METALLICA
The Memory Remains
1997 - Vertigo
MICHELE MET ALLUIGI
11/11/2015
Introduzione recensione
Veniamo ora alla seconda pubblicazione dei Metallica in quella che potrebbe definirsi la loro "terra di mezzo" di una saga discografica fra le più note, amate e, in alcuni suoi capitoli, discusse. Conclusa la serie di pubblicazioni atte a pubblicizzare "Load", uno dei dischi più spiazzanti della loro carriera, i Four Horsemen si accingono ora a raccogliere le idee per quello che di lì a poco sarebbe stato il suo successore; idee peraltro già scritte e composte nella quasi totalità, dato che il progetto iniziale prevedeva la pubblicazione di "Load" e del suo successore in un unico blocco. La scelta successiva di dividere quelle ventisette canzoni in due album diversi fu presa dalla band insieme al produttore Bob Rock, probabilmente in quanto i 'Tallica, ben consapevoli forse di creare un eccessivo disorientamento nel cuore dei propri fan attraverso un cambio di stile così drastico, intuirono che una dose così massiccia di novità avrebbe sì fatto sparare subito il loro colpo d'artiglieria più potente, ma avrebbe allo stesso tempo bruciato l'attesa, senza contare che la risposta del pubblico sarebbe potuta anche essere decisamente meno entusiastica di quella riservata al Black Album. Il progetto si rivelò dunque subito molto ambizioso, ma è anche vero che la fama raggiunta dal gruppo in quel periodo poteva consentire a James Hetfield e soci di fare qualunque cosa. Concordato il cambio di programma venne quindi pianificata l'operazione per far sì che "Re-load" uscisse come naturale conseguenza del suo predecessore ma che al tempo stesso conservasse comunque un minimo di originalità a sé stante. Il legame con il lavoro precedente è mantenuto innanzitutto grazie all'artwork: le due copertine possiedono il fuoco come elemento conduttore ed esso viene rappresentato in due maniere differente dall'artista che le ha concepite, Andres Serrano: nella prima (intitolata "Semen and Blood II") la fiamma è realizzata con un uso più diretto del colore, mentre la seconda (dal titolo "Piss And Blood") lascia che la lingua fiammeggiante ci appaia come una sfumatura nella quale si amalgamano il giallo ed il rosso, attraverso uno stile molto simile a quello del pittore romantico inglese William Turner. Nel mezzo troviamo il singolo "The Memory Remains", il cui compito è quello di sondare il terreno per consentire ai Metallica di capire come il proprio pubblico possa reagire ad una ulteriore consegna di materiale fresco di creazione. Naturalmente il concept artistico visuale va ancora momentaneamente celato, ed ecco che per sviare ogni possibile congettura in merito, la copertina di questo lavoro ci appare totalmente svincolata da quella del disco che l'ha preceduto: lo sfondo è un amalgama di rosso e nero, una sorta di coagulo liquido sul quale emergono in alto il logo della band in bianco e grigio con dietro l'ormai nota stella (o meglio detta "Shuriken", dal nome delle armi da lancio di simile forma usate dai ninja) sotto la quale troviamo un'amorfa macchia, simile a quelle dei test di Rorschach utilizzate nei singoli precedenti, dentro alla quale compare, quasi fosse uno squarcio in una tela, l'immagine della batteria di Ulrich ed, in primo piano, il particolare delle gambe di Hetfield intento a saltare con la sua chitarra Gibson Flying V nera a fiamme verdi fosforescenti. Un provvisorio volo pindarico che possa così fuorviare i fan, creando in loro il senso di attesa perla pubblicazione successiva parzialmente anestetizzata dalle due canzoni presenti in "The Memory Remains". Come in precedenza, troviamo in apertura l'anticipazione del materiale inedito (la titletrack infatti posta in seconda posizione nella tracklist di "Re-load") e a seguire una vera e propria chicca per cultori, almeno stando all'opinione del gruppo: una versione inedita di "For Whom The Bell Tolls", qui riproposta con un mixaggio differente da quello contenuto in "Ride The Lightning", tant'è vero che a fianco ad essa compare lampante la precisazione "Haven't Heard It Yet Mix" (trad. "Mixata come non l'avete mai sentita prima"). Ormai il comandamento principale dei Metallica è "vendere", ecco che anche i Four Horsemen come tanti altri artisti faranno in seguito, si addentrano nell'oscuro e beffardo mondo dei re-mix, quelle pratiche malsane ed inaspettate che consentono a djs ed artisti di musica elettronica di riproporre le loro personali versioni e visioni di un brano heavy metal. Siamo tutti d'accordo che la musica non deve avere limite alcuno nella sperimentazione, ma resta comunque sottinteso che debbano esistere dei limiti ben precisi per quanto concerne la contaminazione e se già i 'Tallica lasciarono perplessi i loro fan di vecchia data attraverso il cambio drastico di sonorità della seconda metà degli anni novanta, non c'è da stupirsi che l'ulteriore cimentarsi in un meeting fra Thrash Metal e musica elettronica abbia dato l'ennesimo scossone ad un ginepraio di critiche già feroci. Ormai è appurato, anche i quattro cavalieri californiani si sono definitivamente lasciati sedurre dalle grazie del denaro (come se fossero ridotti alla canna del gas dopo le vendite colossali dei dischi precedenti), c'era quindi bisogno di questo tiro mancino?
