METALLICA
Hardwired
2016 - independent
FABRIZIO IORIO
28/08/2016
Introduzione Recensione
Otto anni. Ci sono voluti ben otto lunghi anni per avere notizie di un nuovo lavoro targato Metallica. Approcciarsi ad un nuovo parto discografico dei quattro cavalieri non è una cosa decisamente semplice. In questi ultimi vent'anni, infatti, i Nostri sono diventati la croce e delizia sia dei propri fan, sia di chi il metal lo mastica ogni giorno, e sia di chi ne conosce solamente le ultime altalenanti produzioni. Bisogna ammettere però che i Four Horsemen, volenti o nolenti, siano (probabilmente insieme agli Iron Maiden), la più grande Heavy Metal band di tutti i tempi. E non me ne vogliano gli estimatori di altre famosissime e validissime formazioni; la realtà dei fatti è questa ed è sotto gli occhi di tutti. A livello puramente live, i Metallica hanno sempre dato il massimo, coinvolgendo il sempre numeroso pubblico presente ai loro show e soprattutto divertendosi loro per primi, nel porsi davanti alla gente anche quando gli ultimi dischi pubblicati venivano fatti letteralmente a pezzi da pubblico e critica. Ora, se volessimo parlare della storia e dell'importanza che ha avuto il gruppo di Frisco, dando uno scossone al genere pari ad un cataclisma nucleare, potremmo stare qui a discutere delle ore sul valore storico dei primi tre lavori ("Kill 'em All", "Ride the Lightning", "Master of Puppets"), e sull'importanza che hanno avuto questi ultimi, influenzandone un'intera scena. "..And Justice for All" (complice la morte dello storico bassista Clifford Lee Burton) era un disco ottimo sotto molti punti di vista, ma che purtroppo era minato da una produzione a dir poco imbarazzante per quanto riguarda proprio le linee di basso, affidate al nuovo entrato Jason Newsted; quasi come a voler penalizzare lo stesso bassista per aver avuto la "colpa" di sostituire un genio delle quattro corde. Il disco che però iniziò a spaccare in due l'opinione pubblica, venne pubblicato nel 1991, ed è il famosissimo "Metallica" (o "Black Album"), il quale volle discostarsi forse in maniera troppo repentina dalle sonorità tipicamente thrash degli esordi, spostandosi su lidi diciamo più "commerciali" pur mantenendo quella carica che in alcuni riff si poteva comunque apprezzare. La fama arriva quasi a travolgere il gruppo, e sulle ali dell'entusiasmo i tour si fanno sempre più numerosi, accrescendo la popolarità degli Horsemen a vista d'occhio. Arrivati a questo punto, Hetfield e soci poterono intraprendere solamente due strade: la prima poteva essere quella di andare avanti a sfornare all'infinito un "Black Album" ad ogni uscita, oppure rischiare, cercando di rinnovare una proposta che iniziava forse a diventare troppo statica e fine a se stessa. Il problema è che non tutte le band che hanno avuto il coraggio di cambiare hanno ottenuto il risultato sperato, e purtroppo i Metallica hanno pagato carissimo questa scelta, dovendo fare i conti con dischi come "Load" e soprattutto "Reload"; che non solo sono dischi fondamentalmente Hard Rock, ma che non presentano un'oncia del Metal che scorreva (e scorre tutt'oggi) nelle vene dei Nostri. A dare un'ulteriore "mazzata" ai fan ci pensarono poi anche un cambio orribile dello storico logo, e soprattutto un radicale cambio di look (vero che l'abito non fa il monaco, ma i Metallica con il trucco e lo smalto nero alle unghie proprio non si possono vedere; non me ne vogliate), elementi i quali non fecero altro che gettare la storia di una, anzi, della thrash metal band per antonomasia, alle ortiche. Il periodo successivo si chiama "St. Anger" e si rivela il punto più basso della loro discografia. In questo caso però, non è tanto una scelta stilistica sbagliata da parte della band di proporre un qualcosa che si potesse in qualche modo riavvicinare al sound grezzo degli esordi; è proprio sbagliato il periodo scelto per far uscire un disco. L'abbandono di Newsted, i grossi problemi di alcolismo