METALLICA
Creeping Death
1984 - Music For Nations
LORENZO MORTAI
18/09/2015
Introduzione Recensione
Proseguendo nella nostra analisi dei singoli usciti a cavallo, o prima, dei dischi di una band che ha per sempre segnato la storia della musica, i Metallica, ci ritroviamo oggi nel lontano 1984, e prima di dare inizio a qualsiasi considerazione, è bene fare alcune premesse. In quell'anno i Metallica avevano già rilasciato un singolo, Jump In The Fire, precisamente il 20 gennaio, un piccolo vinile in 12 pollici (a 45 giri), che infiammò ulteriormente gli animi degli ascoltatori dell'epoca, già rimasti folgorati sulla via di Damasco dall'immenso Kill'Em All. Jump In The Fire fu una specie di "pausa caffè", che il gruppo si prese prima di rientrare in studio e comporre il nuovo disco, ormai all'epoca già ben schematizzato nelle loro menti. E tutto ciò, dopo mesi passati a far maturare il loro sound, a far si che quella rabbia giovanile venuta fuori due anni prima fosse incanalata nel modo migliore possibile, dette vita, il 27 Luglio 1984, a Ride The Lighting. Cosa dire su questo disco? Poco e niente, se non che fu un'altra virata verso il genio indiscusso dei Metallica: ritmi chiusi e cattivi, tecnica sopraffina, mixaggio e produzione ottimi operati dalla celebre Megaforce Records (e poi dalla Elektra nella ri-edizione), Hetfield che continua a scaldare la sua voce, togliendo un po' di ruggine giovanile che in Kill'Em All si sentiva qui e là, ed assestandosi fra i frontman Metal più apprezzati e fini di sempre, temi affrontati decisamente più seri (spaziando fra Bibbia, Letteratura, Pena di Morte, Suicidio e Società). Tutto questo senza dimenticare l'iconica copertina, un'altra manovra da maestro che rimarrà per sempre impressa nella mente di ogni fan che si rispetti, quella sedia elettrica nei toni del blu e del nero, con il fulmine lucente al centro, sarà parte degli incubi di tutti noi, incubi fatti di Thrash. Dopo l'uscita di Ride i nostri statunitensi cominciano a cavalcare grandemente la cresta dell'onda, tutti li vogliono, tutti li amano; tour, promozioni, fan incalliti che li aspettano ovunque loro vadano, ormai la pagina dorata della storia è stata assicurata, e il duopolio Kill/Ride è stampato a caldo nei cuori di ogni metalhead che si rispetti (duopolio che poi diventerà un enorme trittico quando nel 1986 uscirà Master Of Puppets). Bisogna dirlo, i Metallica ce l'hanno sempre avuta questa fissa dei singoli, fin da quando , neanche un mese dopo l'uscita di Kill, rilasciarono il primo singolo della loro carriera, Whiplash. Da allora, ogni volta che Ulrich, Hammet & soci rilasciano un nuovo album, esso è inframezzato con il vecchio grazie ad uno (o alle volte più) dischi singoli, quasi come per creare un truculento ponte di sangue fra un blocco artistico e l'altro. Nel 1984, dicevamo, era già uscito Jump In The Fire, un'estrazione però del primo glorioso lavoro; ci voleva decisamente qualcosa che desse lustro ed ancora più forza anche a Ride The Lighting, considerato peraltro da molti fan come il miglior lavoro della band, ma si sa, sono gusti personali. Dunque, cosa fare per alzare ancor più il piedistallo di questo disco stratosferico? Ma è ovvio, un altro singolo; e fu così che il 23 Novembre del 1984 venne alla luce Creeeping Death. Dalla copertina assai iconica, ed anche per certi versi un po' lontana dalle iconografie classiche dei metallica (anche se trasuda Thrash Metal da ogni poro, con quel ponte di pietra incastonato fra le montagne, fra i fumi tossici di quello che pare essere un lago acido sottostante, e quel teschio minaccioso che si palesa al di sotto dell'arcata del ponte, con occhi di fuoco e bocca assente, come se non avesse niente da dirci, se non volerci mangiare, il tutto sormontato dall'enorme logo della band, anche esso con uno stile litico e crepato, come se fosse di pietra anch'esso), abituati a temi decisamente più minimali, e contenente la title track, slot numero