METALLICA

Some Kind Of Monster

2004 - Elektra

A CURA DI
MICHELE MET ALLUIGI
30/06/2016
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione Recensione

Some Kind Of Monster, ovvero "una specie di mostro", così i Metallica intitolavano il terzo singolo promozionale dell'album che più di tutti tra i loro fece discutere i fan, "St. Anger", ed allo stesso tempo definivano quel qualcosa che da diversi anni ormai ne stava minando l'integrità psicofisica e creativa. I Four Horsemen erano reduci dall'abbandono di Jason Newsted, che ormai stanco di essere continuamente snobbato dai colleghi decise di uscire dalla band appena a ridosso della pubblicazione di "I Disappear", il singolo scelto come colonna sonora di Mission Impossible 2 che lo vedeva suonare al fianco di James HetfieldLars Ulrich e Kirk Hammet per l'ultima volta. Per i tre veterani del Thrash Metal, egli non fu mai davvero in grado di sostituire il mai troppo compianto Cliff Burton, scomparso in Svezia nel 1986 in quel fatidico incidente che coinvolse il tour bus del gruppo durante il tour di "Master Of Puppets"; la sua perdita fu infatti talmente shoccante da impedire loro di sviluppare anche la più minima traccia di amicizia fraterna con il bassista dei Flotsam & Jetsam ed egli dunque occupò quel posto solo perché non si poteva fare altrimenti, gli anni passati in forze ai 'Tallica furono per Newsted un immenso apogeo di gloria dietro al quale si celavano però le continue prese in giro che, seppur con tutta la pazienza del mondo, dopo diversi anni non erano più sopportabili. Oltre a questo abbandono inoltre, i problemi della dipendenza dall'alcool di James Hetfield, problema da cui era afflitto da diversi anni (tanto che tutti ricorderemo il periodo in cui il monicker della band divenne addirittura "Alcoolica"),costrinsero la band a sospendere per almeno un anno tutte le attività in cartellone. Con un quadro simile, sarebbe stato impossibile per qualunque band riuscire a comporre serenamente, se inoltre si aggiunge l'oneroso peso che grava sulle spalle dei Metallica, la cui leggenda impone a questi musicisti una sfida sempre più grande ad ogni album per non sminuire quanto fatto negli anni d'oro, va riconosciuto che lo stress avrebbe toccato livelli inimmaginabili. Eppure un nuovo album nei primi anni Duemila ci fu, il già citato "St. Anger", che nonostante una line up sfaldata (la band in studio non ebbe nemmeno un bassista e a tale mancanza dovette sopperire lo stesso producer Bob Rock) e le continue tensioni tentava di dare al mondo l'immagine di un gruppo che ormai aveva passato il peggio, ma il passo, come è noto, fu più lungo della gamba, e quel full lenght venne stroncato dalla maggior parte dei seguaci dei Four Horsemen. Con questo singolo promozionale, visto anche il leggero miglioramento commerciale ottenuto dal precedente "Frantic", i quattro americani capirono che era sugli estratti live che bisognava puntare per fare in modo che gli scettici digerissero meglio quel materiale così estraneo ai grandi capolavori passati e per questo così difficile da associare al nome dei Metallica; sul modello dell'immagine poetica lucreziana, Hetfield e soci cosparsero di miele il cucchiaio con l'amara medicina, in modo che la titletrack del singolo non risultasse troppo sgradevole al palato degli ascoltatori, ormai in preda ai pregiudizi dopo averla sentita all'interno dell'album. Oltre ad essa infatti vennero inseriti ben sei estratti live, tutti estrapolati dallo show che i Metallica tennero alla sala Le Bataclan di Parigi l'11 giugno del 2003 (locale divenuto tristemente noto a seguito degli attentati dello scorso novembre durante il concerto dei connazionali Eagles Of Death Metal, che rendono, col senno di poi, l'ascolto di questo singolo fatto oggi una sorta di omaggio alle vittime, ricordando le migliori occasioni che la vi si tennero). Le canzoni dal vivo qui contenute non vanno oltre a "Master Of Puppets" a livello di dischi dal quale sono prese; dopo aver puntato su "...And Justice For All" per le tracce live del singolo precedente, ora i Four Horsemen vanno a ripescare ancora più indietro nell'archivio delle loro composizioni, scegliendo tra quei lavori che non possono assolutamente mancare all'interno della setlist. La decisione di scegliere un concerto recente come occasione di cui riproporre i momenti salienti invece mira a dimostrare come la band, nonostante la prova poco convincente in studio, non voglia assolutamente darsi per vinta e voglia anzi ribadire che nonostante il passare degli anni è sempre il palco il miglior terreno di gioco sul quale "sfidarli". A fare da filo conduttore tra "Some Kind Of Monster" (titolo che verrà scelto anche per il documentario del 2005, di cui una prima parte, assieme ad una maglia promozionale dell'album del 2003, venne inclusa nella limited edition di questo singolo) e le uscite dell'anno prima troviamo l'artwork: la copertina infatti vanta gli stessi elementi dei due singoli antecedenti, lo sfondo nero però, a differenza di quello del singolo di "St. Anger", è tripartito in senso orizzontale: nello spazio in alto troviamo il nome della band in rosso, in quello in basso il titolo e nella striscia centrale compare ancora una volta il demone che fu già soggetto delle immagini precedenti, che si riallaccia alla prima pubblicazione della serie recuperando le tonalità cromatiche del giallo e del verde. In basso a sinistra si trova la ormai arcinota avvertenza della Parental Advisory Explicit Content, l'adesivo posto dalla Recording Industry Associacion of America per avvisare gli acquirenti dei supporti audio americani che quel determinato disco contiene un linguaggio scurrile e/o offensivo, ma noi siamo metal head e quella particolare etichetta non ci ha mai spaventati.