dello stesso Hetfield, situazioni le quali hanno minato pesantemente un prodotto che voleva rilanciare il brand Metallica, ma che ha sortito proprio l'effetto contrario anche per colpa di una produzione a dir poco imbarazzante. Alla fine del tour promozionale di questo disco, i Nostri raccolgono le idee, e rendendosi conto di essere i Metallica, cercano di fare i Metallica. Dopo cinque anni di attesa esce nel 2008 "Death Magnetic", e la cosa che salta subito all'occhio è finalmente il ritorno del "vero" logo capeggiare sulla copertina. Il disco che ne segue è un buon lavoro, certo non fa gridare al miracolo, ma è comunque decisamente ascoltabile; ci sono pezzi appena discreti, buoni, ed ottimi come la bellissima "All Nightmare Long", ma la sensazione generale è quella di un gruppo che un po' forzatamente vuole riproporsi al pubblico facendo del thrash. Un tentativo comunque apprezzabile anche se non del tutto riuscito. Ora, a otto anni di distanza i Metallica si ripresentano al grande pubblico, finalmente, con un nuovo lavoro in uscita il 18 Novembre 2016 dal titolo "Harwired... to Self - Destruct", un doppio album composto da due dischi di sei tracce l'uno, per una durata complessiva di ben ottanta minuti di musica. Con tre mesi esatti di anticipo, ci viene proposto il primo singolo estratto da quest'ultimo lavoro: "Hardwired", il quale risulta essere proprio la opening track della loro ultima fatica discografica. Brano che viene presentato per la prima volta dal vivo il 20 agosto in quel di Minnesota, un po' così a sorpresa, che però ha avuto degli ottimi consensi da parte del pubblico presente allo show. Non nascondo che non è facile avvicinarsi anche solamente ad un solo brano, quando si parla dei Four Horsemen; ma è anche vero che la curiosità è a dir poco mostruosa, nel vedere e sentire che cosa hanno in serbo con questo ultimo parto. Un parto che si è fatto attendere forse troppo, ma che probabilmente è stato pianificato con tutta la calma possibile, complice anche il fatto che i tour a cui i Nostri hanno fatto fronte sono di una quantità incalcolabile. Dopo innumerevoli rumors e scommesse sulla data, o meglio, sull'anno di pubblicazione di un nuovo album, finalmente arriva l'annuncio che il disco è pronto, ed ovviamente i detrattori già si prodigano nel formulare le ipotesi più assurde sulla qualità del prodotto, ancora prima di averlo ascoltato. I Metallica non sono più quelli di una volta? Vero, anzi verissimo, ma ciò non toglie che possano dire ancora la loro. I Metallica sono dei venduti? Dipende dai punti di vista; più che venduti direi coerenti con loro stessi, forse non con i fan, ma con loro stessi si. Hanno scritto una pagina importante per il genere, forse la più importante in assoluto, poi hanno avuto una tremenda flessione, ma tutto consapevolmente ammesso e ribadito. "Fanno schifo", "sono diventati una parodia di loro stessi", eppure i loro show sono strapieni ogni volta che calcano il palco. Vero è che il pubblico si aspetta di sentire i grandi classici, i brani che hanno fatto grande ed immortale un gruppo venuto su quasi per caso, ma vogliamo dare per scontato che ogni lavoro messo in commercio sia per forze di cose orribile? Non siamo qui a difendere nessuno, sia chiaro, è solo che il rispetto è cosa che i Nostri si sono guadagnati di diritto ed è giusto dare loro una chance, forse l'ennesima, perché se la meritano a priori. La cover di questo singolo apripista e preparatorio per il full lenght finale è decisamente orribile, con Hetfield in versione "super deformed", colorato tutto di rosso fuoco su uno sfondo totalmente bianco. Ma tant'è, come dicevamo prima, non è dalla copertina che si può decretare se un prodotto sia valido o meno. Quindi non resta che dare finalmente un ascolto accurato a questo antipasto ed incrociare le dita, con la speranza di trovarsi di fronte ad un lavoro finale che finalmente ci riconsegni i quattro cavalieri più in forma che mai.