on appena sentiamo arrivare i campionamenti elettronici, proprio così, avete letto bene, il re-mix consiste per l'appunto in una versione elettro-dubstep del classico dei Metallica. Ricordate gli stacchi Veniamo ora al vero e proprio punto dolente di questo singolo "For Whom The Bell Tolls (Haven't Heard It Yet Mix)" (trad. "Per Chi suona la Campana"): schiacciando il tasto play ecco partire un fraseggio solista di chitarra elettrica, simile ad un qualsiasi mini assolo che Kirk Hammet potrebbe sfoderare dal vivo fra un brano e l'altro, ma appena il pezzo si sviluppa ecco che quella nota fra parentesi si dimostra non solo veritiera ma ci fa sorgere in automatico il desiderio di esclamare ed aggiungere al titolo: ("E meno male!"). Bastano i primi dodici secondi per farci subito capire come mai si possa essere lieti di esserci finora "accontentati" della versione originale contenuta in "Ride The Lightning": ogni aspettativa di poter sentire un missaggio inedito della versione dell'84 sfuma nsontuosi e potenti dell'inizio canonico del brano? Completamente omessi, il fraseggio di chitarra viene ora sostenuto da una contrattempata base di programming che conserva unicamente l'accento delle campane originali. La linea strumentale che tutti noi ricordavamo, quell'epica cavalcata in omaggio al romanzo di Hemingway che tutti noi fans ancora oggi aspettiamo trepidanti ad ogni live, è completamente sparita. Ora è la techno a farla da padrona, tutto ciò che rimane di quanto composto dai Metallica viene ora sovraccaricato di effetti, echi ed esperimenti di mixing che fanno letteralmente rimpiangere la versione originale. La voce in Hetfield viene riverberata, storpiata, tagliata ed addirittura robotizzata; va bene il dover vendere un prodotto ma siamo di fronte ad un salto di palo in frasca per il quale non sappiamo nemmeno se vi sarà la frasca successiva. Il testo, salvo qualche sporadica frase (quella del titolo e la conseguente "Time marches on" trad. "Il tempo continua a marciare") viene totalmente omesso per lasciare spazio a dei fraseggi di basso e chitarra che parrebbero irriconoscibili per un fan che non ha mai sentito il secondo disco dei Metallica; per chi invece quel disco lo ha letteralmente divorato questa nuova versione risulta una vera e propria bestemmia; è appurato che negli anni novanta si assistette ad un ritorno in auge della musica elettronica dopo il boom degli anni ottanta, ma che per seguire quel trend i Metallica abbiano lasciato che un producer qualunque uccidesse un loro capolavoro mi sembra davvero eccessivo. Se nel 1997 andavano forte anche artisti come Depeche Mode, Pet Shop Boys, Prodigy e Chemical Brothers sarebbe stato meglio che l'ambito elettronico fosse stato lasciato a loro invece che provare ad entrarvici con questo enorme passo falso su tutta la linea. Se si fosse trattato di un omaggio ai Four Horsemen reso da un dj in segno di rispetto, per quanto eclettico, avrebbe senz'altro fatto tutt'altra impressione, ma dal momento che la band stessa decide di compiere una manovra commerciale così sfacciata non risulta difficile come mai certi lavori dei Metallica vennero accolti con indifferenza se non come una vera e propria delusione. Non sono un esperto di musica elettronica, per quanto apprezzi invece i lavori delle band citate poco sopra in quanto tali, ma non riesco a concepire come James Hetfield e soci potessero immaginare di stupire positivamente i propri seguaci attraverso una riproposizione che va a colpire al cuore uno dei loro pezzi più celebri, per giunta andando a mirare proprio a quegli elementi che lo hanno reso grande: il tempo marziale, il fraseggio di chitarra nell'introduzione, i power chord maestosi ed il testo introspettivo vengono definitivamente accantonati per lasciare il posto ad una fredda base elettronica: dal calore delle mani e del cuore dei musicisti si passa ora alla matematica freddezza glaciale dei sintetizzatori. Non me ne vogliate, ma continuerò sempre a preferire la versione contenuta in "Ride The Lightning".
