METALLICA

Liberté, Egalité, Fraternité, Metallica!

2016 - Blackened Recordings

A CURA DI
MARCO PALMACCI
23/08/2016
TEMPO DI LETTURA:
9

Introduzione Recensione

Non sarebbe opportuno, all'interno di un contesto come quello di "Rock & Metal in my Blood", parlare di tragiche questioni extra-musicali. Per il seguente motivo, è dunque più che giusto porre alle fondamenta di questo articolo (o meglio, alle fondamenta del suo preambolo iniziale) un piccolo "disclaimer": siamo praticamente obbligati, parlando del live "Liberté! Egalité! Fraternité! Metallica!", a raccontare (in maniera comunque oggettiva ed imparziale, senza cadere nel chiacchiericcio da bar) degli avvenimenti che, di fatto, portarono i Metallica a celebrare la nazione francese, fornendo ai Metalheads / rockers gallici (parigini, nella fattispecie) un forte incoraggiamento, facendogli sentire una vicinanza quasi fraterna. 13 Novembre 2015: la città di Parigi viene tenuta sotto scacco da un commando di terroristi, intenzionati a seminare panico e morte nella capitale europea. Una notte di terrore, di attacchi, di sparatorie. Una di queste ultime avviene proprio presso un noto teatro parigino, il "Bataclan", nel quale esattamente quella sera si stavano esibendo gli Eagles of Death Metal; il risultato dell'attacco fu un'esecuzione in massa vera e propria, con tanto di irruzione, spari a caso sulla folla, presa di ostaggi e condanne ad una sadica e perversa pena capitale, improvvisata nonché sommaria. Diverse vittime, diversi feriti, diversi sopravvissuti. Famiglie distrutte e vite rovinate. Ringraziando il tempestivo avviarsi delle forze dell'ordine, quel che poteva rivelarsi l'inizio di una guerra fu "ridotto" (se così possiamo dire) "solamente" ad un attentato, seppur sanguinoso e crudele quant'altri mai. Inutile dire che il fatto shockò e non poco l'opinione pubblica, soprattutto gli amanti di un certo tipo di musica, i quali per la priva volta si sentirono in pericolo. Per la prima vera volta, nacque in tutti noi il terrore del divertimento, del concerto. Dello svago per antonomasia. Nulla del genere si era mai verificato, prima di allora. Neanche quando a rimetterci la pelle fu Dimebag Darrell, per colpa di un folle armato. Il quale diresse tutta la sua pazzia unicamente sul chitarrista, "tralasciando" l'audience giunta per assistere al concerto. In questa specifica occasione, quella del "Bataclan", abbiamo avuto tristemente modo di osservare le barbare azioni di un commando di terroristi, giunti in quel luogo di divertimento per portare sangue, per spezzare vite. Deliberatamente, scegliendolo, senza porsi la minima domanda, senza nessun rimorso postumo. Quanti di voi, avranno pensato: "e se fosse successo a me?". Quanti di noi sono arrivati a mettere in discussione la sicurezza ed il contesto rilassato, tipico di un concerto Metal o Rock? Nessuno, prima di quel momento. Eppure, il fatto è ancora fresco nelle nostre menti. Vittime, quei ragazzi, di un gioco al massacro voluto dai potenti; voluto dalle scelte scellerate di un Occidente in perenne lotta con un Oriente già di per sé "sugli scudi". Guerre, "missioni di pace", "esportazioni di democrazia", "religione".. e chi più ne ha, più ne metta. Le speculazioni, in questi casi, debbono stare a zero. Almeno per un po'. L'unica certezza è che degli innocenti ci hanno rimesso la vita, ed è proprio in nome loro e di tutti gli altri innocenti del mondo, che giustizia deve essere fatta. Ciascuno con i suoi mezzi. E cosa potremmo mai fare, noi Metalheads? Un Horns Up al cielo, per commemorare chi come noi era giunto al "Bataclan" per godersi un concerto in allegria e compagnia. E cosa avrebbero mai potuto fare i Motorhead, se non esibirsi nello stesso teatro qualche giorno dopo, in barba al terrore ed in barba a chiunque voglia ed avesse voluto impedirci di vivere la nostra vita? Queste, sono le armi che noi comuni mortali abbiamo a disposizione. Perché fermare certe piaghe non spetta a noi, ma a chi dovrebbe proteggerci; CHI di dovere, che se ne infischia altamente, della nostra sicurezza, se non sono in ballo interessi ben più "materiali". Gli stessi Metallica decisero dunque di far sentire la propria vicinanza ai fan francesi, pubblicando la testimonianza live di una loro esibizione al "Bataclan", risalente al 2003 e svoltasi l'undici di Giugno di quell'anno. Uscito il sedici aprile del 2016, in concomitanza del "Record Store Day" e licenziato dalla "Blackened Recordings", "Liberté! Egalité! Fraternité! Metallica!" vuole dunque porsi come un messaggio forte, rivolto a tutti: la Nostra vita DEVE continuare, nonostante tutto e tutti. Nonostante la guerra, nonostante l'odio, nonostante i giochi di potere nei quali siamo coinvolti nostro malgrado. La nostra passione è più forte, ed è l'arma migliore che esista. Il sacro fuoco dell'Arte, che arde in ognuno di noi e che ci fornisce un quantitativo d'energia pressoché illimitato. Queste, dunque, le premesse. Non ci resta altro da fare, ora come ora, che sgombrare la nostra testa dalla rabbia e dai pensieri cupi, per buttarci nella mischia francese e godere appieno della potenza dei Four Horsemen. Che, live, hanno sempre fatto scintille, checché se ne dica. Let's Play!

