METALLICA
Kill 'Em All
1983 - Megaforce Records
LORENZO & MARCO PALMACCI
14/07/2015
Recensione
Ci sono dischi che la storia la cambiano, ve ne sono altri che la storia la inglobano e ne fanno una loro interpretazione personale, e poi in ultimo, ma non certo per importanza, ci sono quei dischi che la storia la scrivono. La nostra, di storia, inizia in quel periodo d'oro per la musica che è la fine degli anni '70. La musica alternativa sta vivendo un periodo assai florido, le band che si sono formate agli inizi di questa decade color diamante continuano a sfornare dischi come se il peso della carriera non fosse niente di serio, iniziano soprattutto a sperimentare, trovare nuovi modi per infiammare il pubblico e la critica. In mezzo a questo calderone bollente, il cui fuoco è dato dalla geniale mentalità di chi prende in mano gli strumenti, nasce il Proto Metal, quel miscuglio di Hard Rock e sonorità decisamente più pesanti che poi nella decade successiva avrebbe letteralmente sfondato il muro del suono e le pareti cardiache delle folle. Gruppi come Black Sabbath, Budgie, Blue Oyster Cult, ma anche gli stessi Led Zeppelin, stanno, in quel periodo, gettando le basi per qualcosa che cambierà letteralmente la concezione di "musica estrema"; dalle copertine psichedeliche degli anni '60 si passa a quelle nettamente più sui toni della notte, immagini horror si alternano a paesaggi nordici o spettrali, i testi passano da trip acidi a profonde analisi sul mondo e sulla vita, sempre condite da una vena di malinconia e rabbia che non accenna ad andarsene neanche se gli viene chiesto con gentilezza. In più, negli anni '70, nasce anche un altro movimento, parallelo e con molti meno fronzoli, destinato anche esso a scrivere una pagina importante della storia musicale, il Punk. A fianco dunque, specialmente in terra anglofona, di quel Rock morbido o di quell'Hard'n Heavy scanzonato, ma sempre ben costruito, troviamo letteralmente un esercito di Freaks in chiodo, borchie e creste, il cui unico credo e bandiera è Anarchia. Anarchia da tutti i modelli sociali, anarchia dalle convenzioni e dai limiti imposti da una società bigotta e chiusa, anarchia dalla mente stessa. La voce di quel popolo di affamati di libertà scavalca anche l'Oceano, arrivando fino in America; gli statunitensi, dal canto loro e con il vizio che hanno sempre avuto, affondano letteralmente le mani in questo nuovo genere nascente, ma dandogli un'impronta tutta loro e molto, molto personale. Nella stessa fonderia dunque si ritrovano formazioni americane che, semplicemente, reinterpretano le basi del Punk inglese, dandogli semplicemente una vena USA nei testi e negli argomenti, e poi c'è lei, la musica estrema con cognizione di causa per eccellenza, quel movimento di dolore, sangue e odio che proviene dalla parte più Est degli Stati Uniti, l'Hardcore. Parlare di questo sottogenere sarebbe decisamente molto complicato, e assai difficile in una sola intro, ma cercheremo semplicemente di farvi capire come possa entrarci questo particolare filone nella storia che andiamo a raccontarvi. Prendete due ragazzi, giovani e appassionati, i cui nomi negli anni saranno simbolo di efficienza e genialità; questi due inesperti del successo, sono però entrambi due folli appassionati ed analizzatori del panorama musicale che li circonda, divorano dischi uno dietro l'altro, mangiano letteralmente le note e le mettono in pratica sui loro strumenti, dando vita a riff, assoli e canzoni che li avrebbero accompagnati per tutta la vita. Le basi della loro cultura saranno i mattoni su cui, nel secondo anno della decade "'80", fonderanno il loro credo, ponendosi semplicemente una domanda: "Come possiamo fare per rendere ancora più cattivo questo sound, mantenendo lo stile e la classe innata che i gruppi da noi tanto amati hanno?". Per chi ancora non avesse capito, i due personaggi di cui stiamo parlando rispondono al nome di James Hetfield e Lars Urlich, chitarrista/frontman e batterista rispettivamente, i quali, il 28 Ottobre del 1981, danno vita, nel garage di Lars, ad un marchio che, nelle decadi avvenire, sarebbe stato sempre sinonimo di potenza senza compromessi e violenza musicale mai fine a sé stessa. I due, conosciutisi qualche settimana prima sulle pagine di un giornale musicale, in cui Ulrich aveva pubblicato un annuncio cercando componenti per una band (quasi un segno del destino, pensate un po' se Lars avesse deciso di non farlo, adesso non saremmo qui a parlarne), si ritrova davanti questo ragazzetto con i capelli lunghi e la barba ancora da crescere, ma con una voglia viscerale di fare musica. I due iniziano da subito ad andare d'accordo, compongono, sudano insieme le note che escono dalle loro menti, ed iniziano a formare la loro milizia armata fatta di borchie. Reclutano Ron McGovney, giovane bassista, ad occupare le spesse corde del lungo manico affusolato, ed alcuni chitarristi transitori, che faranno da ponte per le prime sessioni di composizione della band. Con questa primordiale e grezza formazione, i nostri iniziano seriamente a scrivere, canzoni escono dalle loro mani come un fiume in piena, aiutati dalla giovane età e dalla smodata voglia, un giorno, di infiammare il mondo. Andava scelto un nome per questa formazione, ancora non trovato, ma ecco che, in soccorso dei nostri, arriva Ron Quitana, agente di spettacolo la cui vocazione era lanciare band emergenti. Lars stava lavorando assieme a lui per mettere insieme una rivista musicale degna di questo nome, ma mancava un nome anche ad essa; il buon Ron, dall'alto della sua esperienza, propose due monicker diversi, Metal Mania e Metallica. Gli occhi di Ulrich furono colti da un improvviso fragore, un fulmine gli trapassò il cervello come una scarica diretta e profonda; decise di convincere Ron ad usare Metal Mania per la rivista, perché a detta sua "si addiceva di più", ma la sua mente geniale decise anche di non cestinare assolutamente l'altro nome, ma di usarlo come marchio per la sua band emergente, tutto questo scartando altri nomi che gli erano venuti in mente (come Blitzer, Red Vette, Grinder e Hcirlu Sral, che non è il nome di una fottuta band Black Metal della scandinavia, ma semplicemente il nome di Lars pronunciato al contrario). Trovato il nome, trovata la gente, mancava la linea da seguire, ed ecco che qui viene fuori la profonda stima reciproca ed il rispetto che è sempre intercorso fra Lars e James. I due, forti delle loro tradizioni musicali, decidono di fondere assieme i loro ascolti, dai Venom agli Exploited, dai Judas Priest ai Black Flag; tutte le band citate , comprese anche molte altre come GBH, Discharge e Motorhead, tralasciando le formazioni Hardcore che abbiamo elencato, già avevano dato il loro pesante contributo alla causa di un Heavy Metal molto grezzo e veloce, la cui bandiera era l'assoluta mancanza di controllo durante l'esecuzione dei pezzi, la cui definizione era semplicemente Speed; queste formazioni avevano rivoluzionato il concetto di musica estrema, proponendo un sound come già detto veloce e secco, ma anche talmente incattivito che, per il pubblico di allora abituato a riff elaborati, piogge di note che cadono sulle loro teste, fu un vero e proprio trauma. Pensate soltanto a cosa possa aver voluto dire per i giovani di allora veder esibirsi un gruppo come i Venom, totalmente lontani dai perbenismi sia del Rock che del Metal classico che in quegli anni si stava facendo le ossa, veder salire sul palco cinque nerboruti ed incazzati individui che ti parlano di Satana, inferno, morte e distruzione, certamente non è uno spettacolo per tutti gli occhi, il tutto peraltro sormontato da iconografie ad hoc, invece delle solite bandiere o l'assenza totale di immagini. Ecco, quella furbesca decisione, dare anima e corpo tanto alle tradizioni Speed, quanto a quelle Hardcore ed Heavy Metal, qualche anno dopo, sarebbe stata definita da un sagace giornalista come "Metal percosso", o, per chi ne mastica un po' di più, Thrash Metal. I Metallica ancora all'epoca erano semisconosciuti, la fama mondiale ancora era una chimera da inseguire, ma i primi vagiti di potenza vennero nei primi mesi del 1982, quando registrarono il loro primo brano ufficiale, una canzone dalle meccaniche cadenzate e assai veloci che porta il nome di Hit The Lights. Con questo proiettile da sparare, il gruppo cercava un luogo in cui diffondere almeno questo frutto della loro fatica, ed ecco che, come sarebbe successo anche altre svariate milioni di volte negli anni avvenire, la parlantina ed il modo di fare da Business Man di Ulrich, venne fuori in quasi tutta la sua interezza. Lars infatti convinse Brian Slagel, allora capo della dorata Metal Blade Records (label che, allora come adesso, si occupa della musica più estrema e devastante che ci sia, assieme ad altre come la FOAD o la Nuclear Blast), ad inserire Hit The Lights nella compilation ufficiale che, ogni anno, viene rilasciata dalla Metal Blade, ormai diventato un vero e proprio oggetto di culto per i collezionisti, la cosiddetta Metal Massacre. La scioltezza di Ulrich diede i suoi frutti, ed il pezzo venne inserito nella raccolta, diventando di fatto un marchio indelebile nella storia della band, brano che viene riproposto anche oggi in svariati setlist. Va precisato che, gli assoli della primissima versione di Hit, contenuta appunto nel Metal Massacre, sono eseguiti dall'allora chitarrista della band, Lloyd Grant, che però, per sua