, possiamo quasi sentire anche le spallate che ci sarebbero arrivate nel pogo. A sostenere il tutto troviamo in prima linea il motore ritmico, costituito dalla batteria di Ulrich pesante e granitica su ogni pezzo, in particolar modo la cassa ed il rullante microfonati in maniera tale da rendere ogni colpo lampante e secco come dei veri e propri tuoni. In seconda battuta troviamo poi il basso di Newsted, uno strumento già potente che si ingrossa maggiormente grazie all'astio impresso ad ogni singola pennata di plettro che il bassista dei 'Tallica conferisce ad ogni passaggio; il suo stile infatti fa dell'energia trascinante l'ingrediente principale, rendendo le ritmiche standard delle vere e proprie cavalcate incalzanti, mentre per quanto riguarda le parti più raffinate, le sue dita riescono a dare il giusto calore per far sì che il suo quattro corde conferisca una fluidità vincente nelle parti più melodiche. Ultime ma non meno importanti troviamo le chitarre di Hetfield ed Hammet: sempre taglientissime ed aggressive su ogni riff, si tratti di una cavalcata terzinata, come nel caso di questo pezzo, o di power chord aperti e sontuosi come erano nel caso del ritornello di "The Unforgiven II". Non ci sono storie, per poter far esplodere una vera e propria Babilonia sotto il loro palco, i Metallica basta che vadano a ripescare i loro grandi evergreen degli anni ottanta; i pezzi dei dischi recenti saranno sì più studiati e curati dal punto di vista compositivo e di arrangiamento, ma non c'è niente di meglio di una qualsiasi canzone di "Kill'Em All" per poter raggiungere quell'estasi che solo il Thrash Metal vecchia scuola può regalarci. A rendere questa traccia dal vivo una vera e propria mazzata, otre chiaramente alla sua fattura ineccepibile, è senz'altro la verve che il gruppo possiede dal vivo, il pubblico si lancia in dei cori forsennati su uno dei brani che li ha resi una vera e propria leggenda ed anche noi non possiamo fare altro che unirci in questa condivisione di energia incredibile. Nel break centrale, il biondo frontman chiede ai presenti "Are you alive?" (trad. "Siete vivi?"), e la bolgia è tale che persino noi che ascoltiamo questo singolo a diciassette anni di distanza verrebbe di rispondere di sì. Il flashback si compie anche grazie alle liriche: il testo della canzone riporta i Metallica agli anni degli esordi, non solo i lori ma anche quelli in cui nasceva il Metal stesso; ecco quindi che l'immaginario scelto è quello dell'immagine biblica dei quattro cavalieri dell'Apocalisse, un vero e proprio simbolo fra i numerosissimi dell'iconografia sacra preso a modello per i testi di quel genere che all'epoca era considerato, dai bigotti ignoranti, il genere dei drogati, dei criminali e dei satanisti. Quale migliore risposta se non quella di urlare in faccia a questi scalda panche di chiesa la minaccia che i quattro cavalieri stanno arrivando anche per loro? Il primo paradosso delle critiche al metal emerge subito quando si da ai metal head degli ignoranti: se James Hetfield ha scritto un testo su questo argomento, qualcosa in merito dovrà aver pur letto, dato che nessuno nasce imparato, ma si sa, basta portare dei jeans strappati ed una maglia nera che anche se si possiedono due lauree si è comunque dei buoni a nulla. Con l'ultimo soffio di vento sarà meglio drizzare le orecchie, perché qualcosa sta arrivando presso la nostra casa e ci porterà via tutto senza che nemmeno ce ne accorgiamo: il cielo si oscura, inizia a tuonare ed una pioggia gelida si scaglia inerme su un terreno già impregnato di zolfo. In lontananza sentiamo gli zoccoli dei cavalli farsi sempre più vicini ed imperiosi i quattro cavalieri avanzano verso di noi sulle loro selle in pelle, con le armi sguainate per aggredirci ed ucciderci senza pietà; immediatamente cala la notte e subito ci si pone di fronte una scelta, accettare il nostro destino o morire, c'è quindi una possibile salvezza? Assolutamente no, perché noi umani siamo già condannati a morte dal momento in cui veniamo alla luce: attraverso una metafora di stampo leopardiano, l'essere umano infatti nasce con il pianto come primo atto di vita, segno di una subconscia consapevolezza di dover affrontare la propria esistenza immerso in una natura benigna che non si cura assolutamente di lui; le catastrofi naturali, le malattie, la fame e le guerre lo vesseranno nei secoli dei secoli, ma la natura continuerà imperterrita il suo corso mentre gli umani cadranno una stirpe dopo l'altra. I quattro cavalieri giungono a noi, al loro cospetto siamo tutti peccatori e non c'è modo di confessarsi, dato che loro sono la giusta retribuzione per i nostri peccati. Particolarmente interessante è l'ultima strofa prima del bridge e del ritornello conclusivo: essa viene divisa in quattro parti, ognuna delle quali descrive in maniera epica ciò che compiranno su di noi i vari cavalieri; il tempo ha iniziato a colpirci fin dalla nostra nascita, segnando con le proprie linee il nostro viso già prosciugato dagli stenti, mentre la carestia ci ha debilitato il corpo rendendoci malati ed insani ovunque andassimo. Il tutto conduce poi alla pestilenza, il male supremo che siamo condannati a sopportare come pena per quanto abbiamo inflitto agli altri ed infine la morte, l'unica certezza che noi umani peccatori possiamo avere come compenso per una vita vissuta in un'inesorabile condizione di impotenza. Ecco che la potenza di questa immagine biblica ci travolge attraverso il tiro thrash metal dei Metallica.