sette di Ride The Lighting, e due cover che vedremo in seguito (tutte e tre registrate a cavallo fra il 1983 ed il 1984 presso gli Sweet Silence Studio di Copenaghen, in Danimarca). Creeping Death fu ampiamente apprezzato, più che dai puri fan, dai collezionisti, che ancora oggi ne ricercano l'originale versione pubblicata dalla Music For Nations (vinile a 12 pollici, 45 giri, e che odiernamente viene quotato, in condizioni eccellenti, fra i 25 ed i 60 euro). Alcune informazioni importanti prima di passare alla nostra eviscerazione ricolma di budella e sangue: il lato B di questo singolo, quello contenente le due cover, viene solitamente chiamato Garage Day Revisited, un rimando ai tempi iniziali, in cui i nostri eroi suonavano nello scantinato di Ulrich, provando cover alternandole ai pezzi loro (questa dicitura infatti sarà il viatico per intitolare nel 1987 un EP, intitolato Garage Day Re-revisited, contenente appunto tutte cover ri-registrate dal gruppo). Va aggiunto anche che, se non volete spendere soldi così ingenti per la versione classica del singolo, la Music For Nation quello stesso anno stampò anche una versione double di questo disco, inserendoci anche il 12 pollici di Jump In The Fire uscito qualche tempo prima. Ultime note prima del fischio finale e del track by track: questa è solo una piccola chicca per collezionisti, è bene sapere anche che la versione originale di questo singolo, come l'aveva concepita Alvin Petty, il disegnatore, prevedeva sul retro della copertina una putrescente luna fra le nubi tossiche, questo poi, probabilmente per problemi di stampa o costi, è andato perduto durante la produzione in massa. Dunque, è il momento, estraiamo questo piccolo 45 giri dal piatto, settiamo il giradischi di modo che abbia la velocità giusta, avviciniamo il braccetto, e che la devastazione cominci.
Creeping Death
Dopo che il fruscio del solco vuoto è scomparso, è la volta della title track, Creeping Death (La Morte che Avanza): la batteria di Ulrich inizia ad intonare il suo cantico di battaglia, ritmico e possente, tom e piatti la fanno da padrone, il doppio pedale man mano incede, mentre di sottofondo troviamo anche la chitarra di Hammet che, man mano che l'intro si gonfia, comincia anche lei a suonare le sue demoniache note, prima più sommessamente, poi, una volta che il silenzio della batteria è arrivato, si scatena in un ritmo anch'essa cadenzato e continuo, coadiuvata stavolta anche dall'entrata di Hetfield alla ritmica, ed alla voce ovviamente. James incalza il brano fin dalle prime battute, i ritmi continuano ad essere costanti e perentori, sempre lo stesso loop prima lento, poi una leggera accelerata, prima del bridge che ci collega al ritornello, dato da alcune rullate di piatti da parte di Lars. Continuando nell'ascolto, troviamo ancora questo cerchio di devastazione, a cui, chiaramente, non poteva mancare il basso del compianto Cliff; egli c'è, anche se magari ad un primo e distratto ascolto poteva non sentirsi, i suoi slap sulle corde doppie dello strumento si odono eccome, e vanno ad ingrossare ancora di più la batteria di Ulrich. Il cerchio continua a stringersi attorno alla nostra gola, sempre più, finchè Kirk non ci lancia una ciambella di salvataggio da questo claustrofobico loop, intonando per noi un lungo solo degno del miglior Thrash che ci sia. Esso è pomposo, altisonante, note che si infiammano nelle sue mani, scale man mano sempre più veloci, finché, esattamente come era arrivato, il solo si chiude con una brusca stoppata, data da un colpo ferale di Lars ai piatti e al doppio pedale, insieme al ritorno della ritmica di Hetfield. I Metallica ricominciano con il martellante ritmo sentito nei primi passi del brano, ancor più pregno di violenza, ma, al tempo stesso, se ad esempio la confrontiamo con una Hit The Lights o una Motorbreath, sentiamo che i nostri statunitensi sono maturati eccome, sia a livello compositivo che di esecuzione. Le linee sono