The Four Horsemen

Il pubblico rumoreggia caldo e scalpitante, facendo sentire la sua voce. Percussioni di crash cominciano a susseguirsi, un riff noto ed arcinoto serpeggia fra le urla emozionate della folla; ingredienti che, mescolati, ci piazzano davanti ad una memorabile esecuzione di "The Four Horsemen (I quattro cavalieri)", la cui resa sonora è a dir poco perfetta. I Metallica rockeggiano alla grande ed il brano gode di quell'attitudine grezza e potente che, di fatto, lo battezzò in quel lontano 1983. Unica nota differente, la maggior consapevolezza vocale di un Hetfield che, mostrando l'età, riesce ad arricchire il brano mediante l'adozione di particolari e melodiche linee vocali. Un'apertura col botto, con il pubblico che partecipa in sede di cori, arringato da un James ispiratissimo. Dal canto suo, Lars scalpita come uno stallone, Kirk fa ruggire meravigliosamente la sua ascia e Robert è bene attento a tenere banco, facendo in modo che l'esuberanza dei compagni non faccia deragliare il gruppo fuori strada. Tanta è la foga, infatti, che senza un metronomo del ritmo come Trujillo a supporto, Lars rischierebbe di sgusciare via come una saponetta. Tant'è, esuberanza ben accetta, dato che questa versione di "The Four Horsemen" è pressappoco perfetta. Pochissimi sono i gruppi che possono vantare una tale resa in sede live, ed i Metallica, ce lo dimostrano, ci sanno ancora ampiamente fare. Come se avessero vent'anni, sparano strofe e ritornelli in maniera sconsiderata e veloce, cavalcando la tempesta ed assalendo letteralmente il pubblico. Il quale, manco a dirlo, è in visibilio. Ottimo inoltre l'assolo di Hammett, il quale si dimostra rabbioso, feroce, intento ad addentare giugulari. Un momento solista straripante e violento, che termina con il riff principale del pezzo ed un sentito "uuuuuuuuuah!" di Het, il quale chiude il brano e saluta persino in francese. "Bonjour", ci dice, prima di introdurci alla prossima traccia.  Il testo, famosissimo, prende a narrarci le avventure di quattro cavalieri; ovvero, dei Metallica stessi. Gli allora giovani metallari, immedesimandosi in figure molto simili a quelle già narrate da San Giovanni nella sua "Apocalisse" (Peste, Fame, Guerra, Morte.. i quattro cavalieri dell'Apocalisse, per l'appunto), ci parlano di scorribande a tema quasi "oscuro" ed esoterico. Come se fossero quattro demoni, James, Lars, Kirk e Cliff battono ogni strada della loro città, in cerca di morte e devastazione. Sono quattro demoni a cavallo, entità immonde richiamate sulla terrà dalla malvagità diffusa; chiudete in casa mogli e bambini, perché la sete di sangue dei Four Horsemen è ormai insaziabile. E più il sangue è innocente, più ne traggono maggior nutrimento. Un testo dunque sprizzante esaltazione e volontà di colpire, che si presta a più interpretazioni. Volendo infatti intendere il termine Horsemen anche come "motociclisti", sembrerebbe quasi che i Nostri stessero parlando di una gang di bikers, pronta con il proprio sprezzo del pericolo a sfidare ogni autorità; viceversa, in chiave più metaforica, certe liriche non fanno altro che presentarci quattro musicisti volenterosi di lasciare il segno. I cavalieri che si abbattono letteralmente nel mondo del Metal, decisi a lasciare il segno, a incidere una ferita nell'immaginario comune. Loro sono i Metallica. E suonano un qualcosa di mai sentito prima. Accettare o soccombere, non abbiamo altra scelta.

Leper Messiah

 Un riff cadenzato, pesante e massiccio ci presenta quindi la seconda traccia della scaletta, "Leper Messiah (Il Messia della lebbra)", accolta ancora una volta da urla e boati. Le chitarre di Kirk ed Het divengono meno forsennate e più quadrate, marziali e precise. Anche il battere di Lars si staglia su di un 4/4 stile Phil Rudd, e possiamo udire in alcuni frangenti il roboante basso di Robert, lasciato brevemente in solitaria, a sprazzi. Si continua quindi con quest'andatura, anche quando James prende a declamare la prima strofa, la quale risulta splendidamente scandita da quest'attitudine "alla marcia" che i Metallica stanno sfoggiando. Di contro a "The Four Horsemen""Leper.." risulta infatti un assalto più ragionato. Un battere incessante che fa della spigolosità la sua forza, un incedere perentorio ed ineluttabile, anche in questo caso reso splendidamente in sede live. Sorprendente come i Metallica si siano trasformati, nel tempo, in una vera e propria live band, rendendo i brani eseguiti dal vivo anche più belli delle loro originali versioni in studio. Quando si ha sostanza, come musicisti, d'altro canto una conseguenza del genere è la prima da aspettarsi. Dopo il secondo ritornello, assistiamo ad una bella espressione solista del buon Kirk, il quale di fatto ricama una melodia a tratti melanconica; una melodia che lascerebbe presagire un rilassamento generale, ed invece infiamma i tempi, facendo tornare i Metallica a correre. Arriva anche il momento dell'assolo vero e proprio, un solo molto ben riuscito, tagliente, una successione di note limpide e squillanti, le quali si esauriscono poi in un suono più "ingolfato" e "rugginoso". Het riprende di lì a poco a cantare, aiutato in sede di cori dai suoi compagni, ed il brano può dunque terminare, dopo lo scalpitio finale. Pubblico in delirio, piccolo momento "scat" di James che mima uno stacco di batteria ed il riff principale ci viene dunque ripresentato, per l'ultima volta. "Thank you, merci beaucoup!", e veniamo dunque catapultati nella successiva canzone. Le liriche di "Leper Messiah" si configurano come un violento attacco non tanto all'idea di Dio, quanto al sistema che sfrutta il "nome" della divinità per tirare acqua al suo mulino. Il clero, il Vaticano.. organizzazioni gerarchiche, fortemente oscurantiste, dedite all'accumulo di ricchezze. Pur di accaparrarsi danaro e beni d'ogni tipo, infatti, gli alti prelati non esitano ad indottrinare il popolo mediante il cosiddetto "timore di Dio": lo spauracchio di una divinità collerica e vendicativa, crudele e priva di scrupoli. Un Dio che non esita a punire chiunque decida di non seguirlo, o chiunque trasgredisca al suo ipse dixit. Chiaro che la minaccia dell'Inferno, su molti e per molti secoli, ha sortito l'effetto che gli uomini di chiesa si auguravano.. ovvero, quello di impaurire a tal punto da indurre il popolo a far qualsiasi cosa, pur di salvarsi. "Leper Messiah" è dunque un attacco a tutti coloro i quali utilizzano il nome di Dio per compiere delle autentiche scorribande "psicologiche". Terrorizzare e sottomettere, per formarsi un esercito "privato" pronto a difendere ogni nefandezza del "generale", nonché a finanziarlo. Per anni la Chiesa Cattolica ha potuto contare su questo potere di coercizione; i Metallica non ci stanno, e dunque puntano violentemente il dito, condannando a suon di Thrash Metal tutto questo sistema marcio sino al midollo. Il "bene" non è quello che vogliono farci credere. Staccare un congruo assegno al proprio parroco non è assicurarsi il paradiso, così come rimanere in casa la Domenica non significa essere un peccatore. Prima lo capiremo, prima potremo slegarci da questo giogo. Visto che il vero inferno lo viviamo esattamente buttando la nostra vita dietro queste false minacce, cedendo alle parole di qualche ecclesiastico da strapazzo, sacrificando la nostra vera essenza. Un piccolo discorso di James ci ricorda quanto (all'epoca) fosse passato troppo tempo dall'ultimo concerto dei Metallica in Francia. Het chiede dunque al pubblico se si senta bene, promettendogli di avere per loro un qualcosa che li farà stare anche meglio.