Some Kind Of Monster

La prima traccia che andiamo ascoltare è appunto "Some Kind Of Monster" ("Una Specie Di Mostro") canzone che occupa la terza posizione all'interno del full lenght. Ad avviare il tutto è un arpeggio di chitarra leggermente distorta, il cui suono consiste in una via di mezzo tra il pulito ed il gain dei lavori passati, facendo suonare questo riff come abbastanza spento se confrontato con le grandi schitarrate del passato. Fin dai primi istanti si avverte, grazie alla pausa inserita all'interno di questa sequenza di note, che con il successivo ingresso della batteria e del basso il tempo principale mirerà alla ricerca di quel groove che caratterizzò i brani nu metal di quegli anni. Da un iniziale mid tempo la batteria passerà poi ad un quattro quarti, alternandosi con la ripresa della parte precedente per costituire la lunga introduzione strumentale che nel videoclip è omessa per dimezzare la durata effettiva del pezzo. Passeranno circa due minuti di durata prima che inizi il cantato di Hetfield, ma di questa prima parte si possono unicamente apprezzare i powerchords della chitarra ritmica: il fraseggio della solista di Hammet, tecnicamente molto basilare, gode purtroppo di suoni troppo distorti e tendenti alle basse frequenze, minando la resa generale del riff e facendolo sembrare uscire da un vecchio altoparlante. La batteria di Ulrich, come ormai è noto, sull'intero disco possiede dei volumi eccessivamente alti, che coprono pressoché totalmente gli altri strumenti, ed il rullante aperto, su questi passaggi serrati, esce dall'impianto con delle frequenze troppo alte, che ne rendono il suono simile ad una lamiera. Come abbiamo già avuto modo di evidenziare, una scelta di post produzione diversa per la batteria dei Metallica avrebbe favorito il giudizio finale del lavoro, anche se questa canzone in particolare, non fu ritenuta tra le migliori dell'intero album. Con l'inizio della strofa cantata ascoltiamo ora una struttura in contro tempi, dove le frasi del biondo vocalist sono seguite nelle accentazioni dal rullante del drummer danese il cui suono resta poco convincente. Viene mantenuta tuttavia la struttura con gli stop and go, facendo sì che questo brano vada a ricollegarsi alla svolta hard rock che i Metallica ebbero negli anni Novanta con "Load" e "Reload", compiendo così "un passo indietro" verso quel ritorno al thrash che si prospettò invece con "Frantic". L'atmosfera crossover lascia poi lo spazio ad un break a stacchi che lancerà la strofa successiva, identica come struttura alla prima, con l'unica differenza del passaggio della batteria dai quarti agli ottavi in modo da creare il successivo bridge che anticiperà poi il ritornello. L'intera canzone, nei suoi otto minuti e venticinque secondi di durata, non fa altro che alternare sempre gli stessi moduli compositivi, collegandoli fra loro mediante lo stesso passaggio a stacchi nel cui inciso si pone un tupatupa in solitaria di Ulrich, che però possiede dei suoni troppo metallici e morbidi per spingere a dovere. A livello compositivo quindi siamo davanti ad una traccia che attesta che i Metallica, purtroppo, non erano al top della loro forma artistica, l'unica variante infatti si ha nel finale, dove una versione più sostenuta del main riff viene ripetuta per diverse volte per poi concludersi con un'ultima ripresa del ritornello con successiva accelerazione della batteria ed un inciso alquanto dissonante di chitarra, tanto veloce quanto diverso di suoni che sembra inserito in quel determinato punto in maniera del tutto aleatoria. Una canzone poco convincente dunque, a tratti molto fine a sé stessa e priva di verve, che non lascerebbe ben sperare sul seguito della tracklist se non sapessimo che si tratta di pezzi storici della band. L'eccessiva lunghezza inoltre rende alcune parti della struttura dei veri e propri filler, tant'è che nella versione edit usata per il video, la cui lunghezza è dimezzata, "Some Kind Of Monster" appare si abbastanza standard come pezzo, ma sicuramente meno pesante della più estesa versione in studio. La specie di mostro di cui parla il testo altro non è che la razza umana in generale, un'estesa massa di esseri ignoranti che con il suo atteggiamento oltranzista e dispotico non fa altro che spaventare sé stessa, mostrando il suo fare bipolare e sempre ambiguo. L'umanità viene infatti descritta da Hetfield attraverso una serie di immagini metaforiche che ne danno una velata ma ben comprensibile immagine simbolica: questi sono gli occhi che non possono vedere nessuno che esuli dalla loro omologazione, sono le mani che dopo un iniziale gesto benevolo che invita all'abbraccio non esitano a pugnalarci alle spalle non appena scegliamo di fidarci di chi ci sta davanti, sono gli stivali opprimenti che ci prendono a calci appena tentiamo di dissentire dall'opinione comune ignorante, sono le orecchie nelle quali non risuona null'altro che l'odio per ciò che è diverso e che non si conosce, sono la faccia che non cambierà mai espressione, dandoci quindi modo di capire se ci abbiano accettato o se ancora ci osteggino, sono i pugni che continueranno a schiacciarci per terra ogni volta che tenteremo di sollevarci e sono infine la voce il cui dogmatismo soffoca ogni forma di pensiero indipendente per poi far calare nuovamente il silenzio e smorzare sul nascere ogni accenno di raziocinio. Gli esseri umani sono tutte queste cose. Inneggiano alla libertà, ma sono i primi che non saprebbero cosa fare senza la guida di un despota che sotto un falso sorriso li governi come un re, sono coloro che sbandierano l'altruismo in ogni dove per poi evitare come la peste chiunque sia diverso da loro. Nel pre ritornello viene poi ripreso l'incipit della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti ("We The People", ovvero "Noi, la gente") per poi aggiungere l'immediato interrogativo che ci chiede se siamo veramente noi la gente. La risposta è in parte positiva dato che noi siamo una specie di mostro che ha preso vita ed infesta il mondo.