Hardwired
Arriviamo al momento dell'ascolto vero e proprio, e pariamo ad analizzare questo primissimo brano dal titolo "Hardwired (Programmati)". Sin da subito veniamo accolti da una rullata intermittente che accompagna un primo riff decisamente pesante. La cosa che balza finalmente all'orecchio è il lavoro di basso di Trujillo, il quale (già decisamente coinvolto nell'album precedente "Death Magnetic") riesce a far sentire il proprio peso, conferendo alla sezione ritmica quella importanza fondamentale per creare un bel suono corposo e decisamente accattivante. La rimica di Hetfield è decisamente convincente, soprattutto quando vengono coinvolti i crash del drum set di Ulrich per donare una piccola variante a questa già di per sé importante introduzione. Diciamo importante perché i primi secondi di brano fanno ben sperare per il proseguo dell'ascolto, grazie ad una bella impostazione chitarristica subito piuttosto rovente, e grazie anche (come accennato in precedenza) ad una sezione ritmica molto decisa. Dopo questo inizio scoppiettante, sentiamo il buon Lars maltrattare un po' i suoi piatti per poi partire letteralmente in quarta con un up tempo molto incisivo, che dà di fatto il via alla prima strofa. Prima strofa che vede una voce, quella del sempre ottimo James, decisamente ben organizzata e.. grintosa. Un ottimo inizio, non c'è che dire, il quale viene ulteriormente arricchito da un chorus semplice ma che riesce nell'intento di acchiappare subito fin dal primo ascolto. Chiariamo subito una cosa: non si tratta di un ritornello "commerciale", ma rimane stampato in testa proprio per la volontà e la grinta che i Nostri ci mettono nel creare un qualcosa di realmente interessante. Il ritmo non accenna a diminuire, anzi si prosegue con una foga che dai Metallica ormai non ci si aspetterebbe forse più. Ed invece lo stupore aumenta di nota in nota, ed è con molto piacere che rimaniamo piacevolmente in sospeso in attesa di ascoltare l'avanzamento del brano. Dopo una breve parentesi strumentale bella tirata musicalmente, arriviamo alla seconda parte del brano presente in questo singolo, con una strofa in linea con la precedente che però lascia subito spazio ad un'altra parte strumentale la quale, dopo un piccolo break dettato da una rullata e dal continuo percuotere il charleston con tanto di crash stoppati prontamente, vuole introdurre l'assolo di Hammet; assolo che si dimostra breve ed ahimè privo di quel mordente che ci si aspetterebbe da parte di un chitarrista del calibro di Kirk, e che soprattutto aveva l'occasione di alzare l'asticella qualitativa ad un brano fin qui molto aggressivo. Comunque il pezzo procede spedito come un treno in corsa e si può apprezzare anche un leggero lavoro di doppia cassa da parte di Ulrich, il quale si scatena subito dopo martellando continuamente le due cassa della sua Tama. "Hardwired" si avvia alla sua conclusione non prima di aver pestato nuovamente in maniera dura e convincente con un'ultima strofa; con le parole "Hardwired.. to Self Destruct" (che poi sarebbe il titolo completo dell'album in uscita) inizialmente recitate con un sottofondo molto più lento e ragionato ed in seguito spinte nuovamente in maniera repentina, con tanto di doppia cassa a cannone ed una stretta finale con tanto di quelle brevi rullate che avevano fatto da introduzione. I Metallica volevano stupire con questo brano? La risposta è si, e ci sono riusciti in pieno. Un pezzo bello tirato come non se ne sentivano da un bel po', e soprattutto caratterizzato da un ottimo lavoro di squadra penalizzato solamente da un solo non certo esaltante. Il video girato per questo primo assaggio di doppio album è tanto semplice quanto efficace. Infatti, è diretto e privo di fronzoli come la song proposta, e mostra i Nostri quattro cavalieri intenti a suonare al massimo delle forze, il tutto reso visivamente da un bianco e nero molto old - school ma di sicuro impatto. Andando ad analizzarne il testo, possiamo trovarlo interessante anche se non propriamente originalissimo, che racconta proprio l'inizio della nostra autodistruzione. In poche parole ci viene raccontato che siamo destinati ad autodistruggerci a livello umano, e che non esiste più una qualsiasi speranza per poter risolvere questa nostra indole autodistruttiva. La quale risulta innata (da qui il titolo del brano), come se fossimo programmati per questa fine (il significato letterale del termine "hardwired" è proprio quello di "programmato" o "settato"). Viaggiamo continuamente sull'orlo di un precipizio nel quale cerchiamo di non cadere, ma per un motivo o per l'altro troviamo sempre il pavimento inclinato, così disposto per farci cadere il prima ed il più rovinosamente possibile. Sale dunque la disperazione ed il dolore continuo, il tutto condito da quella paranoia che vuole essere il colpo di grazia dato alla nostra esistenza. Inutile aggrapparci alla fortuna perché purtroppo ci ha abbandonato anche quella, anzi, è stata la prima a lasciarci in balia di noi stessi. "C'era una volta una fiamma" un barlume di speranza che teneva accesa la voglia di combattere; "Senti che quella speranza sta svanendo? Capisci? Senti che sta finendo?" queste parole sanno di sentenza verso chi come molti, nutriva ancora quella voglia di andare avanti nonostante sapesse già di aver perso la guerra della vita ancora prima di iniziarla. "Siamo fottuti" è la frase che racchiude l'essenza di questo brano, mettendoci davanti la realtà nuda e cruda, ovvero quella dell'autodistruzione. "Programmati per autodistruggerci", un verso il quale ci fa intendere che noi esseri umani, come le creature vissute prima di noi, abbiamo l'obbiettivo di percorrere un ciclo che prima o poi deve inesorabilmente finire; che sia ad opera naturale od opera nostra, siamo destinati all'estinzione per poi lasciare il posto a qualcun' altro. Certo che, a quanto pare, ce la stiamo mettendo veramente tutta per concludere questo ciclo il prima possibile, non riuscendo a capire proprio l'essenza della vita stessa. Ma tant'è, e come dice Heftield, "Siamo fottuti".