No Remorse

Ovviamente, la sorpresa promessa si rivela essere "No Remorse (Nessun rimorso)", la quale viene presto attaccata con foga e decisione. Un riff pesante quanto un macigno, pantagruelico, presto doppiato in velocità da un assolo al fulmicotone di un Hammett a dir poco posseduto. Melodia e potenza si intrecciano lungo trame ora crudeli ora lascive, ora accomodanti ora distruttive; un assolo sparatoci così, senza pietà alcuna, e seguito poi da un riff che riesce a catapultarci nella Bay Area degli anni '80. James può quindi fare la sua comparsa vocale, e proprio come fu per "The Four Horsemen", anche "No Remorse" sembra rivivere una seconda giovinezza, grazie alla maggior consapevolezza di Het nel suo ruolo di frontman. Il brano scorre quindi fra momenti veloci ed altri ben più cadenzati, il tutto sempre tenuto in piedi grazie ad una sezione ritmica letteralmente in grado di compensarsi. Da una parte, la rozza e scellerata attitudine del "batteraio" Lars, il quale riesce ad infondere la giusta cattiveria ritmica ad un brano che ne ha sicuramente bisogno, visto l'eccellente lavoro delle asce; dall'altra, la precisione e la tecnica di un Trujillo che, già allora, si stava dimostrando un innesto vincente ma soprattutto convincente. Si arriva ben presto ad un punto in cui è il solo Ulrich a farsi sentire, rullando come un selvaggio. Un rullo che introduce la sezione più violenta di "No Remorse", la quale ci riporta indietro nel tempo e ci esalta, a dir poco. Le chitarre ruggiscono e distruggono praticamente ogni cosa, si corre sino a raggiungere gli umani limiti. Il brano può così terminare con un James provato, che ha ancora la forza di ruggire il titolo del brano e dunque di concedere ad esso un finale più che degno. Esattamente dopo di lui, però ed inaspettatamente, subentrano Kirk Lars, intenzionati a prolungare il finale facendo letteralmente esplodere i loro strumenti. Riffing work nervoso, rulli continui.. ed il pubblico che urla "Metallica! Metallica!" a squarciagola, fino a non poterne più. Brano al vetriolo, proprio come il testo presentatoci: liriche di guerra, una guerra condotta dai protagonisti dei versi che leggiamo. Un urlo violento contro la gente falsa ed ipocrita, contro chi finge di aderire ad un mondo quando invece cerca unicamente di sfruttarlo per tornaconti personali. Non è un caso che, durante i primissimi tour, James presentasse questo pezzo come un inno "contro tutta la gente falsa lì fuori, i fottuti poser!!", ovvero i nemici per antonomasia del Metal. In ogni sottocultura bisogna avvicendarsi, purtroppo, con la piaga della "falsità". Dal Metal al Punk, passando per il Jazz, ogni mondo è pieno di persone che fingono interesse ma in realtà stanno solamente recitando una commedia, magari per ribellarsi momentaneamente all'autorità genitoriale, magari per trovare un divertimento alternativo per scappare dalla noia delle coccole e della bambagia nelle quali vivono.. insomma, il poser contro cui i Metallica si scagliano violentemente è proprio la tipica figura che, per un periodo, beve birra assieme a noi ed indossa determinate t-shirt, salvo poi sparire e ripresentarsi qualche mese dopo con un taglio di capelli alla moda ed una serie di vestiti firmati.. "perché è una fase, poi passa.. e maturerai anche tu". Quante volte ci siamo sentiti dire queste cose? La rabbia che sale è molta, e spinti dall'ardore giovanile i Metallica non sembrano nemmeno volersi troppo pentire di spaccare il muso a determinati soggetti. Se ne infischiano della pietà, loro vogliono schiacciare i vigliacchi in maniera definitiva, senza scrupoli o rimorsi. Un mesto e malinconico arpeggio dirada letteralmente la coltre elettrica venutasi a creare con la presentazione del primo trittico di brani. 