pulite e marcate, è andato via quello sporco rugginoso del primo disco (che, sottolineiamolo, ci stava dannatamente bene, ma era espressione di un intro giovanile e della rabbia che ne consegue, è questo il mix che rende Kill'Em All un capolavoro); qui invece abbiamo una crescita, ed essa la si sente particolarmente nell'esecuzione del brano, riff diretti ed incisivi, gli sprazzi Speed dei primi vagiti ormai hanno lasciato il trono al demone Thrash, che pare l'abbia usurpato con una enorme spada fra le mani. Alla metà del pezzo, dicevamo, abbiamo quel ritmo compulsivo , che accenna ad un piccolo rallentamento, dando più forza alle parole di James che intona in modo più marcato "Die By My Hand" assieme agli altri membri del gruppo, brividi che solcano letteralmente i cervelli. Colpo di frusta di Kirk e si riparte con l'andante Thrash/chiave del brano, il quale però, prima di lasciarci completamente andare, trova lo spazio per un altro ottimo solo di Kirk, stavolta dal sapore nettamente Heavy, giri di note che si susseguono, prima di un enorme tapping finale, il tutto reso alto dai piatti della batteria. Serie di rullate finali prima degli ultimi sprazzi del brano, con l'intero gruppo che, man mano arrivando alla dissolvenza, si scatena in una enorme sessione rumorosa e man mano sempre più sovrastata dalle note, i rulli della batteria diventano veri e propri colpi di martello, la chitarra continua il suo saliscendi sul manico, mentre "a margine" di tutto questo, il basso, che a differenza di tanti altri brani suonati da Cliff, qui non ha un suo spazio ritagliato, continua a dare secche botte alle corde, per far si che si senta bene la sua costante presenza. Ci dobbiamo trasferire nell'antico Egitto per analizzare le liriche di questo brano: leggendole, diventiamo letteralmente l'anima dell'Antico Testamento, precisamente della parte che narra le terribili dieci piaghe che Dio in persona mandò al faraone ed ai suoi sottoposti per la decisione di quest'ultimo di non lasciar partire gli Ebrei, allora schiavi, assieme a Mosè. L'intero testo è un'unica dichiarazione dello stesso Dio/Demone che parla, prima agli Ebrei, dicendogli che dovranno semplicemente aspettare, la loro salvezza arriverà, e giungerà su gambe di fuoco. Dopo ciò, Dio si rivolge agli egiziani, ed in particolare al faraone, diventando di fatto la morte in persona (quel "Vi ucciderò, io avanzo per la terra, uccidendo il primogenito maschio", è una delle sessioni più da brividi dell'intero brano, aiutata anche dall'effettata che James ha deciso di dare alla sua voce qui), scavalcando grandemente tutte le nefandezze del faraone ed i suoi abitanti, sangue, morte, pestilenza, piogge di fuoco, e, alla fine, la più atroce piaga di tutti, l'uccisione dei primogeniti (con tanto di rimando all'avvertimento per gli ebrei, obbligati a tingere la porta di rosso sangue d'agnello per far si che Dio/La Morte passassero oltre). Liriche che trasudano storia, quella millenaria, quella che, nonostante si possa essere non credenti, affascina comunque, il set di un enorme film di fantascienza che prende vita, sono liriche di caos e promesse non mantenute, con Dio/James che si erge a mietitore di anime peccatrici, tutto ciò con una musica di sottofondo che, al pari della tempesta di sabbia, squarcia e spazza via tutto ciò su cui i suoi affilati granelli posano lo sguardo. Si loda il fuoco qui (un riferimento anche al cespuglio infuocato col quale Mosè parla, personificazione terrena di Dio, che lo avverte delle piaghe in arrivo), lode per sempre alle fiamme che avvolsero coloro che assoggettavano un popolo rendendolo schiavo, la loro punizione è stata divina, la ferocia di Dio si è scatenata contro di loro, lasciandosi dietro soltanto morte, sofferenza, ed un grande pentimento, da parte del faraone, per non aver ascoltato l'avvertimento del discepolo divino, le sue parole all'epoca parvero menzogne, ma erano lame acuminate pronte a conficcarsi nella carne.
