METALLICA

Broken, Beat & Scarred

2009 - Vertigo

A CURA DI
LORENZO MORTAI
19/06/2016
TEMPO DI LETTURA:
7

Introduzione Recensione

Death Magnetic è stato, possiamo dirlo senza troppi problemi, un vero e proprio ritorno in grande stile per i Metallica. Dopo l'abisso oscuro in cui sembravano essere sprofondati dalla seconda metà degli anni '90 in poi, culminando in tutto con St.Anger, stroncato pesantemente da pubblico e critica, i nostri four horsemen sembrano aver preso di nuovo la retta via. L'album nella sua interezza è massiccio, roccioso, pieno e pregno di rimandi ad un passato dorato del tempo che fu, stacchi potenti e riff granitici che si uniscono a testi altisonanti e ricolmi di cattiveria e denuncia. Eppure, una buona parte dei fan (compreso chi vi sta scrivendo) ha voluto vedere in Death Magnetic quasi una presa in giro da parte del gruppo. Non fraintendiamoci, il disco è ottimo, probabilmente una delle migliori prove mai affrontate dal gruppo; in primis per l'anno di uscita, il 2008, certamente non un periodo florido per l'Heavy Metal, specialmente quello di matrice più classica, con tutti i neo-generi che man mano si sono formati nei 10/15 anni precedenti. In seconda battuta, ma certo non meno brillante per importanza, è che con questo album i Metallica hanno voluto dare una sonora scossa al pubblico che sembrava ormai sopito ed addormentato all'idea che gli horsemen di Los Angeles/San Francisco fossero ormai sulla strada dell'Hard Rock mainstream. Quel che si sono (e ci siamo) ritrovati fra le mani invece, è un onestissimo e degno esercizio di stile, che certo non ricalca al 100% i fasti del passato, ma cerca di portare quel Thrash fondato dagli stessi Metallica nel nuovo corso della musica, dandogli sempre e comunque un'impronta personale. Ed è qui che sta il problema, o almeno quello che ha vissuto l'autore di questo articolo; se le capacità della band sono davvero queste che troviamo espresse in DM, perché non farlo prima? Chiariamoci, nessuno ha mai preteso che i Metallica non dovessero fare passi falsi nella loro carriera, quelli capitano a tutti quanti, sono prassi nel corso di una carriera (così lunga come la loro peraltro), ma allo stesso tempo ci rendiamo anche conto che forse il modus operandi adottato sia stato completamente sbagliato. Voglio dire, St. Anger riporta anno di uscita 2003, cinque anni soltanto separano i due album, e quindi è abbastanza logico pensare "cosa può essere così radicalmente cambiato in pochi anni da portare una band del genere prima a confezionare un album nettamente sotto i loro standard, e poi risalire abbondantemente la china con un disco come questo?". Nessuno lo saprà mai con certezza, ed abbastanza spesso (e probabilmente senza sbagliare più di tanto) si da la colpa di tali scelte alla profonda crisi che aveva colpito la band nel periodo 1998/2004, specialmente James e Lars, il primo per problemi di salute personali, il secondo per una specie di distaccamento dalla realtà dei fatti. Lasciando adesso da parte le filippiche e le considerazioni personali su Death Magnetic, veniamo all'argomento della recensione odierna; come ormai è prassi fin dal 1982, i Metallica rilasciano sempre singoli di varia tipologia prima o dopo la stampa di un particolare album, ed anche la "bara con la croce" bianca non fu esente da tale meccanismo. Si cercò di fare un netto parallelismo con St.Anger,  per il quale di singoli ne vennero rilasciati addirittura sei, due prima dell'album, e quattro subito dopo il rilascio. Alla fine sono feticci, niente di più, se non per qualche sporadica presenza (e questo meccanismo negli anni si è perso) di tracce non presenti nel disco stesso, che solitamente si assestano sulla tipologia della cover, della live-track o del ri-arrangiamento della canzone stessa. Per Death Magnetic la scorpacciata di singoli inizia ufficialmente il 21 Agosto del 2008, con il rilascio di The Day That Never Comes, track numero quattro del disco, e rilasciata come  singolo mono-traccia. Si è proseguito poi con altri tre, fino al 12 Settembre, giorno di uscita ufficiale del full lenght. Pareva fosse finita qui, ed invece i nostri horsemen, probabilmente trascinati in maniera positiva dal loro ritorno in grande stile, decisero di fare le cose in grande; ed infatti, pochissimo tempo dopo la stampa dell'LP completo, il 15 Dicembre, uscì All Nightmare Long (traccia numero 5). Da quel momento in poi tutto tacque fino all'avvento dell'anno nuovo, nel quale però i Metallica certo non si fermarono, anzi, trovarono il tempo, le energie e la voglia di rilasciare The Metallica Collection (uscito in Aprile), un enorme box set contenente il materiale storico del gruppo, e poco prima un altro singolo estratto da Death Magnetic, Broken, Beat & Scarred, filone narrativo di questo articolo. Il disco è uscito ufficialmente il 3 Aprile 2009, in quattro versioni diverse. Broken, Beat infatti fu rilasciato in due CD contenenti la title track e la stessa in versione live (in uno dei due dischi), seguita da un altro live. Nel secondo CD invece era contenuta una cover come poi vedremo, ed un'altra traccia live. Non accontentandosi neanche di questo, in Australia tutto questo è uscito come maxi-singolo, includendo in pratica tutto il materiale racchiuso nei due dischi singoli rilasciati. A questo va anche aggiunto un DVD contenente materiale d'archivio della realizzazione di Death Magnetic, e due videoclip girati durante il World Magnetic Tour.

