METALLICA
Moth Into Flame
2016 - Blackened Recordings
FABRIZIO IORIO
22/11/2016
Introduzione Recensione
Eccoci nuovamente a parlare dei Metallica, più precisamente a disquisire del secondo singolo precedente l'uscita del nuovo doppio disco intitolato "Hardwired...To Self Destruct". Lo scorso diciotto di Agosto, i nostri quattro cavalieri tornavano in pista con il singolo "Hardwired", brano di apertura del suddetto doppio lavoro; un brano che andava a ripresentarci una band in grande spolvero, grazie all'adozione di sonorità semplici ma decisamente dirette nonché prive di troppi fronzoli. Una song relativamente di breve durata che mostrava il lato più diretto e schietto dei Nostri, facendo ovviamente ben sperare per questa attesissima nuova uscita. "Moth Into Flame" è dunque il secondo antipasto, ed esce a poco più di un mese di distanza dal precedente singolo, cercando di stuzzicare ancora di più l'utenza. La quale (e giustamente) si aspettava grandi cose dal quartetto di San Francisco, dopo una pausa lunga ben otto anni. Il particolare che balza subito all'occhio è il minutaggio, decisamente maggiore rispetto ad "Hardwired", ma questo ce lo si poteva benissimo aspettare, dato che (come tutti ormai sanno) il disco intero è suddiviso in due perfette metà per una durata di ben ottanta minuti di musica. Sicuramente, per i fan e non solo, l'hype era decisamente salito alle stelle dopo il primo ascolto, e qui i Nostri vogliono aumentarlo ulteriormente fornendo un ulteriore assaggio di quella che sarà la loro nuova fatica. Un'altra differenza rilevante è che il primo singolo è stato rilasciato "indipendentemente" dalla stessa band, mentre quest'ultimo viene distribuito dall'etichetta di proprietà del gruppo, ovvero la "Blackened Recordings", fondata dagli stessi Horsemen nel 2012. Senza troppi giri di parole, l'obbiettivo fondamentale è quello di rilanciare il marchio Metallica dopo dischi di qualità discutibile, tali almeno fino al quasi convincente "Death Magnetic" del 2008. Vi fu poi, nuovamente e pericolosamente, una frana piuttosto preoccupante con il rilascio di quel "Lulu"; un disco pessimo, realizzato troppo di fretta, privo di un motivo vero e proprio di esistere. Diciamoci la verità, Lou Reed è stato un grande artista con i suoi Velvet Underground, e giustamente una collaborazione con la band che ha contribuito alla nascita del Thrash Metal poteva rivelarsi un qualcosa di tanto inusuale quanto stuzzicante e controverso. Il risultato, però, è stato di una confusione tale che persino i diretti interessati hanno evitato di parlarne troppo, in seguito. Quindi, la curiosità di un ritorno in pompa magna è più che giustificata, e dopo aver appunto ascoltato la song apripista del disco, le aspettative sono cresciute esponenzialmente. Certo, un titolo come "Moth Into Flame" è alquanto curioso, e può voler dire tutto o niente, ma dato che il disco ruota attorno al tema dell'auto distruzione dell'essere umano, un minimo di "preavviso" lo si può anche percepire. La falena è l'elemento cardine di questo episodio, ed è un animale che a livello simbolico può rappresentare la costante ricerca di una sorta di luce (quindi di una speranza) attraverso l'oscurità, ma al contempo assurgendo anche a presagio di morte, per via di una macchia sul dorso che ricorda molto la forma di un teschio umano. Il perché abbiamo citato volutamente il titolo di questo nuovo singolo è presto spiegato: quando si parla dei Metallica si deve essere attenti a tutto, dal minimo dettaglio a quella sfumatura che può cambiare le sorti ed i pregiudizi di chi ascolta. Non è cercare volutamente il famoso pelo nell'uovo, ci mancherebbe altro, anche perché potremmo benissimo gettare immediatamente del fango solamente guardando l'ennesima orrenda cover propostaci. Quasi più orribile di quella di "Hardwired", e ci voleva molto, ad onore del vero. Poco importa, dato che la linea artistica è quella dell'intero disco, e non ci si sorprende nemmeno più di tanto. Poi, è giusto che sia il contenuto a parlare. Il video tratto da questo brano è bene ricordarlo, è stato diretto da Thomas Kirk (già collaboratore per i Muse), e vede la band esibirsi in una specie di scantinato con molte lampadine penzolanti accese, attorno alle quali queste falene svolazzano. Altra piccola curiosità sta nel fatto che il chitarrista Kirk Hammet, in questo clip, utilizza la sua ESP KH-2-M-II Ouija dove, come molti fan dei Metallica sapranno, sono presenti una paio di errori nella frase posta appena sopra la scritta Ouija. Tornando a noi, non è mai facile approcciarsi ad un nuovo brano dei Metallica, e questo lo dico senza troppi peli sulla lingua; prendessimo per esempio un disco degli Slayer, sapremmo benissimo a cosa andremmo in contro. Quando invece si parla dei Four Horsemen non si sa mai cosa ci dovremmo effettivamente aspettare. Quindi, bando agli indugi. Vi invitiamo come di consueto a seguire la nostra attenta analisi.