sfortuna, non divenne mai un componente stabile del gruppo. La mancanza di fortuna per Grant fu a causa di un biondo dagli occhi di ghiaccio, che Ulrich ed Hetfield videro presentarsi dopo aver messo un annuncio in cerca di un nuovo chitarrista (e che probabilmente avevano già visto esibirsi con la sua band di allora, i Panic). Questo secco ed alto chitarrista aveva un estro di composizione ed una genialità nella sua mente che avrebbero dato lustro al sound dei Metallica per sempre, ovviamente stiamo parlando di Dave Mustaine. Ulrich lo reclutò subito nei Metallica, e Mustaine accettò di buon grado, desideroso di darsi a qualcosa di mai sentito prima; con la formazione riveduta e corretta, ma soprattutto con la tecnica e la sagacia di Dave, il gruppo compose alcune delle canzoni che avrebbero rappresentato piloni di cemento armato nella storia della band, come la tanto citata Four Horsemen (che all'epoca ancora si chiamava The Mechanix), ma anche Jump In the Fire o Metal Militia. I Metallica erano finalmente pronti per iniziare ad abbattere il muro del mistero aìe mordere i palchi degli Stati Uniti. Rilasciarono la loro prima demo nel 1982, intitolata semplicemente Power Metal (il termine Power, inteso nel senso reale del termine, come potenza, venne usato dal bassista McGovney per definire la musica contenuta nella demo, considerando che non era ne semplice Heavy Metal, ne tantomeno Hard Rock; questo peraltro provocò una piccola ira di Ulrich, che non accettò affatto il nome che Ron aveva scelto per il loro genere, anche se, poi, nel tempo, venne riutilizzato anche da svariate altre formazioni, prima della coniazione di Thrash), la demo conteneva quattro pezzi, registrati nel garage Di McGovney stesso a Norwalk in California, quasi in presa diretta, ma la loro potenza già si sentiva. Dopo ciò arriviamo alla data fatidica per la storia della prima parte del gruppo, quel 18 luglio 1982 in cui uscì la loro seconda Demo ufficiale, nettamente superiore alla precedente per suono e registrazione, Demo che porta il titolo di No Life 'Till Leather. Grazie al rilascio di questa registrazione, i Metallica iniziarono ad eseguire alcuni concerti fra San Francisco e Los Angeles, cercando di farsi conoscere; ed è a questo punto che accade qualcosa che rivoluzionerà totalmente la storia della band. Ron McGovney, a causa di alcuni litigi interni al gruppo, decide di lasciare la formazione, amareggiato e deluso dal comportamento degli altri membri, in primis di Ulrich e Mustaine, due dispotici e rigidi fin dagli esordi delle loro carriere. Ulrich si ritrova dunque senza un bassista, ma, come la luce all'alba, una sera, presso lo storico locale Whiskey a Go Go di San Francisco, vide esibirsi un piccolo uomo dai capelli riccioluti ed assai lunghi. La sua band di allora si chiamava Trauma, ed un trauma fu per Lars vedere quell'uomo imbracciare il basso come se fosse un prolungamento del suo corpo, le sue mani fuse con le corde, la sua mente completamente assuefatta alla musica. Tosto il nostro batterista, a fine concerto, si recò dal giovane, implorandolo di aggregarsi alla sua formazione; il nostro bassista, che altri non è che il compianto Cliff Burton, accettò entusiasta l'entrata nei Metallica, e fu proprio la sua tecnica sopraffina a dare a quel No Life Demo un sound unico, caldo e viscerale al tempo stesso, ma anche assolutamente devastante. Nel corso del 1983 i Metallica rilasceranno altre due demo ufficiali o meno, spesso e volentieri, come era accaduto per le precedenti, distribuite durante i concerti; parliamo del Live Metal Up Your Ass (registrato nel Novembre del 1983 presso l'Old Walrof di San Francisco), che è anche la prima demo in cui compare un altro must della band, No Remorse, nonchè la cover di una delle formazioni più oscure della NWOBHM, i Diamond Head, da cui i Metallica prenderanno la loro Am i Evil?. A questa si aggiunge la cosiddetta Megaforce Demo, contenente solo due brani, e registrata dalla stessa Megaforce nel corso del 1983; demo assai importante perché, nonostante la presenza di così pochi brani, è il primo momento in cui compare Cliff Burton in studio (se non consideriamo la demo precedente, che è un live), e anche l'ultimo in cui compare Mustaine, ma ne parleremo fra qualche istante. Pochi mesi infatti dopo la registrazione della quarta demo, i Metallica stavano per entrare in studio dopo un altro giro di piccoli concerti per farsi conoscere ancora un po', ma stavolta si sarebbero presentati davanti all'otto piste per dare vita alla loro prima creatura infernale. Tuttavia, ancora una volta un blocco sembra fermare le speranze di Hetfield ed Ulrich di proseguire senza problemi, ed il problema in questo caso è proprio il biondo chitarrista che tanto aveva dato alla composizione della band stessa. Mustaine ed Hetfield litigano, Ulrich e Mustaine litigano, finchè Dave non capisce che ci sono troppi galli nello stesso pollaio, senza considerare il suo smodato ed eccessivo uso di stupefacenti, e viene allontanato dal gruppo poco prima di entrare in studio (tutto questo poi, negli anni successivi, sarà oggetto di svariate cause e processi sui diritti delle canzoni della band, ma ne parleremo fra poco quando descriveremo il disco). Dunque, prima senza bassista, ed ora senza la chitarra solista, Ulrich non sa cosa fare, finchè non si ricorda di un giovane proprio di San Francisco (luogo peraltro in cui lo stesso Burton aveva chiesto di trasferire la band con tutti i suoi accessori, definendola come l'unica condizione per entrare nella formazione), che all'epoca stava militando in una band emergente, da lui co-fondata peraltro, band che negli anni avrebbe spaccato molte ossa durante i live. Parliamo degli Exodus di Gary Holt, che nel 1982 erano ancora ai primordi della loro formazione, tant'è che si ritrovano per ben due volte ad aprire i concerti proprio dei Metallica. Ed è qui che il manager della band di Tom Hunting , Mark Whittaker, consiglia allo stesso Kirk Hammet di unirsi ai Metallica che stavano forsennatamente cercando un chitarrista per sostituire Mustaine. Kirk, considerando la sua stima per la formazione, accetta di buon grado, e da qui le strade di lui e Hunting si rincontreranno svariate volte nella storia, ma sempre ai lati opposti della scacchiera. Kirk, una volta trovati i soldi per raggiungere i Metallica, il 1 Aprile fa un provino, e passa senza problemi, diventando di fatto il chitarrista della band. Come tutti sappiamo, tanto per fare il quadro completo, Mustaine, amareggiato ed incazzato per l'allontanamento dai Metallica, darà vita ai suoi più acerrimi rivali, i Megadeth, cercando di rendere ancor più personale e cattivo quel sound che aveva creato nel garage di Ulrich. Dunque adesso la formazione dell'apocalisse è pronta, i quattro cavalieri hanno imbracciato gli scudi e finalmente si può entrare in studio per registrare l'album; completate le musiche manca solo un piccolo, ma fondamentale dettaglio, il nome da dare a questo demone spaccacrani. In origine si pensò a Metal Up Your Ass(un rimando ad una delle prime demo), titolo forte e diretto senza dubbio, ma anche assai complicato da ricordare, e si rischiava che non rimanesse nella mente dei fan per il tempo necessario. Il nome però viene proposto ugualmente alla major che li stava seguendo, che però, quasi per dispetto, giusto per mettere un altro bastone fra le ruote del gruppo, lo rifiuta senza troppi complimenti. Fu allora che Cliff, assai indiavolato per il rifiuto, una sera se ne uscì con "Fuck Them, Kill' Em All!". A quel punto, come un fulmine che squarcia il cielo, esattamente come era accaduto per il nome stesso della band, la risposta era lì, davanti agli occhi, bastava solo afferrarla prima che lo facesse qualcun altro. La Megaforce Records fece apparire Kill' Em All il 25 Luglio del 1983; sarà stato per quella copertina così iconica (e anche al tempo stesso molto semplice, un nudo e crudo martello chiazzato di sangue, ed una pozza rossa per terra, il tutto nei toni del bianco, del rosso e del nero), ma probabilmente sarà stato per i 10 slot di devastazione che lo compongono, sta di fatto che il disco vende in pochissimo tempo 5 milioni di copie, ed ecco che il successo e la pagina della storia sono assicurati. Kill'Em All è, a tutti gli effetti, il primo disco Thrash Metal della storia musicale, ha preceduto, seppur solo di qualche mese, anche quel mirabolante capolavoro intitolato Show No Mercy prodotto dall'altro pilastro del Thrash, gli Slayer di Jeff Hanneman e Tom Araya. Kill'Em All è la perfezione fatta album, non esiste niente al mondo che sia mai stato riprodotto con quella fattura, è considerato uno dei dischi più influenti della storia, nonché come uno degli esordi meglio riusciti di sempre. I Metallica, grazie a quel martello, hanno avuto un successo così immediato da fare paura, qualsiasi altra formazione sarebbe venuta negli anni successivi (vedi gli stessi Slayer, ma anche gli Exodus, che rilasciarono Bonded By Blood neanche due anni dopo) avrebbe dovuto fare i conti con quel disco. Dunque, direi che l'introduzione è stata esaustiva e soddisfacente, è il momento di mettere le mani nel sangue, è il momento di tirare fuori la cattiveria che è dentro di noi, quel suono di devastazione ci pervaderà l'animo dalla prima all'ultima traccia, e noi non potremmo fare altro che premere stop, riavvolgere e ripartire da capo, ancor più soddisfatti di aver fatto questa scelta.