Broken, Beat & Scarred

Prima traccia che incontriamo sul nostro cammino è ovviamente la title track, Broken, Beat & Scarred (A Pezzi, Picchiato e Sfregiato). Ad aprirci le danze è una devastante combinazione di chitarra e batteria, suonate a velocità martellante e con grande forza; le pennate alternate di James si fondono alle pelli di Lars, creando un ritmo granitico e pieno di energia. Il ritmo piano piano si fa decisamente più sincopato, lasciando poi il posto ad un main riff da antologia, elettrico e distorto, sempre con le pelli dietro a fare da contralto al tutto. La batteria poi trasforma il ritmo in una marcia militare, mentre la chitarra solista intona alcuni riff concatenati l'un con l'altro, prima di lasciare spazio ad una lunga distorsione che va a protrarsi sempre più nell'aria, mandandoci in estasi. Il tutto viene suonato a ritmo sostenuto, se non contiamo qualche furente pennata della sei corde, che risulta essere nettamente più veloce. Passato un minuto abbondante dall'inizio del brano, ancora non abbiamo assistito all'ingresso della voce, e quindi per il momento ci godiamo la musica sola, vera protagonista di questo lungo intro. Dopo una poderosa rullata di Lars ecco che anche Hetfield fa il suo ingresso di fronte al microfono, e fin da subito notiamo alcuni sostanziali cambiamenti; l'ugola del biondo James continua ovviamente a non essere più come nella golden age dei Metallica, causa vecchiaia, tempo tiranno, alcool e quant'altro, eppure stavolta riusciamo nettamente a sentire una cattiveria più incisiva rispetto a quanto sentito negli album precedenti, nei quali aveva considerevolmente ammorbidito il proprio modo di cantare. Niente che fa gridare al miracolo o al ritorno in toto agli albori del gruppo, ma sicuramente una sincera e rocciosa prova stilistica per il nostro frontman. Con l'ingresso della voce, il brano passa leggermente in secondo piano, pur continuando ad intonare il main riff che abbiamo sentito nella intro: unendo in sé rullate di batteria, qualche contro tempo qui e là, e le possenti pennate di Kirk e James stesso, senza ovviamente tralasciare mai Robert dietro al basso, i cui slap danno corpo e forma al sound stesso, veniamo trasportati al primo ritornello senza neanche accorgercene, e forse è questa la cosa che ci lascia più soddisfatti, il non annoiarci mentre sentiamo il brano. Abbiamo scavalcato i due minuti e la band continua a suonarcele con questo ritmo che affonda le mani tanto nel Thrash d'annata, quanto in alcune scivolate più Groove e ritmiche, funeree nella loro resa e completamente devastanti. Eppure continua a rimanerci quell'amaro in bocca per tutto il caos generato negli anni precedenti a questo disco, ma alla fine sono pur sempre i Metallica, ed in questo momento ci stanno ampiamente dimostrando le loro capacità. Una improvvisa accelerata poco dopo i due minuti ci desta dal sonno doomico in cui ci eravamo adagiati nella prima parte, la band mette la quinta e parte per una micro-sessione di Speed, prima di ritornare nuovamente al ritmo sincopato principe del pezzo, stavolta però condendolo con altre devastanti pennate