"The Memory Remains" rappresenta quindi la classica "bipolarità" dei Metallica sul finire degli anni Novanta: Dottor Jekyll e Mr. Hide della band americana in sole due traccie; in apertura troviamo quella che fortunatamente risulta essere la parte buona di un gruppo che, per quanto stesse vivendo una fase non proprio aurea della propria carriera, dimostra ancora di essere in grado di scrivere canzoni in grado di coinvolgere e farci scuotere la testa. La titletrack di questo singolo infatti scorre via fresca ed orecchiabile nel nostro lettore, regalandoci una delle migliori creazioni dell'album in cui è contenuta; i suoni in post produzione vanno a recuperare in parte quella pesantezza e quel tocco graffiante che riporta così gli strumenti dei 'Tallica a riprendere nuovamente a martellare ossa: la batteria di Ulrich è infatti potente e decisa, le chitarre ed il basso suonano corposi e compatti in ogni singolo passaggio, regalandoci così un muro di suono sicuramente diverso da quello di "Master of Puppets", ma tutto sommato convincente. In seconda posizione troviamo invece la parte folle, schizofrenica ed orribile dei Metallica, il Mr. Hyde a tutti gli effetti; il remix di "For Whom The Bell Tolls" è quanto di più inutile ed evitabile i Metallica potessero proporre al proprio pubblico, sono diventati un gruppo leggendario grazie alle grandi canzoni che hanno scritto, quindi perché non continuare con questa attività invece di cimentarsi in un campo che non solo non li compete ma entro il quale non dovrebbero proprio entrare? Il mio giudizio, che comprendo bene suoni dogmatico, è dato dal fatto che i dischi degli anni ottanta dei Metallica sono stati fondamentali, non solo per me, per scoprire il Metal ed approfondirne l'ascolto nei vari sottogeneri e varianti ed il ricevere una così grande pugnalata al cuore da dei maestri come loro mi lascia veramente perplesso. La terza traccia di "Ride The Lightning" concorderemo tutti nel definirla un capolavoro indiscusso del genere, quindi perché riproporne un re mix elettronico? La risposta, ahimè, ci potrebbe arrivare se consideriamo l'epoca in cui è pubblicato: "Load" e "Re-load" sono dischi che il pubblico non digerì facilmente ed i 'Tallica a quell'epoca erano delle rockstar a tutti gli effetti; il voler cercare una fascia di utenti anche fra il pubblico non necessariamente "addetto ai lavori" metallici ci fa capire quindi quanto fosse importante per loro prima il vendere e poi il piacere ai fan. Non che la proposta di una versione techno di un brano di questi due dischi potesse risultare minimamente più interessante, dato che a mio parere è proprio il concetto in sé a risultare dissonante, ma pur avendola ascoltata diverse volte resto dell'idea che l'originale sia l'unica e sola versione di "For Whome The Bell Tolls" che i Metallica debbano proporre. Ai fan non resta quindi che sperare in un futuro ritorno su quei dorati binari che hanno condotto il treno dei Four Horsemen verso la sempiterna gloria.
