METALLICA
All Nightmare Long
2008 - Vertigo
LORENZO MORTAI
04/09/2016
Introduzione Recensione
Che si possa essere d'accordo o meno, o che possa essere piaciuto o meno (e chi vi scrive si rivede più nel "meno", per motivi che elencherò fra poco), un dato di fatto è essenziale e va tenuto fisso in considerazione; per i Metallica Death Magnetic è stato il disco della svolta. Dopo un lungo, anzi, lunghissimo periodo di tenebra, dopo aver toccato il fondo mediatico con St. Anger, dopo le pesanti critiche successive, e dopo aver cercato di riprendersi rilasciando alcuni sample e set apposta per i collezionisti (fra cui spicca l'imponente Vinyl Box del 2004, contenente i maggiori LP di successo del gruppo), i Four Horsemen decisero di piantare un piede per terra, affondarlo fra le radici e dire "ok, adesso è il momento di rialzarsi in piedi". Ed effettivamente, a leggere le critiche e recensioni che accompagnarono l'uscita della "bara bianca" di DM, si ebbe davvero l'impressione che la band fosse tornata ai fasti di un tempo. Più che allo Speed/Thrash d'esordio, che il gruppo non ha mai ripreso veramente (tranne forse col rilascio dell'ultimo singolo/apripista dell'album omonimo, ma in maniera più blanda), quanto piuttosto ad un Tech Thrash di forte impatto, duro ma anche melodico, algoritmi musicali complessi, brani lunghi e ghirigori disegnati sugli strumenti, ed una atmosfera generale che sapeva di sperimentazione pura. Alcuni però, ed è qui che mi riallaccio alla dichiarazione iniziale, non presero bene neanche il confezionamento di un album così old school-oriented, particolarmente (o almeno è la mia opinione personale), per un fattore essenziale. Va bene essersi rialzati in piedi, va benissimo aver ripreso in mano sonorità che erano sopite da almeno un quindicennio e più, ma allora, perché non farlo prima? Nel senso, perché non dare fiato a certe strutture, che sono certo i Metallica hanno incise a fuoco nel DNA, magari durante il periodo di St. Anger, invece di buttarsi su un sound che ha rischiato di stroncare definitivamente la loro carriera? Ritengo che la risposta sia da ricercarsi, come accade spesso, nei turbolenti animi dei singoli membri; in quegli anni la band stava attraversando un difficile momento personale, dipendenze, eccessi e la voglia di suonare che stava via via scemando, stavano letteralmente spaccando la band in due, rischiando alla fine di far scomparire quella che, senza troppi preamboli e cadenze, possiamo presentare come una delle più grandi formazioni Heavy Metal di tutti i tempi. Polemiche e gusti personali a parte, certamente non si può definire Death Magnetic un brutto disco (e per analizzarlo a fondo, vi invito a leggere la nostra completa analisi, che trovate negli articoli correlati, come del resto tutto il materiale rilasciato dal gruppo); canzoni dure e granitiche si alternano a melanconiche ballad dal sapore emotivo, pregne di sentimento. Le strutture complesse unite a bridge e riff provenienti da un cavernoso passato, fanno di questo disco un enorme vortice in cui, opinioni a parte, non si può non perdersi. Come non si può rimanere indifferenti di fronte alla vera e propria valanga di materiale promozionale che i Metallica rilasciarono in quel periodo, pre e post release ufficiale dell'album, avvenuta nel Settembre 2008. Ben quattro singoli promozionali (The Day That Never Comes, My Apocalypse, Judas Kiss e Cyanide) precedettero l'avvento del disco sugli scaffali, e già questo ci da una ferrea idea della enorme operazione di marketing che i Four Horsemen misero in piedi per rendere succulento, appetitoso e devastante il loro ritorno alla ribalta delle scene musicali. Tuttavia non finì certo qui; abbiamo anche materiale che venne rilasciato dopo la stampa del disco, fra cui spiccano i due giganteschi live francese e messicano, un altro Box Set (uscito nell'Aprile 2009 ed intitolato semplicemente The Metallica Collection, contenente l'intera discografia in studio del gruppo, più qualche succulento extra), ed anche l'EP promozionale Broken, Beat & Scarred, al cui interno si trova la traccia numero tre del disco, riproposta anche live, e