di chitarra, giri di Thrash basico che infiammano il pubblico e gli fanno alzare le mani al cielo. Superati i tre minuti di ascolto, ci accorgiamo ormai che la traccia si muove praticamente su tre livelli di struttura: le prime pennate ritmiche che abbiamo sentito in apertura, il main riff con il suo carico di Groove ed accondiscendenza, e poi le brusche accelerate ed altrettanto fulminee decelerate che fanno parte dei vari ritornelli del brano. Non propriamente strutture complesse o piene di stop & go precisi come siamo abituati a sentire nel fulgore della carriera Metallica, ma al contempo sono dannatamente efficaci, non annoiano come abbiamo detto prima, e ti trasportano senza problemi al blocco successivo. Poco prima che scocchino i quattro minuti, veniamo colti di sorpresa da un altro cambio di tempo che non ci aspettavamo; la sei corde di Kirk, dopo aver eseguito alcuni giri old school, stravolge l'ordine del pezzo (che fino a quel momento si basava sulle tre "stringhe" prima elencate) grazie ad un assolo veloce e dal sapore anticamente vorticoso. Alternate picking e tapping la fanno da padrone mentre il solo procede dritto come un fuso dalle sue mani alla nostra testa, e lì rimane piantato come un chiodo. Finito il solo, l'ultima nota si lega ad un crescente ritmo finale che ci fa arrivare all'ultimo minuto di brano, minuto in cui la suite intera, come da tradizione immemore della band, esplode dando gli ultimi scoppi di follia. Arriviamo al punto finale del pezzo dopo l'ennesima corsa tanto sulla sei corde quanto sui piatti di Lars, con James che nel frattempo ci urla nelle orecchie le ultime parole di disappunto del testo, urlando come un forsennato gli stralci di liriche rimasti. Un brano che ci parla di quanto può essere dura e crudele la vita; essa ti può masticare e risputare, prendere a sonori schiaffi, lasciarti sfregiato e pieno di lividi, ma tu devi andare avanti. Si dice che "ciò che non uccide, fortifica", ebbene questo pezzo è dedicato proprio al concetto secondo il quale tutte le azioni e le storie della vita, comprese quelle più violente e devastanti, hanno un senso di esistere, e soprattutto fortificano il nostro spirito. Le cicatrici che ci lascia la vita non dobbiamo mai nasconderle, anzi, dobbiamo fieramente mostrarle al mondo, per far capire a tutti quanti che "nel mondo" noi ci sappiamo stare, anzi, ce lo mangiamo a colazione. Andiamo avanti col fare dei guerrieri, armati della nostra volontà e forza, senza farci fermare da niente e da nessuno, senza ostacoli o catene che ci tengano legati, ed anche se ci fossero, le spezzeremo. A margine di questo poi capiteranno anche momenti in cui la vita ci lascerà completamente tumefatti, sangue che sgorga da occhi, naso, bocca e corpo, faccia piena di tumefazioni, ossa rotte e dita fratturate, perché questo è il prezzo da pagare per vivere, ogni tanto farsi malmenare accade, e quando accade noi ci accasciamo a terra. Eppure, come ci accasciamo possiamo rialzarci e combattere ancora, saremo degli sfregiati, ma con un animo d'acciaio nel petto, siamo dannatamente duri a morire.

Broken, Beat & Scarred (Live)