The Four Horsemen

Conclusa la parte dedicata alla promozione effettiva di "St. Anger" lanciamoci ora nella mischia che affollò il locale parigino durante il su citato concerto, dove in quella sera d'estate del 2003 i Four Horsemen si esibirono con una scaletta comprendenti il meglio del loro glorioso passato. Il primo pezzo scelto da quel concerto è "The Four Horsemen" ("I Quattro Cavalieri") brano contenuto nel leggendario debut "Kill'Em All" del 1982. Il pubblico è in trepidante attesa. e senza la benché minima presentazione ecco partire il noto riff di apertura, che dopo la serie di stacchi introduttivi di batteria, lancerà poi la chitarra in solitaria ad eseguire la famosissima cavalcata in terzine. Nonostante il suono delle chitarre sia leggermente pastoso, la versione dal vivo di questo classico dei Metallica è sempre una sinfonia per tutti fan del gruppo. Fin dalla prima strofa infatti i quattro suonano decisi e compatti e nel primo bridge addirittura Hetfield smette di cantare per far si che sia il pubblico a porre la voce su quella serie di powerchords aperti dalle tonalità discendenti. Nonostante il drumming di Ulrich continui a pestare si sentono tuttavia le ovazioni dei presenti, fino a quando poi si arriva al medley centrale, caratterizzato da quella serie di passaggi ritmici da headbanging garantito. Da questa registrazione si sente qualche fischio nelle chitarre, dovuto soprattutto allo strisciare delle mani dei due axemen sulle corde dei loro strumenti, ma appena inizia la parte marziale in cui vengono descritti i quattro cavalieri dell'Apocalisse, la reazione del pubblico non può essere entusiastica. Ripresa la struttura delle strofe iniziali, che servirà anche per l'assolo di Hammet, si sente la distorsione della chitarra di Hetfield non propriamente eccelsa, tuttavia la serie di colate di note del moro chitarrista avrà fatto sì che l'attenzione fosse tutta su di lui ed il pezzo può così continuare a scorrere facendoci sbattere le corna al cielo dal primo all'ultimo secondo. Il biondo vocalist della band appare in formissima a livello vocale, la sua voce è sempre decisa e potente, anche se il suo trattenersi in certi passaggi lascia intendere che la canzone fosse collocata all'incirca verso la metà della setlist e che la strada per arrivare al finale fosse ancora lunga, indi per cui meglio non sforzare proprio le corde vocali onde evitare stonature successive. Anche il batterista del gruppo svolge "il suo sporco lavoro": fermo restando che, come sappiamo, non è nella batteria che si riscontrano le parti più difficili dei pezzi dei Metallica (che vedono invece le sei corde ed il basso lavorare con il tachimetro sempre altissimo di giri) le percussioni sul pezzo martellano energicamente ogni pezzo, conferendo all'esecuzione quel tiro in your face che tutti noi vogliamo sentire dagli autori di quel grande album ogni volta che suonano live. Questo testo è tra i primissimi che vennero scritti da 'Tallica; l'immaginario è ancora strettamente legato al campionario dell'Heavy Metal fatto di fuoco, sangue pelle e blasfemia. La figura dei quattro cavalieri dell'Apocalisse diventa qui un'immagine traslata per indicare il modo spavaldo e fiero con cui i quattro musicisti californiani si affacciarono all'epoca sulle scene: con l'ultimo soffio divento è meglio che si tendano le orecchie all'orizzonte, da cui sta per arrivare il suono degli zoccoli dei cavalli intenti a galoppare furiosi verso di noi per travolgerci, è meglio che le donne ed i bambini siano barricati al sicuro nelle case, perché presto il villaggio, per usare una metafora western, sarà invaso da un'orda di banditi. Il termine però non indica dei criminali il cui desiderio è quello di razziare ogni luogo in cui passino ma stiamo parlando di quattro cavalieri vestiti di jeans, cuoio e borchie che porteranno il vero e proprio Inferno in ogni tappa della loro lunghissima cavalcata; non vengono in cerca di denaro o gioielli, ma per mietere vittime, poiché sono quattro cavalieri sputati fuori dalle fauci degli inferi ed alle ignare vittime non resta altro da fare che scegliere se tentare invano di trovare rifugio nella preghiera o morire. Ogni uomo però è stato condannato a perire fin dalla propria nascita, ciò infatti è già scritto nel destino di ognuno e poiché questi cavalieri stanno arrivando in qualità di profeti del peccato è completamente inutile votarsi ad un qualunque dio. I quattro thrasher diventano a loro volta immagine dei quattro castighi con cui l'umanità sarà afflitta nel giorno del giudizio: il tempo ha posto il suo marchio sui mortali, segnandone immancabilmente il viso sotto il suo scorrere inesorabile, la carestia che ne mina i corpi fino a condurli alla più incurabile debolezza fisica, la pestilenza sarà il castigo che li punirà per tutto il male che hanno fatto agli altri ed infine vi sarà la morte, unica certezza che accomuna tutti, dal più ricco al più povero, dal nobile di stirpe al plebeo, condannando tutti al sonno eterno.