Si inizia con ciò che ha fatto partire tutto quanto, il principio, la genesi di tutto quel vortice di distruzione, si parte con Hit The Lights (Accendi Le Luci); si parte con un intro progressivamente sempre più possente e massiccio, la batteria di Ulrich sommessamente si presenta sul palco, in un crescendo man mano sempre più pesante, fino al momento in cui, dopo un secondo di silenzio, una semplice plettrata di chitarra da il via al ballo di velocità. Il ritmo è cadenzato, devastante e Speed negli accordi, la chitarra viene deflorata con cura, le sue corde diventano incandescenti sotto le mani di Hammet, si sente bene la primordialità del sound, si sente quanto tutta la rabbia giovanile che è stata messa un paio di anni prima, adesso che ha avuto a disposizione un modello su cui sfogarsi per bene, se ne esca fuori come un demone che ghermisce la preda. Il pezzo cambia, è in continuo mutamento sotto i nostri, la chitarra si sporca di riff sempre più veloci, considerando anche una parte centrale in cui si concede un momento per rispolverare quelle ritmiche tipiche dell'Hardcore. E' una pausa che dura poco però, perché a capofitto ci ributtiamo nello Speed Metal senza precedenti, tapping, hammer on e power chords la fanno da padrone, una mano ossuta e irta di spine ci schiaffeggia, mentre veniamo trascinati in questo mare in tempesta, sballottati da una parte all'altra grazie alla potenza degli accordi. La voce di Hetfield è divenuta negli anni un brand quasi riconoscibile senza neanche prestare attenzione alla musica; le tradizioni Southern ed Hardcore di cui quelle corde vocali sono impregnate, gli permettono di dare a questo primo vagito di distruzione un'impronta unica nel suo genere, collimando fra loro tecnica e violenza, in un ibrido mai visto prima. Dall'altra parte troviamo il co-fondatore, Lars, che sulla sua batteria poco ci scherza, picchia come un matto su quelle pelli come se non avesse niente altro che lo renda così felice, nonostante i suoi ritmi siano di fondo molto semplici, ed anche questo è un marchio che contraddistinguerà i Metallica da tante altre formazioni Thrash nel corso della carriera (pensate al parallelismo con gli Slayer, loro fratelli più diretti, che invece negli anni hanno puntato molto sull'estro delle pelli, fino a prendere a suonargliele a più non posso uno come Lombardo). Cliff Burton invece se ne sta lì, buono ma neanche tanto, le sue dita scorrono veloci sulle spesse corde durante le sessioni di Hit the Lights, la sua pioggia cade su di noi, pioggia di note basse e sibilline, che vanno a braccetto con la batteria. In tutto questo, il buon Hammet prende di petto ciò che era stata l'abilità di Mustaine a suonare un pezzo non suo, e la fa propria, dandole quella sua impronta molto veloce e tecnica, ma anche grezza al punto giusto, per non far mancare niente al pubblico. E' un brano in cui solitamente si scatena un Mosh Pit da paura, è immediato e pesante come un colpo ben assestato, aggressivo come un leone in gabbia a cui viene aperta la porta e lasciato libero dopo anni di prigionia, ma soprattutto ricolmo di questa cattiveria di fondo che non accenna ad andarsene per nessuno dei quattro minuti che la compongono. Il brano non è altro che una enorme e rocciosa masturbazione anche a livello di testo, con i nostri Metallica che incitano il pubblico, si autodescrivono come soggetti che quando partono a suonare non la smettono più, ma tirano letteralmente giù i locali con la pazzia del loro Metal. Non è certo una "chiamata alle armi", come invece accadrà con qualche traccia successiva, ma quella espressione, "accendi le luci", è encomiabile; significa accendere la luce sulla verità, guardare il mondo per quello che è, ascoltare la voce che risiede dentro di noi mentre sul palco questi quattro matti ci stanno prendendo a colpi senza fermarsi un attimo, non si fermano, continuano a propinarcelo senza che noi possiamo fare molto per non rendergli l'onore che si merita. E' un brano dal puro istinto e rabbia giovanile, una canzone che, forte di essere stata composta molto tempo prima che i Metallica diventassero quel che sono, fa il suo sporco lavoro con una innata e devastante classe; è una canzone che si stampa nella memoria di chi la ascolta dopo i primi tre accordi, quella geniale fusione fra riff e parti Heavy Metal, con altre meccaniche strappate a morsi direttamente dallo Speed, e quella malvagità di esecuzione, specialmente a livello vocale, che invece fa parte del mondo Hardcore, conferiscono a Hit The Lights una magia unica, nonostante, ripeto, la giovane età di chi l'ha composta. Certamente all'epoca né Ulrich, né tantomeno Hetfield, avrebbero immaginato che uno dei loro marchi più celebri sarebbe diventata proprio questa giovanile botta di adrenalina, in cui un turbine di pazzi asserisce che sono presi dalla furia del Metal, asserire anche che hanno un letale potere, ma che provoca un dolce ed incontrollabile dolore (un ossimoro quasi, ma rende bene l'idea dei lividi che ci si fanno solitamente quando viene eseguita live, lividi che fanno male, ma che ci ricordano quanto siamo vivi). L'idea poi di inserirla come traccia numero 1 è assolutamente fuori da ogni logica, ma funziona maledettamente bene; di solito si tende a sparare cartucce così di grosso calibro dopo 2/3 pezzi di riscaldamento, ma il problema fondamentale di questo disco è che sono tutti proiettili dalla caratura assai importante, per cui non importa chi è primo o chi è secondo, ognuno saprà smontarci l'anima in mille pezzi e rimetterla insieme senza problemi. Sappiamo tutti da cosa sono occupati i successivi sette minuti, da quello che probabilmente è considerato uno dei masterpiece mai prodotti dalla band, ma al tempo stesso anche una delle loro tracce più controverse. Questo pezzo originariamente era stato scritto da Hetfield e Mustaine, e come abbiamo detto ormai molte righe fa, si intitolava The Mechanix. Con questo titolo compare anche nelle prime demo rilasciate dalla band, è un brano veloce, cattivo e diretto, esattamente come la traccia precedente, ma con una classe nettamente superiore, grazie particolarmente al lavoro di chitarra operato da Mustaine. Il suo gusto, il suo estro e la sua voglia incontrollabile di creare qualcosa di unico, unito anche ad una assoluta mancanza di complicatezza nelle cose che fa, in qualsiasi (lo stesso Kerry King, nonostante tutte le diatribe avute negli anni con Dave, in una intervista dichiarò "posso anche odiarlo, ma quanto vorrei saper suonare la chitarra come lui!"); Dave Mustaine è probabilmente uno dei più grandi compositori che il mondo del Metal ha mai conosciuto, riesce ad unire assieme cattiveria e gusto, note pesanti con morbidi riff e parti melodiche, il tutto condito da una spruzzata di devastazione. Nel caso specifico della primordiale The Mechanix, Mustaine aveva lavorato proprio su questo, un connubio fra ritmi lenti e cadenzati, e sessioni di Speed Metal completamente fuori di testa. Una volta allontanato il secondo gallo dal pollaio, Hetfield e Ulrich decidono di non gettare via il materiale scritto, ma di farlo ancora più loro; entrano anche in causa con Dave per i diritti del pezzo, e la vinse, portandosi a casa tutte le possibilità di registrare e suonare Mechanix come e quando gli pareva (non a caso venne inserita nel primo album dei Megadeth, Killing Is My Business.. and Business is Good!). Hetfielf e Ulrich però non la digeriscono mai completamente, ed in privato decidono, scavalcando la burocrazia musicale, di scrivere un pezzo molto simile, abbassando un po' i toni della musica, rendendola più ritmica in certe parti, e inserendo una parte melodica al centro, nonché un enorme assolo di basso alla fine. Il risultato di quella furbata operata dai due leoni? Beh, da 20 e più anni ormai fa venire l'ugola bruciata a qualsiasi fan della band, quando viene intonata tutti già sanno di cosa si sta parlando, sta per partire The Four Horsemen (I Quattro cavalieri); nella prima parte il pezzo è veloce come il suo predecessore, un tripudio di plettrate massicce e devastanti sulla chitarra apre le danze, finchè non ci ritroviamo subito con l'acqua alla gola quando entra la voce di James a darci la scossa definitiva, nonché anche la nostra prima dose di schiaffi. Se si va ad ascoltare la controparte Musteiniana, questa sessione è nettamente più veloce e meno ritmica, ed ovviamente cambia anche la linea vocale, che passa nelle mani di Dave stesso; difficile dire quale sia la migliore, sono rifrazioni diverse dello stesso cristallo. Si procede così, in maniera forsennata fino alla prima variazione, in cui il ritmo piano piano scema, alcuni nuovi colpi di chitarra producono un ritmo decisamente più ritmato e possente, la creatura si è alzata in piedi e ci sta guardando. Bridge e si ritorna al tema principale, il tutto viene fatto senza voce, solo la musica è degna di parlare in questa sessione (e vi dirò che basta ed avanza). A circa quattro minuti dall'inizio del brano, si arriva alla seconda variazione, e stavolta è un melodico ed intenso assolo di Hammet a squarciare il cielo, la sua passione permea tutta la nostra testa, mentre di sottofondo gli altri strumenti abbassano anche loro i toni, per permettere a Kirk di alzarsi e montare sul piedistallo del proprio genio musicale. L'assolo dura quasi un minuto e mezzo, in cui il buon Kirk ha davvero modo di sfogarsi, inanellando combo a non finire, passando da ritmi nettamente più Metal, a qualche spolverata di Hard Rock morbido e cristallino. Tutto questo viene bruscamente interrotto da un bridge che si collega alla terza parte del brano, in cui torniamo al ritmo iniziale, e ricompare anche la voce di James, pronta ad arringare la folla con le sue meste parole di apocalisse. Questa parte dura più o meno fino alla fine, ed è bene sottolineare che, nonostante dominino Hetfield e Hammet in questa sessione, Burton e Ulrich certamente non stanno a guardarli senza far nulla; Lars, dal canto suo, continua a martellare come un fabbro sui tom e sui piatti, producendo quel ritmo di fondo che diventerà suo col passare negli anni, mai troppo complesso, va ribadito, ma che si incastra maledettamente bene col resto. Cliff invece, una delle anime estroverse del gruppo, condisce l'intero sound con una spolverata di generi diversi, presi direttamente dalle sue conoscenze e dalla sua mirabile mente, conoscenze che poi lo porteranno fra qualche traccia a regalarci momenti davvero magici ed irripetibili. La variazione dicevamo dura fino alla fine dei sette minuti di pezzo, ma c'è ancora, dopo il sesto minuto, il tempo per altri due assoli, uno leggermente accennato e dalla matrice nettamente Speed, una semplice cascata di note che ci piove addosso come durante un acquazzone, ed il secondo, decisamente più costruito e devastante, il tutto però senza mai perdere la classe innata di chi lo sta