La traccia che segue, come abbiamo detto in apertura, è sempre Broken, Beat & Scarred, ma proposta in versione live. Eseguita, come tutte le live track presenti nelle edizioni del singolo, presso la O2 Arena di Londra il 15 Settembre 2008, durante il release party di Death Magnetic, la traccia parte con uno scroscio di applausi per la band, seguito stranamente da un piccolo stacco melodico della sei corde, eseguito con melliflua lentezza e pathos. A seguito di questo troviamo la voce di James, che accoglie il pubblico parlando del nuovo album e del passato della band, saluta gli inglesi presenti quella sera a Londra, e va a presentare anche la nuova canzone, chiamandola affettuosamente "BBS", acronimo ovviamente del titolo. Si sente anche una piccola rottura nella voce di Hetfield mentre sta parlando, sintomo forse dell'emozione che anche egli quella sera stava provando, dopo tanti anni di buio, la luce sembrava essere ritornata sui four horsemen. Piccoli colpi di piatti ed il main riff che ormai conosciamo bene parte, stavolta con fare nettamente più devastante di quanto sentito in studio, cui si lega poi la chitarra di Kirk con il suo tema quasi arabeggiante, mentre dietro Lars e Robert danno il ritmo e si fregiano di altrettanti ritmi pieni di sentimento. L'esecuzione in sé, fatta eccezione per qualche piccolo cambiamento atto a rendere il sound più corposo, è pressoché identica a quanto sentita su CD, compresa la voce di James, che in quella sera londinese appare più in forma che mai. Si sente nel frattempo il pubblico che inizia ad intonare qualche strofa, mentre il gruppo prosegue la sua corsa arrivando al primo ritornello e conseguente chorus, cui poi fa in maniera fulminea capolino la brusca accelerata, con la quale l'intera folla sotto al palco va in visibilio. I Metallica si stanno divertendo, lo si percepisce da come suonano; precisi, tecnici e dannatamente violenti nonostante siano una parte di quel che erano un tempo. Perché parliamoci chiaro, stiamo assistendo all'esibizione di professionisti, persone che sono nel music business ormai da trenta anni quasi, e che sanno bene che cosa ci vuole per mettere in piedi un grande show. E ad ogni occasione buona loro non fanno altro che dare al pubblico ciò che vogliono, glielo servono su un truculento piatto d'argento, a cui noi, volenti o nolenti, attingiamo sempre. L'esibizione come dicevamo prosegue dritta come un treno in corsa, i cori del pubblico si fanno sempre più sentire ad ogni nuovo blocco della canzone stessa, sembra che la fama della band sia ancora granitica e salda, ed in effetti è proprio così. James dal canto suo continua a vomitare in faccia agli astanti le proprie liriche, in maniera netta ed incisiva; Lars invece dal canto suo sembra in forma smagliante, non si sentono né quei gutturali e fastidiosi suoni che erano propri di St.Anger, né tantomeno "stecche" da parte del drummer danese, anzi, pesta come un dannato su quei piatti e su quei tom, aiutato dal corpulento Robert che non si lascia scappare nessuna occasioen per rendere l'intera suite nettamente più massiccia e cattiva. Memorabile poi il momento dell'assolo di Kirk, in cui, seppur coperta dalla violenza dell'axeman stesso, sentiamo le mani ed il pubblico implodere sotto i colpi della chitarra, uno "yeah!" deciso di James gli da il via, ed il chitarrista di San Francisco mette la marcia più alta, il pubblico viene letteralmente investito da una pioggia di note a caduta libera, e l'ennesimo scroscio di applausi è immediato. L'assolo rispetto allo studio viene ancor più distorto e tirato per i capelli, donandogli quel sapore Speed anni '80 che aveva caratterizzato i primi due album, specialmente Kill'Em All. Si arriva alla fine del pezzo ripetendo nuovamente uno dei main theme, mentre la band spara le ultime cartucce sul pubblico che ormai è tutto dalla loro parte, e non può far altro che rimanere in estasi di fronte all'esibizione, cori e contro-cori si sprecano sul finale, James recita le sue ultime liriche, e su una ripetizione ossessiva di "We Die Hard" si arriva alla conclusione, ultimi applausi ed il concerto può proseguire.