Am I Evil?
Per analizzare il prossimo brano, dobbiamo tornare fino al 1976, quando due energumeni inglesi, rispondenti ai nomi di Brian Tatler e Duncan Scott, fondarono la loro personalissima band, che negli anni, pur rimanendo ahimè sempre nell'underrated più nero ed oscuro, sarebbe diventata uno dei fari della NWOBHM. Loro, la band, si chiamavano Diamond Head, e nel corso degli anni hanno rilasciato sei full lenght, uno più pregno di metallo inglese dell'altro, tutti quanti bruciati dallo spirito nascente della nuova ondata musicale. I Metallica, Hetfield in particolare, si è sempre detto ispirato grandemente dalle formazioni inglesi (se notate, ogni tanto durante i live, indossa un gilet di jeans, stile anni '80, completamente rattoppato di scritte relative ai gruppi più celebri della fucina inglese e non, dai Diamond Head stessi ai Satan, passando per Iron Maiden, Judas Priest, Urchin, oltre alle sue influenze Hardcore e Punk anni '70). Perciò, quando lui e Lars, che di ascolti ne condividevano molti, decisero di coverizzare qualcosa, dandogli l'impronta Metallica ben schiaffata sopra, scelsero alcune formazioni fra le più influenti, e al tempo stesso misconosciute, della storia. Dei Diamond Head presero quella che forse è la loro hit più celebre, Am I Evil? (Sono Malvagio?). Nella discografia dei Diamond essa appare due volte, prima nell'ormai introvabile (l'originale, a meno che non si cerchi la più reperibile ristampa del 1992) Lightin To the Nations, primo full lenght del gruppo, datato 1980, e poi, in quello che a detta di molti (considerando la difficoltà nel reperire le poche copie del primo) è etichettato come il primo "vero" disco degli inglesi, quel Borrowed Time del 1982 che tanto scalpore fece all'epoca ed anche oggi fra gli appassionati. Il pezzo originale dei Diamond Head è un classico 4/4 inglese, iniziato da una martellante batteria, che man mano lascia spazio anche alle chitarre ed al basso di sottofondo, prima di esplodere con un ritmo che suda anni '70 ovunque, molto Hard'n Heavy. Il tutto viene innalzato dalla voce di Sean Harris (rimasto in formazione fino al 1985, e rientrato poi a scaglioni in altre due fasi del gruppo, prima di venire sostituito nel 2004 da Nick Tart), squillante e precisa, pulitissima nella sua resa. Il brano è una enorme sessione di sette minuti di puro Heavy Metal britannico, trascinante e decisamente meno pomposo di quello made in USA, le ritmiche sono prese direttamente dalle tradizioni Hard Rock, sia i riff che le tematiche stesse, molto oscure e dinamiche. I Metallica decidono di compiere un lavoro assai rispettoso delle tradizioni, e per la maggior parte della canzone non fanno altro che inacidire totalmente le ritmiche scritte dai Diamond, rendendole Thrash fino al midollo, ed aumentando i bpm in alcuni passaggi. La chitarra, ovviamente, invece di trasudare settantiane melodie, qui si impregna di ritmiche statunitensi, corpose, graffianti e decise, così come la batteria, che nel brano originale era pulita e sorda, qui invece Lars da colpi assai potenti, aiutato anche dal doppio pedale (che i Diamond Head non avevano). Per quanto riguarda la linea vocale, James è tutto fuorchè squillante: si dedica piuttosto a quei vocalizzi gutturali e rochi che lo hanno reso così apprezzato dai fan, dando all'intero brano un tono ancora più oscuro ed incazzato, sempre però nel massimo rispetto della canzone originale. Anche quando, nella seconda parte, i Diamond accelerano l'andamento del brano, i Metallica non fanno altro che riprendere lo stesso ritmo, dandogli un'impronta Thrash e basta, introiettandola e facendola loro, ma senza andare troppo a sconvolgere le dinamiche originali. E' un pezzo che, già rendeva nella sua versione originale (che il sottoscritto preferisce, ma per una questione di affezionamento alle tradizioni, tuttavia anche quella dei Metallica fa la sua porca figura, ed è strutturata ottimamente), ma che con Hetfield e Ulrich, oltre ad Hammet e Burton ovviamente, prende una forma ancora più malvagia, perché il Thrash è così, quella vena di Hardcore che scorre nelle vene di chi opera questo genere, non accenna mai ad andarsene del tutto. Sul finale Kirk si concede il lusso di un enorme assolo dalla sua infuocata chitarra, dandogli un sapore USA davvero ben fatto, ma mantenendo comunque i canoni ben piantati nella Britannia ottantiana. Dato