Fade To Black

"Fade To Black (Dissolvenza in nero)fa dunque la sua triste comparsa, per stemperare gli animi e rilassare un'audience che ora ha quindi modo di innalzare al cielo gli accendini. Un susseguirsi di melodie struggenti, sentite, ispirate, delicate a loro modo; persino la batteria di Lars si calma, ed un'atmosfera à la "Simple Man" (Lynyrd Skynyrd) fa ben presto a prender piede. Il lavoro al microfono di James è a dir poco struggente, forse l'esecuzione di questo meraviglioso brano è unicamente e leggermente minata da un Lars che non sembra avere molto a cuore il concetto di "dinamica". Sembra quasi che il suo tocco sia sempre uguale, e che per "variare" egli intenda unicamente abbassare il volume. Molto bravo, per forza di cose, nei momenti più concitati della ballad.. ma meno quando, ad esempio, Kirk è chiamato ad esprimersi in un bell'assolo prima della seconda strofa. Un momento parzialmente rovinato dai tocchi eccessivamente grezzi del danese. Fatto sta, comunque, che il tutto prosegue in maniera impeccabile, per quel che riguarda gli altri versanti. Un James melanconico, dall'ugola densa di pathos; un Kirk poliedrico e pronto ad adattarsi ai vari momenti, ora più calmi ora più duri; ed un Robert, inutile dirlo, garanzia delle garanzie. Arriva poi il momento, per la seconda parte del pezzo, di manifestarsi in tutta la sua magnificenza. L'asticella del pathos viene leggermente abbassata per permettere al manifestarsi di un rififng work generale ben più aggressivo di presentarsi; tuttavia, non abbiamo corse alla scavezzacollo come già accaduto nei primi tre pezzi. Una corsa sostenuta ma mitigata da un Hammett melodicamente eccesso, il quale ricama ben presto un secondo, lungo assolo, letteralmente da manuale. Kirk, un ottimo esecutore forse troppo sottovalutato e bistrattato; tralasciando l'imperiale uso del wah wah, il Nostro si dimostra in grado di interpretare alla perfezione i due volti di un brano complesso, sfoggiando anche una buona dose di tecnica e non sfigurando affatto, se confrontato con altri suoi colleghi. Con l'assolo di Hammett termina quindi la ballad della serata, la quale fa la sua bella figura e permette agli Horsemen di prendersi un'altra vagonata di applausi. Abbiamo anche l' "UH YEAH!!" di James, tanto per gradire. Essendo stato forse il primo brano "intimo" e "sentito" scritto dai Metallica, "Fade To Black" non poteva non avere, come argomento principale, la depressione. Il titolo indica infatti lo stato d'animo di una persona giunta al limite della sopportazione. Il peso della vita è diventato insostenibile, essa comincia a gravare sulle nostre spalle come il mondo su quelle di Atlante. Non siamo più disposti ad accettare tutto questo, e cominciamo per questo a lasciarci andare. A farci ingoiare dall'oscurità, a cedere, a considerarci ormai vinti dalle intemperie e dalle avversità. Non ci importa più di lottare, il freddo ci gela le ossa.. niente e nessuno riesce più, ormai, a distogliere la nostra mente da un pensiero fisso: quello della sconfitta definitiva. Cosa ci resta da fare, dunque? Abbandonare il palcoscenico, lasciando che il sipario di chiuda sulla nostra esistenza. E' finita e non possiamo farci nulla. Solo noi stessi potevamo aiutarci.. ma ce ne siamo resi conto troppo tardi. Nemmeno noi vogliamo più consolarci. Quindi, meglio perire e scomparire nella notte, lasciando un ricordo ai nostri cari. Ma dimenticandoci di noi stessi. In molti hanno speculato circa l'ispirazione massima di liriche così gravi e solenni; stando ad alcuni rumors, la "scintilla" sarebbe scattata nei Metallica dopo che, nel 1984, il gruppo dovette scontrarsi con un episodio assai demoralizzante, ovvero il furto della propria strumentazione. 