The End Of the Line

L'ultima traccia contenuta nella versione "base" del singolo, occupa in Death Magnetic la posizione numero 2, parliamo di The End Of the Line (La Fine della Linea). Anche questa proposta in versione live, e sempre registrata durante il release party del disco a Londra. James arringa subito il pubblico con un "Are you Here with us?!", e gli astanti sotto al palco non possono far altro che rispondere a tono con un secco "Yes!". Il brano parte subito in medias res, in pompa magna il ritmo che viene riprodotto dagli strumenti dei Metallica strizza l'occhio al passato più crudo del Thrash Metal, almeno in prima battuta. Il riff portante di chitarra viene sormontato dalla stessa batteria, che diretta come un pugno allo stomaco inizia a malmenarci fin da subito. Tutto questo si concatena con gli "oh, oh" di James ed il pubblico insieme, prima che l'inferno musicale che si sta scatenando prosegua imperterrito la sua folle corsa sulle strade infiammate. Urla e strepiti da parte del pubblico, rullata di piatti da parte di Lars ed un cadenzato e devastante ritmo Thrash old school ci investe in piena faccia, portandoci via qualche dente. Pennate alternate a slap di basso fanno da spina dorsale ai primi minuti, prima dell'entrata di James al microfono, sempre in forma come nel brano precedentemente ascoltato. Tono pulito ma rabbioso al tempo stesso, il biondo frontman arringa la folla, condendo il tutto con i suoi immancabili "Yeah!", divenuti ormai un vero marchio di fabbrica per la band, e tirando le corde della sua chitarra all'inverosimile, fino quasi a strapparle. Il brano, fatta eccezione per gli urli del pubblico e qualche siparietto "da live" canonico, procede diretto esattamente come in studio, salvo ovviamente la solita distorsione da amplificatori che sul palcoscenico diventano nettamente più incisivi. Il brano incalza, gonfia ulteriormente il petto, e la band sembra non averne abbastanza di suonare al pubblico ad ogni angolo della traccia stessa; Kirk dal canto suo muove velocemente le sue mani sul ligneo manico della sua sei corde, improvvisando alcuni stacchetti e dando forza al ritmo portante della canzone. Assolutamente trascinante anche il momento, poco superati i tre minuti, in cui l'intera band produce lo stesso martellante ritmo, in maniera distopica ed ossessiva, mandando in estasi la platea, della quale continuiamo a sentire le urla man mano che procediamo nell'ascolto; gli stop and go del gruppo si sprecano, le pennate ad un certo punto tacciono, lasciando forse intendere un ritmo meno incisivo, ed invece si tratta solo dell'ennesimo stop per continuare a picchiare duro sulle nostre scatole craniche. Ribadisco quanto detto in introduzione; fa dannatamente rabbia vedere che la band è ancora in grado di fare canzoni del genere, poteva pensarci prima, ma se andiamo ad analizzare le strutture meramente musicali, brani come questi, dopo anni di buio, sono una manna dal cielo vera e propria. Procedendo in ordine, la canzone scandisce i secondi dritta come un ago trapassa il filo da cucire, sorreggendosi praticamente, come era accaduto per l'altro brano, sulle stesse tre/quattro strutture che vengono progressivamente ripetute fino allo stremo. James continua ad incitare la folla mentre la violenza sprigionata si fa sempre più calda e sanguinaria, la voglia di cattiveria cresce, Kirk si annoda le mani sulla sei corde andando a toccare note ritmate e cadenzate, per poi far esplodere l'intera canzone in un solo grandemente distorto e quasi completamente suonato sulle note alte, dal sapore dannatamente vecchia scuola, che ti lascia quella bellissima sensazione sulla lingua. Gli ultimi due minuti di esibizione, mentre continuiamo a sentire i cori del pubblico, sono conditi da saliscendi improvvisi del ritmo, la batteria che continua ad essere dolcemente deflorata da Ulrich, finché, poco prima dei sei minuti, abbiamo un inaspettato momento melodico, gli strumenti abbassano i toni, James in maniera emotivamente alta intona le strofe finali del pezzo, dandogli un sapore onirico, e progressivamente alzando il tiro fino ad esplodere di nuovo scoppiando in un pirotecnico finale in cui si ripete la struttura iniziale del brano, e sulla ripetizione anche del titolo, tirato per i capelli da James, arriva il finale col conseguente scroscio di applausi, fischi ed urla di approvazione. Si parla di morte nel testo della canzone, quella smodata voglia di andare oltre i propri limiti, superare "la linea" appunto, quella di demarcazione fra vita ed aldilà. Ed il protagonista del brano, in folle corsa contro il mondo, si accorge che piano piano la sta superando, parla di karma distrutto, gli schiavi diventano padroni, spaccare il mondo in due con la propria forza. Ci spingiamo sempre al limite delle nostre possibilità, senza renderci conto che forse il momento della nostra fine è arrivato, e quando ce ne accorgiamo, ci riuniamo tutti in un luogo per dire "hai raggiunto la fine della linea", adesso è il momento di morire. Una canzone sicuramente dal tema forte, ma che riesce quasi a farsi beffe della morte stessa, prendendola quasi in giro e parodiandola, dando come messaggio di fondo che, alla fine, tutti moriremo, ma l'importante è ciò che abbiamo fatto in vita.

