MEGADETH
Trust
1997 - Capitol Records
MICHELE MET ALLUIGI
07/09/2017
Introduzione Recensione
Appena due giorni dopo l'uscita di "Cryptic Writings", settimo full lenght dei Megadeth, la Capitol Records lanciò sul mercato anche il singolo promozionale di "Trust", fornendo ai fan la proverbiale ciliegina da mettere su quella torta che era l'album vero e proprio. Superficialmente parlando, sembrerebbe quasi una mossa controproducente lanciare il singolo dopo il disco, specialmente quando tra una pubblicazione e l'altra passano, come accennato, solamente due giorni (la prima fu pubblicata il 17 giugno del 1997, la seconda il 19); eppure, dobbiamo sempre tenere presente il contesto storico in cui ci troviamo a livello musicale: gli anni Novanta videro, come sappiamo, un provvisorio "ammorbidirsi" delle sonorità Metal in favore dell'Hard Rock, tanto che grandi mostri sacri come Metallica, Iron Maiden e gli stessi Megadeth diedero alla luce i loro lavoro più leggeri ma al tempo stesso fondamentali per comprendere meglio sia l'evoluzione artistica delle singole band sia anche la metamorfosi musicale che si stava vivendo in quegli anni. L'Heavy Metal stava lasciando anche lo spazio per la parallela ascesa del movimento Grunge, che impiegò ben poco tempo a diventare un vero e proprio movimento culturale tanto quanto lo furono in precedenza il Punk e l'Hard n' Heavy stesso, indi per cui, anche le major discografiche avevano tutto l'interesse nel voler batter il ferro finchè fosse caldo, prendendo i purosangue delle rispettive scuderie per darne alle stampe più materiale possibile. L'attenzione dei fan era sempre ben desta e focalizzata sui vari artisti, che potevano star certi che ogni pubblicazione con sopra il loro logo riuscisse a raggiungere un alto numero di vendite in poco tempo; il collezionismo dei dischi infatti andava moltissimo a fine anni Novanta, supportato inoltre dalla ribalta del cd rispetto al vinile poiché, diciamocela tutta, per quanto il primo è e resterà sempre un formato leggendario dell'audio, il compact disch occupa senz'altro meno spazio sulle mensole e dunque è più semplice nutrire giorno dopo giorno la nostra collezione. Ma non è solo la comodità fisica a far sì che anche i singoli avessero un enorme mercato: oltre alla musica, che nel caso dei Megadeth ha sempre avuto un livello qualitativo altissimo, vi era anche la parte iconografica ad avere un ruolo di non poca importanza. Un singolo come quello di "Trust", con una grafica ed un'impostazione a sé stante, si presentava come un ulteriore completamento concettuale di quanto già non rappresentasse il disco. Innanzitutto bisogna sottolineare la particolarità contenutistica; oltre alla titletrack, che nel promo riservato al mercato statunitense ne conteneva due versioni, una edita ed una inedita, compaiono anche "A Secret Place" e due regstrazioni dal vivo. Primo stimolo per i fan, oltre al desiderio di ascoltare le tracce, era quello di chiedersi come mai Dave Mustaine e soci avessero scelto proprio l'ottava canzone della tracklist dell'album e non un'altra e successivamente avrebbero avuto occasione di rivere, mediante i due estratti dal vivo, le emozioni di quel singolo concerto. Lo scopo dei singoli è sempre stato questo, dare ai fan quel qualcosina in più che non avrebbero potuto reperire altrove, se non con assidue, ed alle volte inutili, ricerche nei negozi e nell'allora più arduo da consultare mercato di Internet. Dal punto di vista grafico, se la copertina del full lenght aveva come soggetto principale un veve della cultura vodoo posto enigmaticamente su un fondo nero, sul singolo esso compare nuovamente ma in funzione di sfondo, disegnato a fianco del logo del gruppo su un background arancione, colore insolito per l'immaginario metal ma altresì tipico delle culture tribali. In primo piano compare ora una statua appartenente alla stessa cultura di origine haitiana, una sorta di complemento ritualistico a ciò che già di per sé rappresentava l'album: oltre alle scritture criptiche, che comparivano sia sulla cover che nei testi scritti da Mustaine, gli appassionati avevano ora un ulteriore stimolo, quello di scervellarsi nel tentativo di capire che cosa rappresentasse in quell'immaginario religioso quella particolare statua di pietra con il volto sofferente, la mano destra alzata ed il corpo trafitto da dozzine di aculei. Probabilmente, lanciandomi in un'interpretazione generale, essa rappresenta le conseguenze legate al porre fiducia nelle persone sbagliate: essendo il termine "Trust" traducibile con "fidarsi", Dave si è fidato di qualcuno che al momento opportuno lo ha pugnalato alle spalle, lasciando quindi che la delusione ed il rimorso lo trafiggessero come migliaia di aghi in tutto il corpo. Si tratta di un tentativo personale, che sicuramente si aggiungerà ai diversi altri fatti da coloro che hanno acquistato il singolo nel corso degli anni, ma sarà compito di ognuno trarre le proprie conclusioni in merito. Non ci resta che inoltrarci ora in questa nuova tappa della sterminata discografia dei Megadeth.