Frantic

La presentazione di "Frantic (Frenetico)ha senza dubbio del singolare. Dopo la bellezza di quattro brani, tratti dai capolavori dei Metallica ("Kill 'em All""Ride the Lightning" "Master of Puppets"), James decide di giocarsi la carta della novità, chiedendo ai fan.. se hanno apprezzato "St. Anger"! La risposta è da lasciare basiti: uno "YES!!" grande quanto un grattacielo, per la felicità di Het, il quale annuncia quindi al suo pubblico che questa sera verrà suonato anche un brano tratto dal disco in questione. E "Frantic" può dunque fare la sua comparsa, trascinata da un particolare groove funky nel quale, manco a dirlo, Robert può letteralmente sfoggiare tutta la sua bravura. Improvvisamente, tutto si interrompe: James scherza, pronunciando il titolo del brano con accento francese ("frantìc!"), ed il tutto può dunque proseguire come di norma. C'è da dirlo, sentito in queste vesti, un brano come "Frantic" fa davvero la sua parte, nonché la sua bella figura. Del resto, è quel che succede quando si hanno a disposizione mezzi e strumenti con i quali poter donare ai propri brani una produzione DECENTE. Ben lungi dalla sua versione in studio, letteralmente registrata e mixata con i piedi, questa esecuzione live riesce a rendere la frenesia di "Frantic" un qualcosa degno dei Metallica. Riff veloci e nervosissimi, batteria violenta, basso carico di rabbia. Elementi che si intersecano perfettamente fra di loro, pompando all'inverosimile la canzone e rendendola davvero un gioiello di smania sonora. Unica, vera grande pecca, la mancanza di un assolo che possa completare un'esecuzione ottima. Questione di lana caprina, tuttavia, visto che nei brani precedenti abbiamo avuto di che gioire sul versante solistico. Possiamo di contro apprezzare la poliedricità vocale di un James Hetfield capace tanto di ruggire quanto di risultare accomodante. Ora nervosissimo ora ispirato, ora belluino ora interprete: Het è il metronomo di una band che, in questo momento, riesce a far risultare bello persino un brano inserito in uno dei propri dischi peggiori. Continue bordate sonore, la batteria di Lars che finalmente si fa ascoltare in maniera degna (al contrario di quanto avveniva su "St. Anger"), passaggi melodici allucinanti e stranianti.. davvero un bel modo per riprendere la tensione spezzata da "Fade to Black". Particolarmente apprezzabile, inoltre, in finale, il momento in cui Lars suona la carica e i Metallica prendono a correre in maniera più spedita e meno nervosa di quanto accaduto nel brano. "Frantic" può dunque terminare sugli stacchi di un Ulrich, che di seguito lascia spazio alle standing ovation del pubblico. Il testo sembra ispirare tanto disagio quanta la musica: è difatti figlio degli abusi di James Hetfield, ed è strutturato come la disperata richiesta di un uomo appena accortosi di aver sprecato tempo prezioso, dietro varie dipendenze. Ci si interroga su come sarà il futuro, se questo potrà essere migliore del presente, se risulterà benevolo o se si configurerà come l'ennesima condanna. Un futuro incerto che dunque fa paura, ma mai quanto un passato che sembra pesare come un macigno. Non tanto i giorni che verranno.. a spaventare, sono quelli appena trascorsi: tutto il tempo perso, tutto il tempo gettato via nelle bottiglie e nei bicchieri.. chi potrà mai ridare, a James, tutto questo? Quanto ha effettivamente buttato via, quanti giorni ha potuto vivere in maniera degna? Quali saranno i ricordi che si accumuleranno, col passare del tempo? Un'introspezione dura, una resa dei conti con la propria anima. Di una cosa, è certo il nostro.. ovvero, del fatto che l'alcool o le droghe non sono né potranno mai essere una soluzione. I problemi bisogna affrontarli, senza mai mentire a noi stessi, anzi riconoscendoli. Ammettere di aver bisogno d'aiuto è già metà della vittoria, e non è un gesto di debolezza. Anzi, è proprio un modo per dimostrarsi forti ed umili, determinati ad uscire dal baratro. Il tempo gettato alle ortiche, però, non verrà mai restituito. Questo è l'unico grande rammarico di Hetfield, il quale farà però in modo di "conquistare" nel presente tanti bei momenti da tramutare, nel futuro, in ricordi piacevoli. Una famiglia amorevole, dei compagni leali, amici sinceri.. questo è tutto ciò di cui abbisogna, ogni uomo o donna su questa terra. La paura è senza dubbio una nemica terribile, ma come saggiamente ci viene detto: "My lifestile determines my deathstyle! - il mio modo di vivere determinerà il mio modo di morire!". Come abbiamo vissuto, così moriremo. Avremo la forza di andare avanti? Di guardare in faccia il nostro futuro, di capire cosa non va in noi? Dobbiamo, ad ogni costo. Come ulteriore prova a supporto di quanto il testo sia impegnato, abbiamo anche una divagazione spirituale apposta da Kirk Hammett, il quale ha deciso di proporci un concetto preso in prestito dal buddhismo. "Birth is Pain, Life is Pain, Death is Pain", massima denominata in "Duhkha", ovvero "condizione di sofferenza". Una condizione che accomuna tutti gli Esseri, status esplicato dal Buddha Sakyamuni nel suo primo ed importante discorso. Quasi riprendendo le linee ritmiche portanti di "I'm The Man" degli AnthraxJames Lars si divertono a giocare con i fan. Di seguito, Het introduce ogni singolo membro della band, ponendo in particolare rilievo Robert, all'epoca new entry a dir poco di lusso. 

Ride The Lighting

Non c'è comunque spazio per ulteriori salamelecchi, in quanto il riff di "Ride the Lightning (Cavalca il fulmine)fa la sua poderosa comparsa.. ed il classico dei classici può finalmente palesarsi in tutta la sua imperiale magnificenza. Ottima esecuzione, scandita dal riffing work di un Hammett superlativo ed ottimamente supportato da un Hetfield sempre sul pezzo, il quale risulta comunque un po' affaticato vocalmente, non riuscendo a donare a questo pezzo quel tocco in più che ci si sarebbe aspettato. Poco male, comunque, visto che "Ride.." risulterebbe una bomba a prescindere. Esecuzione maschia e particolarmente decisa; un piglio virile che dona al pezzo la sostanza giusta per proseguire instancabilmente lungo la sua marcia di distruzione. Lars, al solito, è incontenibile e tocca quindi a Trujillo dettare meglio i tempi: un dettare che scandisce meravigliosamente il solo compiuto da Kirk, vero e proprio "da man" della serata. Un assolo da gustarsi nota dopo nota, in cui ogni passaggio è nitidamente distinguibile, nel quale una sinistra melodia serpeggia attraverso i riff al vetriolo sparati da un Hetfield perentorio e massiccio. La seconda parte del momento di Kirk vede una sostanziale accelerazione del pezzo, il quale si spinge verso lidi forsennati e dunque obbliga Kirk ad aumentare i giri del contachilometri. Come se fosse la cosa più naturale del mondo, il chitarrista finisce con il dispensarci mille note al secondo, correndo all'impazzata e quasi facendo esplodere il suo strumento. I tempi divengono in seguito più ragionati, e notiamo ancora quanto James sia leggermente giù di corda, parlando di voce. Un'altra strofa ed altri due ritornelli, ed il brano può dunque dirsi concluso. Altra esecuzione capace di renderci più che soddisfatti, come del resto segnato dal rumoreggiare dei presenti nel teatro. Sempre particolari ed assai profonde, inoltre, le liriche qui presenti. La tematica principale del testo verte infatti sul tema della pena di morte, argomento assai discusso negli U.S.A. e da tutti interpretato in maniera piuttosto "lapidaria". O pro o contro, senza appelli. Soprattutto i pro risultano essere molto spesso personaggi assai reazionari e politicamente estremi, giustizialisti i quali vedono nella morte la definitiva espiazione di un reato grave (omicidio, per esempio). I Metallica, non schierandosi apertamente ma facendo trasparire una sorta di propria morale (due torti non fanno una ragione, al limite), decidono di metterci dinnanzi ai pensieri di un condannato. Una sentenza così drastica dovrebbe, quanto meno, essere assegnata in presenza di prove certe e schiaccianti, circa la colpevolezza della vittima. L'uomo protagonista, invece, sembra esser stato condannato dopo un giudizio assai sommario. Egli ha paura, sente il terrore che lo assale, nel mentre che le guardie fissano i suoi polsi e le sue caviglie su di old sparky, l'oggetto di tortura maggiormente (tristemente..) noto in tutto il mondo. L'esecuzione sta per cominciare: la leva viene abbassata ed un fulmine potentissimo attraversa il corpo dell'uomo, il quale sente l'elettricità diffondersi all'interno di se stesso. Il cervello comincia a bruciare, il panico ed il terrore lo assalgono. Cerca di invocare Dio, cerca un estremo tentativo di salvarsi appellandosi alla fede.. ma nessuno è lì per lui. Un'esecuzione che dovrebbe durare pochi minuti, ma che per lui dura giorni interi. I secondi si dilatano, la sofferenza estrema lo acceca.. fino a portarlo alla morte. Chiaro, dunque, l'intento del testo: mostrarci cos'è, quel momento, in maniera cruda e priva di fronzoli. Poi, starà a noi decidere se continuare ad avallare certe situazioni o meno. Una melodia udibile in lontananza cerca di emergere con tutte le sue forze, insinuandosi pian piano fra le grida del pubblico, crescendo sempre di più. 