Stone Cold Crazy

La prima bonus track, se così la vogliamo definire, che fa parte di questo maxi-singolo, è uscita in Europa ed USA nel secondo CD, mentre in Australia fa parte del disco unico in cui è stato inserito tutto il materiale (tranne quello video). Si tratta di una cover, cover che ha valso ai Metallica anche l'assegnazione del Grammy nel 1991 come Best Metal Performance. Parliamo di Stone Cold Crazy (Completamente Pazzo), celebre canzone dei Queen che inizialmente i Metallica inserirono come B side del singolo di Enter Sandman, per la promozione del Black Album, e poi andò a far parte dell'enorme e famoso Garage Inc., contenente tutte (o quasi) le cover realizzate dalla band nel corso degli anni. James Hetfield canterà la canzone anche durante il celebre Freddy Mercury Tribute Concert, nel 1992 presso il Webley Stadium di Londra. In quell'occasione, ricordiamo, i Metallica suonarono tre brani estratti dal Black Album "in solitaria", quando ancora i Queen non erano saliti sul palco, e poi James (assieme a Tony Iommi) si prodigò per eseguire l'altro brano. La canzone della band di Los Angeles differisce anche per qualche stralcio del testo, dato che i Metallica cercarono, nel rispetto più totale dell'originale, di rendere le liriche ancor più cattive ed aggressive. La traccia composta da May e Mercury nel 1974, fa parte di Sheer Heart Attack, ed è comunemente annoverata come uno dei primissimi esempi di Speed Metal prima che il genere stesso comparisse sulle scene (ai tempi del suo rilascio il magazine Q descrisse la canzone come "il Thrash Metal prima che il termine fosse coniato"). Le ritmiche originali dei Queen sono aggressive, veloci e tecniche, con un Mercury in stato di grazia che letteralmente vomita in faccia al pubblico il testo, anche esso condito con espressioni colorite ed una forte dose di humor nero. Nel caso dei Metallica, e la versione che stiamo seguendo oggi (registrata sempre presso l'O2 di Londra nel 2008) non si esime dalla primaria suonata nel 1991, è un sonoro calcio nei denti. James inizia arringando leggermente la folla, parlando di sentimenti comuni e della voglia di suonare; neanche il tempo di finire l'ultima parola, che subito potenti pennate di Kirk e James all'unisono danno il via ad una folle corsa contro il tempo. Si parte subito con la marcia più alta, e ci accorgiamo che, al di là della maggior aggressività data dalle distorsioni e dai toni usati dai Metallica, il pezzo rende un tributo meraviglioso all'originale dei Queen, portandole un rispetto senza eguali. La voce di Hetfield entra su un contro-tempo di piatti da parte di Lars, dal sapore prettamente settantiano, l'ugola viene quasi lasciata in solitaria sul palco mentre si sentono solo i piccoli colpi ai dorati tondi di ferro della batteria, e poi, appena incise le prime parole, si riparte subito a spron battuto verso l'ennesima corsa. La struttura base della canzone è un gigantesco loop in cui perdersi, marcio, dannatamente trascinante e ricolmo di rabbia repressa; i Metallica proseguono il loro balletto di morte dandocele di santa ragione, ed il pubblico sotto al palco va in estasi. Micro assolo di Hammet e nuovamente il turbine riprende forza, senza stancarsi né fermarsi un attimo, altrettanto nuovamente la voce di James rimane in solitaria per qualche secondo, attendendo anche il coro del pubblico che non si fa aspettare troppo, e via in maniera concatenata arriva un altro solo di chitarra, stacchetto di qualche secondo e si riparte col main theme. Un vero e proprio vortice, che se già nella sua versione principesca cantata da Mercury catturò l'attenzione di molti, con la rauca e "southern" voce di James acquista un sapore ancor più malvagio, il tutto condito dalla profana energia del Thrash. L'ultimo blocco viene aperto nuovamente dalla sola voce di James, rullate poderose di piatti, coro del pubblico ed il ritmo trascinante del brano va a chiudersi in un'orgia sonora cacofonica ed elettrica, James ringrazia e lo stop arriva immediato, mettendo fine al tornado che ci stava investendo. Liriche che parlano di un incubo vissuto dal protagonista, in cui sognava di essere Al Capone, noto boss della malavita statunitense, egli ormai è completamente folle. Vaga per le strade scacciando e calciando le persone a caso, muovendosi col passo di un cane rabbioso, e si rende perfettamente conto della rabbia che cova dentro di lui, non esiste alcun modo di fargliela passare, egli è pazzo, completamente pazzo. Incubi, sogni ricorrenti, neanche il dolce suono del suo trombone riesce a svegliarlo da questo universo oscuro in cui si è ritrovato, la mente vaga, i ricordi di spezzano, la follia impera. Ed allora il nostro uomo decide di far scatenare un vero e proprio turbine attorno a sé, niente lo fermerà, perché lui è pazzo, completamente pazzo, non esiste ostacolo che si frapporrà alla sua follia. Sparerà alla gente col mitra ad acqua, per spaventarla a morte e prendere in giro i poliziotti, ma questa è solo l'ennesima prova del suo essere matto; lo chiuderanno in una cella, ma a lui non importa, non lo lasceranno entrare in paradiso, ma lui preferisce l'inferno.