Moth Into Flame
"Moth Into Flame (Falena in Fiamme)" Inizia con un bel riff accompagnato dalla chitarra di Hammett e da una batteria che gioca molto sul fattore charleston / pedale, per poi partire molto bene con una sorta di cavalcata, mai troppo sostenuta, che però denota una buona potenza esecutiva; dettata anche dal fatto che il buon caro Trujillo martella alla grande con il proprio basso, per dare profondità a questo inizio di brano. Inizio che serve da introduzione per spiegarci come la fama, la ricerca esasperata del successo a tutti i costi, porti molte volte le persone a fare di tutto per raggiungere una popolarità che gli possa cambiare la vita. "Regina del pop, anfetamine", verso / esempio di come, per arrivare in alto e sostenere delle tempistiche e dei carichi di lavoro estenuanti (rispettare doverosamente determinate scadenze) ci si possa rovinare la vita. Far di tutto, pur di ottenere l'agognato successo. Questo è uno dei tanti processi di autodistruzione dei quali la band vuole parlarci: nel caso specifico di "Moth.." ci si concentra sul fattore "fama", il quale prende spesso il sopravvento sulla nostra mente e sulla nostra vita. E' un percorso molto pericoloso che "inizia a spirale", ed una volta che si viene risucchiati da quest'ultima ci si trova in un tunnel da cui difficilmente si potrà trovare una via di uscita. Il pericolo di venire anche sfruttati per ottenere il successo sembra quasi non preoccuparci più di tanto; pagheremo per queste mortali disattenzioni, con il passare del tempo. Inconsapevoli, visto che inizialmente non ci rendiamo minimamente conto di aver iniziato un processo irreversibile che, qualora non risulteremo forti e determinati, non farà altro che portarci alla pazzia ed al fallimento. Questo primo assaggio viene assecondato da un sound decisamente granitico, con un Hetfield particolarmente ispirato, che con la sua chitarra non fa altro che regalarci dei riff sicuramente d'effetto. Arriva un momento in cui pensiamo finalmente di spiccare il volo verso la popolarità, ma in realtà non riusciamo a capire il fatto che sta solamente iniziando la nostra discesa verso l'oblio. In questo frangente la band accelera violentemente con una buona batteria capace di picchiare al punto giusto ed un doppio pedale regolare, riempiente il sound con la complicità di basso e chitarra. Un primo assaggio di assolo ci viene offerto al minuto 1:27, ma in realtà serve solamente a prepararci per il ritornello, il quale si rivela una piacevole sorpresa: infatti è molto orecchiabile ma altrettanto affascinante per come viene espresso, con tutto un gioco di toni il quale sicuramente saprà catturare. In questo preciso momento viene rivelato l'atto estremo che una persona è disposta a compiere pur avere anche un solo briciolo di fama, ovvero quello di arrivare addirittura a vendere l'anima la diavolo, credendo di diventare chissà quale celebrità. "Ho costruito un muro più alto, ieri.. ma ora si sta sgretolando": può essere semplicemente una metafora per esprimere un concetto semplicissimo. Ovvero, ciò che si è costruito senza il sudore e la fatica, ma cercando la via più facile per arrivare all'agognato successo, si sbriciolerà sotto i nostri piedi non appena avremmo raggiunto la vetta per saltare dall'altra parte. Magari proprio nel momento in cui stiamo compiendo quel balzo che ci divide dalla vita semplice, quotidiana e monotona di tutti i giorni, a quella popolare e piena di vizi, alla quale aneliamo. Presi dall'euforia, non capiamo che così facendo stiamo letteralmente buttando via la nostra esistenza per aver quel minimo di successo che probabilmente non arriverà mai. Alla conclusione di questo ben riuscito ritornello, si riparte decisi fino ad arrivare nuovamente ad una accelerazione improvvisa richiamante nuovamente Hammett nei ranghi, per riproporci ancora il chorus. Dove, alla sua conclusione, si scatena una parte strumentale molto interessante e decisamente grintosa. Hetfield dimostra che con la sei corde ritmica ci sa ancora fare e ci spiega che il vero assassino della nostra epoca risponde al nome di fama, soldi, successo, trasgressioni. E' difficoltoso arrivare in alto, ma è facilissimo cadere rovinosamente. Essere sedotti dalla voglia di emergere dalla massa è pericoloso, ed il rischio di bruciarsi è talmente alto che si rischia seriamente di rimanere inceneriti. Arriva il momento dell'assolo da parte di Kirk, il quale, a differenza del brano "Hardwired" (in cui la sua prova era un pochino spenta e priva di mordente), si risolleva con una prestazione pressoché buona sempre caratterizzata dal suo tipico wah-wah, diventato ormai il suo marchio di fabbrica. Il brano volge alla sua conclusione con un ultima strofa che ripercorre l'illusione massima della fama, parlandoci delle persone che cercano ad ogni costo di cambiare radicalmente la propria vita a discapito proprio della vita stessa, scendendo a compromessi molto pericolosi che porteranno solamente al fallimento totale ed allo sconforto più cupo. Ecco spiegato il simbolismo delle falene, annunciatrici di cattivi presagi e di morte certa. Se non si seguono determinati criteri, ma si accettano stratagemmi per raggiungere quegli obbiettivi che altrimenti sarebbero difficili da raggiungere, il crollo è inevitabile. Quello che la band vuole insegnarci, è che senza il sudore e la fatica difficilmente si può ottenere qualcosa che ci possa gratificare totalmente, e queste scorciatoie servono solamente a spingerci in un circolo vizioso dal quale è quasi impossibile sfuggire.