Damage Inc.

Successivamente troviamo "Damage Inc." (marchio di una ipotetica società per azioni il cui compito è danneggiare l'umanità, ed il cui nome può essere tradotto come "Danno Incorporated"), un must dei Metallica proveniente direttamente da "Master Of Puppets". Sul boato di un pubblico cotto a puntino, ecco Lars Ulrich dare il quattro attraverso i colpi sul china del proprio set, e non appena parte il main riff non può che esplodere una vera e propria bolgia. L'esecuzione da parte dei quattro californiana è precisa e trascinante, ma il risultato è minato da una qualità dei suoni di chitarra non del tutto eccelsa: le colate in shredding dei vari passaggi del brano risultano troppo zanzarosi e a pagarne lo scotto maggiore è la chitarra di Hetfield: sull'assolo infatti, mentre quello di Hammet ci giunge limpido e cristallino, la parte sottostante suonata dal biondo frontman esce troppo secca e scarna, facendo risultare le sue pennate quasi imprecise e confusionarie in quanto prive del giusto sustain a livello di equalizzazione. Fortunatamente tale difetto è limitato solamente ad uno dei quattro strumenti, poiché la batteria ed il basso, insieme alla già citata chitarra solista possiedono un buon bilanciamento; dal canto loro comunque, i Four Horsemen stanno eseguendo uno dei loro cavalli di battaglia indiscussi, ergo, alle nostre orecchie viene sottoposto un pezzo che non lascia possibilità ad alcun errore. Stiamo parlando di una traccia che viene estrapolata da uno dei loro capolavori indiscussi, ed i quattro americani sanno bene che su queste composizioni in particolari i fan non ammettono scuse, essi devono suonare perfetti in quanto tali. Salvo i problemi tecnici legati ai suoni fortunatamente, la performance qui fornitaci da Hetfield e soci risulta trascinante e di forte impatto, il drumming di Ulrich si mantiene sempre lineare e preciso, diventando quindi il vero metronomo di tutto lo svolgimento grazie alla successione di tupa tupa martellanti con cui il drummer danese ha insegnato al mondo che l'importante è avanzare senza pietà senza perdersi in "inutili" fronzoli. In questo singolo poi abbiamo modo di apprezzare una novità dei Metallica, già preannunciata comunque nel precedente singolo "The Unnamed Feeling", ovvero la bravura del neo entrato in formazione Robert Trujillo: sulla sua scelta molto si è discusso e molto dell'ex bassista dei Suicidal Tendencies e di Ozzy è stato criticato. È vero, rispetto a Newsted egli possiede uno stile completamente diverso, ma sta di fatto che il musicista di Santa Monica ha compiuto su di sé un vero e proprio lavoro di adattamento per passare dal suo originario Crossover al Thrash della band di cui ora fa parte. La sua peculiarità, che a giudicare dal video delle audizioni si è rivelata elemento determinante per il suo ingresso, è stata la sua capacità di eseguire brani veloci quanto quelli dei Metallica suonando con le dita: dopo Cliff Burton, i Four Horsemen ebbero un bassista che suonava con il plettro, ed il poter rivedere quei brani suonati solo con le mani ha così rappresentato un ritorno alle origini che in quel periodo così burrascoso sarebbe potuto essere per il gruppo un'ancora di salvezza. I risultati in studio li conosciamo tutti, ma di buono, osservando il bicchiere mezzo pieno, va sottolineato che gli autori di "Ride The Lighting" hanno trovato in quel bassista dai tratti scimmieschi un quattro corde che ha consentito loro di restare sempre monumentali dal vivo, e con "Damage Inc." ne abbiamo una prova inconfutabile. Conformemente alla mentalità ribelle e sfacciata che i Four Horsemen avevano nei primi anni Ottanta, il testo racconta di una immaginaria multinazionale che attraverso le sue manovre economiche vive sulle spalle dei cittadini, attuando le sue losche operazioni finanziarie senza curarsi degli effetti che esse possono avere sulla comunità. "Il financial trading dell'azienda comporterà uno spaventoso aumento di tasse? Problemi di chi le deve pagare" affermano spavaldamente questi criminali in giacca e cravatta, dal tablet ora sempre connesso con i siti di alta finanza, mentre in precedenza, vista la data in cui la lirica fu scritta, i mezzi degli uomini d'affari per tenere sotto controllo le azioni erano ancora cartacei. La parola "damage" ("danno") presente nel nome lascia intuire che questa società si compone di diabolici economisti senza volto, completamente esenti dalle avversità che una vita quotidiana sempre più votata al consumismo comporta per chi invece riesce a malapena a vivere del proprio stipendio. Il quadro delineato dunque e netto. Da un lato ci sono questi manager spietati che al loro lavoro alternano momenti di lussuriosa baldoria (i classici personaggi in giacca e cravatta stereotipo del manager di impresa ben visto da tutti, in quanto persona di successo, che però si abbandona alle droghe e alle prostitute per capirci), dall'altro vi è invece la massa di gente comune, completamente inerme, quell'insieme di persone le cui singole esperienze vengono vissute come una battaglia pressoché priva di possibilità di vittoria giorno dopo giorno. Il ritornello del pezzo viene recitato quasi fosse lo slogan di questa società d'affari: la struttura infatti è proprio quella di un messaggio pubblicitario dove agli "effetti benefici" del prodotto segue il nome dello stesso, al fine di convincere gli acquirenti a comprarne il materiale; il sangue dei cittadini morti nel segno della povertà, succhiato da questo colosso del business, sarà seguito dal sangue di nuovi nullatenenti, il tempo di morire quindi giungerà per tutti, e poiché il ricambio generazionale offrirà sempre nuovi esseri umani su cui lucrare questo circuito non avrà mai fine, questa è la Damage Incorporated. 