Blackened

Giunge lesto il momento, per "Blackened (Oscurato)", di ergersi a settima traccia del lotto. Melodia iniziale cantata dal pubblico, il quale smette presto, comunque, di assopirsi dietro l'ipnosi di quelle magiche note. Il brano deve iniziare a picchiare duro, e quindi è tempo di accogliere un riffing work nervoso e potente, serratissimo, accompagnato da una sezione ritmica letteralmente schiacciasassi. Headbanging a più non posso e pogo, questo è quel che "Blackened" chiede e che i presenti sono decisamente felici di offrire, a loro volta. Il brano si mantiene dunque su di una buona velocità di base, e notiamo come James sia questa volta molto più a suo agio che nella precedente canzone, sfoggiando una prestazione vocale più decisa e sicura. La prima strofa ed il primo ritornello scorrono dunque senza problemi, veloci e tosti, senza conoscere intoppi o cali di pressione. Gli fa eco anche la seconda "coppia", e dopo i secondo refrain è dunque il momento di "rilassarsi" leggermente. Il pedale di Lars batte minaccioso, ma scandisce tempi sicuramente più marziali e quadrati, meno veloci o forsennati. Idem le chitarre di James Kirk, le quali si fanno decisamente più massicce e meno taglienti. Cori aiutano Het e riescono a supportarlo a dovere, e l'andatura "killer" continua, misteriosa e pesante come non mai. Un momento di tensione che decide di far leva sulla potenza più che sulla velocità, un frangente che comunque risulta distruttivo quanto l'attacco iniziale, le strofe ed i ritornelli. Abbiamo poi l'assolo di Kirk, il quale dona incredibile melodia ed atmosfera ad un contesto che stava via via facendosi sempre più "spigoloso". L'esibizione di Hammett serve dunque a rendere il pezzo più dinamico e mutevole, addirittura sfoggiando vaghi passaggi dal sapore orientaleggiante, in velocissimi frangenti. Dopo l'assolo viene comunque il momento di tornare a correre, di mordere. Una nuova strofa ed un nuovo ritornello fanno dunque la loro comparsa, e si torna a venerare il Dio Thrash a suon di sacrifici ed immolazioni. Nel concitato e nella foga generale va dunque a chiudersi un altro ottimo brano, eseguito splendidamente; il quale dovrebbe segnare la fine del concerto, visti i ringraziamenti di James sul finale ed il conseguente ringraziamento al pubblico. Apocalittico come sempre, il testo di "Blackened" ci mette dinnanzi ad una delle prospettive più nere e nefaste pensabili: la distruzione totale della razza umana. Come ben sappiamo, negli ultimi anni la tecnologia ha compiuto passi da gigante, comportandoci molti pro, decisamente "comodi" ed appaganti. Cosa succede, però, quando a crescere sono anche i "contro"? In barba al passato, le guerre non si combattono più con fucili e baionette: l'industria bellica è ormai una realtà attorno alla quale gravitano svariate migliaia di milioni (aggiungere valuta a caso), la Scienza ha provveduto a fornire ai potenti tantissimi nuovi arnesi di distruzione. Armi chimiche, batteriologiche, nucleari. Cosa succederebbe se, un giorno, il famoso grilletto venisse premuto? Ecco che della Terra non resterebbe che un cumulo di macerie, di calcinacci. Le radiazioni distruggerebbero l'umanità, e quanti rimanessero vivi desidererebbero con tutto il cuore esser morti, persi come sarebbero in un deserto chimico e desolante. Mutazioni, malattie, acque inquinate, aria irrespirabile: l'Inferno sulla terra, la quale è ormai prossima al collasso. La fine, il punto, la distruzione di tutto ciò che conosciamo. Mai più cieli azzurri, ma solo nuvole chimice. Mai più piogge rinfrescanti, ma solo acido. Mai più acqua o giornate di sole, mai più svaghi o divertimenti. Tutto si annullerebbe pian piano, portandoci alla fine. Una fine triste, che vedrebbe il pianeta terra collassare miseramente su se stesso, memore dei suoi anni di gloria. Mai più ere dell'oro e risate.. solamente gelo, distruzione, desolazione.. odore di morte in ogni strada, giardino, città e nazione.