che questo singolo emana oscurità da ogni dove, logicamente anche la scelta dei brani non è casuale: il testo di Am i Evil? È una enorme confessione in spirito demoniaco di un individuo, a cui da piccolo hanno bruciato la madre viva (essa era una strega, almeno secondo le credenze di allora). Da quel momento, il nostro uomo ha sempre inseguito il male, diventando un vero e proprio procacciatore di vendetta; la visione della madre fra le fiamme, la consapevolezza soprattutto di quanto effimere e sbagliate fossero le convinzioni di chi ha mandato sua madre al rogo, lo hanno fatto uscire di testa. Egli ora è un cacciatore di morte, agogna il sangue con tutto sé stesso, e quando si chiede se è malvagio, la risposta è "Si, Lo Sono". Come un'ombra nella notte egli brama una nuova vittima per accrescere e saziare la sua voglia di vendetta, finché essa non sarà completamente abrasa dalla sua anima; il problema, e questo lo è soprattutto per gli abitanti del mondo, è che probabilmente non sarà mai completamente appagato, continuerà a chiedere ancora sangue, i suoi denti saranno costantemente macchiati, così come il suo coltello. Liriche che spaventavano già nel 1980 , con quella "dolce", ma aggressiva musica di sottofondo operata dai Diamond, e quella voce così squillante che vessava il pubblico facendoli sentire le vittime di questo pazzo; coi Metallica forse ci spostiamo dalla parte visiva del carnefice stesso, la voce demoniaca di James da quel la oscuro che porta il brano al Thrash puro, ovviamente tutto questo grazie anche agli altri sgherri del gruppo che fanno spaccare crani a destra e sinistra; i Metallica peraltro coverizzeranno ancora i Diamond Head, precisamente Helpless, altra botta di Heavy inglese con tutti i crismi, e comparirà all'interno di Garage Day Re-revisited.
Blitzkrieg
Ultima traccia del lato B di questo singolo targato 1984, ci rispedisce sempre al 1980, anno di formazione di un'altra band facente parte del filone NWOBHM, i Blitzkrieg. Originariamente marchiati come Split Image, essi avevano Sarah Awkindle alla voce, quando ancora il monicker era diverso, ma, un giorno si presenta alla porta un capellone giovane ed affamato di voce, quanto di tastiere. Egli si chiamava Brian Ross, e dal suo ingresso nella band, l'immagine diventò guerra lampo (traduzione letterale di Blitzkrieg), ed iniziò un'altra pagina di leggenda. La band è attiva tutt'oggi, ed ha sullo scaffale otto dischi, più un celebrativo (uscito quest'anno) che festeggia i 30 anni del primo full lenght, datato 1985. Prima di A Time Of Changes, titolo del primo album, i nostri guerriglieri armati di fucili e corde di chitarra, avevano rilasciato un singolo ed una Demo, entrambi nel 1981, senza contare l'originale Tape Demo del 1980. Proprio una di queste due uscite di inizio anni '80 doveva trovarsi nella collezione di James, che rimase letteralmente folgorato da questi energumeni britannici, dalla loro cattiveria e sagacia nella stesura dei brani. Particolarmente rimase colpito dalla traccia omonima del gruppo, contenuta sia nel singolo che nella Demo. Così colpito che, una volta intrapresa la strada della rockstar, decise di omaggiare i suoi beniamini con un'altra cover, ed è così che nacque il terzo pezzo del singolo di Creeping Death, Blitzkrieg (Guerra Lampo). A differenza dei Diamond Head, questa sarà l'unica cover di questa formazione che eseguiranno i Metallica, ed essa apparirà anche nella raccolta, completamente composta da pezzi ri-arrangiati, del 1998, intitolata Garage Inc., ed è stata anche inserita nella ristampa di Kill'Em All datata 1988; i quasi quattro minuti della guerra lampo inglese iniziano con un ossessivo ritmo di chitarra, accompagnato dai piatti della batteria e dal basso in sottofondo, classico schema del metallo britannico. Il pezzo man mano subisce poderose accelerate e distorsioni, prima dell'entrata di Brian Ross , che ad ascoltarla bene, ha una linea musicale, anche se molto pulita, assai simile a quella di James (deve essere stato uno dei motivi che l'hanno spinto a farne una cover, ma anche probabilmente a costruire la sua intera linea vocale). Il pezzo procede veloce ed alto fino alla fine, con il ritmo che si ripete come in un infinito loop di cadenzatura, ovviamente condito con soli e riff estrapolati direttamente dagli anni '70, ma decisamente più metallici nella resa del brano