Leper Messiah

 Restiamo sempre nella tracklist di "Master Of Puppets" anche con la seguente "Leper Messiah" ("Messiah Lebbroso"), che nell'album occupa la sesta posizione nella lista dei pezzi. Sull'inizio in fade in del brano, dove troviamo le chitarre ancora intente a tenere la coda del brano precedente, come prima cosa sentiamo Hetfield salutare in francese il pubblico del Bataclan, poi, dopo questo gesto di cortesia, ecco iniziare il pezzo a tutti gli effetti. Gli stacchi iniziali vengono eseguiti con una precisione impeccabile ed appena si avvia il tempo della strofa possiamo apprezzare le chitarre ed il basso marciare all'unisono per uno dei pezzi più imponenti e solenni mai composti dai Metallica. Come sappiamo il pezzo possiede una struttura prevalentemente lineare, dove l'elemento principale restano indiscutibilmente i powercords allacciati tra loro da un fraseggio incisivo, il cui dinamismo è conferito principalmente dagli stop and go, nei quali Ulrich continua la propria avanzata con un quattro quarti suonato solo con cassa, rullante e charleston e sono gli strumenti a corde ad eseguire le pause e le successive riprese fulminee. Nella prima parte della traccia, la marcia si sviluppa imponente e precisa, una serie di accordi impeccabili per l'headbanging assicurato, ma è con la successiva ripartenza della seconda metà della composizione che i Metallica iniziano a spingere sull'acceleratore, dando avvio ad uno sviluppo thrash come solo loro sanno fare; a rendere particolarmente coinvolgente questa canzone è soprattutto il crescendo che si crea durante lo scorrere del minutaggio. Dalla partenza netta a stacchi l'impalcatura assume pian piano una linearità sempre più costante, per poi velocizzarsi ulteriormente della parte finale del pezzo, dove le chitarre hanno modo di serrare maggiormente le loro pennate rendendole delle vere e proprie rasoiate. Giunti poi all'apice della progressione, nell'ultimo stacco abbiamo modo di sentire Hetfield mimare con la voce l'ultima rullata, passata la quale si giungerà alla fine vera e propria del pezzo. Il su citato tocco di Trujillo sulle corde del basso assume una potenza non da poco nell'introduzione di Leper Messiah, dove l'ex bassista dei Suicidal Tendencies prosegue nei break assieme alla batteria dandoci modo di percepire tutta la potenza delle sue dita sulle corde, offrendoci quell'effetto zappata che scalda il cuore ed anima la nostra colonna vertebrale. Trattandosi di una canzone che il più delle volte viene "lasciata in secondo piano" dalla band nell'allestire le setlist dei live, a maggior ragione quando si ha modo di ascoltare dal vivo un brano tra i meno noti dei concerti, la sua resa assume il valore aggiunto della rarità esecutiva. La chitarra di Hetfield resta sempre zanzarosa, ma grazie ad una struttura che si caratterizza preminentemente per dei passaggi ad accordi aperti, l'uscita stridula viene limitata solo alle parti più tirate eseguite dal biondo frontman dei Metallica, lasciando che l'insieme marci comunque serrato e compatto con l'imponenza che si deve ad un pezzo come questo. Un altro elemento che sicuramente conferisce a questa performance un tiro travolgente sono poi i cori che accompagnano la voce principale, il loro tono tendente al growl non solo regala alle suite corali un alone di spiritualità oscura ma quasi ci lascia immaginare questo messiah marciare verso di noi. Protagonista delle liriche è appunto un profeta lebbroso, un'iconica immagine di un male superiore che attanaglia la nostra esistenza e ci schiavizza sotto il giogo del suo verbo maligno. Egli infatti è il domatore di quella carovana circense che è l'umanità, che città dopo città giunge anche nella nostra per portare un assaggio dello spettacolo misero, raccapricciante e clownesco che è l'esistenza dell'essere umano. In questo spettacolo da circo ognuno di noi è chiamato ad interpretare il ruolo di clown principale, il personaggio buffo ed impacciato che verrà preso a bersaglio per vili scherzi dai suoi stessi simili. A questa sorta di contrappasso dantesco non vi è alcuna via di fuga, dopo essere stati derisi dal pubblico ed alla mercé di altri pagliacci che come noi, non sono altro che maschere di sé stessi altro non potremmo fare se non cadere in ginocchio di fronte al messiah, che chiederà per noi il plauso del pubblico prima di rischiaffarci sul carro e partire alla volta di un altra metropoli in cui esibirci. La vita degli uomini trascorre scandita dalle stesse tempistiche di uno spettacolo, come in una scaletta teatrale vi è infatti il tempo per la lussuria, quello per l'ipocrisia, quello assai più ridotto per l'onestà ed infine quello per dare il bacio d'addio alla nostra vita. Il tempo trascorso in vita dunque altro non è che una buffa carovana circense, all'interno della quale, chi pagliaccio, chi saltimbanco, non possiamo far altro che divertire gli altri con la nostra stessa miseria.

