METALLICA
Eye of the Beholder
1988 - Elektra
PAOLO FERRANTE
26/09/2015
Introduzione recensione
L'importante storia dei Metallica rende interessante trattare anche di un singolo come "Eye of the Beholder" (Elektra, 1988). La lineup è composta da James Hetfield alla voce e chitarra ritmica, Jason Newsted al basso, Kirk Hammett alla chitarra solista e Lars Ulrich alla batteria. E' il secondo singolo a venire fuori da "?and Justice for All" Possiamo immediatamente anticipare che il ruolo del nuovo bassista è decisamente ridimensionato in questo album, dunque anche nel singolo in questione, l'ingegnere del suono ha dichiarato di aver ricevuto queste indicazioni: "Take the bass down so you can just hear it, and then once you've done that take it down a further 3dBs." (Tieni il basso così a basso volume che riesci appena a percepirlo, dopo aver fatto questo abbassalo ulteriormente di 3dB.); da questo emerge in modo evidente il ruolo che adesso ricopre il basso, a dispetto di quanto succedeva prima quando Cliff Burton era di fatto il leader del quartetto. L'album in questione dunque è piuttosto amaro e le tematiche ruotano attorno al senso d'ingiustizia rispetto a quanto accade nella realtà, quello che era un quartetto spensierato si scontra con l'amarezza della realtà; questo singolo è il terzo brano dell'album. Si tratta di un singolo piuttosto essenziale visto che è composto unicamente dall'estratto e da una cover, "Breadfan", la stessa cover inclusa nell'altro singolo appena uscito; è naturale che quella cover svolga la funzione di "riempitivo", giusto per mettere qualcosa dall'altro lato della cassetta/vinile, ma riciclarla piazzandola in due singoli a distanza ravvicinata è una scelta a dir poco discutibile e poco lucida. Avrebbero potuto sforzarsi un po' di più, magari includere un altro pezzo dell'album, magari inserire un'altra cover diversa (considerando che nell'altro singolo le cover sono due, avrebbero potute suddividerle usandone una per un singolo ed una per l'altro) ma, pazienza, non l'hanno fatto; chi nel 1988 avesse acquistato entrambe le cassette, trovandoci nel retro la stessa cover anche in questo secondo singolo, molto probabilmente avrebbe usato il secondo lato per registrare dalla radio "Bad" di Michael Jackson. Ad arricchire il singolo c'è una bella copertina in stile "pop art", ironico pensare alla copertina del primo singolo in uno stile Heavy Metal fondamentalista, mentre la copertina del secondo singolo che sarebbe uscito a breve sfoggia un colorato stile da pop art (quale affronto! qui i più intransigenti troveranno la prova inconfutabile che i Metallica stavano già diventando commerciali). Questa copertina è caratterizzata dallo stile di derivazione fumettistico, tipico della prima pop art, con tanto di composizione di ritagli di giornale (altro classico); il fumetto, realizzato in modo anche molto accurato, mostra gli occhi dei quattro componenti (lascio al lettore il facile compito di associare ogni occhio al rispettivo artista). Una bella copertina, accattivante ed originale, che mostra un gruppo con la voglia di reinventarsi e (innegabile) vendere; il colore dominante è l'azzurro, presente anche in tre dei quattro occhi, un altro occhio azzurro, con una forma che ricorda un disco è in sottofondo ai quattro quadranti (anche questa soluzione è molto pop art). Dicevamo che il singolo è stato pubblicato sia in cassetta che in vinile, c'è una curiosità sul vinile perché la prima traccia viene indicata avente la durata di "5:89", una svista demenziale oppure un gesto simpatico? Considerando che l'umore della band non fosse alle stelle (e nemmeno le tematiche del singolo) non credo che sia la seconda ipotesi.