The Memory Remains
Partiamo dunque dal proverbiale "male minore": "The Memory Remains" (trad. "La memoria rimane") rappresenta l'unico frangente metal di questo singolo e con esso, i Metallica si giocano subito la loro migliore cartuccia. Il brano si apre netto con la voce decisa e graffiante di Hetfield, supportata da un riff di chitarra altrettanto aggressivo e tagliente. La frase "Fortune, fame, mirror vain , gone insane, but the memory remains" (trad. "Fortuna, fama, lo specchio delle brame è impazzito ma la memoria resta") in apertura viene scandita attraverso un'efficace serie di accenti, prima che entri subito pesantissima la batteria con uno stacco. Il break e netto, e dopo una battuta di pausa ecco partire una vera e propria marcia dal tiro velatamente doom oriented: il pezzo procede infatti netto e scandito, il tempo in quattro quarti suonato da Ulrich sostiene un riff di chitarra dal gusto tipicamente sabbathiano atto a scandire i secondi della fugace dimensione cronologica dell'esistenza; la serie di note eseguite si muove sinuoso in un'alternanza di note in bending ed accordi cadenzati in palm muting o aperti, creando quindi un dinamismo ed una fluidità decisamente orecchiabili per uno dei pezzi meglio riusciti di "Re-Load". Pur essendo un pezzo tutto sommato molto lineare, ciò che gli conferisce maggiore tiro è senz'altro la parte di basso di Newsted, che segue fedelmente le sei corde ricalcando gli accenti tonici del riff attraverso la tecnica dello slap, il modo di suonare le corde con dei colpi secchi del pollice alternati a dei pizzicati delle altre dita, in particolare del mignolo, che insieme alla cassa della batteria, ormai pesantemente triggerata, conferiscono ad ogni passaggio la classica "botta" che ci smuove il torace attraverso le basse frequenze. La strofa procede quindi dritta ed inarrestabile, fino a quello che tecnicamente non sarebbe proprio un ritornello bensì uno stop and go entro il quale Hetfield pronuncia il titolo della traccia completando così la porzione di testo. A dare quel tocco di varietà in più sono i contrattempi ritmici eseguiti da Ulrich, dei passaggi molto elementari di cassa e rullante che vengono seguiti passo passo dai palm muting delle chitarre, un piccolo sghiribizzo stilistico insolito per un batterista standard come Lars ma decisamente azzeccato. L'assolo di Hammet si colloca nuovamente nel gusto tipicamente hard rock: la velocità delle scale serrate dei tempi gloriosi sono ormai lontane, ora sono le poche note lente eseguite con tutto il pathos del proprio cuore a costituire l'ingrediente principale degli assoli del moro axeman dei Metallica, che ha così modo di sfoggiare tutta la sua maestria nell'uso del wah wah. La novità vera e propria si ha nella parte centrale del brano: verso i due minuti di durata, ecco partire un crescendo che lancerà un fraseggio melodico di organetto, accompagnato da una melodia tanto semplice quanto efficace di voce, dei semplici "na na na na", eseguiti per l'occasione dalla cantante ed attrice britannica Marianne Faithfull, che compare come guest anche nel videoclip promozionale. Di tutti gli elementi spiazzanti utilizzati dai Four Horsemen, questo è quello che si rivela meglio composto ed eseguito. Trattando il testo della fugacità del tempo e della vanità della gloria terrena ecco che questa malinconica melodia conferisce a tutta la struttura quel tocco funereo di inesorabile che ci ricorda il motto latino "Tempus Fugit". Come spiegava Seneca nel suo "De Brevitate Vitae" la nostra vita non è né eccessivamente corta né eccessivamente lunga: ad ogni essere umano è concessa la adeguata porzione di tempo, sta al singolo individuo sfruttare ogni istante al meglio senza perdersi in futili gozzoviglie; solo chi si perde in attività prive di utilità si troverà allo scoccare della propria ora lamentandosi di non aver concluso nulla nella propria esistenza, mentre colui che ha intelligentemente trascorso quanto concessogli potrà arrivare alla sua fine con solo la gloria di non aver sprecato nemmeno un secondo sulla terra. Per quanto si possa essere ricchi e famosi, ogni anello d'oro che ci mettiamo al dito ed ogni riflettore possa illuminarci il viso, anche il più ricco degli uomini si ricongiungerà ai più poveri nell'eternità della tomba; come si suol dire "la bara non ha tasche", vale a dire che tutti i beni terreni possono restare con noi solo finché il nostro cuore batte ma appena esso cessa di pulsare tutte le nostre possessioni svaniranno nel nulla, perse per sempre nell'eterno limbo delle dispute sull'eredità da parte dei nostri eredi o, nel peggiore dei casi, nell'oblio dei depositi. Come le cose anche la bellezza stessa è un bene prossimo a sfaldarsi, i 'Tallica non fanno distinzione di sesso nel descrivere il fare stolto di chi pensa solo a sé stesso non curandosi del giudizio che il destino avrà di lui: come un qualunque Mazzarò verghiano si troverà ad uccidere i propri animali e a raggruppare i propri beni nell'insano tentativo di portarseli nell'aldilà, anche la vanitosa prima dona vedrà crollare davanti allo specchio quella faraonica costruzione di plastiche facciali ed operazioni rimodellanti varie con le quali ha sempre millantato il suo essere bella. I vestiti costosissimi ed i gioielli andranno così ad adornare un corpo ormai lasciato alla decadenza, ulteriormente minato da una depressione che si