Motorbreath

Torniamo ora al primo album dei Metallica, "Kill'Em All", del quale troviamo qui eseguita "Motorbreath" ("Respiro Del Motore"), terza canzone del full lenght di debutto del gruppo nonché mazzata tra le più amate dai thrasher di tutto il globo. A giudicare da quanto dichiara il frontman, questo brano venne utilizzato come chiusura del concerto parigino, mentre in questo singolo invece si colloca in quinta posizione per dare una ulteriore varietà alla scaletta. Dopo i ringraziamenti di rito e la dedica del pezzo alla road crew della band, che rende possibile ogni concerto dei quattro thrasher dopo un immane lavoro organizzativo, Ulrich si lancia nell'introduzione di batteria che apre la canzone, un tupa tupa di fronte al quale i metalhead non possono restare indifferenti a livello cervicale, colpi secchi e scanditi per dare l'incipit di uno di quei brani che almeno un centinaio di volte sono passai nelle nostre playlist; con l'arrivo del break di chitarra, dove il terzinato si dimostra il tempo imperante, è immancabile anche l'ovazione del pubblico, che ha solo pochi istanti per farsi sentire prima che la risata di Hetfield faccia esplodere la strofa. Con questa traccia si compie "un passo indietro" rispetto alle due precedenti, siamo infatti tornati all'epoca dei primi vagiti della belva messa in piedi da due giovani metallari di nome James e Lars, quando le lunghe suite da oltre cinque minuti non erano ancora state scritte, e le songs dei 'Tallica erano delle semplici ma splendide martellate da pochi minuti nei quali si condensava tutta la loro potenza. La struttura del brano infatti consta della classica sequenza strofa-ritornello-strofa-ritornello, eppure, proprio questa stessa schiettezza, all'epoca così innovativa, ancora oggi rende il primo album dei Metallica una delle pietre angolari di un intero genere. Su questa chiusura di concerto troviamo un James Hetfield assolutamente in forma a livello vocale; nonostante la sua voce sia notevolmente cambiata da quella del giovane metallaro che registrò il disco, il frontman non sbaglia mai un colpo, risultando sempre limpido e deciso in ogni frangente, si tratti di una frase del testo o di un rapido incitamento al pubblico, entrambi elementi che hanno fatto del musicista di Downey un animale da palco per eccellenza. Lo sbilanciamento delle due chitarre purtroppo qui si fa sentire maggiormente, data la struttura più serrata del riff, e lascia abbastanza stupiti il fatto che i fonici non abbiano immediatamente posto rimedio al problema: se la parte di Hammet suona molto più grossa e ben amalgamata, la sei corde del chitarrista cantante resta purtroppo secca, facendo sembrare che questo sia più impreciso del collega: nonostante un esecuzione non impeccabile possa essere comunque imputabile al musicista, in questo caso il suono è il maggior "colpevole", la mancanza di bassi e l'eccessivo livello di gain nel settaggio di Hetfield infatti non fornisce la giusta risposta alle pennate del chitarrista, rendendo il suo shrendding troppo zoppicante. Tutto sommato, i fan non potevano chiedere di meglio per prendere congedo dallo show di una delle band che ha indiscutibilmente scritto la storia del genere che ascoltiamo, e la presenza di alcuni di questi estratti in questo singolo offre la possibilità di rivivere quell'atmosfera anche a chi non era fisicamente presente. Nonostante il ritorno alle origini comunque, a livello lirico intravediamo già quella filosofia esistenziale che caratterizzerà anche i testi successive del gruppo: la metafora della vita come serie di attimi che devono essere vissuti al massimo uno dopo l'altro viene qui traslata nell'immagine di un motore ruggente. Il carpe diem oraziano si tinge ora di un alone proto meccanico che accosta il cogliere ogni singolo momento al ruggito di un'auto sportiva, di cui ogni sgasata rappresenta un secondo del nostro orologio che sfreccia via divorato dal tempo; si vive e si muore, si ride e si piange, tutte le gioie e tutti i dolori ci travolgono come un fiume in piena e mentre riusciamo appena appena a comprendere che tutto sta andando via siamo già stati catturati da questo ancestrale vortice, possiamo solo essere consapevoli che questa superficiale percezione farà in modo che non saremo più gli stessi: dalla spensieratezza giovanile, in cui ad ogni giorno ne seguiva un altro pieno di emozioni e di gioco, passiamo alla concezione adulta, questo mega motore in corsa sfreccia lungo la strada della nostra esistenza, e mentre noi stolti pedoni siamo sulle strisce intenti ad attraversare, eccolo giungerci a folle velocità direttamente sulle ginocchia, scaraventandoci per aria e facendoci capire che la nostra vita si sta dirigendo verso la sua parte finale. Se Michael Wincott, interpretando Top Dollar nella celebre pellicola "Il Corvo" del 1994, profetizzava cinicamente che "l'infanzia finisce quando scopri che un giorno morirai", questa sentenza che sembra uscita direttamente dal "De Brevitate Vitae" di Seneca assume una portata decisamente più fisica e travolgente in questo testo dei Metallica. Il respiro del motore ormai è iniziato, il macchinario ha preso vita, e mentre noi viviamo la nostra vita realizziamo tristemente che ogni rombo di motore porterà via il nostro respiro. 