Eye of the Beholder
Ma adesso abbandoniamo le speculazioni e passiamo ai fatti con l'ascolto di "Eye of the Beholder" (L'occhio dell'osservatore), comincia con un fade-in in cui si sente il lento ingresso di un riff che sembra quasi una marcia militare, la batteria è molto forte e la chitarra prevale negli acuti, quando il volume è abbastanza alto si riesce a distinguere il basso. Il riff si ripete in modo ossessivo ma varia leggermente tonalità quando, quasi ad un minuto di ascolto, c'è uno stacco di rullante e lo stesso riff assume un altro ritmo, siamo quasi a livello di Stoner, si introducono variazioni di chitarra che duettano con il ritmo della chitarra ascoltata fino ad ora, si tratta di un dialogo tra ritmo e melodia in cui il ritmo ricorda lo Stoner mentre la melodia è tipicamente Thrash. Dall'ascolto emerge il sound che caratterizza l'intero album: una batteria fortissima ed un basso penalizzato, con la chitarra che si sposta su sonorità acute e taglienti; così facendo si allarga il divario tra sezione ritmica (monopolizzata dalla batteria) e melodica, mentre il basso - che dovrebbe fare da tramite - è nascosto. Il riff si stabilizza e quindi inizia la strofa cantata, la voce di Hetfield è graffiante, sta su tonalità medie e gioca molto col groove grattando specie sui finali, a dialogare con la voce c'è la batteria che fa degli stacchi nei momenti di pausa vocale. Un riff trascinante, incisivo, costante, a questo segue uno stacco di batteria che passa da timpano a rullante (un rullante molto acuto e presente) e poi dà il via ad una base di doppia cassa che lascerà andare poco dopo. Mentre suona la doppia cassa il suono si ingrossa considerevolmente, ma questo dura poco perché dopo alcuni secondi si torna a sonorità più secche ed asciutte, con il rullante protagonista, la melodia si sposta in tonalità più acute, la voce si fa più insistente e graffiata, stacco di rullante e scala discendente con plettrate serrate di chitarra, poi arriva un inaspettato passaggio decisamente Hardcore, un ritornello acchiappone accompagnato da una batteria esageratamente alta, un coro bello marcato ed accompagnato in alcuni punti dalla doppia cassa, poi una variazione più alta e troncata alla fine. Un ritornello che mostra i Metallica più coinvolgenti, poi si torna alla strofa con rinnovata carica, il groove è sempre quello, poi ancora una batteria preponderante che ruba tutto lo spazio imponendosi ogni volta che fa uno stacco. Stessa strofa accompagnata da una batteria più vivace col doppio pedale, l'accordo si lascia andare e si prolunga, poi si bassa al bridge più incisivo in cui la chitarra si esprime di più con delle stoppate a sorpresa, riff serrati e ben cadenzati e quella stessa scala discendente di cui prima, ad ogni stacco corrispondono dei colpi pesanti di batteria. Ancora una volta il ritornello, che quindi fa ripetere perfettamente la stessa struttura di prima, poi si passa ad un riff ritmato in cui melodia e ritmo si alternano, poi alcune variazioni strumentali portano freschezza, alcune soluzioni sono anche piuttosto tecniche perché si avvalgono di ritmi sincopati per apportare variazioni allo stesso riff strumentale che si evolve in modi imprevedibili. A ciò segue un assolo di chitarra, melodico e nemmeno tanto veloce, una via di mezzo tra un trillo ed un arpeggio, con una dinamica accattivante, vagamente celtica nella ritmica; poi la chitarra ritmica si fa più cupa, diventa più presente mentre la batteria martella sulla cassa, riff cattivi e stoppati, rullate e poi un altro assolo, più casinaro e fatto specialmente di fischi che poi conducono ad una struttura ripetitiva e quasi neoclassica. Ecco che si riprende con la strofa, la voce sembra spezzare prima le parole, altra volta il bridge, stoppate, colpi sui piatti che danno atmosfera, subito dopo il ritornello, accordi lenti che danno molto spazio ai cori, batteria in primo piano come sempre. Sul finale si prosegue col riff della strofa, la chitarra si fa da parte e quindi la voce dialoga solo con la batteria. Un pezzo niente male, ma questa cosa della batteria in primo piano a tutti i costi pesa molto sul risultato finale che ne esce monco. Il testo è carico di amarezza, inizia chiedendo se vediamo anche noi ciò che vede lui: la verità è un'offesa mentre stiamo zitti per la nostra fiducia nelle cose. Chiede se anche noi ascoltiamo ciò che ascolta lui, il rumore delle porte che sbattono chiudendosi, queste porte si chiudono per limitare la nostra immaginazione e sono come un recinto che ci ingabbia come delle bestie, tenendoci a bada. Poi chiede se sentiamo anche noi ciò che sente lui, una sensazione di amara angoscia, che decide ciò che esprimi. Poi chiede se subiamo ciò che subisce lui, si tratta di sopportazione perché per lui è assurdo fare dei passi indietro invece che continuare a proseguire avanti. Poi interpreta il sistema e si rivolge alla gente dicendo, sprezzante, che non importa niente di quello che vediamo o dell'interpretazione che ne diamo, possiamo fare tutto quello che ci pare basta che lo facciamo come