corredata di un altro brano a fare da chiusura. Quel che molti forse non sanno è che poco prima di questo EP, esattamente il 15 Dicembre 2008, la band rilasciò un altro EP di contorno a Death Magnetic, argomento della recensione odierna, ed intitolato All Nightmare Long. Per chi conosce bene l'album, saprà di certo che il titolo è l'esatta trasposizione dello slot numero 5 del full lenght, qui però riproposto in un corposo doppio CD e DVD. È uscito in realtà questo singolo, per la Universal International, anche in formato CD singolo, contenente la title track e due tracce bonus. La versione che noi analizzeremo oggi però, tralasciando il DVD di cui parleremo nelle conclusioni, è quella "fat" rilasciata dalla Vertigo. All'interno dell'enorme booklet, diviso in tre sezioni troviamo i due album ed il DVD, tutti e tre rigorosamente bianchi con loghi e scritte nere, un rimando al disco vero e proprio; fatiscente ed horror anche la mefitica copertina. Il logo della band, disegnato nel classico stile con M ed A saettate, è lattiginoso e bianco come la luna, sotto al quale troviamo il nome della canzone, scritto in caratteri semplici e spigolosi, come quasi tutti i singoli che corredarono Death Magnetic. Dietro al logo troviamo un enorme lenzuolo grigio, sotto al quale, fra ombre e dune, scorgiamo una umana forma, forse un cadavere, ed alcune strane pieghe al centro, come se qualcuno si fosse mosso in maniera disperata in quel letto dell'orrore, vivendo magari in incubo lungo quanto una notte. Abbiamo anche altre due copertine a fare da contorno, una per ogni disco del singolo; nella seconda troviamo uno scosso volto umano, strappato e tirato verso sinistra, come se avesse ricevuto un pugno o stesse gridando a squarciagola, mentre nella terza, quella del DVD, abbiamo l'eburnea figura che probabilmente scorgevamo nel letto precedente, che ci guarda con le diafane pupille inesistenti del suo volto. Nei due CD che andremo ad analizzare troviamo la title track ripetuta in ogni disco (e per non dare fondo ai soliti discorsi nel track by track analizzeremo lo slot una volta sola), e ben quattro tracce live, scavando nel presente e nel passato del gruppo, come accade sempre. Come poi vedremo durante le fila conclusive di questo articolo, questo è davvero un prodotto da collezionisti puri e crudi, di quelli che pretendono di accaparrarsi ogni spillo rilasciato da una band, tuttavia non potevamo esimerci dal trattarlo, essendo comunque un tassello della discografia dei Metallica con la sua caratura ed il suo importante peso.
All Nightmare Long
La prima traccia che incontriamo sul nostro cammino è ovviamente la title track, All Nightmare Long (Per Tutta la Durata dell'Incubo); ritmi quasi arabeggianti ci aprono al pezzo, un arpeggio dal sapore orientale che ben presto viene interrotto dall'incessante pestare della batteria di Lars, anche se gli orpelli della sei corde certo non si arrestano. Mentre Kirk continua a ricamare con la sua ascia, James inizia a disegnare spirali di morte con il suo prolungamento musicale, e si alternano così, dando anche corpo al basso di Robert che certo non sta a guardare questa scena. Una volta concluso il terzo ritorno alla stessa struttura, pennate devastanti fanno volare in aria letteralmente il brano, ed anche se la voce non è ancora sopraggiunta ad ovattare il sound col suo carico di violenza, già stiamo iniziando a correre come forsennati. Le pennate si alternano ad altrettanti colpi di grancassa e piatti della batteria, finché un ritmo Thrash fino nell'anima non fa il suo ingresso in campo, alternate picking e powechord come se piovesse, ed ancora l'ugola non si è fatta sentire. I giri infernali proseguono fino ad un piccolo ma devastante refrain di Kirk, elettrico e distorto, a cui poi fanno capolino anche le prime parole di testo, pronunciate con voce gutturale e cavernosa. Ben presto il tono aulico di James arriva sul palco, ed è allora che la canzone inizia veramente a prendere corpo, il ritmo si fa via via sempre più forsennato e rabbioso, giri di chitarra si alternano a rullate di batteria. Il ritmo generale è quasi da manicomio, più che di