suonando. Dicevamo qualche periodo fa che questa canzone è una autocelebrazione, e certo non ci sbagliamo; a partire già dal titolo (nettamente più diretto e pomposo dell'originale voluto anche da Mustaine), i quattro cavalieri non sono altro che i componenti del gruppo, che per l'occasione si trasformano in messaggeri di morte e devastazione, cavalcano cavalli di cuoio, parafrasando le righe stesse del testo, e bussano alla porta degli uomini non portando mai buone notizie. E' una canzone sulla voglia di rialzarsi e sul desiderio di rivalsa, i nostri cavalieri invitano la persona a cui stanno parlando a prepararsi, perché fra poco il momento fatidico giungerà, tutti i peccati che le nostre sudice e maledette mani hanno commesso ci si ritorceranno contro come coltelli nella nostra carne, e noi non potremmo far altro che stare lì a perdere sangue come maiali sgozzati, aspettando l'ultima chiamata della signora col cappuccio e la falce. Possiamo però salvarci, se ascoltiamo il monito dei quattro cavalieri, giunti dalle viscere della terra avvolti in una vampa di fuoco incendiario e caldo più dell'inferno stesso, ascoltiamo il loro avvertimento e non sarà mai troppo tardi. Dobbiamo renderci conto di quello che abbiamo combinato, di tutto il male che permea questa nostra maledetta terra su cui poggiamo i piedi, esso si è radicato fino nelle fondamenta stesse del nostro animo, ha plasmato gli alberi, la natura e tutto ciò che ci circonda, ricoprendolo di un velo nero come la notte, velo composto da bugie, ricatti, malvagità e atti di ingiuria, velo che difficilmente si può togliere. Il giorno del giudizio sta arrivando, come viene detto nella canzone stessa, dobbiamo radunare il nostro esercito e combattere, rialzarci e non permettere che veniamo giudicati come tutte le altre persone, ma col nostro fare da guerrieri puntare i piedi e dire un enorme no a tutto questo, noi non vogliamo morire, vogliamo vivere e combattere, sguainare la nostra spada demoniaca ed uccidere quanti più diavoli possibili, riportandoli a calci nella scala per l'inferno. I cavalieri ci guardano dall'alto, divertiti e mai impauriti da noi, i loro occhi di bragia ci studiano, ci guardano dentro l'anima per capire se siamo vittime che le loro spade prenderanno, o soldati che formeranno il proprio esercito ed inizieranno a combattere al loro fianco. Tutto questo, mentre ascoltiamo il brano, ci porta su una pianura desolata, nel bel mezzo dello scontro, dobbiamo scegliere da che parte stare, potrebbe, anzi, è, la decisione più importante della nostra vita. E quei momenti del pezzo in cui il ritmo si fa nettamente più lento, sono quelli in cui la nostra anima ci sta parlando, dicendoci che dobbiamo muoverci a decidere, prima che la battaglia infuri di nuovo: quando ci siamo decisi, ecco che ritorna il main theme del pezzo a scaraventarci, armati di tutto punto, sul campo di battaglia. Ci ritroviamo a cozzare lama contro lama, scudo contro scudo, scintille escono dalle nostre armi, mentre dall'altro quei cavalli di pelle continuano ad osservare la scena, imbracciando gli strumenti e duettando con il cielo in questo enorme waltzer di morte. E' un pezzo che, come Painkiller per i Judas Priest, Number of the Beast per i Maiden, Aces of Spades per i Motorhead, e tanti altri, è divenuta una vera e propria icona nella musica Heavy Metal. E' considerato probabilmente uno dei cinque pezzi più belli mai composti dal quartetto americano, ed il giudizio non può che essere vero, al suo interno c'è tutto, voglia di scrivere, voglia di suonare, ritmi diversi, contaminazioni e sperimentazione, il tutto atto, come chimici in un laboratorio, a creare qualcosa su cui lo sguardo umano non si è mai posato, anche se in questo caso sarebbe meglio parlare di orecchie, e la dimostrazione (nonché premio) di quello sforzo (sforzo che, nonostante tutto quel che si possa dire, va, anzi, deve andare, anche a Mustaine, per aver dato il "la" a tutto questo), è che Four Horsemen è ancora oggi presente in tutti, e dico tutti, i setlist dei Metallica, osannato, portato in alto, criticato, non ci interessa, è un pezzo che trasuda genio da ogni poro. Dalle cavalcate sui destrieri di pelle, saliamo in sella ad una sferragliante Harley Davidson, imbocchiamo una Highway e la percorriamo a tutta velocità, mentre nella nostra testa risuona Motorbreath ( Respiro di Motore); qui il ritmo, per la prima volta dall'inizio del disco, passa dallo Speed/Heavy al Thrash come lo conosciamo noi, e come peraltro i Metallica hanno fondato. Un incalzante ritmo di chitarra si fonde col doppio pedale della cassa batteristica, il piede di Ulrich si muove a tempo con le corde di James e Kirk, creando un ritmo travolgente come un treno in corsa, senza mai dimenticare quella sana dose di cattiveria, che ancora non ha accennato ad abbandonare i nostri cuori. La voce di Hetfield qui si fa nettamente più cadenzata, abbandona per un attimo gli acuti rauchi a cui ci ha abituato nei primi due slot, e si concentra sul graffiato del proprio stile di canto, producendo un suono che pare provenire direttamente da sottoterra, tutto questo mentre ci sta facendo salire in sella ad una lucente moto da strada. Tre minuti soli per questa sessione di Thrash nudo e crudo, e qui il verbo percuotere ci sta a pennello, perché è esattamente quel che succede con ogni singolo strumento che compone la band, ognuno viene percosso senza remore dall'inizio alla fine durante il "respiro del motore", e noi abbiamo veramente la sensazione di essere parte di quel motore stesso, muoverci a velocità folle fra gli ingranaggi e le cinghie di distribuzione. Giusto il tempo di dire che il pezzo è "tutto uguale" (se una composizione così semplice e adrenalinica al tempo stesso si può definire tale), che ci viene vomitato addosso un riff da paura, una iniezione letale di Metal di quelle che ci ricordiamo per sempre. Le mani percorrono veloci il manico della chitarra, le stoppate del basso di sottofondo, quasi impercettibili all'inizio, adesso si fanno sempre più spesse, sempre più folgoranti, la nostra estasi è tale che ci ritroviamo a correre come pazzi, mentre James continua a martellarci la testa con quel che dal suo pulpito vuole dire. Il brano finisce come è iniziato, in maniera diretta e letale, senza una dissolvenza che lo trascini all'ultima nota, solo un ultimo calcio in bocca, ed ecco che la corsa è finita. La canzone ovviamente è permeata di un sommesso e pesante spirito di libertà; non si parla solo di semplice passione per i motori (di cui peraltro Hetfield, autore del brano, è veramente fissato, tanto da aver negli anni vinto svariate competizioni grazie a tuning di auto e motociclette, ne possiede svariate nella sua collezione), si parla della sensazione di assoluto annichilimento di tutto ciò che abbiamo intorno che da l'essere in sella ad una moto. Vivere la nostra vita in corsia di sorpasso è difficile, sporco e pericoloso ci dice James, ma a noi non frega niente, è l'unico modo in cui riusciamo a sentirci veramente vivi e vegeti, soprattutto l'unico mezzo che conosciamo per essere ricordati almeno da qualcuno su questa terra. Apriamo il gas a manetta, l'odore dello scarico ci entra nelle narici, ed è come una droga, ci fondiamo con la nostra moto fino ad essere un tutt'uno con essa, le nostre braccia diventano di metallo, il gas viene spinto ancora più a fondo, ed il nostro cuore va a tempo col motore che abbiamo sotto il sedere. Mentre i cilindri continuano ad andare in su ed in giù come se fossero impazziti, diventando sempre più caldi e roventi, ecco che la nostra mente si separa da tutto, siamo solo noi, quelle due ruote e la strada che abbiamo davanti, non ci importa neanche di dove stiamo andando, purchè continuiamo ad andare, non dobbiamo mai fermarci, chi si ferma è perduto. La canzone è anche una sottile e pesante al tempo stesso denuncia a tutti coloro che ti dicono che la vita non è fatta di rischi, ma di ragionamento, di decisioni e di posizioni da prendere, sempre e comunque senza mai rischiare niente. Cazzate, come vengono definite nel pezzo (anche se in maniera meno esplicita), il rischio ci fa sentire vivi e vegeti, ci riempie il corpo di endorfine e diventa come una droga, ne vogliamo ancora ed ancora, continuiamo a cercarla come dei disperati. Nel caso del pezzo il rischio è vivere la vita a velocità folle, continuare a fondere il contagiri finchè la lancetta non esce dal quadrante, amiamo lo sferragliare del nostro bolide, amiamo il suo respiro affannoso e borbottante, amiamo quelle marmitte che sparano fuori la potenza, questa è la nostra vita, e che nessuno osi fermarci. Il brano è un piacevole intermezzo senza troppi orpelli in un disco in cui chi la fa da padrone sono sperimentazione e voglia di distruggere tutto; Motorbreath è un inno a formazioni come i Motorhead o i Saxon, gruppi che argomenti come libertà, corse in moto e strade di fuoco, le hanno sempre inserite nelle loro canzoni. Hetfield unisce questo alla sua atavica passione per i motori che lo accompagna fin da bambino, specialmente nella California, in cui le crews di Biker si sprecano, dagli Hell's Angels ai Bandidos, giusto per citare due delle più famose. Il pezzo è come uno stacco di distruzione per dirci "guardate che nonostante sappiamo comporre da dio, riusciamo anche a prendervi a schiaffi e basta!", ed è proprio quello che succede in quei tre minuti, mentre siamo in sella alla nostra moto, intorno a noi il mondo assume i colori del fuoco, i nostri occhi si illuminano, e non vogliamo altro che ancora più velocità. A proposito di fuoco che scorre, è il momento di accenderlo un bel cerchio infuocato, e provare a saltarci dentro vedendo se riusciamo a sopravvivere. Quel che è probabilmente uno dei ritmi più riconoscibili da qualsiasi metalhead che si rispetti, ci spalanca le porte di Jump In the Fire (Salta nel Fuoco); il pezzo inizia con questa cadenzatura di chitarra, basso e batteria, producendo un sound unico nel suo genere, un ritmo che non si sarebbe più sentito nel corso della storia, non a caso diventa anche esso uno dei marchi di fabbrica della band. I Metallica alzano il tiro fin da subito, la chitarra di James e quella di Kirk duellano, cozzano come due dei quattro cavalieri in uno scontro all'ultimo sangue, le scintille che producono incendiano l'aria, si fa pesante, odore di benzina ed alcool intorno a noi, mentre le chitarre continuano a duellare fra loro. In tutto questo si inseriscono due riff dal sapore decisamente Heavy Metal e Southern, una vena calda che sprizza sangue sulla nostra faccia in estasi, continua il tapping di Kirk, mai anche esso fine a sé stesso, ma sempre con una cognizione incredibile di quel che sta facendo. Il brano originariamente era stato composto anche da Mustaine, ma a differenza di Mechanix, di questo non vinse mai la causa per appropriarsi dei diritti, così Hetfield e