Trust
In prima posizione troviamo "Trust" ("Fidarsi"), brano che, quasi a voler riprendere l'atmosfera "tribale" del concept grafico del singolo, viene inaugurato con una efficace introduzione di batteria. A spezzare il silenzio sono infatti i fusti del set di Nick Menza, che si susseguono potenti e vibranti sui tom e sul timpano per gettare le basi per il successivo crescendo; il suono delle pelli è leggermente riverberato, in modo da rendere ancora più profonda la resa sonora dell'esecuzione, intanto, a scaldare ulteriormente questo avvio, subentra il basso di Ellefson, che con delle note distese e leggere accompagna lo sviluppo di archi campionati. Nel mentre si sono aggiunte anche le chitarre i cui accordi, grazie al fade in, guadagnano sempre maggiore intensità, ma sono i tamburi del drummer di origine tedesca a mantenere sempre alta la nosra attenzione. Il crescendo sta giungendo all'apice, i colpi si fanno sempre più serrati, ed ecco partire lo start della strofa. A guidare lo sviluppo ora sono le sei corde, intente ad eseguire un main riff maggiormente orientato verso l'Hard Rock puttosto che verso il Thrash Metal, ma come abbiamo avuto modo di sottolineare, la fine degli anni Novanta si è tradotta in una sperimentazione di nuovi orizzonti artistici anche da parte di band aggressive e taglienti come i Megadeth. Grazie ad un tempo in quattro quarti, siamo ora condotti in una vera e propria incursione introspettiva nell'animo di Mustaine: fuoco, sangue e frattaglie sono ormai un ricordo dei fasti del passato, il rosso thrasher ora è mturato ed ha fatto della musica il mezzo di trasporto con cui attraversare le tenebre della sua anima. Egli ha subito una delusione emotiva, da un caro amico o dalla adonna amata non ci è ancora dato saperlo, quel che è certo è che ora l'ex Metallica si sente perso e confuso, nulla è quello che sembra ed i suoi occhi non vedono altro che ombre vane ed illusorie. Quelle parole, così ardenti e dilanianti, si sono rivelate un coltello arrugginitito e smussato nell'animo del musicista, che ci narra la vicenda in prima persona; cerca di razionalizzare e di cercare una possibile soluzione nella sua testa per quello che ha appena sentito ma è tutto inutile, non se ne capacita. I suoi occhi sono gonfi di lacrime dal momento in cui i due si sono detti l'ultimo addio, e nella sua mente continua a riproporsi quella scena nella quale l'altra persona, probabilmente una donna, gli volge le spalle andandosene e lasciandolo solo. Sulla strofa ogni powerchord di chitarra scandisce questo momento di rammarico con una pennata incisiva, come se ad ogni frase proferita una fitta attanagliasse ulteriormente il protagonista, ma è con l'arrivo del ritornello che abbiamo la vera e propria apertura musicale: dagli accordi viene ora ripreso il main riff iniziale, sul quale Mustaine distende ora una nuova disposizione del suo disagio esistenziale. Non solo la sua mente ma anche il suo corpo soffre terribilmente per gli errori che ha commesso, qualcosa evidentemente è andato storto e nelle sue azioni c'è stato un elemento che ha spezzato quel legame di fiducia che sembrava indissolubile. Egli è stato tradito e tutte le bugie che i due si sono detti non ha fatto altro che convincere Mustaine di una sola e cinica realtà: non c'è assolutamente nulla di cui potersi fidare. Prende avvio una nuova strofa, il tutto si calma per riprendere con il quattro quarti precedente e dopo questo primo sfogo, il leader dei Megadeth riprende a narrare la sua esperienza con stoico distacco: ora possiamo essere certi del fatto che ad abbandonarlo sia stata una donna: più