firmato Diamond Head (non c'è né un migliore né un peggiore, entrambi sono encomiabili per motivi diversi). Il rombo di un motore da motocicletta ci porta al passaggio finale, in cui i nostri Blitzkrieg riprendono in mano il ritmo sentito all'inizio e prendendoci per mano ci trasportano alla fine, soddisfatti e contenti dell'ascolto effettuato. I Metallica operano anche qui una scelta molto simile al brano precedente; decidono infatti di cambiare semplicemente l'andante ed il ritmo del brano, ma rimanendo ancorati alla linea originale, dandogli quindi solo la loro impronta Thrash. La voce di James, aiutata dalla sua somiglianza con quella di Brian Ross, ci aiuta tranquillamente nell'ascolto, considerando che sembra di sentire, in alcuni punti, lo stesso frontman, ma con voce decisamente più rauca ed oscura. Il brano continua a martellarci fino alla fine del suo minutaggio, sempre con quell'impronta martellata tipica del sound Metallica, chitarre in primo piano, batteria che si barcamena fra rullante e piatti, con alternate delle robuste dosi di doppio pedale, ed il basso che in mezzo a tutto questo, rimanendo fedele alla linea originale, ci spacca la testa in due con un ritmo ripetuto fino alla pazzia. Hammet, in tutto questo, reinterpreta in chiave malvagia il riff che si trova alla fine quasi del brano, dandogli un sapore tutto suo, molto tecnico ed alto, così come il ritmo finale, che viene leggermente cambiato dalle frustate Thrash operate da Kirk stesso. Essendo un brano molto più breve del precedente, i Metallica ci fanno navigare alla fine con la ripetizione del main theme presente in tutto il pezzo, prima di una piccola ed acida passata di corde alla chitarra finale, seguita da un roboante rutto (probabilmente di James stesso), che con una giovane voce ride, e al contempo di sente qualcuno rispondergli (non si sa se Lars o qualcun altro), dicendogli una cosa del tipo "ma che cazzo fai?", e la dissolvenza arriva, portandosi via anche questa canzone, così, con quella gioia giovanile che all'epoca prendeva i nostri metalheads. La guerra lampo tutti, o almeno chi ha aperto un libro di storia in vita sua, sappiamo cos'è; è una tattica militare, inventata dai soldati e gerarchi nazisti durante la seconda guerra mondiale, che prevedeva un ingente dispiegamento di forze al fine di sottomettere una città o un luogo strategico nel minor tempo possibile, come un lampo appunto. Le liriche del testo ci raccontano proprio gli ordini e le sensazioni di questa tattica militare: si ha l'impressione di trovarsi veramente sul campo di battaglia, assieme ai nemici ed alle vittime soprattutto, che si chiedono se riusciranno di nuovo a vedere la luce del giorno. Ormai l'alba è vicina, ci siamo quasi, ma la guerra lampo è imprevedibile, basta un momento di distrazione, un attimo in cui qualcuno perde la testa, ed ecco che ogni speranza precedente viene vanificata. E' anche, il brano, una enorme denuncia agli orrori della seconda guerra mondiale, all'odio perpetrato dai nazisti contro il mondo intero, grazie, o a causa, del desiderio egemonico di stringere l'intera terra fra le mani. Le atrocità commesse in quel periodo non vanno mai dimenticate, ed i nostri britannici, originali autori del pezzo, lo sapevano bene, magari avendo anche toccato con mano grazie ai genitori gli orrori di quei maledetti anni, tanto da dedicare una canzone quasi "alla memoria", per ricordare a tutti che cosa succedesse in quel periodo. Sono liriche assai impegnate nella loro linearità di fondo, si parla infatti di giri di parole ripetuti all'infinito, inframezzati da due sezioni in cui si narrano gli orrori della guerra lampo, eppure, magari aiutati anche dalla musica, si riesce a percepire grandemente l'atmosfera di quel momento, la sofferenza ed il dolore di chi ci trovava in mezzo, e non poteva fare niente. Difficile dare un giudizio su quale sia la migliore; personalmente, sempre per affezionamento al metallo britannico, preferisco l'originale, come per i Diamond Head, tuttavia, il rispetto dimostrato da Hetfield, Ulrich e soci, nel non sconvolgere niente o quasi del brano originario, ma di dargli semplicemente la loro impronta giovanile e Thrash, fa di questa Blitzkrieg un ottimo pezzo da ascoltare all'infinito, ma non un brano da cui partire per poi conoscere la band primordiale, assolutamente consigliato fare il contrario.