accentua solo nel constatare che di tutta la fatica fatta per vivere nel lusso resterà il ricordo. Molto esaudiente in tal senso è la metafora utilizzata nel videoclip: la scena si apre con i Four Horsemen che pagano il pegno ad un'oscura giostraia (interpretata appunto da Marianne Faithfull) per poter fare il loro giro sulla giostra della vita; questa immensa struttura, un pianale fissato ad un perno che gli consente di roteare di 360 completi all'interno di una stanza, risulta essere la proverbiale ruota del tempo che compie il proprio inesorabile giro. I Metallica (vestiti ormai da vere e proprie rockstar all'ultima moda) suonano proprio su questa macabra attrazione, il cui scorrimento viene ottimamente reso grazie ad una farcita serie di inquadrature; la giostraia suona così la propria melodia, quasi a ricordare che il giro sta per finire ed ecco infatti comparire sulla ruota uno statico corteo funebre (un chiaro memento che prima o poi quel momento arriva per tutti). Il brano giunge così alla conclusione, con la Faithfull in primo piano che intona la sua cimiteriale melodia su uno sfondo di dollari fluttuanti fino al definitivo fade out; un brano abbastanza standard per i canoni dei Metallica, non certo all'altezza delle glorie passate, ma comunque molto coinvolgente ed atmosferico.
For Whom the Bell Tolls (Haven't Heard It Yet Mix)
Veniamo ora al vero e proprio punto dolente di questo singolo "For Whom The Bell Tolls (Haven't Heard It Yet Mix)" (trad. "Per Chi suona la Campana"): schiacciando il tasto play ecco partire un fraseggio solista di chitarra elettrica, simile ad un qualsiasi mini assolo che Kirk Hammet potrebbe sfoderare dal vivo fra un brano e l'altro, ma appena il pezzo si sviluppa ecco che quella nota fra parentesi si dimostra non solo veritiera ma ci fa sorgere in automatico il desiderio di esclamare ed aggiungere al titolo: ("E meno male!"). Bastano i primi dodici secondi per farci subito capire come mai si possa essere lieti di esserci finora "accontentati" della versione originale contenuta in "Ride The Lightning": ogni aspettativa di poter sentire un missaggio inedito della versione dell'84 sfuma non appena sentiamo arrivare i campionamenti elettronici, proprio così, avete letto bene, il re-mix consiste per l'appunto in una versione elettro-dubstep del classico dei Metallica. Ricordate gli stacchi sontuosi e potenti dell'inizio canonico del brano? Completamente omessi, il fraseggio di chitarra viene ora sostenuto da una contrattempata base di programming che conserva unicamente l'accento delle campane originali. La linea strumentale che tutti noi ricordavamo, quell'epica cavalcata in omaggio al romanzo di Hemingway che tutti noi fans ancora oggi aspettiamo trepidanti ad ogni live, è completamente sparita. Ora è la techno a farla da padrona, tutto ciò che rimane di quanto composto dai Metallica viene ora sovraccaricato di effetti, echi ed esperimenti di mixing che fanno letteralmente rimpiangere la versione originale. La voce in Hetfield viene riverberata, storpiata, tagliata ed addirittura robotizzata; va bene il dover vendere un prodotto ma siamo di fronte ad un salto di palo in frasca per il quale non sappiamo nemmeno se vi sarà la frasca successiva. Il testo, salvo qualche sporadica frase (quella del titolo e la conseguente "Time marches on" trad. "Il tempo continua a marciare") viene totalmente omesso per lasciare spazio a dei fraseggi di basso e chitarra che parrebbero irriconoscibili per un fan che non ha mai sentito il secondo disco dei Metallica; per chi invece quel disco lo ha letteralmente divorato questa nuova versione risulta una vera e propria bestemmia; è appurato che negli anni novanta si assistette ad un ritorno in auge della musica elettronica dopo il boom degli anni ottanta, ma che per seguire quel trend i Metallica abbiano lasciato che un producer qualunque uccidesse un loro capolavoro mi sembra davvero eccessivo. Se nel 1997 andavano forte anche artisti come Depeche Mode, Pet Shop Boys, Prodigy e Chemical Brothers sarebbe stato meglio che l'ambito elettronico fosse stato lasciato a loro invece che provare ad entrarvici con questo enorme passo falso su tutta la linea. Se si fosse trattato di un omaggio ai Four Horsemen reso da un dj in segno di rispetto, per quanto eclettico, avrebbe senz'altro fatto tutt'altra impressione, ma dal momento che la band stessa decide di compiere una manovra commerciale così sfacciata non risulta difficile come mai certi lavori dei Metallica vennero accolti con indifferenza se non come una vera e propria delusione. Non sono un esperto di musica elettronica, per quanto apprezzi invece i lavori delle band citate poco sopra in quanto tali, ma non riesco a concepire come James Hetfield e soci potessero immaginare di stupire positivamente i propri seguaci attraverso una riproposizione che va a colpire al cuore uno dei loro pezzi più celebri, per giunta andando a mirare proprio a quegli elementi che lo hanno reso grande: il tempo marziale, il fraseggio di chitarra nell'introduzione, i power chord maestosi ed il testo introspettivo vengono definitivamente accantonati per lasciare il posto ad una fredda base elettronica: dal calore delle mani e del cuore dei musicisti si passa ora alla matematica freddezza glaciale dei sintetizzatori. Non me ne vogliate, ma continuerò sempre a preferire la versione contenuta in "Ride The Lightning".