Hit The Lights

A chiudere la tracklist del singolo di "Some Kind Of Monster" troviamo un'altra perla di "Kill 'Em All", "Hit The Lights" ("Colpisci Le Luci"), brano la cui primissima demo venne registrata unicamente dai due fondatori nel gruppo con ancora Ron Mcgovney al basso. Tra gli schiamazzi del pubblico ora sentiamo Hetfield unicamente pronunciare "Yeah, riff" ("Si, ecco il riff") e senza alcun minimo riferimento al titolo ecco esplodere la taglientissima serie di note che da l'avvio alla celebre opener del disco. Come nel caso di "Motorbreath" la struttura è semplicissima e diretta, ma ogni metallaro che si rispetti non può fare a meno di adorare quei brani, essi sono l'albore di una leggenda ed in quanto tali non possono assolutamente mancare in uno show dei Four Horsemen. Ulrich si lancia in un quattro quarti inarrestabile e dalle mani dei due chitarristi viene mitragliata una raffica di note che ci scuote i visceri e ci fa scatenare in un headbanging. La strofa si basa su una successione di accordi di tonalità ascendente, dove la voce di Hetfield scala le alte della propria tonalità per poi dilungarsi sull'ultima parola di ogni strofa, le parole sono distribuite organicamente sul passaggio da un powerchords all'altro e dalla struttura lineare della prima porzione di testo si passa agli stacchi serrati del ritornello, dove gli accenti di batteria scandiscono le tre parole che formano il titolo della traccia. Nel pieno rispetto della tradizione speed/thrash metal, dopo il primo sfoggio del titolo ecco iniziare un rapidissimo ed incisivo assolo, giusto per tenere alto il tachimetro, passato il quale inizierà la seconda strofa, strutturalmente identica alla precedente. Abbiamo osservato come le prime composizioni dei Metallica si forgiassero della classica alternanza strofa-ritornello-strofa-ritornello, ma vista la qualità corrosiva dei riff che ne costituiscono i tasselli primari non si può certo imputare la monotonia a queste canzoni, anzi, la loro struttura le rende perfettamente ideali per le serate di baldoria, dove queste semplici ma letali martellate devono, e sottolineo l'imperativo, essere sparate a tutto volume. Fortunatamente i problemi alla chitarra di Hetfield riscontrati in precedenza sembrano essere stati definitivamente risolti, il gruppo nel complesso suona molto più compatto e ben amalgamato; anche se la "grezzura" in questi brani andrebbe in parte ammessa, poterli ascoltare con la pulizia di cui i Metallica possono godere nella loro amplificazione live fa senz'altro più piacere, specialmente su questo brano, la cui parte solista del finale viene volutamente allungata: con i suoni migliori anche il sostegno ritmico alla parte di Hammet risulta meglio omologato e bilanciato, rendendo questa parte un'ultima sfuriata prima della chiusura. Dopo l'immancabile ovazione, Hetfield ringrazia nuovamente il pubblico, ribadendo il loro amore per i fan francesi ed auspicandosi di poter tornare nuovamente a Parigi l'anno seguente per un altro show, congedandosi nuovamente con la formula di ringraziamento in francese. A livello di liriche siamo di nuovo di fronte ad una dichiarazione di intenti, o meglio di guerra, da parte del gruppo: queste parole descrivono molto chiaramente la filosofia di vita dei 'Tallica di primi anni Ottanta, una vita completamente votata alla loro più grande passione: l'Heavy Metal, il genere musicale per il quale sono disposti anche a morire, basta che la loro destinazione nell'Oltretomba preveda dei concerti. Il soggetto narrante è la band stessa, trasposta nelle parole del loro vocalist, che dichiara fieramente che stasera, in occasione del loro show, prenderanno a calci qualche culo. Essi sono in preda alla follia metallica e non appena i loro fan iniziano ad urlare loro iniziano a rockeggiare per dare loro ciò che vogliono, creando così una simbiotica intesa tra gruppo e pubblico, che si alimentano a vicenda per tenere viva la musica. L'imperativo dunque è uno solo, quello di colpire e sfasciare le luci, perché le tenebre saranno illuminate dal fuoco sprigionato direttamente dai loro strumenti. I loro seguaci sono noti per essere dei pazzi sotto il palco, un buon motivo in più per fare in modo che i Metallica radano al suolo il locale in cui si esibiranno e con il volume sempre più alto inizieranno a suonare, dando fuoco alle polveri per una vera bordata di Thrash, sfasciate le luci dunque, perché i Four Horsemen vi triteranno le ossa attraverso un dolore che apprezzerete, in quanto è quelle delle vostre ossa percorse dal Metal come una scarica elettrica, il concerto sta per iniziare, sfasciate quelle dannate luci.