volte infatti gli ha proposto di essere amici per poi dare adito ad illusioni che lasciassero aspirare a qualcosa di più profondo; ingenuamente, egli sorrise ed acconsentì alla richiesta, sperando che il tempo presto avrebbe fatto scoccare la scintilla, ma questa verità è stata atrocemente piegata dal destino. Mustaine ha lasciato correre, ma in cuor suo sapeva che non si sarebbe potuto fidare ed ecco quindi arrivare un nuovo sfogo, un altro liberatorio ritornello nel quale il dolore non sembra trovare rimedio, nemmeno quando il rosso axem rivolge disperato una richiesta di aiuto al padre eterno, il quale, sembra rimanere in disparte, indifferente ai dolori umani. Si arriva al break. La musica si ferma e a parlare ora sono le voci nella testa di Megadave: "Come può questo succedere proprio a me?" si chede: "Ho mentito quando ti dissi di fidarti di me" gli risponde un altro alter ego intento a fare il verso alla donna traditrice, "Non posso credere che sia vero", "Fidarsi fa male", "Perchè fidarsi equivale a soffrire?". Dopo questo botta e risposta tra protagonista e, se vogliamo, un suo alter ego/coscienza, ecco partire uno splendido arpeggio di chitarra acustica, dolcemente accompagnato dalla batteria per poi arrivare ad una nuova pausa; ora la chitarra riparte distorta ed il rapido crescendo si arresta di colpo per poi ripartire con un eccellente assolo di Marty Friedman. Come auspicabile, il riccioluto chitarrista non delude, ed anzi, ci da prova del suo eccellente toco anche su una composizione dal gusto tipicamente hard rock, che va a chiudersi con una rapida sequenza di scale eseguite in perfetto sweeppicking. Il gruppo si riallaccia al conclusivo ritornello, prontamente rafforzato da un encore che ne ripete l'esecuzione sottolineando la sofferenza di Mustaine, per poi andare a chiudere il pezzo con una incisiva rullata di Menza atta a scandire la frase "Now there's nothing we trust" ("Ora non c'è nulla di cui possiamo fidarci").
A Secret Place
La tracklist prosegue con "A Secret Place" ("Un Posto Segreto"), che ci conduce in un'altra oscura regione della psiche dell'ex Metallica. Dopo un sinistro campionamento, a dare l'incipit qusta volta è la chitarra, che ci coinvolge immediatamente con una rapida serie di quartine effettate ad hoc per rendere lo strumento simile ad un sitar. Ogni battuta si compone di quattro note, di cui le prime tre sono una ripetizione della stessa per poi variare sull'ultima, che ora sale ora scende di tonalità, rendendo questo passaggio particolarmente dinamico. Ad arricchire il crescendo subentrano inoltre gli stacchi accentati di Menza ed Ellefson, prima che la strofa si avvii su un avvincente quattro quarti. Come nel caso di "Trust", i bpm elevatissimi restano un ricordo del passato, ma tuttavia anche questa svolta hard rock si rivela particolarmente interesante se applicata al caso dei Megadeth. Non è solo la rabbia a dominare le liriche di Mustaine, la melodia e la finezza di arrangiamento diventano adesso i mezzi espressivi per una gamma di emozioni più profonde e complesse; siamo infatti alla soglia del posto segreto in cui il rosso thrasher è solito rifugiarsi nei suoi momenti più tormentati, un luogo che conosce solamente lui e nel quale può entrare unicamente da solo. In modo molto enigmatico, il testo per ora non lascia intendere immediatamente se esso sia un posto fisico oppure una metafora, sarà compito nostro, a mano a mano che il pezzo scorre, districare questa matassa testuale per arrivare a far luce sulla verità. La struttura particolarmente orecchiabile e lineare infatti ci consente di godere pienamente di