Of Wolf and Man (live)
La tracklist del singolo si conclude con la versione live di "Of Wolf And Man" (trad. "Del Lupo E Dell'Uomo"); giungiamo ora al passato immediato della band di Los Angeles, la quale va a pescare direttamente dal loro, all'epoca, terzultimo lavoro, giudicato dai molti anche il loro epitaffio spirituale: il Black Album. Ad aprire il pezzo è sempre il pubblico in pura estasi, intento a schiamazzare anche nel momento di pausa prima dell'esecuzione, dove James Hetfield non può fare altro che apprezzare nuovamente l'energia del suo pubblico. Se i Four Horsemen sono diventati la leggenda che sono oggi è proprio grazie a quei fan che non si sono mai sottratti dal comprare il biglietto per un loro concerto, pare quindi più che doveroso per i 'Tallica offrire loro di volta in volta il duecento percento del loro potenziale. Senza troppe esitazioni ecco lo start della canzone, degli stacchi netti di batteria accentano dei power chord di chitarra che immediatamente si lanciano in una cavalcata serrata e marziale. Il tempo in quattro quarti sostiene una vera e propria marcia verso gli Inferi, resa ancora più inesorabile e doom oriented grazie alla tonalità discendente del main riff che passa da un tono al suo semitono immediatamente precedente, espediente melodico peraltro molto in uso fra le band doom, grazie alla storica lezione che diede in tal senso Tony Iommi dei Black Sabbath. La canzone ci arriva granitica e potente grazie all'ineccepibile resa live della band, che come di consueto suona compatta e vibrante su ogni pezzo; di particolare pregio risulta poi la performance vocale di Hetfield, che in questa particolare registrazione appare decisamente in forma: la sua voce è chiara, limpida ed energica e la sua esecuzione è ricca di pathos interpretativo, grazie anche ai cori maligni di Newsted che non si esime nemmeno dal lanciarsi nel growl in accostamento al pulito del biondo frontman. La struttura della traccia, pur essendo standard e lineare, colpisce soprattutto per il groove che i propri autori riescono a conferirle: nella parte centrale troviamo un break, un'esitazione che da modo al pubblico di sfogare tutto il proprio calore sempre scandito dal charleston di Ulrich, per poi far riprendere lo sviluppo con l'ultima stoccata finale. Il contrasto tra pennate in palm muting e power chord aperti rende il brano dinamico ed incalzante e di fronte ad una prova di tale pregio l'headbanging non può che partire nuovamente in automatico. D'altra parte, pur trattandosi di un pezzo "di serie b" del Black Album la differenza compositiva dei Four Horsemen emerge lampante: nel 1991 infatti, essi erano ancora legati alla loro attitudine thrash metal, ergo i pezzi composti con questa filosofia risultano immancabilmente più autentici e spontanei delle "canzonette da radio" della seconda metà della decade. Sarà un pezzo "scontato", ma la sua resa supera notevolmente molte delle composizioni successive dei 'Tallica. Il testo questa volta ci catapulta direttamente in una fredda foresta nordica durante una notte invernale: Hetfield è ancora una volta il protagonista in prima persona, che ora in solitaria ora come leader di un manipolo di cacciatori, racconta la propria impresa silvestre. L'essere umano, attraverso questa metafora, diventa al tempo stesso cacciatore e preda, prima intento a marciare fra gli alberi seguendo le tracce lasciate dal lupo, dopo intento alla fuga braccato dal predatore che ha ormai fiutato la propria preda e si lancia in un inseguimento sfrenato, aizzato dall'odore del sangue umano ancora caldo. La notte è nera come la pece e fredda come l'acciaio, il gelo pervade le ossa del cacciatore che si aggira per il bosco col fucile alla mano e con l'animo diviso fra il falso senso di superiorità, in quanto essere più