Ulrich la fecero loro, lasciando ad Hammet il compito di suonare quelle infernali note. E' un pezzo che, nonostante le sue basi assai semplici, particolarmente nell'esecuzione del tema principale, racchiude dentro di sé uno spirito di estro senza precedenti; quel sound di chitarra così scolastico e al tempo stesso devastante, sarà la nave scuola per chiunque negli anni vorrà sapere cosa sia il Thrash Metal, e questa traccia in particolare, esattamente come la precedente, ne sono forse uno degli esempi più chiari e lampanti. Niente ricami, niente fronzoli che pendono dalle note, solo assoli e ritmi serrati, questa è la ricetta giusta, le tradizioni di Speed di fine anni '70 si fondono con la coscienza del Punk e del Metal classico, dando vita a questo, un sound unico e che non ha mai trovato qualcosa che riuscisse ad imitarlo, ma soltanto a proseguire il cammino da loro iniziato. La genialità poi che ha Hetfield di giocare con le sue corde vocali, produce un ritmo ancor più personale, James passa da momenti in cui, come nella sessione appena conclusa, si limita a cantare col suo timbro graffiato e rauco, ed altri invece in cui si getta in acuti e parti soliste che faranno, dal vivo, la gioia di tutti quanti. E' un pezzo che racchiude un uovo di devastazione pronto a schiudersi, ma anche il testo non è da meno; saltare nel fuoco, certo, ma per quale motivo? Per sentirsi maledettamente vivi. Non dobbiamo necessariamente saltare noi nel fuoco, possiamo anche spingerci qualcuno che vogliamo si senta vivo per la prima volta, non esiteremo a farlo, ormai siamo completamente consumati da quelle fiamme eterne e rosse come la nostra anima, anche essa brucia come non mai. Ci ritroviamo quindi a fissare quel crepitio di fronte a noi, il rischio è alto, se cadiamo male, se calcoliamo male la distanza, la nostra pelle prenderà fuoco, e noi moriremo; tuttavia, riprendendo in parte anche il brano precedente, i rischi ti fanno sentire un uomo a tutti gli effetti, ed è allora che prendiamo la decisione e saltiamo oltre il cerchio, fino ad atterrare dall'altra parte. Saltare nel fuoco però lo si può anche fare se si sta scappando da qualcuno che ci sta braccando, non possiamo fermarci, i suoi occhi li abbiamo addosso, il suo fetido respiro ci alita sul collo, sentiamo quasi la sua collosa saliva colarci sulla nuca, mentre i suoi denti o la sua arma stanno per colpirci. Ed ecco che corriamo (e vi assicuro che il tema principale da proprio questa sensazione, scalpitiamo come cavalli imbizzarriti mentre lo ascoltiamo), in una foresta in fiamme, ogni cosa intorno a noi sta bruciando, ci accorgiamo di essere la preda, il nostro cacciatore è dietro di noi, ed ecco che saltiamo ogni ostacolo pur di non farci prendere, è la nostra vita. Finita la corsa, o finito il semplice salto, ci sentiamo nettamente più vivi, le vene pulsano come impazzite, il nostro cuore brucia nel petto come le fiamme che ardono intorno a noi, e non possiamo far altro che farci avvolgere, sentire il suo caldo abbraccio come quello di una tenera amante, finchè anche noi non diventeremo torce umane pronte a correre di nuovo, e chissà, a saltare un altro cerchio. E' un pezzo che non è un pezzo, è una iniezione di adrenalina e folgorazione direttamente nella succlavia del corpo, ci fa sentire come trasportati da una brezza infuocata, è amore al primo ascolto, ed è anche uno di quei brani che non ci si stanca mai di ascoltare, i Metallica sono riusciti, mantenendo basi solide e semplici, a dare vita ad un demone che non potremmo mai sconfiggere, ma anzi, da cui volentieri ci facciamo mangiare e strappare brandelli di carne finchè di noi non rimane neanche lo scheletro. Abbiamo parlato, specialmente nell'intro, di quando il nostro Cliff Burton abbia dato un contributo enorme alla causa dei Metallica, nonché alla causa del Thrash Metal stesso (basti pensare che, dopo la sua atroce e mai perdonata morte, gli Anthrax, membri assieme ai Metallica dei Big 4 del Trhash Metal, gli dedicarono un intero disco, il loro capolavoro, Among the Living), tutto ciò che toccava diventava oro, compreso quando si metteva a comporre da solo i pezzi. Suo grande contributo, forse il più grande, lo dette quando compose gran parte del materiale di Ride the Lighting, secondo disco della band, riuscì a tirare fuori brani che ancora oggi stupiscono per genialità e saggezza. In Kill'Em All però non si è risparmiato, e ha deciso di comporre quello che è lo slot centrale, il punto di svolta dell'intero album, il giro di boa il cui nome è marchiato a fuoco nelle nostre menti, parliamo di Anesthesia (Pulling Teeth); questa sessione non è altro che un enorme e costruito parto strumentale della mente di Burton, operato dal suo cervello sempre in fermento, e dalle sue mani che sapevano scrivere come non molti altri sono riusciti negli anni successivi, almeno non con quel gusto. Divenuto negli anni successivi una vera scuola per tutti coloro che amano o vogliono imparare a suonare il basso, Anesthesia è una sessione di quattro minuti di solo basso distorto, accompagnato dalla batteria di Ulrich che ogni tanto da il tempo. Grande è l'uso del distorsore e dello wah wah in questa parte di album, Cliff continua a suonare senza fermarsi, inanella combo come un forsennato, tanto che ad un certo punto abbiamo quasi l'impressione che stia suonando la chitarra, tante sono le note che riesce a tirare fuori da quelle mani (qualcuno, in alcune dichiarazioni, asserì "quando suona Anesthesia, sembra che di mani ne abbia tre). L'incedere del pezzo è elettrico e sommesso, permeato da una tristezza e melanconia di fondo dato dal registro di note che il basso può suonare, tutte molto cupe e torbide, come tormentata era probabilmente l'anima di Cliff, anima che in questo pezzo si riversa tutta. Proseguendo troviamo ancora altre variazioni, accenni di riff chitarristici, un lungo assolo di quattro minuti che ci lascia senza fiato, ripensando anche a chi ha avuto il piacere di vederlo dal vivo eseguire questo particolare pezzo, nel silenzio di tutti quelli che sono ad osservarlo, estasiati dalla sua performance. Si continua così fino alla fine, con una serie di variazioni una più bella dell'altra, il sound è acido, grezzo e cattivo nella sua morbidezza, la batteria continua a fare da metronomo quando siamo a metà, mentre le spesse corde vengono cavalcate senza problemi dall'anima di Burton, che ci riversa tutto sé stesso. A metà circa il pezzo cambia, subisce una leggera accelerata, il tapping che viene fatto sa veramente di chitarra, ma la presenza delle basse note ci rispinge sempre a capire che stiamo sentendo un basso, ed è a questo punto che la batteria di Ulrich incede più sommessamente, iniziando a duettare con Cliff, cozzano fra loro come le armature che indossano, il tutto assume quasi i colori dei Jazz o del Metal classico, ma quel che è certo è che siamo di fronte ad un momento di pura estasi. Il ritmo della batteria ogni tanto si getta in qualche piccola variazione, ma lo spazio è tutto per Cliff, che accenna ancora a tapping e power chords su quei lacci da scarpe che ha al posto delle corde, finchè il tutto non delfagra sul finale, in cui la martellatura del basso si fa ancora più distorta, fino a non distinguere più niente, un sound letteralmente Noise ci invade il petto, ma quando pensiamo che continui, è già finito. Nonostante l'assenza del pezzo, il brano è pregno di una malinconia unica, si rischia veramente di finire sotto anestesia sentendolo, ci immaginiamo paesi desolati, turbini di distruzione che ci prendono con loro e ci fanno girare in questa danza macabra, mentre sotto, con i capelli al vento ed il suo quattro corde in mano, Cliff continua a suonarcele come se non fosse un metronomo, ma semplicemente un genio. E' un intermezzo strumentale che ha fatto la storia della musica questo, la sola idea di inserirla in un album come traccia unica (mentre in altre occasioni con altre band, potrebbe essere o un momento del concerto in cui viene concesso al bassista di esibirsi, oppure il proseguo di una canzone già iniziata), è di uno sconvolgente che ancora oggi meraviglia, si pensa inizialmente che siano dei fuori di testa, ma poi, quando ci sentiamo l'album per intero senza fermarci mai, ci accorgiamo di quanto stia maledettamente bene quella traccia nel mezzo del disco, è la quiete calma e triste prima del continuo della tempesta, ed è anche un modo che Ulrich ed Hetfield hanno trovato per dare lustro e fama al loro grande bassista, dandogli in mano gli strumenti per poter fare quello che vuole, e dal canto suo, Cliff ha semplicemente messo in pratica le proprie basi di Jazz e Rock, spaziando dall'una all'altra con l'aggiunta della distorsione, creando una creatura bellissima da guardare, ma dai cui occhi escono lacrime amare. E' una diatriba bellissima quella che si viene a creare all'interno di Anesthesia, da una parte troviamo la passione nel vedere un uomo suonare il basso con così tanta padronanza e intelligenza, ma dall'altra quelle basse note ci fanno piangere l'anima, e finiamo il pezzo anche noi con gli occhi lucidi, ma non riusciamo a capire se per commozione o per gioia, probabilmente per un misto di entrambi.La storia prosegue senza pause alcune, l'ennesimo capitolo di questa avventura porta il nome di Whiplash(Colpo di Frusta) (primo singolo estratto dall'album) e qui, ne siamo sicuri, i cuori di molti metallari di lungo corso staranno battendo ancor più forti che in precedenza. Del resto, non è forse questa la sensazione che il colpo di frusta è capace di procurarci? Siamo lì, sotto al palco, l'attesa è spasmodica e la fame di musica è ormai alle stelle. Siamo incontenibili ed incontentabili, gli amplificatori iniziano a ruggire e finalmente i Nostri sono pronti ad infiammare il palco, pronti a farci divertire come se non ci fosse un domani. L'adrenalina scorre nelle nostre vene, il nostro fisico non risponde più alle imposizioni del raziocinio; siamo liberi di urlare, sfogarci, farci pervadere dalla musica più potente del mondo, più calda dell'inferno e sicuramente ben più imponente! E questo, i nostri Metallica, lo sanno fin troppo bene! Forse una delle canzoni più auto celebrative del lotto (l'unica in cui viene citato direttamente il nome della band, forse strizzando l'occhio al modus operandi degli odiati / amati Manowar), in quanto descrive appieno sia le nostre sensazioni di pubblico sia ciò che loro, i Nostri ragazzi, provano ogni volta che sono su quel palco ed i loro strumenti sembrano poter prendere fuoco da un momento all'altro, tanta è l'adrenalina che Hetfield e soci riescono a trasmettere tramite il loro "armamentario". E' un rapido riff dal sapore british metal a dettare l'inizio delle danze, notiamo come i Metallica cerchino di creare una discreta suspance, stoppando e riavviandosi nell'arco di pochissimi secondi, prima dell'avvio definitivo