Conclusioni
"The Memory Remains" rappresenta quindi la classica "bipolarità" dei Metallica sul finire degli anni Novanta: Dottor Jekyll e Mr. Hide della band americana in sole due traccie; in apertura troviamo quella che fortunatamente risulta essere la parte buona di un gruppo che, per quanto stesse vivendo una fase non proprio aurea della propria carriera, dimostra ancora di essere in grado di scrivere canzoni in grado di coinvolgere e farci scuotere la testa. La titletrack di questo singolo infatti scorre via fresca ed orecchiabile nel nostro lettore, regalandoci una delle migliori creazioni dell'album in cui è contenuta; i suoni in post produzione vanno a recuperare in parte quella pesantezza e quel tocco graffiante che riporta così gli strumenti dei 'Tallica a riprendere nuovamente a martellare ossa: la batteria di Ulrich è infatti potente e decisa, le chitarre ed il basso suonano corposi e compatti in ogni singolo passaggio, regalandoci così un muro di suono sicuramente diverso da quello di "Master of Puppets", ma tutto sommato convincente. In seconda posizione troviamo invece la parte folle, schizofrenica ed orribile dei Metallica, il Mr. Hyde a tutti gli effetti; il remix di "For Whom The Bell Tolls" è quanto di più inutile ed evitabile i Metallica potessero proporre al proprio pubblico, sono diventati un gruppo leggendario grazie alle grandi canzoni che hanno scritto, quindi perché non continuare con questa attività invece di cimentarsi in un campo che non solo non li compete ma entro il quale non dovrebbero proprio entrare? Il mio giudizio, che comprendo bene suoni dogmatico, è dato dal fatto che i dischi degli anni ottanta dei Metallica sono stati fondamentali, non solo per me, per scoprire il Metal ed approfondirne l'ascolto nei vari sottogeneri e varianti ed il ricevere una così grande pugnalata al cuore da dei maestri come loro mi lascia veramente perplesso. La terza traccia di "Ride The Lightning" concorderemo tutti nel definirla un capolavoro indiscusso del genere, quindi perché riproporne un re mix elettronico? La risposta, ahimè, ci potrebbe arrivare se consideriamo l'epoca in cui è pubblicato: "Load" e "Re-load" sono dischi che il pubblico non digerì facilmente ed i 'Tallica a quell'epoca erano delle rockstar a tutti gli effetti; il voler cercare una fascia di utenti anche fra il pubblico non necessariamente "addetto ai lavori" metallici ci fa capire quindi quanto fosse importante per loro prima il vendere e poi il piacere ai fan. Non che la proposta di una versione techno di un brano di questi due dischi potesse risultare minimamente più interessante, dato che a mio parere è proprio il concetto in sé a risultare dissonante, ma pur avendola ascoltata diverse volte resto dell'idea che l'originale sia l'unica e sola versione di "For Whome The Bell Tolls" che i Metallica debbano proporre. Ai fan non resta quindi che sperare in un futuro ritorno su quei dorati binari che hanno condotto il treno dei Four Horsemen verso la sempiterna gloria.
2) For Whom the Bell Tolls (Haven't Heard It Yet Mix)