intelligente, e l'inconscio timore di essere attaccato da un momento all'altro da un predatore che non esiterà a dilaniargli le carni. La paura è ora lo stato d'animo principale, dato che l'essere armati non rappresenta in alcun modo una condizione di superiorità: mentre noi ci aggiriamo dispersi albero dopo albero cercando un punto che possa essere il nostro rifugio, il lupo conosce bene il proprio territorio e non aspetta altro che un nostro passo falso per poter finalmente balzare alle nostre spalle e compiere il suo dovere di predatore. In una condizione di caccia/fuga come questa, il nostro cervello si scinde in due, facendoci sentire prima inermi e rassegnati, pensando ai nostri più bei ricordi per avere un sorriso sul volto prima di essere uccisi, e inebriandoci successivamente di adrenalina atta a risvegliare il nostro senso di cacciatore: i nostri sensi si fanno più fini, i nostri arti si risanano di una nuova forza che all'occorrenza potrebbe renderci in grado di aprire in due una montagna a mani nude. Siamo invincibili, ma l'attacco del lupo non arriva, ora siamo noi ridotti allo stato ferino, come un lupo ancora più grosso che attende al varco il suo sfidante per ribadire nuovamente il suo stato di maschio alfa e di capo branco. L'attacco non arriva, ma la nostra sete di sangue è ormai insaziabile, e riprende così la caccia nel buio della notte.
Conclusioni
Dopo la proposta non del tutto convincente di "The Memory Remains", che ci aveva sbalorditi solo al cinquanta percento, con "The Unforgiven II" i Metallica risollevano i propri standard attraverso una tracklist migliore sia dal punto di vista compositivo in sé sia da quello della scelta e dell'accostamento dei brani all'interno del singolo. Per presentare "Re-load", i brani qui raccolti rappresentano un biglietto da visita di tutto rispetto, una prova artistica che ci rassicura che i Metallica, pur avendo perso la retta via, sono ancora i grandi compositori di sempre. In secondo luogo troviamo le canzoni riprese dal vivo, tutte e tre convincenti sotto ogni punto di vista: esse infatti sono suonate da una band in ottima forma, che regala ai propri fan il meglio che i loro arti e il loro cuore possa offrire; inoltre, i pezzi scelti rappresentano una summa convincente della storia della band. La più coinvolgente, per chi come il sottoscritto resta legato ai primi lavori della band, è sicuramente "The Four Horsemen", attraverso la quale i Metallica ci fanno respirare ancora una volta quell'attitudine pura che solo gli anni Ottanta hanno saputo regalare ai fan del Metal. Immediatamente dopo troviamo "Helpless", un omaggio ai fondamentali Diamond Head che grazie all'ottima interpretazione personale dei quattro californiani diventa al tempo stesso cover e pezzo proprio di una band che negli anni novanta aveva, inspiegabilmente, messo da parte il Thrash Metal, relegandolo ai box per poi tirarlo fuori di quando in quando nelle pause dal metaforico "side project" hard rock che i 'Tallica stavano vivendo. Dulcis in fundo troviamo "Of Wolf And Man", ultimo colpo di coda compositivo prima della svolta stilistica che divise i fan tra delusi e soddisfatti di quanto proposto nelle pubblicazioni più recenti. L'ottima post produzione e l'accorta scelta di quanto riunito in questo singolo ne fanno comunque un prodotto commerciale appetibile per tutti, dato che delle canzoni nuove viene comunque selezionata una delle migliori, ed il flashback live non può far altro che far venire l'acquolina in bocca a chi segue la band sin dagli esordi. Un buon prodotto sotto ogni aspetto quindi, anche se "The Unforgiven II" dimostra ancora una volta che per convincere i Metallica devono guardare al proprio passato.
2) Helpless (live - Diamond Head cover)
3) The Four Horsemen (live)
4) Of Wolf and Man (live)