al fulmicotone. Le chitarre proseguono a suon di stop and go, presto le plettrate divengono maggiormente incisive ed il tutto diviene più legato e meno spezzato, con in sottofondo il battere incessante di un Lars decisamente sugli scudi. Secondo 00:30, il climax raggiunge il suo culmine e si può dunque partire aumentando la velocità, ma sempre rimanendo un attimo in sordina.. salvo poi assistere ad uno stacco imponente di Lars, segnale definitivo per la coppia Hetfield / Hammett. I due partono sfoderando un riff velocissimo e torrenziale, speed-thrash allo stato puro, un lavoro di chitarre a di poco egregio, il quale ci mostra i Metallica nel pieno della loro follia metallara, un brano straripante che risulta fedelissimo a ciò che viene cantato nel testo: loro sono i Metallica e sono qui per prenderci letteralmente a calci (se vogliamo utilizzare un'espressione cara ai loro mentori Motorhead) a suon di riff e ritmiche allucinanti. Cliff e Lars, dal canto loro, dimostrano non solo di trovarsi a meraviglia, ma anche e soprattutto di avere una grande personalità, che li erge non a personaggi secondari ma anzi a veri e propri comprimari, assieme agli amici James e Kirk. Già da questi solchi si può capire perfettamente come mai Burton sia diventato, nel corso degli anni, un bassista di riferimento per intere generazioni, mentre dal drumming di Lars forse non percepiamo la tecnica di un Lombardo.. ma in quanto a carica e presenza, il piccolo danese non ha nulla da invidiare proprio a nessuno, e ce lo dimostra a suon di bacchettate comunque precise e ben inserite nel contesto di aggressività generale. Piccola pausa prima del ritornello e James urla letteralmente la parola "Whiplash!!", la struttura del brano si ripete sempre a suon di riff thrash-speed; ottima la prova vocale di James,che con la sua voce per nulla scontata o da "urlatore della domenica" dimostra grande personalità e soprattutto si rende capace di donare al pezzo ancora più personalità. Minuto 2:39, notiamo un certo rallentamento, si adottano tempi più cadenzati.. ma è solo una brevissima quiete prima di una tempesta, visto che dopo l' "here we go!!!!" di James si parte con un assolo magistrale, trasudante Acciaio da ogni singola nota. Veloce, preciso, devastante, coinvolgente.. sembra proprio di essere lì sotto il palco, in questo momento posseduti dal demone Metallico, che metterà a durissima prova il nostro collo e ci farà lanciare in un rabbiosissimo air guitar, tanto veloci sono le note che udiamo, disposte a raffiche di mille rasoi al minuto. Tagliano, tagliano e tagliano, distruggono letteralmente ogni minimo dubbio circa la nostra volontà di fare un po' di sano "casino" assieme ai Metallica. Minuto 3:19, dopo un rallentamento udiamo una pausa durante un nanosecondo, è subito James a distruggere la quiete urlando nuovamente il titolo della canzone, per far si che un nuovo assolo anche più aggressivo del precedente faccia prepotentemente la sua comparsa, distruggendo le nostre ultime difese e lasciandoci attoniti, stanchi ma terribilmente soddisfatti e vogliosi di continuare ancora ed ancora. I Nostri non si fermeranno di certo: la loro vita è il palcoscenico, vivono per donarci determinate gioie e suonano per sentirsi vivi, per mostrare al mondo la loro rabbia, per farci vedere cosa sia veramente l'Heavy Metal: una colonna di Marshall, birra e tanto divertimento. E così via, di città in città, albergo dopo albergo, palcoscenico dopo palcoscenico (riferimenti non tanto velati, nel testo, al brano "(We Are) The Road Crew" dei già citati Motorhead), sempre portando metallo e distruzione in ogni dove. Terminato l'ultimo assolo, ci accingiamo dunque ad udire un'ultima strofa ed a sentire il brano spegnersi poco a poco, quasi i Metallica dovessero riprendersi da una fatica bestiale, ovvero quella di suonare più forte di quanto si possa. Alzate il volume, fate ripartire questa traccia e capite perché, alla fine della fiera, questa sia stata giudicata come la migliore del disco, tanto da essere stata scelta come singolo di lancio di "Kill 'em All". Il brano in questione, difatti, riscosse un grandissimo successo e negli anni venne coverizzato da più artisti anche molto diversi per stile musicale ed artistico. Pantera, Motorhead, Stone Gods, Destruction.. la lista degli artisti che hanno deciso di omaggiare i Four Horsemen re-interpretando il brano in questione è sicuramente importante, senza contare che, citando un'intervista di Kirk Hammett, questo brano sarebbe stato il preferito di un certo Kurt Cobain. Grandissima prova, grandissimo impatto: la furia di un tifone di saette. Di gran carriera si prosegue con il settimo brano, "Panthom Lord", anch'esso firmato Mustaine e già presente nella prima demo dei Metallica, "No Life 'til Leather", datata 1982. Una canzone che affonda le sue radici molto indietro nel tempo, visto e considerato che il titolo fu anche scelto da James Hetfield, in origine, come monicker per la sua terza band (all'epoca composta da Jim Mulligan alla batteria e Hugh Tanner alla chitarra, con James a ricoprire il ruolo di chitarrista e cantante; ben presto, al terzetto si sarebbe aggiunto un certo Ron McGovney come bassista, quando la band aveva ormai definitivamente cambiato nome in Leather Charm..). Un'intro di tastiera presto ci porge il benvenuto, rendendo l'atmosfera assai inquietante e quasi ossessiva, claustrofobica. Un gran bell'inizio per spianare la strada alle chitarre di James e Kirk, che non tardano ad arrivare, scandendo le prime note in maniera netta e precisa, coadiuvate dai tamburi di Lars.. la precisione marziale non è comunque destinata a durare per molto, e subito il nostro speed commando si lancia in un vero e proprio assalto che, da lì a poco, avrebbe ispirato un numero incalcolabile di band. Thrash allo stato puro, che strizza l'occhio ai padri fondatori della N.W.O.B.H.M., andando a ripescare un gusto per la composizione tipicamente Heavy British ma al contempo esagerandolo, velocizzandolo e donandogli un'irruenza tipicamente a stelle e strisce. I nostri giovani guerrieri del metallo pesante voglio dimostrare di esserci, sono affamati ed incazzati, ognuno pretende il massimo dal suo strumento: Ulrich si fregia della tipica veemenza che ha sempre contraddistinto il suo drumming, non eccelso a livello di tecnica ma comunque assai "presente" e trascinante, dal basso di un genio come Cliff non si può veramente pretendere di più, mentre le asce di Kirk e James danno vita ad una prova concreta ed assai convincente, suonando sporche e taglienti quanto basta per metterci di fronte ad un fatto ormai, a questo punto, conclamato. "Un nuovo potere sta sorgendo", direbbe Saruman, e dinnanzi a certe galoppate non possiamo non assistere, rapiti, ad una delle teorizzazioni / concretizzazioni definitive del Thrash Metal, giunta sin da noi a colpi di Raven e Motorhead, artisti che lungo le note di questa Phantom Lord(Fantasma) riusciamo a scorgere ben più di una volta. Il Re Fantasma, catene e pelle, metallo pesante, un armamentario che effettivamente ci fa pensare ad una sorta di entità giunta sino a noi per convertirci a suon di acciaio musicale: "Quel suono che squarcia le tue orecchie, l'assordante suono del Metallo è qui vicino.. i corpi attendono le sue fruste, il sapore della pelle sulle tue labbra..", questo mitico signore della guerra, in un abbigliamento che sembra ricordare molto da vicino il look "sadomaso" dei Judas Priest (pelle e fruste divennero ben presto una prerogativa di Halford e soci, sin dai tardi '70), giunge quindi su questa terra brandendo una spada ed intonando un grido di guerra mai udito prima. Più forte, più intenso, più violento. Sono le urla belluine del Thrash Metal, l'ultimo arrivato in famiglia, che ha intenzione di piombarci addosso con il suo destriero e di sbaragliare le nostre difese con il suo esercito. Non possiamo neanche pensare di respingerlo, la sua avanzata è inarrestabile e ben presto gli schiocchi delle fruste comporranno la sinfonia della nostra disfatta. Una guerra a suon di Metallo, che perderemo soccombendo sotto la spada del signore dei fantasmi. Prime fasi di una battaglia narrate a suon di velocissimi e possenti riffoni, i quali sfoceranno al minuto 2:03 in un possente assolo, il quale dispenserà velocissimamente tutta una serie di note taglienti come rasoi. Ottimo gioco di solistico e ritmica, in quanto i nostri due chitarristi riescono a sorreggersi ed aiutarsi l'uno con l'altro, proprio per impreziosire il momento, donando al solo una solida base sulla quale stagliarsi in tutta la sua potenza. Minuto 2:30, dopo tanta violenza il posto dell'assolo viene preso da un melodico arpeggio, assai particolare ed evocativo, che si protrae abbastanza da farsi ammirare ed assaporare. Il tutto non sembra comunque dover durare troppo. Le chitarre tornano a carburare ed il drumming di Lars torna ad essere ossessivo, il basso di Cliff torna a ruggire come un leone mentre le chitarre di Kirk e James tornano a picchiare durissimo. Nuovo assolo e ripresa dei riff portanti delle strofe già udite in precedenza, sentiamo ancora di più l'influenza dei fratelli Gallagher e di un certo tipo di N.W.O.B.H.M. più veloce ed arrabbiata, mentre il pezzo si appresta a terminare con rapidissimi giri di tamburi compiuti da mr. Ulrich e la grattata / rugginosa voce di James che emette il suo ultimo urlo. Riff conclusivo e dunque giungiamo alla definitiva disfatta del genere umano: il signore dei Fantasmi ha letteralmente vinto, del resto era scritto, visto che questo terribile generale non aveva mai perso una guerra in vita sua. Macerie e vapore salgono dal suolo, adesso è tempo di dominare la realtà a suon di Metal, sparato rigorosamente a tutto volume, senza stare a preoccuparsi di lamentele o vicini troppo "sensibili". Questa terra è ormai patria dei muri sonori infranti, decibel su decibel che scuotono il terreno e permettono agli eletti di poter sfogare tutta la loro passione per questo genere musicale. I metallari hanno vinto, sul pianeta Terra non ci sarà più spazio per nessuno eccetto noi! Inizio cadenzato e sostenuto per la traccia numero otto, No Remorse(Nessun Rimorso), che vede nuovamente un gioco ritmico-solista da manuale. E' subito un assolo al fulmicotone di Kirk, molto ispirato e veloce, a rompere ogni indugio, mentre James insiste sulla marzialità e sulla precisione di fondo, tornando presto a farsi udire in solitaria, non appena Kirk finisce la sua espressione di potenza e concretezza. Si riprende sempre su ritmiche sostenute ma mai sfociando troppo nella velocità aggressiva udita nei due pezzi precedenti, anzi. Sembra proprio che i Metallica vogliano viaggiare in maniera più controllata e meno sprezzante, mettendo leggermente da parte l'irruenza di "Whiplash" o "Phantom Lord" per presentarci qualcosa di meno aggressivo e più facilmente assimilabile. Anche