tutta la pienezza espressiva delle strofe e del ritornello, mentre veniamo accompagnati da un arrangiamento perfetto per imprimersi nella nostra testa. Dopo aver più volte dato prova del loro altissimo valore tecnico, i quattro musicisti scelgono adesso un modo più diretto per raccontarci le loro nuove e criptiche storie. In questo posto oscuro, Megadave trova ad accoglierlo altri individui come lui, attorniati dal buio, che preferiscono restare nell'oscurità e celare i loro volti per non essere accecati dalla luce che ormai non li illumina più da tempo. È un posto dal quale, una volta entrati, non si può più fare ritorno, solo Dave Mustaine, come una specie di eroe di un racconto epico, è riuscito ad immergersi in quell'inferno per poi tornare a riveder le stelle e qui si comprende chiaramente il senso di questa metafora: il posto oscuro altro non è che il baratro di chi ricasca nella dipendenza dalla droga. Come sappiamo, alla fine degli anni Novanta, il leader dei Megadeth riuscì a disintossicarsi dall'eroina, ed i testi di "Cryptic Writings" sono i capitoli del racconto attraverso cui il chitarrista e cantante americano racconta questa sua discesa negli inferi della tossicodipendenza. Come ogni forma di assuefazione, quella per la droga è sempre minacciosa e benchè un individuo ne sia uscito, essa torna comunque a tentarlo, specialmente nei periodi più difficili dell'esistenza. Gli altri individui che Mustaine incontra in questo luogo sono invece coloro che ancora non riescono a dire di no alla droga e lui stesso, purtroppo, occasionalmente ritorna in quell'oscuro posto del quale ormai è un conoscitore esperto. Con l'arrivo del ritornello, momento nel quale le chitarre si intrecciano su un coinvolgente fraseggio sostenuto dalla linearità ritmica del basso e della batteria, Megadave si rivolge ora direttamente a noi ascoltatori, accogliendoci alla porta di quel meandro buio come se fosse un maggiordomo. Come vi giunse la prima volta non è in grado di spiegarcelo, ma ormai quella strada per lui non ha più segreti e da buon Cicerone il thrasher ci accoglie calorosamente, dicendoci che se vogliamo restare siamo i benvenuti per tutto il tempo che vogliamo, ma la stragrande maggioranza delle persone, solitamente, fugge via in preda al panico. Il più della gente quindi riesce a tenersi alla larga dalla tentazione, ma altri invece si addentrano nel tunnel per poi farsi avvolgre dall'oscurità che presto li inghiottirà. Il pezzo intanto prosegue con una nuova sequenza di strofa e ritornello, ed è in questo punto che emerge lampante il conflitto interiore del protagonista. Megadave infatti continua a entrare ed uscire da quel posto perchè nessuno è in grado di aiutarlo, e questo ce lo dice chiaramente, affermando che ha bisogno di qualcosa di più di un semplice rimprovero, ma nel mentre, la sua anima sta lentamente svanendo in quell'oblio senza lasciare traccia. Una parte di lui vorrebbe defnitivamente uscire, l'altra invece tenta di nascondersi in quelle tenebre per non essere trovata; ormai ha letteralmente perso sé stesso e se il mondo esterno non è in grado di aiutarlo, tanto vale restare per sempre al buio, fra gli altri individui che come lui condividono la schiavitù della droga, che però non perdono tempo a criticarsi l'uno con l'altro. Mustaine ha vissuto sulla sua pelle il disagio della dipendenza e ancora adesso ne è tentato; con la sua musica prova ad avvertirci e ci intima di stare alla larga da quel posto, ma se volessimo entrarci siamo i benvenuti, non sarà certo lui a fermarci, ma sta al nostro buon senso darci la capacità compiere le scelte più sagge.