dice lui. Si tratta di una indipendenza limitata, la libertà di scelta è stata fatta per noi, le parole di libertà sono travisate e strumentalizzate a loro piacere e convenienza. Poi il testo prosegue ed afferma che ciò che per noi è verità per lui è bugia, ci chiede se facciamo le sue stesse scelte, se abbiamo così tante alternative quante ne ha lui, se ci rendiamo conto che l'energia deriva dal positivo quanto dal negativo (un riferimento alla corrente elettrica). Poi ci chiede se anche noi abbiamo le sue stesse necessità, di vedere le barriere crollare e che ognuno abbia la possibilità di guardarsi dentro. Poi ci chiede se ci fidiamo di chi si fida lui, lui si fida infatti solo di se stesso, penetra nello schermo di fumo e si rende conto dell'egoismo umano, gente che si ricopre di soldi e ricchezze ascoltando solo le proprie necessità; mentre lui cerca la libertà, cerca di allentare l'anello della libertà. Un testo abbastanza maturo, qualche rima o commento sprezzante qua e là ma pur sempre un testo maturo che vuole comunicare un messaggio di libertà, di lotta contro gli schemi che si traducono in una gabbia per la mente e per la propria realizzazione personale che non andrebbe vincolata e limitata all'accumulo di beni materiali ma che dovrebbe essere accompagnata dalla comprensione e realizzazione della propria persona. Un testo che mostra e critica l'egoismo visto come stupidità, visto come l'egoismo del cane che difende l'osso dimenticando trascurando di essere legato ad una catena, di non avere altra scelta, di essere soggetto alla volontà di un padrone che non gli darà alternative alla sua realizzazione a parte quell'osso, un bene materiale che comunque non può sostituire mai l'auto-realizzazione. In questo caso il governo lancia un osso, un prelibato boccone enfatizzato con parole di libertà ed indipendenza, dove la libertà è limitata comunque da un potere impositivo ed invasivo.
Breadfan
"Breadfan" (Ventaglio di grana), cover dei Budgie gruppo Hard Rock britannico tra i precursori delle sonorità Heavy Metal, primo pezzo dell'album "Never Turn Your Back on a Friend" (1973), ha un testo che va nella stessa direzione perché - come suggerisce il titolo eloquente - si prende gioco della gente che si gloria del proprio ventaglio di soldi. Ci si prende gioco di una persona che dovrebbe aprire la propria mente, il proprio borsello, le proprie ossa anche? Un avaro che si porta tutto via, che non dà nemmeno un pizzico di quello che ha, che potrebbe farsi una zecca per quanti soldi ha. Questa persona ha chiaramente sbagliato tutto, perché perderà tutti i propri amici così facendo, rimanendo da solo coi suoi amati soldi che, a quel punto, non gli serviranno più a niente. Poi lo chiama gabbiano, gli dice di dar via tutti i soldi che ha, di essere come un uccello (per volare libero), o un uomo, un fantasma o chi gli pare; dar via tutto perché è un perdente: non bisogna stare coi ricchi, coi "vincenti" pieni di soldi sporchi. Bisognerebbe piuttosto avere cara la propria libertà, il proprio essere ribelli e contro le regole, le costrizioni, le catene; è molto meglio essere dei motociclisti liberi e presto capirà che comportandosi da avaro è lui lo stupido. Abbiamo una cover che calza a pennello, quanto a tematiche, con quanto espresso nel pezzo precedente tanto che sorge il dubbio che non vi si siano addirittura ispirati. Eppure queste sono considerazioni così felicemente comuni alla scena del Rock/Metal anni '80 che sarebbe eccessivo attribuirle principalmente ad uno o ad un altro autore. Sta di fatto che le tematiche sono le stesse, ma affrontate da punti di vista diversi, in questo caso è il punto dell'avaro. Riff Rock in stile anni '70, molto vivace ed arricchito di sfumature ai piatti e poi uno stacco che porta ancora più ritmo, un pezzo molto vivace. La strofa è molto veloce e gioiosa, scanzonata, c'è molto groove, le stoppate arrivano spesso, il basso si riesce a sentire meglio questa volta, si ripete la strofa tra stoppate e rincorse di chitarra. Poi una parte Rock/Blues di chitarra in cui si sente un veloce assolo accompagnato da stoppate, che poi prende una lunga rincorsa e diventa sempre più veloce e squillante mentre la chitarra ritmica stoppa, la parte strumentale è particolarmente ricca e si riempie di parti più aggressive fino a sfumare nel silenzio e passare a degli arpeggi misteriosi, il rullante è leggero e la chitarra solista fa uscire una melodie dolce ed acuta che cattura tutta l'attenzione, il basso scandisce pochi ed importanti colpi. Il pezzo si fa dolce, alcune variazioni ritmiche ci ricordano che è pur sempre Rock, intanto la melodia prova altre soluzioni e si evolve, poi si accompagna di un parte più distorta e continua con delle stoppate forti in crescendo che fanno un bel casino, poi riparte il riff nel pieno della potenza, poi arriva la strofa veloce ed inarrestabile. La voce è molto a proprio agio nella parte, è un pezzo nelle sue corde e comunque la parte cantata è davvero piccola e sempre uguale, la conclusione arriva con un crescendo e stoppata finale.