Conclusioni
Concludendo la nostra attenta analisi di questo nuovissimo singolo targato Metallica, possiamo dire di trovarci davanti ad un pezzo finalmente convincente che riporta in maniera graduale (ma al tempo stesso decisa) i Nostri Four Horsemen ad una dimensione a loro decisamente più consona. Certo, è un brano che non fa gridare al miracolo, ma in attesa di ascoltare il lavoro per intero possiamo tranquillamente affermare che con questo pezzo i Nostri siano riusciti ad ottenere un primo centro. Riff belli corposi, ritmiche tirate ed una registrazione tutto sommato buona anche se non priva di pecche. In primis ho trovato il suono della doppia cassa di Ulrich decisamente troppo pompato, ma tutto sommato è un particolare che si può tralasciare, se apprezziamo il brano per la sua totalità. Le note positive, oltre a quella appena accennata, è sicuramente il cantato di Hefield che sembra aver ritrovato una buona dose di grinta, e soprattutto emerge l'ottimo lavoro al basso del sempre bravo Robert, il quale ricopre finalmente un ruolo portante all'interno della struttura del brano, e non più relegato a quello di semplice "bassista turnista". Ci sono però anche delle note leggermente negative, e forse quella più importante è la mancanza di originalità dell'assolo da parte dello stesso Hammet. Per carità, il solo presente nel brano risulta anche adatto per riempire quel breve momento strumentale, spezzandolo giusto quel tanto che basta per non farlo risultare troppo lineare, ma è appunto un riempitivo che sarebbe stato apprezzato maggiormente con un qualcosa di almeno personale. Invece, siamo di fronte ad una prova dello stesso chitarrista un po' anonima che va ad influenzare di quel mezzo voto un giudizio finale che ne avrebbe fatto di questa canzone un episodio riuscito in tutto. Vorrei anche segnalare una piccola particolarità, che non influisce sulla valutazione in toto, ma che di certo non farà troppo piacere agli estimatori della band. Sto parlando della somiglianza di alcuni passaggi di chitarra qui presenti, i quali risultano molto simili (per lo meno nella parte iniziale del brano) ad altri contenuti nel brano "Soldierhead" del 2013.. ed indovinate, pubblicato da chi? Nientemeno che dal precedente bassista Jason Newsted. Se si tratta di un caso o meno non lo sapremo mai, resta il fatto che in un modo o nell'altro il nome di Newsted viene sempre in qualche modo ricollegato alla sua band precedente. Un dettaglio forse, ma che di sicuro non è possibile tralasciare. Il brano viaggia sulla durata dei tre minuti, ed è un bene visto il risultato ottenuto, ovvero, un sound diretto e piuttosto potente che non si perde in alcun tipo di fronzolo. L'unico dubbio che ci può venire in mente, è la durata complessiva dell'intero nuovo album, e cioè quegli ottanta minuti di musica spalmati in dodici brani. Un minutaggio complessivamente lungo che ci pone il dubbio non tanto sulla durata degli altri pezzi, ma sulla effettiva qualità degli stessi. A detta della stessa band, "Hardwired" è stata l'ultima song ad essere composta per il nuovo album, cercando di partorire un qualcosa di più in your face possibile per dare al pubblico ciò che si aspettava di ricevere dopo così tanto tempo di attesa. L'obbiettivo, dobbiamo dire, è stato sicuramente raggiunto. Ora, sicuramente "Hardwired" non piacerà a tutti, molti troveranno il pelo nell'uovo anche davanti ad una prova che ad essere realisti, è sostanzialmente riuscita. Non resta dunque che aspettare questo attesissimo nuovo lavoro, e vedere se effettivamente i Nostri siano tornati finalmente a fare del sano thrash o se si tratta solamente di una illusione per prepararci ad un qualcosa che non rispetterà le attese. Se i Metallica vogliono tenere il passo qualitativo degli ultimi album di Anthrax, Slayer, e Megadeth, chiudendo di fatto il cerchio del ritorno in pompa magna dei cosiddetti Big 4, questa volta non possono assolutamente sbagliare. Per ora sicuramente promossi.