Of Wolf and Man

L'altra bonus track proviene sempre dagli anni '90 del Black Album, e si tratta di Of Wolf and Man (Dell'Uomo e del Lupo). Nona traccia dell'album, il pezzo è divenuto l'ennesimo classico della band, e quella sera a Londra non potevano esimersi dall'inserirla in scaletta, essendo una festa in onore del loro dorato ritorno sulle scene dopo tanti anni di buio. James arringa la folla dicendo di divertirsi adesso, questo è un brano che viene dal passato. Una rocciosa parte di chitarra e batteria apre il brano, ritmo cadenzato e ricolmo di sentimento, distorto fino all'inverosimile  e poi si parte; la folla va in visibilio fin dal primo accordo, si sentono gli applausi ed i fischi in lontananza. Poco dopo entra anche la voce di James, che per quanto non la interpreti più come il fulgore dell'anno di uscita della stessa canzone, fa la sua porca figura anche qui. Un tono arrabbiato misto ad una calda voce che affonda le radici nel rock sudista e nel country, questa è l'arma vincente del James post anni '80, dopo la rabbia schiumosa dei primi album, e dopo una operazione di affinatura delle corde vocali. Si prosegue sempre diretti come un treno, e viene fuori quel ritmo principesco e pomposo che a molti fece storcere il naso durante gli anni '90 del Black Album; ritmi granitici che si fondo ad altre melodie meno incattivite e più morbide, ma che rendono il pezzo quasi memorabile. I duetti dei cori e delle chitarre si sprecano fino al primo stacco, in cui abbiamo l'accelerata ritmica dell'intera suite ed il conseguente ritorno al ritmo che ci ha aperto la traccia. Lars dietro alle pelli si da nettamente da fare, infuria la sua batteria ad ogni occasione che gli capita a tiro, facendo sacri e lisergici duetti con Robert, che per quanto rimanga in disparte, fa sentire la sua massiccia presenza; la band va avanti fino a superare i due minuti, in cui James si prodiga nell'incitare nuovamente il pubblico prima della corsa che porterà la traccia all'ultimo blocco. Corsa che inizia dopo qualche secondo, e viene aperta da un cambio di tempo della batteria stessa, che se fino ad ora si era prodigata nell'eseguire un accompagnamento con doppia cassa in primo piano e piatti ben visibili, adesso di barcamena fra tempi dispari e qualche improvvisazione. Al cambio tempo di Ulrich segue immancabile l'assolo di Hammet, col suo carico di tecnica sopraffina e velocità alta. Kirk non è mai stato un compositore, lo sappiamo tutti, ma il suo sapiente modo di percorrere il manico della sua ascia, gli ha valso nel tempo la popolarità e la fama di cui gode ancora oggi, e lo sentiamo infatti divertirsi come un ragazzino mentre esegue le sue scale, sorride e si concentra al tempo stesso. Il solo viene tirato per i capelli fino allo stremo, tapping ed hammer on la fanno da padrone, prima che dal Thrash/Speed si passi ad un solo quasi Heavy melodico, con la batteria in contralto e James che da il ritmo di fondo all'intera suite, schiumando nuovamente contro la folla sotto al palco e riprendendo poco dopo le ultime liriche rimaste. La conclusione del brano arriva quasi troppo presto, ne avremo voluto ancora, ma la band suona nuovamente il ritmo principe del pezzo e con un ululato di James che simula ovviamente il lupo del titolo, arriva lo stop. Le liriche infatti parlano di trasformazioni animali, in questo caso del licantropo, ma visto dal punto di vista dell'uomo che muta piano piano nella bestia. Egli si muove nella notte con passo felpato, suda, i capelli sono intrisi dell'acqua che esce dalla sua pelle, e piano piano iniziano a comparire i primi segni di trasformazione sul suo corpo. L'uomo si ferma, vede la luna piena, ed ecco che il corpo muta forma totalmente, gli occhi diventano rossi, aguzzi canini compaiono dalla sua bocca, la pelle si squama lasciando spazio al pelo, il muso si allunga, ed il lupo mannaro è nato di nuovo. Eppure, nonostante il nostro uomo sa che trasformato in bestia farà del male a qualcuno, si sente vivo per la prima volta dopo tanto tempo quando si è mutato nel suo alter ego sanguinario, naso alla luna, ululato potente, e la vita che scorre nelle sue vene.