Thrash qui parliamo di un durissimo Heavy Metal dalle tinte forti, coadiuvato da un testo pesante come un macigno. Al primo ritornello, che consta della ripetizione di un ossessivo giro di chitarra, fa eco il ritmo che ci aveva aperto il brano dopo il primo arabesco iniziale, e nuovamente premiamo il pedale del gas fino in fondo, spingendo la nostra lucente macchina a tutta velocità su strade di fuoco e sabbia. Si ha quasi la sensazione di vivere all'interno dell'incubo che leggiamo nel titolo, il ritmo di base, pur supportato da una voce abbastanza cristallina, è oscuro e dalle tinte buie, pesante e cacofonico, qualche piccola scivolata sui toni dello Stoner quasi, abbassando di diversi semitoni le chitarre, mentre la batteria di Ulrich non fa altro che dare il tempo e scatenare l'inferno ad ogni angolo. A metà del brano il ritmo principe, saldamente collegato alle rullate delle pelli, lasciano spazio ad un altro refrain della sei corde, tiratissimo e dall'atmosfera elettrica. Il ritornello viene cantato con fare da predicatore, le parole scandite in maniera granitica e dura, a cui poi si allaccia una vera cascata di note, anch'essa pesante come la pietra. Il giro nuovamente riprende la sua corsa stavolta supportato anche dalla voce, piccoli ricami di Kirk in secondo piano, ed il basso di Robert a dare corpo a tutto, aprono poi ad un riff dal sapore old school, tirato per i capelli e che ben presto si trasforma in un assolo, sempre nel segno degli anni '80. Tapping ed hammer on la fanno da padrone, saliscendi continui del buon Hammet che disegnano sulla nostra lingua un sapore davvero piacevole. Il solo viene strappato letteralmente dal suo letto grazie ad un robusto cambio di tempo, assassino e roccioso, una accelerata del medesimo ritmo sentito in precedenza, a cui poi fa eco un secondo assolo, stavolta se possibile ancor più cacofonico e malvagio del precedente. Un vero e proprio vortice di note in cui l'ascoltatore si perde fin nel midollo, valicando la soglia dell'inferno; da sottolineare l'ottimo lavoro di produzione, cosa che sul disco precedente come tutti sappiamo mancava, qui invece i toni sono diamantati e puliti, perfino il corposo quattro corde spesse di Trujilo si sente bene, anche se stratificato dal resto. Il secondo assolo di Kirk si prolunga come un mefitico serpente, annodandosi al collo dell'ascoltatore e stringendo la sua gola fin quasi a soffocarlo, mancano ancora quasi due minuti, e siamo curiosi di vedere cosa i Metallica ci hanno riservato. Una volta che l'assolo si è concluso, un refrain di batteria e chitarra dal gusto devastante continuano la propria corsa in giri concentrici, e ci traghettano verso il finale vero e proprio, in cui Hetfield canta gli ultimi stralci di liriche, un piccolo silenzio ci fa quasi pensare allo stop, ma l'ultima sezione del testo viene incisivamente gridata in faccia all'ascoltatore. Il brano arriva a conclusione di nuovo negli arabeggianti toni in cui era stata aperta, anche se stavolta nettamente più elettrici e fiammeggianti. Caccia all'uomo in queste sudice e sporche liriche, ispirate a Frank Belkamp Long, scritture statunitense, e particolarmente ai suoi "segugi di Tindalos". Creature mistiche da cui il protagonista del pezzo è ossessionato; essi non sono di questo mondo, vivono parallelamente a noi, ma capita ogni tanto che vi entrino e decidano di darci la caccia. Lo fanno rendendoci letteralmente schiavi del loro essere e del loro strano mondo, sono esseri ultra dimensionali, l'oltre verso il quale spesso l'umana comprensione si ferma nel suo capire. Il nostro protagonista sviluppa nel tempo una vera e propria malattia per questi esseri, e viene raccontato nelle liriche il loro modus operandi. Cacciatori instancabili, veri e propri lupi dimensionali, i segugi sono animali da caccia, creature che quando ti si piazzano alle spalle, niente può fermarli. L'unica soluzione sarebbe piantargli un coltello alla gola e vederli cadere esanimi, ma ahimè per noi sono esseri immortali, ed uccidere un dio, si sa, è cosa praticamente impossibile a meno che la stessa scintilla divina non alberghi anche nel nostro petto.