Conclusioni
Ciò che unisce i brani di questo singolo è la tematica, com'è chiaro ormai dopo la lettura di questa breve trattazione: la tematica chiave è quella della contrapposizione tra benessere e libertà, bugia e verità. Nel testo del singolo abbiamo molte considerazioni che delegittimano il sistema, tanto che questo "occhio dell'Osservatore" può intendersi come una sorta di inquietante Grande Fratello, che ci osserva sempre e non ci perde mai d'occhio (i più nerd penseranno al temibile occhio di Sauron piuttosto), ci controlla, cerca di intrappolarci e di domarci come se fossimo delle bestie. In uno scenario del genere il sistema usa delle parole ingannevoli, maschera la prigionia con belle parole che la fanno sembrare "giusta", appetibile, ma sotto questa coltre di fumo si nasconde l'amara verità: il fatto che, volenti o no, siamo controllati e non possiamo spingere la nostra libertà oltre i confini che ci impone, con la forza, il sistema. Questo sistema si serve di armi subdole, del materialismo dilagante che fa valere le persone in base a ciò che hanno, non in base a ciò che sono; è proprio da questo principio che discende la forsennata corsa all'accumulo di cose inutili, spesso orpelli a dimostrazione di uno status quo che si traduce in una venerazione del sistema stesso. In un contesto del genere la metafora del cane in gabbia è convincente (il mito della caverna di Platone lo è ancor di più) perché nel momento in cui non si ha la capacità/possibilità di osservare il quadro generale e rendersi conto che la manifestazione che osserviamo non corrisponde a ciò che pensiamo noi (nel testo c'è scritto parecchie volte "sentite anche voi quello che sento io?") perché alcuni non la percepiscono proprio la manifestazione, altri la percepiscono ma vengono facilmente illusi. In questo testo, per tornare al mito platonico, ascoltiamo chi si è liberato dalle catene e torna a parlare agli altri, che ancora guardano le illusioni proiettate sulla parete dal fuoco, e cerca di spiegargli che le cose non stanno come sembrano: ovviamente la spiegazione non ha esiti positivi neanche in questo caso perché quelle persone sono ormai fuori speranza. Senza speranza come il protagonista, in negativo, del testo della cover, un avaro che accumula ricchezze e - circondandosi di esse - si spoglia di tutte quelle altre cose che sono invece importanti, come gli amici, la libertà, la gioia di vivere. E' naturale pensare che considerazioni, amare, del genere siano frutto della recente dipartita di Burton. Della veste grafica possiamo parlare solo bene, anche semplicemente per il coraggio di averle voluto dare un aspetto diverso dalla tradizione. Dal punto di vista del sound la creatività c'è ma il gruppo sconta il problema di una batteria troppo prepotente quanto a volumi ed a parti, monopolizza l'attenzione nella maggior parte del pezzo. Un bel singolo, tuttavia, che mostra che i Metallica, nonostante la sorte avversa, hanno avuto la forza di rimanere in piedi; un lavoro con un sound da migliorare, un singolo con una cover che è stata pubblicata qualche mese prima per un altro singolo (scelta davvero pessima); circostanze che rendono il lavoro poco desiderabile.
2) Breadfan