Conclusioni

Ai possessori del digipack limitato toccò anche uno speciale DVD, contenente un filmato di 17 minuti in cui si cerca di far capire il making of di Death Magnetic, attraverso qualche intervista e dichiarazione dei vari componenti, della band e dello staff stesso, e poi due videoclip. Nello specifico si tratta del video ufficiale della title track, che più che un videoclip canonico, altri non è che una ripresa professionale del gruppo mentre esegue la traccia, durante il World Magnetic Tour del 2008. Il video venne girato e diretto da Wayne Isham, ben noto per i suoi filmati musicali prodotti nell'arco della carriera, da Bon Jovi ai Motley Crue fino ai Judas Priest. L'altro video incluso nel DVD è il videoclip ufficiale di The Day that Never Comes, divenuto celebre per le sue truculente scene di guerra mentre il gruppo esegue la propria canzone; la traccia era stata la prima ufficialmente estratta dall'imminente album, e pubblicata come singolo nel 2008 assieme alla versione live di No Remorse. Il videoclip, girato da Thomas Vinterberg (regista di pellicole come Festen e La Comune), vede i Metallica su un palco coperto di sabbia desertica, che suonano la propria canzone mentre due militari soffrono insieme dopo un attacco a fuoco, in cui uno dei due viene ferito. Mentre i due soldati cercano di farsi forza l'un l'altro, la band continua a suonare nel sabbioso deserto, e l'emotività che ne viene fuori è davvero enorme. Si riesce a percepire la sofferenza dei soldati che in battaglia se ne vanno in maniere atroci, come un giorno che non arriva mai. Una delle più grosse operazioni commerciali mai intraprese dalla band; far uscire il singolo in tre versioni diverse, due delle quali in edizione limitata, ed un maxi singolo australiano contenente tutto il materiale (tranne il DVD), a mio avviso è stato un vero e proprio colpo di genio. Vero è che i Metallica sono ormai principi nel rilascio di materiale pre o post album per ingolosire i fan stoici, ma in questo caso si sono spinti ancora oltre, lasciando peraltro al pubblico stesso la capacità di scelta. Se vuoi solo la traccia che da il titolo all'enorme pack, ti compri solo il disco numero 1, e ti godi la traccia che è contenuta al suo interno. Se invece vuoi qualche piccola chicca in più, allora ti butti sul disco 2, e ti godrai, per quanto in versione live, due classici della band, una cover ed un pezzo che ha segnato la storia del gruppo. Infine, se vuoi proprio esagerare, c'è anche il DVD, con i contenuti speciali, il dietro le quinte dell'album stesso, ed i due videoclip a fare da contorno. Un digipack con tutti gli attributi dunque, che oggi si può ancora reperire, ma l'edizione estesa si trova a prezzi abbastanza alti. Per quanto riguarda la traccia in sé per sé, è probabilmente una delle migliori uscite da Death Magnetic, un ritorno in grande stile per i nostri four horsemen, che dopo un tunnel del quale sembrava non si vedesse la fine, sono stati nuovamente illuminati dal faro della musica, bentornati ragazzi!

1) Broken, Beat & Scarred
2) Broken, Beat & Scarred (Live)
3) The End Of the Line
4) Stone Cold Crazy
5) Of Wolf and Man
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