Wherever I May Roam
Le prossime tracce sono tutti slot live, registrati precisamente durante il release party di Death Magnetic a Berlino, presso l'O2 World. Si parte con un estratto dalla notturna copertina del Black Album, Wherever I May Roam (Ovunque Possa Vagare); uno dei brani più introspettivi della carriera della band, racconta la storia di un individuo che si è stancato del mondo circostante, e non trova altra soluzione al proprio tedio dell'anima che vagare per il mondo, sentendosi finalmente libero come non lo era mai stato. Le catene sono state rotte, i fili sociali recisi con le forbici dello spirito libero, adesso è necessario semplicemente prendere e partire, far del mondo la propria ostrica di salvezza, il proprio spazio vitale è tutta la terra su cui i nostri piedi poggiano le piante. Una canzone che vira pesantemente verso la libertà più pregna e sincera, verso quel mondo che tanti e tanti artisti e poeti hanno immaginato nel corso degli anni, una strada dritta, il vento fra i capelli, noi e magari una lucente moto sotto al sedere, sparati a velocità costante verso l'orizzonte. L'introspezione che ne viene fuori quasi ci fa commuovere, si respira fin dentro il naso il senso di appartenenza al mondo intero del protagonista, ed il suo parallelo non accettare i dogmi sociali che affliggono tutti noi, la sua unica libertà è vagare, ovunque egli possa mettere un piede di fronte all'altro, potrà sentirsi davvero libero. Uno scroscio di applausi apre il brano, mentre il celebre refrain che sembra provenire da un desertico suolo egiziano apre la canzone; due colpi della batteria di Lars fanno da prosieguo, la band continua la sua prima corsa, incitata dagli "oh, oh, oh!" del pubblico, le mani continuano ad applaudire, Kirk fa il suo ingresso sul palco ed inizia ad intonare un refrain oscuro e roccioso. Aspettiamo a gran voce l'ingresso di James, che arriva poco dopo col suo tono oscuro e pieno di malinconia; la struttura della canzone in realtà è molto semplice, consta di tre strutture che vengono sovrapposte e ripetute fino alla fine dell'ascolto. L'atmosfera si fa man mano più elettrica, il pubblico, e lo si sente bene in sottofondo, va in visibilio ad ogni nota che viene aggiunta sul pentagramma, mentre la band dal canto suo continua incessante il proprio suonare, donando ad ogni parola suonata una incisività unica. Il ritornello viene cantato quasi all'unisono con gli astanti, ed anche se la voce di Hetfield non è neanche simile al periodo del Black Album, il suo carisma continua a non avere eguali, almeno in alcuni frangenti della musica. La funerea marcia della band continua fino al momento in cui i toni vengono nuovamente accesi, dopo il secondo ritornello, da un refrain di Kirk dal sapore epico e duro al tempo stesso. Il pubblico scandisce ogni singola parola del testo, e mentre la tempesta di sabbia si scatena nelle loro orecchie, la band inietta ancora dosi di potenza nelle loro vene; dopo un "let's go" di James, arriva il primo assolo, elettrico e distorto, Hammet si prodiga per alcuni secondi inframezzato dalle parole del ritornello stesso. Brusca accelerata dei toni e poi il solo viene ripreso da dove era stato lasciato; giri di sei corde concentrici e sotto il segno della distorsione fanno andare in visibilio il pubblico, mentre Hammet continua incessante la sua corsa, aiutato ogni tanto da James che rientra per pronunciare il ritornello in maniera spasmodica e continua. L'ultimo minuto di ascolto è occupato dal main theme ed il suo ritmo così arabeggiante e bellissimo, cori azzeccati che ogni tanto vengono inseriti nell'ugola di Hetfield, ed il nostro Hammet si ritaglia anche l'ennesimo momento solista dando un colpo deciso di gas al tempo della canzone. Ultimissimi secondi cacofonici e chiassosi per la band, prima che un "Yeah!" di James si porti via l'intero pezzo ed il pubblico possa fischiare ed applaudire i propri beniamini.