la ritmica sembra badare più alla precisione che alla violenza: Cliff dimostra da subito la sua tecnica e la sua malleabilità, dimostrandosi un bassista pronto e poliedrico, mentre Lars si limita a "pestare duro" ma mantenendo linee di batteria non eccessivamente "straripanti". Un picchiare controllato che scandisce alla perfezione il tempo ed aiuta tutti i suoi compagni a proseguire dritti per la strada sino ad ora intrapresa. Cliff dal canto suo può osare di più del suo compagno di reparto, andando a cesellare magnificamente il sound emesso da Kirk e James, i quali continuano su queste cadenze e decidono di "non esplodere" per proseguire il viaggio tranquilli. Un killer mid tempo, insomma, che stoicamente si dilunga come la guerra condotta dai protagonisti delle lyrics. Una guerra condotta contro la gente falsa ed ipocrita, contro chi finge di aderire ad un mondo quando invece cerca unicamente di sfruttarlo per tornaconti personali. Non è un caso che, durante i primissimi tour, James presentasse questo pezzo come un inno "contro tutta la gente falsa lì fuori, i fottuti poser!!", ovvero i nemici per antonomasia del Metal. In ogni sottocultura bisogna avvicendarsi, purtroppo, con la piaga della "falsità". Dal Metal al Punk, passando per il Jazz, ogni mondo è pieno di persone che fingono interesse ma in realtà stanno solamente recitando una commedia, magari per ribellarsi momentaneamente all'autorità genitoriale, magari per trovare un divertimento alternativo per scappare dalla noia delle coccole e della bambagia nelle quali vivono.. insomma, il poser contro cui i Metallica si scagliano violentemente è proprio la tipica figura che, per un periodo, beve birra assieme a noi ed indossa determinate t-shirt, salvo poi sparire e ripresentarsi qualche mese dopo con un taglio di capelli alla moda ed una serie di vestiti firmati.. "perché è una fase, poi passa.. e maturerai anche tu". Quante volte ci siamo sentiti dire queste cose? La rabbia che sale è molta, e spinti dall'ardore giovanile i Metallica non sembrano nemmeno volersi troppo pentire di spaccare il muso a determinati soggetti. Se ne infischiano della pietà, loro vogliono schiacciare i vigliacchi in maniera definitiva, senza scrupoli o rimorsi. Il sangue del nemico alimenterà la loro voglia di andarci ancora più pesante, di distruggere e di farsi terra bruciata attorno.. nessuna resa e nessuna pietà, la loro lotta non terminerà finché l'ultimo dei nemici non verrà definitivamente spazzato via! Minuto 3:18, un assolo di Kirk nuovamente ben sorretto dalla ritmica di James e perfettamente cesellato dall'andatura roboante di Cliff ci mostra ancora una volta una canzone che non vuole sfociare nella violenza ma, anche in virtù delle liriche, vuole in qualche modo instaurare nei nostri cuori quella classica paura che potrebbe metterci uno sconfinato esercito intento a marciare all'unisono. I tamburi di Lars continuano a picchiare precisi ed abbiamo una graditissima sorpresa: dal minuto 3:48 al minuto 3:53 i nostri due chitarristi decidono di ricamare un riff che sembra direttamente uscito da uno dei primi lavori degli Iron Maiden; si riprende con l'andatura tipica del pezzo, già udita in precedenza, ma notiamo una lievissima accelerazione e comunque una volontà di inasprire il contesto, momento che sfocia al minuto 4:44 in una lunghissima rullata di Lars, il quale praticamente dà il via al minuto conclusivo nel pezzo, in cui la band torna a mordere a suon di velocità trascinante e devastante. Si torna a correre come non mai, un autentico ciclone di Speed - Thrash pronto a travolgerci senza pietà, decretando appunto la fine della guerra combattuta dai Metallica, l'assalto finale, la guerra che termina con l'ultimo "Nooooooo reeeeeeeeeee..moooooooorse!" pronunciato da James. I Nostri ce l'hanno fatta, il conflitto è giunto alla sua fine ed i generali hanno stretto definitivamente la cinghia, per far piazza pulita di ogni nemico nei paraggi. Fuoco, fiamme, tempeste di proiettili, esplosioni, un vero e proprio putiferio. Un inferno in Terra che non sembra lasciar scampo a nessuno degli ipocriti, ognuno di essi verrà stanato e definitivamente distrutto, i carri armati rastrellano e livellano il suolo schiacciando tutti con i loro cingoli mentre i loro cannoni sparano a ripetizione, devastando letteralmente il panorama. La guerra è finita.. andiamo in pace! La penultima track, Seek & Destroy(Cerca e Distruggi), si candida nuovamente come "Whiplash" ad entrare letteralmente nella leggenda. Qualche cenno biografico, prima di partire con la descrizione del testo e della musica: "Seek.." fu una delle primissime canzoni scritte da James il quale rimase particolarmente affascinato da un brano dei suoi amati Diamond Head, ovvero "Dead Reckoning", originariamente contenuto nell'EP "Four Cuts", datato 1982. Hetfield rimase talmente colpito dalla struttura del pezzo che, da lì a comporre un qualcosa di ispirato, il passaggio fu molto breve: in un'intervista rilasciata al celebre magazine Guitar World, egli disse di aver composto il riff principale nel suo camioncino, subito dopo aver terminato il turno lavorativo nella fabbrica di adesivi dove all'epoca lavorava, in quel di Los Angeles. Sempre parlando di ispirazioni e sempre seguendo le dichiarazioni della band, le parti soliste sarebbero state ispirate in minima parte, a loro volta, dal brano "Princess of the Night" (dall'album "Denim and Leather", 1981) dei Saxon. "Seek.." è inoltre un brano pregno di valore affettivo, in quanto sempre nell'intervista James dichiarò che fu proprio questo il primo brano inciso dal combo, una volta giunti per la prima volta in uno studio di registrazione. Il frontman conserva ancora la chitarra con la quale lo incise, una "Flying V" bianca. Grande tradizione alle spalle e dolci ricordi annessi, prova definitiva che certi brani non nascono per caso, e già dal primissimo riff ce ne rendiamo immediatamente conto. Si parte "calmi", le note hanno un che di ossessivo e marziale nel loro incedere (un po' come avvenuto nella precedente traccia) ed i Metallica cercano nuovamente di creare un'atmosfera pesante e claustrofobica, adottando sempre quella cadenza "assassina" che non fa assolutamente rimpiangere la velocità selvaggia e senza quartiere. Lars e Cliff ci spingono letteralmente a marciare, compatti come tanti soldati, ed anche il cantato di James risulta secco e tagliente, di impatto, non aggressivo in maniera esagerata ma anzi più controllato e dosato. La ritmica riesce ad imporsi magnificamente, e traina Kirk e James lungo tutto il percorso; il duo chitarristico dosa bene le energie, decidendo sempre di rimanere più "ipnotici" che violenti. Uno stile che ben si addice ad una banda pronta a mettere a ferro e fuoco una città intera: si perlustra la metropoli palmo a palmo, i nostri ragazzacci sono in cerca di divertimento e per questo sperano di incrociare in qualche vicolo i loro rivali, per sfoderare i coltelli e battersi fino alla morte, per la supremazia del territorio. Similmente a quanto narrato in "No Remorse", anche in questo caso i Metallica si riuniscono in coorte alla ricerca di una guerra da combattere, anche se il contesto diviene molto più "urbano" e legato al mondo delle gang. I Nostri ragazzi sono mossi da "pensieri malvagi", nulla di nuovo, ci dicono, tutti noi sappiamo che sono degli sbandati e che incrociarli di notte in un qualsivoglia quartiere può voler dire solo una cosa: battersi valorosamente, o essere schiacciati. Un testo che sembra rimandare a molte pellicole e libri trattanti questo argomento, le parole di "Seek & Destroy" sembrano proprio palesare dinnanzi a noi l'irruenza dei Guerrieri del film "The Warriors", o il perfido sadismo dei Drughi del romanzo-film "A Clockwork Orange"; insomma, i ragazzi sono sulla strada, per "cercare" ed, una volta trovato ciò al quale sono interessati, "distruggere" senza alcuna pietà. Mirabile il modo in cui James scandisce il titolo del brano, quel "searchiiiiiiiiiiiiiiin.." esteso e protratto per qualche secondo ed infine il "seek-and-destroy!" ben scandito grazie anche ai colpi della batteria di Lars, uno dei momenti più famosi dell'intero disco. Proprio Lars, con il suo instancabile drumming, compie uno stacco verso il minuto 3:11, accelerando vistosamente e dettandoo tempi nuovi, porgendo il fianco ad un aumento sostenuto di velocità (ma non troppo) che prelude la rottura dello schema "riffone ipnotico" e preannuncia un ottimo assolo eseguito da un Kirk più ispirato che mai, il quale fa notare lungo tutte queste note il suo amore per la N.W.O.B.H.M e si fa ancora una volta apprezzare per capacità esecutive. Si ritorna poco dopo al riff iniziale e viene ripresa la struttura portante del pezzo, il quale prosegue esattamente come era iniziato. Continuiamo a marciare imperterriti, compatti, fianco a fianco, senza paura e sprezzanti del pericolo. Un brano che, nonostante non brilli per varietà e conservi praticamente quasi inalterata la sua struttura, dall'inizio alla fine, non riesce proprio ad annoiare ma anzi, coinvolge sempre di più, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. Un brano da cantare tutti in coro, destinato a fare sfracelli in sede live.. ed il tempo diede ragione ai nostri, visto che (dati alla mano) "Seek and Destroy" risulta essere il terzo brano più suonato dai nostri lungo tutta la loro carriera, con un totale di 1.343 esecuzioni, seguita solamente da "Creeping Death" (1.367) e "Master of Puppets" (1.416). Il finale risulta un poco più "concitato", ma non si discosta poi molto dalla canzone nella sua interezza, accompagnandoci verso la fine di questa lotta combattuta nei sobborghi della città, col favore delle tenebre. I nemici non possono scappare, i nostri "drughi guerrieri" sono spinti solamente dalla volontà di uccidere e quest'ultima non se ne andrà finché i loro desideri non saranno soddisfatti. Sfuggirgli è impossibile, nostro malgrado dovremo accettare.. una partitina ai nozh-coltelli. La rabbia urbana esplode, dunque, in tutta la sua violenza e non c'è modo di arginarla, le gang si quieteranno unicamente con il sorgere del sole, quando tutti torneranno nelle loro case a riposarsi, in attesa che l'astro tramonti ancora una volta, per uscire nuovamente a cercare sangue fresco con il quale abbeverarsi. Un'escalation di violenze e di furia, che non troverà mai pace ma anzi, se possibile si inasprirà ancora di più. Giungiamo dunque alla fine di questo capolavoro appropinquandoci ad ascoltare l'ultimo brano, anch'esso uno dei più famosi mai composti dal combo americano. Firmata ancora una volta da Dave Mustaine, il quale ne compose il riff principale, spetta alla celeberrima Metal Militia(Militia Metal) chiudere questa splendida avventura a suon di Thrash Metal. Rintocca incredibilmente aggressivo il riff principale, si comincia immediatamente col botto e nessuno