Seek & Destroy

I fan francesi urlano e cantano cori, segno che bramano il ritorno dei loro beniamini sul palcoscenico. "Metallica! Metallica! Metallica! Metallica!", la comparsa dei Four Horsemen è dunque solo questione di tempo. I Nostri risalgono sul palco, tutto è pronto per gli ultimi due pezzi della serata. C'è modo di scherzare un po', giocando con il riff di "Ammazza la vecchia", presto tramutato in un'improvvisazione Hard n' Heavy letteralmente da manuale, coinvolgente, divertente e trascinante. "Are you ready for some more?", urla James, chiedendo al pubblico cosa vorrebbe ascoltare. Risposta unanime, "ta na? ta na.. tanananananana!"; il riff di "Seek & Destroy (Cerca e distruggi)squarcia l'udito dei presenti e ci propone ancora una volta un classicone che gode di una seconda giovinezza, suonato con la carica e la potenza di un gruppo all'anagrafe "adulto" ma nell'animo ancora giovane. Notiamo come il pezzo venga suonato mediante l'utilizzo di registri ben più bassi ed oscuri del solito, espediente che permette ad Het di non strafare vocalmente e dunque di donarci una performance molto più controllata e mitigata. La resa è comunque perfetta: il brano risulta ancora più minaccioso che sulla versione in studio, la sua andatura killer lo fa assomigliare ad un predatore in agguato; il pubblico partecipa ed i Metallica sono i primi a divertirsi, dando fondo alle loro ultime energie, arrivati alla coda di un concerto straordinario ma incredibilmente intenso, nel quale hanno speso moltissimo in termini di energie e partecipazione. Dopo la seconda coppia di strofa / ritornello si prende a correre in maniera concitata e sostenuta, i Metallica cambiano registro e Kirk può dunque dispensare un ultimo, micidiale assolo, prima che si torni ad optare per tempi più ragionati e cadenzati, quelli tipici della song tutta. I Four Horsemen hanno ancora voglia di far male, per un'ultima volta.. e pur senza i disperati "DIIIIIIIIIIE MOTHERFUCKER!!!" di Newsted, questa resa live di "Seek & Destroy" risulta comunque molto buona. Forse un po' "stanca", ma lo ripetiamo: dopo un concerto del genere, intenso e tirato, può starci senza problemi. Un brano dunque dallo stile particolare, più "cacciatore". Uno stile che ben si addice ad una banda pronta a mettere a ferro e fuoco una città intera: si perlustra la metropoli palmo a palmo, i nostri ragazzacci sono in cerca di divertimento e per questo sperano di incrociare in qualche vicolo i loro rivali, per sfoderare i coltelli e battersi fino alla morte, per la supremazia del territorio. I Metallica si riuniscono quindi in coorte alla ricerca di una guerra da combattere, anche se il contesto diviene molto più "urbano" e legato al mondo delle gang. I Nostri ragazzi sono mossi da "pensieri malvagi", nulla di nuovo, ci dicono, tutti noi sappiamo che sono degli sbandati e che incrociarli di notte in un qualsivoglia quartiere può voler dire solo una cosa: battersi valorosamente, o essere schiacciati. Un testo che sembra rimandare a molte pellicole e libri trattanti questo argomento, le parole di "Seek & Destroy" sembrano proprio palesare dinnanzi a noi l'irruenza dei Guerrieri del film "The Warriors", o il perfido sadismo dei Drughi del romanzo-film "A Clockwork Orange"; insomma, i ragazzi sono sulla strada, per "cercare" ed, una volta trovato ciò al quale sono interessati, "distruggere" senza alcuna pietà. I nemici non possono scappare, i nostri "drughi guerrieri" sono spinti solamente dalla volontà di uccidere e quest'ultima non se ne andrà finché i loro desideri non saranno soddisfatti. Sfuggirgli è impossibile, nostro malgrado dovremo accettare.. una partitina ai nozh-coltelli. La rabbia urbana esplode, dunque, in tutta la sua violenza e non c'è modo di arginarla, le gang si quieteranno unicamente con il sorgere del sole, quando tutti torneranno nelle loro case a riposarsi, in attesa che l'astro tramonti ancora una volta, per uscire nuovamente a cercare sangue fresco con il quale abbeverarsi. Un'escalation di violenze e di furia, che non troverà mai pace ma anzi, se possibile si inasprirà ancora di più.

Damage.Inc.