Master Of Puppets
Si prosegue con quello che, per strappare un momento la citazione fantozziana, è un "classico dei classici", secondo slot infatti è occupato da quello che, in ambito Thrash, possiamo definire come uno dei migliori cinque brani che la storia ricordi, ed uno dei migliori dieci della band stessa, Master Of Puppets (Signore delle Marionette): il celeberrimo ritmo che tanti e tanti metalheads hanno sentito almeno una volta nella loro vita, ci apre all'ascolto. Lars inframezza il ritmo delle due sei corde grazie ad alcuni cronometrici colpi dei piatti, e la corsa prende il via sotto il segno della malvagità. Un "Masteeer!" di James apre finalmente all'incedere vero e proprio del pezzo, una corsa contro il tempo che i nostri Metallica eseguono in maniera cristallina e devastante. L'ingresso della voce fa si che il pubblico inizi a cantare all'unisono con la band stessa, tant'è che Hetfield in più di una occasione lascia letteralmente il microfono in mano al pubblico, che come era prevedibile conosce ogni singola parola del pezzo, e ne scandice il profondo significato. Esecuzione che ha del meraviglioso, dura e tecnica al tempo stesso, il refrain generale è da manicomio, i ritmi forsennati e continui che la band spara letteralmente in faccia al pubblico mandano in estasi perfino noi "ascoltatori da camera", che non eravamo lì e ci stiamo godendo queste tracce in versione CD. Si prosegue la corsa fino ad arrivare al primo ritornello, James abbassa leggermente il tono della propria voce, invitando il pubblico a cantare al posto suo, e gli astanti certo non se lo fanno ripetere. Leggermente velocizzata rispetto alla versione studio, ma nelle esibizioni live questo capita di continuo, la band malmena e prosegue la propria danza di devastazione. Il pubblico si trasforma in una oceanica folla che all'unisono continua a scandire le parole del testo, arrivando al secondo ritornello in cui anche Lars dietro le pelli scatena la propria furia distruttiva lanciando invettive al proprio drum set, colpi precisi e pesantissimi che vengono ripetuti fino allo stremo. Sappiamo bene che cosa ci aspetta adesso; una volta concluso il secondo ritornello, la band si concede un enorme momento corale e strumentale che vede Kirk protagonista con la sua lucente sei corde. Il pubblico fra scrosci e fischi accoglie il riccioluto chitarrista della band, che si prodiga nel suo lunghissimo assolo, uno dei migliori della storia, eseguito con precisione millimetrica, e con James che al grido di "sing with us", fa cantare il pubblico con svariati suoni onomatopeici che riproducono le note dell'assolo stesso. Solo che, come nella versione studio, dura diversi secondi, andando a sfiorare il limite del minuto e mezzo senza alcun problema, e la morbidezza con cui Kirk lo esegue ha quasi del magico, le sue mani sapienti si muovono sul ligneo manico come se fossero automatiche, ha suonato così tante volte questo brano che certo non si può permettere di sbagliare. Improvvisamente la beltà dell'assolo viene interrotta da un duro mix fra sei corde e batteria, Ulrich pesta duro come un fabbro sulle proprie pelli, ed il pubblico accoglie la sua richiesta con una sequela di applausi senza fine, facendo ripartire in quarta il brano senza alcun rimorso e senza alcuna remora. Progressivamente l'intera suite esplode nelle orecchie nostre e presumiamo anche degli ascoltatori che erano lì; il corale momento ben presto diventa uno scandire le parole della canzone con fare gutturale e troglodita, donando un sapore ancor più duro alle liriche, il cui delicato e serpeggiante argomento è ben chiaro nella mente di tutti. A tale segmento si lega un nuovo solo, stavolta più chiassoso del primo, tiratissimo ed elettrico, la corsa viene ripresa al volo ripetendo nuovamente main theme e ritornello prima degli ultimi secondi di brano che si portano via questo piccolo grande capolavoro del Thrash Metal. Risata malefica di James che ringrazia il pubblico mentre la deflagrazione del brano ormai ha preso possesso dei Four Horsemen, e lo stop brusco del CD ci porta via questo momento in maniera decisa e cattiva, come è giusto che sia. Liriche davvero profonde, che parlano di dipendenza (soprattutto dall'eroina). Tutto inizia per caso con la droga, la si prova per essere accettati, per sentirsi uomini, o semplicemente per carpire sensazioni nuove; ma una volta entrati nel turbine, diventiamo marionette al suo servizio. Il demone tossico tirerà i nostri fili ogni volta che gli andrà, e noi non potremo far altro che ubbidire. Abbasseremo il nostro status sociale fino al livello di vermi striscianti, pur di veder ancora l'ago che entra nella nostra pelle e ci dona quelle sensazioni. Sensazioni che dopo un po' diventano fredde come la morte, ma se non le proviamo stiamo male, ed allora le proviamo solo per essere normali, per carpire un po' di luce nel mondo di tenebra in cui ci siamo messi con le nostre stesse mani. Non si può tornare indietro finché qualcuno non ci offrirà il suo aiuto per uscire da questo tornado di devastazione allucinogena, ed anche in quel caso, senza la nostra volontà, tutto perderà di significato e sapore, perfino la nostra voglia di vivere.