Conclusioni
Nonostante il consiglio appena dato, quello per il quale bisognerebbe prima conoscere i brani originali, o almeno ascoltarli, e poi passare alle cover dei Metallica, o di chiunque altro, va dato atto ai nostri statunitensi di una cosa: essi si sono sempre prodigati anche per far conoscere alla gente e ad un pubblico vasto canzoni e gruppi che molto spesso si dimenticano, certo, dandogli la loro voce ed il loro sound, ma dando anche una profonda dose di rispetto a chi le aveva composte, senza mai dimenticarli. Soprattutto, e questo singolo ne è una prova concreta, i Metallica erano dei veri escavatori di musica, apprezzatori di qualsiasi cosa (o quasi) gli passasse fra le mani. Analizzavano, ascoltavano, selezionavano e poi, dal 1982 in là, hanno riproposto le loro influenze sotto forma di musica, dando vita a quello che oggi si chiama Thrash Metal. Perché comprare o ascoltare questo singolo? Principalmente l'averlo è un mero valore collezionistico, ma permette anche di avere un quadro ancor più viscerale della storia di questo gruppo. L'ascolto puro invece, beh, più che per la prima traccia, che si ascolta tranquillamente anche in Ride the Lighting, questo singolo si innalza per le due cover: un enorme e bellissimo modo per dare adito a due pilastri mai troppo considerati della NWOBHM, due enormi blocchi che spesso, specialmente col passare degli anni, la gente si dimentica, dando solo fiato ai blasoni, e non a chi come loro ha sputato sangue e sudore sulla propria musica, anche se magari non facendocela alla fine (vi basti sapere che i Blitzkrieg, per fare un esempio, negli anni hanno aperto a gruppi del calibro di Iron Maiden, Motorhead, Saxon e Def Leppard). Insomma, questo singolo è al tempo stesso l'ennesima testimonianza della beltà e tecnica musicale dei Metallica, ma anche una piccola e al tempo stesso enorme lezione di storia musicale, ci sono persone che grazie a questo gruppo hanno scoperto formazioni assai underrated nel mondo musicale, le hanno poi ascoltate ed apprezzato sia la versione originale, che la cover operata da Hetfield & soci. Con quell'artwork così inusuale poi, che si avvicina ad altri singoli come Jump In The Fire, questo Creeping Death è da avere se siete veramente fan della band, mettetelo in una teca, consumate i suoi solchi, insomma, fatene quello che volete, ma rimane un ottimo ponte fra il grande Ride, e quel cimitero di croci, con le mani contornate da fili al di sopra, che nel 1986 sconvolgerà l'ordine mondiale del Thrash e del Metal in generale, magia pura che farà salire i Metallica nel pantheon della dorata rocca metal senza farli mai scendere, perdonandogli anche (fino ad un certo punto) gli errori degli anni seguenti, ed il mutare degli stessi atteggiamenti della band.
2) Am I Evil?
3) Blitzkrieg