Conclusioni

Paradossalmente, la traccia che dà il titolo al singolo, e che quindi dovrebbe essere quella su cui la band punta maggiormente a livello promozionale, si rivela invece la meno convincente. Il periodo oscuro attraverso il quale sono passati i Four Horsem ha immancabilmente influito sulla loro resa creativa, ma va anche considerato che proprio questo essere "sottotono" ci fornisce un'istantanea dello stato della band in quel periodo che conferma ulteriormente le avversità affrontate. Nonostante le critiche negative ricevute da "St. Anger", in esso vi si trovava qualche spunto compositivo interessante, ma nell'insieme, a conti fatti, si trattava di qualche lampo improvviso in un cielo che ahimè non regalò ai fan dei 'Tallica troppe notti stellate. Fortunatamente ci sono gli estratti live a risolllevare le sorti di giudizio di questa pubblicazione: se la traccia in studio non regala particolari emozioni, di contraltare troviamo cinque registrazioni dal vivo che ci fanno tirare un enorme sospiro di sollievo; quando si tratta di salire sul palco, James Hetfield e soci sono sempre una garanzia di qualità, professionalità e grandi emozioni. Pur di fronte agli inconvenienti tecnici, come il già citato suono un po' troppo approssimativo della chiarra del frontman, i quattro dimostrano comunque un grande serietà nel continuare imperterriti la loro performance, regalando ai loro seguaci il meglio che le loro mani e i loro strumenti potessero offrire: la differenza tra le due sei corde si sente, ma ciò non impedisce ai due axemen di suonare spediti e precisi come orologi, potendo anche contare sul sostegno di una sessione ritmica incalzante e monolitica grazie ai proverbiali tupatupa di Ulrich ed al tocco caldo ed avvolgente di Trujillo. Per quanto riguarda l'ambito commerciale, i Four Horsemen hanno intuito che gli estratti live sono sempre un centro sicuro al bersaglio e, vista l'enorme mole di show che puntualmente vengono svolti per promuovere ogni loro uscita, l'archivio da consultare in questo senso è talmente ricco che i quattro americani non correranno mai il rischio del proverbiale "déja vu": ogni singolo evento è un appuntamento speciale a cui i fan di tutto il mondo non possono sottrarsi; ogni volta che i Metallica passano dalle loro parti, la corsa al biglietto è sempre più serrata ma l'attesa in coda alle casse, i soldi spesi e le ore passate "pressati" nella folla vengono puntualmente ripagati dall'energia e dal tiro che gli autori di "Master Of Puppets" regalano live dopo live. Per ora la salute del gruppo non è ancora ristabilita del tutto, ma grazie alle tracce bootleg, possiamo tuttavia affermare che il paziente, finalmente, sia in via di guarigione.

1) Some Kind Of Monster
2) The Four Horsemen
3) Damage Inc.
4) Leper Messiah
5) Motorbreath
6) Hit The Lights
correlati