Blackened
Prossimo brano in scaletta è estratto da uno degli album al tempo stesso più tecnici e controversi dei Four Horsemen, parliamo di ?And Justice For All, da cui la band per questo live ha estratto Blackened (Oscurato). Un refrain man mano sempre più incisivo, contornato dall'ennesimo scroscio di applausi, apre al pezzo, prima che la batteria di Lars si porti via l'apparente calma iniziale, e dia vita ad un forsennato ritmo, incessante ed oppressivo. La chitarra e le pelli si muovono all'unisono per questi primi secondi, supportati dai cori del pubblico. Pennate rocciose della sei corde danno letteralmente il via alla corsa, prima dell'ingresso di James al microfono, che pur cantando nettamente più pulito del 1989, conserva ancora la sua inesauribile vena di malvagità. I giri finiscono ed il pubblico attacca subito ad intonare le prime strofe, fino all'arrivo del magico ritornello, introdotto dal celebre "Neveeer!" di Hetfield, divenuto un vero e proprio cult come gli urli di Tom Araya e tanto altro ancora nel mondo del Metal. L'oscurantismo della canzone viene fuori in tutta la sua interezza proprio nel ritornello, in cui si scandisce bene ogni singola virgola del testo per dare quel senso di buio che permea il significato delle liriche stesse. And Justice fu un disco oscuro e discusso al tempo stesso, tecnica sopraffina ed introspezione si unirono per dare vita ad un album che, pur avendo i pesanti difetti che conosciamo tutti, è uno dei maggiori picchi mai raggiunti dalla band nella propria carriera. La corsa prosegue con il ritmo nel sangue, il pedale del gas viene premuto a manetta, il contagiri quasi spacca le sue lancette per star dietro al gruppo, mentre il pubblico non sembra neanche intaccato dalla stanchezza, e prosegue all'unisono con i Metallica la corsa all'interno delle liriche. Encomiabile qui rispetto allo studio il lavoro di Robert al basso, che dona quel corposo sapore gutturale all'intero brano, dandogli corpo e forma e slappando le sue corde con fare da guerriero. Davvero di gran nota anche il buon James, per cui sembra davvero che il tempo non passi mai, la sua voce certo è più pulita e meno graffiante di un tempo, ma il carisma e l'energia che riesce a sprigionare ogni volta che sale sul palco e si mette a cantare, ancora oggi stupisce. Meraviglioso poco dopo il secondo minuto un enorme momento corale che spacca il brano in due e ci fa muovere la testa a tempo con la musica, chiome fluenti che si scostano a destra e sinistra per seguire il dettame del tempo, mentre la band sopra al palco ce le suona di santa ragione. Ed è seguente poi il momento del refrain migliore del pezzo, in cui la parte di lirica viene supportata dai cori, la ripetizione e la scansione delle parole avviene quasi con fare da studioso, i Metallica alzano il tiro del brano grazie alle due sei corde che si intrecciano fra loro e disegnano ricami impossibili. Parole come dominazione e dolore la fanno da padrone, finché il coro non si interrompe e lascia spazio ad un mirabolante solo della sei corde, veloce, tecnico, acidissimo e dannatamente cattivo, marcio fin nell'anima e che ben si inserisce nel contesto che il brano racconta. Il solo di Kirk viene strappato dalla sua sede e tirato per i capelli fino all'inverosimile, l'asta continua ad essere alzata, una cavalcata contro il tempo che ben presto sforna l'ennesimo ritmo Tech Thrash da antologia, le spire della sei corde si annodano su sé stesse man mano che ci avviciniamo all'ultimo blocco di canzone. Il ritmo principe torna per alcuni secondi prima di un altro solo, stavolta più breve e velocissimo, quasi un fulmineo bridge; ritornello e nuovamente veniamo gettati per la mischia l'ultima volta, prima che la dissolvenza finale si porti via il brano e ci lasci un attimo di rifiato prima dello slot successivo. Il testo è una denuncia ecologica e sociale all'inquinamento che l'uomo sta effettuando sulla propria terra; arriverà il momento in cui il sole stesso, fonte della vita e della morte nel nostro mondo, verrà oscurato in maniera permanente, ed allora periremo tutti. L'unica soluzione è quella di salvarsi in tempo, effettuare scelte consapevoli nella misura in cui la Terra è una sola, dobbiamo rispettarla così come dobbiamo rispettare tutto ciò che ci circonda. La forza della natura sa essere devastante, ed alcuni avvenimenti degli ultimi anni ce ne hanno dato una prova sempre maggiore; la terra può ribellarsi, può decidere di non essere oscurata dal fare umano di conquista, dalla smodata voglia di soldi e potere, dall'inquinamento e dalle iniquità degli uomini malvagi. Si ha letteralmente la sensazione di venir trascinati verso il baratro del dolore apocalittico durante questa canzone, e non possiamo far altro che riflettere su quanto abbiamo combinato in tutti questi anni, vergognarci come ladri per essere stati a guardare, e fare qualcosa per rimediare.