Conclusioni
Arrivati a questo punto, posso tranquillamente dire che "Moth Into Flame" è stata capace di sorprendermi positivamente. Una song interessante, strutturata bene, suonata altrettanto e cantata decisamente meglio della sua precedente. Diciamo che i suoi quasi sei minuti di durata non pesano affatto, anzi. Siamo di fronte ad uno di quei casi in cui un minutaggio "estremo" non mina certo la nostra capacità di partecipazione. Anche qualora i minuti fossero stati dieci, il tutto non sarebbe stato un peso. Una canzone che non è mai prolissa, mai monotona e cattura fin dal primo attacco. Le chitarre di Hetfield e Hammett si destreggiano molto bene, si completano perfettamente in un gioco perfetto fatto di riff granitici e potenti, nonché di incursioni solistiche ben studiate e piacevoli. Il drumming non è molto vario per la verità, ma questa non è la solita critica che si vuol muovere (ad ogni costo) ad Ulrich. Infatti, anche il suo lavoro alla fin fine è funzionale per la buona riuscita del pezzo. Senza strafare, il danese riesce comunque a sostenere molto bene la base ritmica che il brano richiede. Che dire poi di Robert, se non che finalmente possiamo percepire fortemente e distintamente la presenza del suo basso, bello pesante e coinvolgente. E' proprio la sezione ritmica infatti ad avere un ruolo principale per far si che il brano in questione risulti bello corposo e "pieno". Diciamo quindi che il pezzo funziona praticamente in ogni sua parte, e trova il proprio punto di forza proprio nel ritornello, che risulta essere azzeccato e molto piacevole. Parliamo un po' del lavoro alla consolle: registrato presso i "Metallica's Studio" di San Rafael (California) direi che dopo quella altalenante di Death Magnetic, siamo di fronte ad una produzione di tutto rispetto. Splendido il mastering curato da Dave Collins, il quale ha una notevole esperienza in ambito musicale; avendo egli un curriculum di tutto rispetto, forgiato dalle innumerevoli collaborazioni intraprese con tanti grandi nomi (Linkin Park, Alice Cooper, Bad Religion, Ben Harper, Black Sabbath, Sting e chi più ne ha più ne metta). Un personale dunque azzeccato, il quale ha messo tutta la propria esperienza in campo per dare una sorta di nuova luce alla resa sonora dei Metallica. Risultato ampiamente riuscito, dato che tutti i suoni sembrano ben bilanciati e non troviamo uno strumento sottotono o preponderante rispetto ad un altro. Per quanto riguarda il tema proposto, come detto, si parla di autodistruzione, ed in questo caso specifico dell' "autolesionismo" dovuto dalla troppa avidità e dallo sfruttamento disumano che circola in determinati ambienti. In conclusione, avendo ascoltato il primo singolo e soprattutto questo nuovo episodio, le premesse per la buona riuscita di un lavoro interessante ci sono tutte. Ovvio che due brani non bastano e non servono per dare un giudizio finale sul prodotto finale, ma sta di fatto che con questo singolo i nostri quattro cavalieri hanno fatto centro. Se l'intenzione era quella di aumentare l'attesa dando in pasto agli innumerevoli fan sparsi in tutto il mondo un ulteriore assaggio di quello che sarà il loro decimo album in studio (escludendo "Lulu"), direi che l'obbiettivo è stato più che raggiunto. Cosa ci resta dunque? Dopo due antipasti, anzi tre dato che la band ha annunciato l'uscita di un terzo singolo per il trentuno di ottobre, ovvero il giorno di Halloween, rimane la voglia di addentare la portata principale per dare finalmente un giudizio complessivo sul tanto atteso ritorno sulle scene da parte dei Metallica