sembra farsi pregare: parola d'ordine, DISTRUZIONE. Lars sfoggia un drumming ancora più devastante e possente, sembra quasi voler sovrastare in potenza e volume James e Kirk, che dal canto loro non si fanno sottomettere ma anzi, esasperano volutamente il suono delle loro sei corde per ottenere un meraviglioso effetto "sporco" che ci catapulta letteralmente all'interno di un pandemonio. Riff a tornado, velocità senza quartiere, una vera e propria aggressione in musica che si traduce quasi come uno sforzo, per così dire, immane. Sentendo questo brano, udendo la voce acida e "sguaiata" di James, ascoltando l'ascia di Kirk volutamente martoriata e la potenza frastornante del basso di Cliff, viene il cosiddetto "fiatone" tanto è impegnativo star dietro a cotanta potenza, senza contare lo sforzo al quale i nostri si stanno prestando, per ricamare un brano dalle fattezze speed ma nell'anima più Thrash che mai. Se questo genere è stato concepito con "Whiplash", possiamo dire sia definitivamente nato con questo brano; poche band dell'ambito estremo, a partire dal dopo '82 sino ad arrivare ai giorni nostri, possono dire d'aver raggiunto certi livelli di malvagità. Non ci sono demoni, non ci sono mostri e non c'è alcuna traccia di cadaveri o voci in growl, la violenza metallica è già tutta qui, in questo brano ciclonico che non brillerà certo per varietà compositiva.. ma poche ciance, non abbiamo appoggiato il vinile nel lettore per trovare qualcosa che esuli dalla RABBIA allo stato puro. E questi (allora) giovanissimi di rabbia ne avevano da vendere. Passione, voglia di dimostrare, di azzannare, dei cani randagi infuriati che come unico scopo avevano quello di far sentire al mondo la loro presenza. Ebbene, questi sono i Metallica e questo è il risultato: "Metal Militia" è il capolavoro definitivo di un album a sua volta capolavoro, un brano che chiude magnificamente un'avventura tellurica e lo fa pestando durissimo, a ritmo dei tamburi di un Ulrich indomabile, a ritmo del basso del compianto Cliff, il tutto condito dalle chitarre ruggenti di Kirk e James. Se un giovin signore dei nostri tempi venisse a chiederci "chi sono i Metallica", questo sarebbe il brano da fargli ascoltare, senza indugio alcuno. Menzione d'onore per i momenti solisti, momenti nei quali Kirk dà letteralmente il meglio di se, inasprendo la sua performance: minuto 2:46, dopo un nanosecondo di pausa il nostro Hammet decide di partire in quarta, eseguendo in maniera assai mordace un velocissimo solo il quale beneficia di un approccio più aggressivo e meno mitigato che in precedenza. Si riprende con la struttura portante, il basso di Cliff cesella queste ultime note ed in lontananza cominciamo ad udire dei passi a ritmo di marcia, come se in sottofondo ci fossero dei soldati intenti a sfilare in una parata. La musica svanisce ed il rumore dei passi si fa sempre più forte, ad esso si uniscono spari ed esplosioni, ed il brano si conclude qui, lasciandoci ancora emozionati a mille, con i capelli dritti ed i corpi madidi di sudore, vista la forte capacità di suscitare "pogo ed headbanging" da parte di questo pezzo leggendario. Ritorna la tematica dell'esercito e del combattimento per un ideale comune, questa volta la coorte ha un nome: tutti i soldati si identificano nel nominativo "Metal Militia" appunto, un esercito in grado di conquistare qualsiasi territorio e di sbaragliare qualsiasi avversario. Tutti sono uniti e compatti e lottano per una causa, quella del Metal inteso non solo come musica ma soprattutto come modo di vivere; da eterni ribelli, oppositori di una società finto perbenista che ci vorrebbe tutti uguali e rassegnati, privi di sogni e speranze. Il Metal però apre gli occhi dei nostri "soldati", i quali fieramente sfoggiano le loro uniformi di pelle e borchie, intenti a marciare per far si che il verbo del metallo si diffonda in ogni dove. Per vivere in armonia con il nostro Heavy Metal e per far si che esso regni sovrano bisognerà lottare, lottare e lottare. Nessuno dovrà tirarsi indietro, ed i deboli sono invitati sin da subito a farsi da parte, visto che non ci sarà modo e maniera di indugiare, in questa guerra. Siamo "noi contro di loro", com'è sempre stato dall'alba dei tempi e come sempre sarà, nonostante oggi il Metal ed i Metallari siano ben più popolari ed accettati che in passato. Saremo sempre "gli strani", "i pericolosi".. tutto questo però non ci fermerà, anzi sarà motivo di vanto: la Metal Militia non cesserà mai di esistere, e solo unendo i nostri cuori di acciaio inossidabile potremo un giorno sperare d'essere rispettati e riconosciuti come persone, e non come fenomeni da baraccone o macchiette sulle quali ironizzare. Noi siamo i Metallari, la nostra passione ci permette di vivere e di vedere tutto con altri occhi. Non abbiamo paura di niente e di nessuno, e siamo qui per dimostrarlo!
Giunti alla fine di un'avventura simile, è quanto meno difficile poter spendere parole che non siano d'elogio puro, per questo disco. Quel che si chiede, in fondo, è solo un minimo di onestà intellettuale, da esigersi soprattutto dai più atroci detrattori dei Metallica, i quali molto spesso, anagraficamente, non raggiungono i requisiti necessari per potersi ergere a sommi conoscitori di un genere (il Metal, appunto), che questi quattro uomini allora ragazzi hanno contribuito a cambiare per sempre. Smettetela di sventolare "fieri" le vostre copie di "St. Anger" come per dire "ecco cosa sono diventati", rinchiudete in soffitta "Load" e "Reload" e non fateli "pesare" più del dovuto, perché dinnanzi ad un album come Kill 'em All, amici miei, le chiacchiere stanno veramente a zero. Torniamo indietro nel tempo e mettiamoci nei panni di un ragazzo che, nel 1983, si apprestava ad appoggiare sul piatto questo disco in vinile. Un sound ruvido, selvaggio, veloce come non s'erano ancora sentiti ai tempi.. un sound che sicuramente anche prima dei Metallica era in fase di sperimentazione e teorizzazione, nessuno lo mette in dubbio, ma è con loro che ha cominciato a raggiungere la piena maturità e la possibilità di cominciare a farsi notare in maniera ben più prepotente e meno velata. Un ascoltatore di quei tempi, giovane quanto loro ed innamorato quanto loro di questo genere, avrebbe fatto letteralmente i salti mortali, ed avrebbe letteralmente demolito la propria casa a suon di decibel, spaccandosi la testa per il troppo headbanging, sentendo in sé il brivido dell'emozione, quel brivido che ti assale quando ascolti un qualcosa di troppo, troppo grande per poterlo descrivere a parole. "A l'alta fantasia, qui mancò possa", direbbe il Sommo poeta. Cos'hanno dunque fatto, questi giovinastri? Di certo non avevano la tecnica di un virtuoso qualsiasi, non erano diplomati al conservatorio e nemmeno avevano potuto permettersi costosissime scuole di musica.. tutt'altro, erano quattro ragazzi amanti della birra, del "casino", ammaliati dalla magia e dall'indomabile fierezza di un genere, il Metal, che oramai li aveva eletti a suoi alfieri, benché loro non se ne rendessero conto. "Kill 'em All" non nacque per scrivere la Storia, non era intenzione dei Metallica quella di diventare gli uomini di successo che oggi sono. Era un sogno, certo, ma non era fra i traguardi più importanti. Quel che permeava i nostri, a quei tempi, era la GRINTA. La passione, la capacità di mangiarsi la vita in un sol boccone, come farebbe un grande squalo bianco con la sua preda. Bullet belts, maglie dei Venom, jeans attillati e strappati, lunghe criniere al vento, scarpe da ginnastica e boccale di birra a portata di mano: questi erano i Metallica del 1983, dei ragazzi che volevano prima di tutto DIVERTIRSI ed, alimentati da tanta, "santa Rabbia", rompere gli schemi, shockare, provocare, suonare volutamente in maniera velocissima ed esasperata per farsi notare e perché no, disturbare più di qualcuno. "Ci siamo anche noi!", questo era il loro grido, quegli strumenti venivano impugnati dopo un'intensissima sessione d'ascolto di grandi classici (Motorhead, gli stessi Diamond Head), quando ancora erano eccitati e folgorati dalla carica che solo del buon Metallo sa infonderti. Non si erano dimenticati chi erano, anche in sala d'incisione. Erano rimasti quei ragazzi ribelli e sbruffoni, i quali sognavano un mondo dominato dall'Heavy Metal, ove l'alcool scorresse a fiumi, un mondo nel quale potersi divertire sempre, senza mai fermarsi. Genuinità, verità.. "questo, è Rock n' Roll", direbbe qualcuno. Un disco divenuto storico perché suonato col cuore, il cuore di questi allora ventenni, un cuore puro che ancora non conosceva condizionamenti di sorta. Ognuno di noi può rivedersi nei Metallica di questo disco, ognuno di noi può percepire, se vuole, tutte quelle sensazioni e quelle emozioni che sgorgano da ogni minima nota emessa dagli strumenti dei nostri compagni d'avventura. Recita un vecchio adagio, che i Santi proteggono bambini e pazzi.. ebbene, James, Kirk, Cliff e Lars (ed anche Dave, non scordiamocelo) erano un po' entrambe le cose. Bambini, per il loro modo "adamitico" e puro di approcciarsi a questo magico mondo chiamato Metal, pazzi per aver sentito l'esigenza di rivoluzionare il tutto, suonando in una maniera che i puristi dell'epoca avrebbero trovato inaccettabile. Sono stati protetti? A quanto sembra, si. Anche molto aiutati. I passi falsi ci sono, nessuno lo nega.. ma quando una band è capace di scrivere un capitolo così importante della Storia della Musica, per di più facendolo col sorriso sulle labbra tipico di chi si sta DIVERTENDO, in quel momento.. beh, merita solo stima incondizionata. E rispetto.. quella parola che molti critici della domenica non conoscono o meglio non vogliono conoscere. Una cosa è certa: per negare l'importanza dei Metallica e di "Kill 'em All" bisogna essere dei veri e propri inetti, disonesti mentalmente e forse anche un tantino invidiosi. Perché non importa quante band "ultra uber undeground" possano esistere "meglio dei Metallica, che avrebbero meritato molto più di loro!!", sta di fatto che il tempo è un Galantuomo e presto o tardi riconosce i meriti di TUTTI. Se questi meriti non arrivano.. beh, non ce la si può certo prendere con i Four Horsemen! Se forse ci si fosse approcciati alla musica come loro e non con una strana puzza sotto il naso, con la volontà di pretendere sin da subito i famigerati "big money".. forse le cose sarebbero andate diversamente. Si semina ciò che si raccoglie, ed i Metallica, dopo una vita passata a seminare divertimento, passione, sudore e sacrifici.. beh, è anche giusto che raccolgano un po' di soddisfazione. "Kill 'em All", "ammazzali tutti".. ed i cuori, senza dubbio, ce li hanno trafitti. Eccome, se ci sono riusciti!
1) Hit The Lights
2) The Four Horsemen
3) Motorbreath
4) Jump In The Fire
5) (Anesthesia) Pulling Teeth
6) Whiplash
7) Phantom Lord
8) No Remorse
9) Seek and Destroy
10) Metal Militia