Seek and Destroy
Ultimo brano in scaletta è un vero e proprio tuffo agli albori della band, altro brano grandemente apprezzato ed uno degli slot più conosciuti dei Metallica, chiusura di tanti concerti, parliamo di Seek and Destroy (Cerca E Distruggi); piccoli arpeggi anticipano le parole di James, che invita il pubblico berlinese ad infondergli la propria energia direttamente alle orecchie grazie a questa traccia, e sulla ripetizione aggressiva del titolo il refrain da antologia del pezzo fa il suo ingresso sulla scena. Una volta che il brano è partito, il pubblico sa esattamente che cosa li aspetta; una enorme e progressiva cavalcata sul filo dell'epico, con i Four Horsemen in testa alla mandria di metallari, gli arpeggi che seguono il main theme aprono ad un altro cambio di tempo, fino all'ingresso della voce di James che inizia a vomitare le prime strofe. Ed ogni volta che ascoltiamo questo brano, ci vengono in mente quelle sparute immagini dei primi anni '80, quando la band era davvero giovane ed agli albori, quando ancora le feroci critiche degli anni 2000 erano solo un abisso dentro al quale non si guardava, quando la band arrivò sullo stage e cambiò la storia. Kill'Em All è considerato all'unanimità come uno degli album d'esordio meglio riusciti di sempre, al pari di Iron Maiden, ma anche di accezioni prettamente Thrash come The Ultra-Violence o Feel The Fire. Cattiveria pura che sgorgava e sgorga ancora dalle sei corde dei due axeman, cozzano fra loro mentre il brano continua a prendere il via senza fermarsi. Arrivati al ritornello l'ossessiva ripetizione del titolo sembra provenire direttamente dall'inferno, ed il pubblico risponde con gioia e gaudio agli stimoli dei Metallica, cantando ogni singola parola. I Metallica continuano a premere il piede sul gas, James acquisisce in questo frangente un cantato nettamente più aggressivo e marcio, invitando il pubblico a seguirlo nel cantato; meravigliosa la sezione centrale, completamente appannaggio delle chitarre, che vomitano combo a più non posso, mentre dietro ad esse i possenti slap di Robert si fanno sentire, ricordando anche il compianto Cliff e le sue pennate così vigorose. Segue alla sezione centrale un altro momento corale a cui si lega nuovamente il ritornello; la struttura, come molte altre contenute in Kill'Em All, è semplice ed al tempo stesso dannatamente geniale, ogni parola ogni nota vengono rese incisive e devastanti dal continuo incedere delle chitarre. A poco più di tre minuti James annuncia "Mr Lars Ulrich" ed il drummer danese non se lo fa ripetere due volte, sfoderando un solo di batteria duro e deciso, controtempi che si legano alla doppia cassa ed ai crash, colpi duri come macigni che si schiantano direttamente verso il pubblico. A questo micro-solo si lega un ritmo dal Groove impressionante della chitarra, e che ben presto sfocia in uno strabordante assolo Speed di Kirk, tiratissimo ed in piena sete di sangue. Il solo si prolunga finché il brano non viene ripreso al volo, un piccolo momento di silenzio in cui James incita il pubblico a seguirlo di nuovo, e successivamente il main theme ritorna martellante ed oppressivo. Il brano deflagra sotto i colpi della band, le strofe vengono successivamente ricantate con fare da guerrieri, mentre refrain continui di chitarra sempre più cacofonici ci trasportano al finale, che arriverà dopo un altro abbondante paio di minuti. Paio in cui i Four Horsemen scatenano e sparano le ultime cartucce rimaste, volgendo il mirino ovviamente al pubblico, che non aspetta altro. Esecuzione cronometrica il cui unico killer è il tempo che è passato, ma questo non vuoldire che l'energia sia finita. Una serie di "wuooh, wuooh" fra il pubblico e James, seguite da un'altra evil risata del nostro frontman, traghettano il pubblico alla domanda dio James che saluta il pubblico chiedendogli se si è divertito stasera, risposta ovviamente positiva. Il tempo viene tenuto per svariati altri secondi, finché un cacofonico calderone di suono dal sapore Noise, a cui fa eco un ultimo "Yeah!" tiratissimo di James, non portano l'intera suite ad implodere su sé stessa, un corroborante "Metallica Loves You, Goodnight and don't forget it!", chiude il comparto. I nemici certo non possono scappare di fronte alla nostra sete di vendetta, questo il tema delle liriche; noi li cercheremo e continueremo a farlo finché non li vedremo esanimi di fronte a noi, esalare l'ultimo respiro in un bagno di sangue. Una vera e propria escalation di violenza e furia e noi, come lupi famelici, usciremo ogni notte a cercare un altro nemico su cui abbattere la nostra furia, su cui sfogare la nostra rabbia. Come radar nella notte individuiamo la preda e ci scagliamo al suo collo, affondiamo i denti nella sua gola e sentiamo il caldo sapore del sangue uscire dalla giugulare e bagnarci l'ugola fin dentro il petto. La vittima è lì davanti a noi, chiede pietà, ma noi non ne abbiamo, abbiamo solo voglia di distruggere ed uccidere, cerchiamo solo questo, siamo predatori nella notte, e come guerrieri antichi fendiamo l'aria coi nostri cadaveri.