Arriviamo quindi al gran finale: spetta a "Damage, Inc. (Corporazione del danno)il compito di chiudere questa serata in modo degno, e la traccia prescelta lo fa senza troppi problemi, donando al pubblico l'ultima scorpacciata di ultraviolenza della serata. Si parte "a manetta", scandendo un riff violento e cadenzato ma ben presto destinato ad accelerare in maniera drastica. Si corre a più non posso, tutto il combo cerca di non far trasparire la naturale stanchezza. I Metallica sono usciti fuori perché richiamati a gran voce, ebbene non vogliono deludere il loro pubblico, per nulla al mondo. James fa quel che può, riuscendo comunque in maniera più che dignitosa. La corsa è ardua ed estenuante ma nessuno pare volersi arrendere. Persino Lars sembra picchiare di meno, mentre Hammett Trujillo riescono comunque a mantenere il tutto su livelli medio-alti. La canzone giunge quindi ad una sezione più cadenzata e "calma", almeno fin quando non arriva il momento per Kirk di lanciarsi in un assolo violento ed iracondo. Una pioggia di note taglienti ed urticanti, raffiche sparate senza pietà e che travolgono un pubblico ormai in pieno deliro. Si morde senza sosta, si corre, si distrugge; i Nostri sembrano davvero un'inesauribile miniera di energie, ed il tutto può dunque avviarsi alla definitiva conclusione del concerto. Brano chiuso dal riff d'apertura, ultimi applausi, ultimi ringraziamenti. Il sipario si chiude sul "Bataclan" ed incorona i Metallica come vincitori, ancora una volta. Proprio come per le liriche di "Seek & Destroy", anche questa volta parliamo di una "gang". La Corporazione del Danno è una banda spietata e sanguinaria, un'unione di criminali disposti a tutto pur di prevalere sul prossimo. Distruggere, uccidere, conquistare.. nulla sembra potersi opporre a questa forza, a questa schiera di squali famelici. Si definiscono "sciacalli", noi tutti sappiamo da dove provengono ma siamo troppo ciechi per capire il fatto che tutta questa violenza altro non è che il parto del nostro stesso cuore; da sempre, incline alla malvagità. "Vieni più vicino.. se ti fa piacere", ci dicono questi mostri, letteralmente invitandoci a far parte della loro congrega. Titubanti, potremmo anche essere portati ad accettare: se non puoi batterli, unisciti a loro, verrebbe quasi da dire. Qualora decidemmo di opporci, la nostra fine sarebbe comunque terribile. Sarebbero capaci di mangiarci in un sol boccone, di masticarci e di sputarci via per puro piacere, ridendo della nostra agonia, beandosi delle nostre sofferenze. Più sono atroci, più le loro risate risuonano fastidiose nell'aere. Proviamo a scappare ma sentiamo questa infernale presenza alle nostre spalle, che ci tormenta e tallona, orgogliosa di detestare / rigettare tutto ciò che riguarda il buon senso o comunque la pietà. Essi odiano e disprezzano ogni cosa che suoni come "perbene", la loro volontà è solo quella di imporsi con violenza sul prossimo, certificando in questo modo il loro potere. Il sangue chiamerà altro sangue, è giunto il tempo di morire.. gli azionisti di maggioranza della "Damage Incorporated" sono pronti a presentarci il piano finanziario del prossimo anno! In salita per loro, in triste discesa per noi.

Conclusioni

In sostanza, cosa possiamo dire di questo bel live? Di certo, non parliamo di un prodotto assemblato alla bell'e meglio, con l'intento magari di lucrare su di una tragedia ancora "sanguinante". L'operazione che si cela dietro "Liberté.." è difatti ben lungi dal rappresentare un misero contentino, un atto fine a se stesso; non uno "strappa applausi", no di certo. Al contrario, una bellissima ed ennesima dimostrazione di quanto i Metallica, in ambito live, ci sappiano ancora e terribilmente fare. Performance del genere fanno tutt'oggi storcere il naso dall'invidia a molti, e non è un caso che i Four Horsemen abbiano deciso, col tempo, di tramutarsi in un'autentica band live. Soprattutto dopo il flop di "St. Anger"; lo dimostra la quantità pressoché svariata di live pubblicati, dal 2003 sino al 2016. Tredici anni in cui i Metallica ci hanno deliziato proponendoci dischi atti a testimoniare il loro passaggio in ogni dove: Francia, Messico, Bulgaria.. chi più ne ha, più ne metta. La parentesi dei tragici fatti del "Bataclan", dunque, si rivela essere una parentesi e nulla di più. Niente voglia di lucrare, niente voglia di farsi applaudire. Soltanto un triste input, una tragica "spinta" che alla fine ha concretizzato l'uscita di un disco veramente valido e divertente. Brani suonati con una cattiveria indicibile, con un piglio distruttivo senza pari. Suoni perfetti, resa sonora da manuale.. insomma, tutta la potenza dei Cavalieri in sede live, espressa senza fronzoli e rimaneggiamenti. Un disco, inoltre, assai snello e scorrevole, in quanto il numero delle tracce (solo nove su un totale decisamente più ampio) ben si presta a donare la vita ad un assalto compatto e ben levigato, per nulla monotono, lunghissimo o noioso. Un bel "caccia e mangia", insomma, se ci è concesso utilizzare un gergo leggermente dialettale. Certo è che, comunque sia, il tutto non è esente da difetti. Questioni di lana caprina, più che mancanze gravi, ma che vanno sottolineate per dovere di cronaca. Anzitutto, la setlist scelta. Nessuno ce ne voglia, ma se avessimo fatto a meno di "Frantic" (purché sia stata eseguita magnificamente), visto l'anno in cui attualmente ci troviamo, nessuno ne avrebbe risentito. La sua esecuzione poteva avere senso nel 2003, quando la presenza del suddetto singolo serviva effettivamente a "spingere" il nuovo arrivato "St. Anger". Nel 2016, si è ormai capito, il pubblico è più affamato di classici che altro. Venendo dunque a mancare il dovere di promozione, perché non eliminare dunque "Frantic" a vantaggio di una "Master Of Puppets" o di una "Creeping Death"? Sicuramente, ci saremmo divertiti molto di più. E la lista è ancora lunga: "From Whom the Bell Tolls""Battery", la meravigliosa "Motorbreath". Tutto poteva esser fatto un pelo meglio, diciamo così. Ma lo ripetiamo, è solo un eccesso di pignoleria. Quel che conta è che il prodotto che abbiamo fra le mano non è solo un feticcio per collezionisti, e neanche un mediocre dischetto "cavalca tempi". Quel che abbiamo appena sentito è la dimostrazione di quanto i Metallica, dal vivo, ci sappiano fare. E Dio ce ne scampi, se qualcuno avrà ancora il coraggio di affermare il contrario.

1) The Four Horsemen
2) Leper Messiah
3) No Remorse
4) Fade To Black
5) Frantic
6) Ride The Lighting
7) Blackened
8) Seek & Destroy
9) Damage.Inc.
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