Conclusioni
Come già detto, la versione "fat" di questo All Nightmare Long conteneva anche un DVD, in cui veniva riproposta la title track, ma stavolta in versione videoclip, ed anche un paio di documentari. Nello specifico si tratta del mini-documentario sul concerto berlinese che fa da sfondo alle tracce live contenute nei primi due CD, ed un piccolo making of per il pubblico, dedicato ad un concerto successivo presso il Rock Im Park. A fare da sfondo il fumettoso videoclip ufficiale della canzone, che vede protagonista non la band, quanto una serie di micro filmati di fatti apparentemente accaduti davvero. Il video è stato girato da Roboshobo (aka Robert Schober), ed è stato pubblicato ufficialmente il 7 dicembre 2008. Il video riporta fatti alternativi a quelli realmente avvenuti successivamente all'evento Tunguska del 1908, quando pare che un asteroide sia esploso a diversi chilometri di altezza causando un'esplosione talmente forte da illuminare a giorno il cielo di Londra a mezzanotte. Il videoclip mostra anche filmati di uno scienziato russo, che scopre una innocua forma di vita aliena, le cui cellule però, se impiantate in organismi deceduti, sono in grado di riportarli in vita dalla morte. Gli esseri rinverditi dalle cellule però assumono comportamenti stranamente violenti (e questo ricorda un po' il film E Venne Il Giorno. L'Unione Sovietica allora, carpito il reale potenziale di questa arma, decide, prima di salvare la propria terra con aiuti umanitari, di colpire al cuore gli USA con questa stessa arma di distruzione di massa, dando così uno smacco enorme all'America ed ai suoi cittadini. Alla fine del videoclip iconica la scena di una bandiera double face, con entrambi gli stemmi, URSS ed USA, in un territorio che ormai è completamente dominato dai sovietici stessi che hanno preso il controllo. Le ultime scene mostrano la fuga di uno di questi esperimenti, che per sfuggire al controllo mentale sovietico scappa in preda ed in cerca della libertà che non ha mai avuto fino a quel momento. In un'intervista Hammet spiegò le origini del video; disse di aver acquistato il film per 5 dollari, e di averlo dimenticato quasi subito. Anni dopo lo ritrovò e si fece tradurre i dialoghi da un'amica, e ne rimase così colpito da volergli dedicare il video della canzone stessa; dichiarazioni successive in realtà hanno portato alla luce il fatto che era solo una falsa informazione per pubblicizzare il singolo stesso che abbiamo recensito. Il film d'animazione acquistato non era una pellicola russa, e non era stato acquistato nemmeno in territorio sovietico. Il singolo è sostanzialmente l'ennesima operazione commerciale dei Metallica, che come abbiamo detto per Death Magnetic scatenarono tutta la loro furia collezionistica, rilasciando molto materiale promozionale per il loro "disco di rinascita". Azzeccatissimo il contenuto live, andando a scegliere brani che la gente ama praticamente a prescindere, soprattutto Seek e Master, peraltro proposti in un live le cui esecuzioni non sono niente male. Insomma, un prodotto da collezionisti per collezionisti, ma se volete vedere qualcosa di particolare, come i documentari contenuti nel DVD, allora non lasciatevelo sfuggire, ma badate bene, è il solito singolo che, per quanto il contenuto sia ottimo e da voto alto, non toglie né aggiunge nulla alla discografia, salvo per il materiale video allegato.
2) Wherever I May Roam
3) Master Of Puppets
4) Blackened
5) Seek and Destroy