Tornado Of Souls (live)
Conclusa la metà della tracklist dedicata al materiale inedito, giungiamo ora ai contenuti chicca di questo singolo: due estratti live registrati in occasione dello show che i Megadeth tennero all'Olympic Auditorium di Los Angeles il 25 febbraio del 1995. Si parte con un grande classico della band, "Tornado Of Souls" ("Il Tornado Delle Anime"), pezzo contenuto in uno dei migliori lavori del gruppo, "Rust In Peace". Già dall'avvio, il pubblico appare caldissimo e Megadave altro non fa che sfidare i presenti a riconoscere il pezzo non appena parte l'attacco; giunti a metà della rapida introduzione, immancabilmente esplode il delirio; la band parte compatta e granitica, travolgendoci con tutta la possenza di quel riff, che sicuramente avrà scatenato la mischia sotto al palco. Se però i quattro suonano precisi, dinamici e serrati, la loro esecuzione ahimè risulta minata dalla non eccelsa qualità del suono delle chitarre, troppo acide e strasature di gain, mentre il basso e la batteria suonano limpidi e chiari. Questo squilibrio purtroppo pesa non poco sull'estetica effettiva della registrazione, ma nonstante ciò, i Megadeth fanno il loro sporco lavoro con perizia tecnica sopraffina ed una grinta che ci azzanna alla gola senza troppi compromessi. Stiamo compiendo un tuffo nel passato più recente della band: i quattro decisero di sperimetare nuove soluzioni artistiche, ma la loro vena thrash metal è sempre ben alimentata e pulsante ed il rosso thrasher ha così modo di far cantare nuovamente il suo lato cinco, nichilista ed arrabbiato con il mondo. Il tutto inizia con una telefonata, dalla quale Megdave capisce che il mondo è prossimo alla fine e lo sconforto per questa notizia lo fa scoppiare in lacrime mentre riaggancia la cornetta. Dall'altra parte del filo telefonico, una voce misteriosa gli ha detto che la Terra sta andando verso l'autodistruzione e subito scatta nel musicista la rabbia per questa situazione catastrofica: le fonti d'acqua sono prosciugate, i tassi di inquinamento sono alle stelle, la terra non dà più frutti ma a chi attribuire la colpa di tutto ciò? Non ai soldi, alla gloria o al potere, bensì alla stupidità umana, che ha fatto di questi tre fattori la consegenza del proprio masochismo. Il tornado che sta per distruggere tutto si scaglia furioso sulla terra e l'unico punto in cui possiamo trovare rifugio è il proverviale occhio del ciclone, il centro del vortice non soggetto alle raffiche; a scorrere in queste spire però non sono le correnti ascensionali, ma le anime degli esseri umani che hanno votato la propria vita al consumismo, all'ipocrisia e all'egoismo, fregandosene di ciò che la loro bramosia e la loro lussuria avrebbero prodotto. Come un randagio, Megadave resta intrappolato in quell'occhio ed è ormai sicuro che morirà per la strada, abbandonato nella desolazione successiva alla distruzione finale, e non gli resta ltro da fare se non implorare che il tornado lo possa spazzare via, lontano da dove è adesso, in cerca di una nuova terra promessa in cui poter rinascere. L'ex Metallica, nella seconda strofa, si rivolge alla discendenza umana che nascerà dopo il disastro: essi cresceranno maledicendo il nome dei loro predecessori, che gli hanno lasciato un pianeta in rovina, e a rovinarli non sarà il tempo, o le lacrime o la vita sprecata, bensì la loro insaziabile ed inevitabile voglia di autodistruzione. A metà della canzone, gli stacchi centrali sono eseguiti dai Megadeth con una precisione a dir poco chirurgica, identici al disco, che conferisce maggior risalto agli interrogativi irrisolti forniti dal testo: chi potrà spiegare che cosa significa dire, essere e fare per il protagonista? Chi sarà in grado di capire la condizione di abbandono a cui è costretto? La sua infanzia e la sua adolescenza sono state traviate dalle vane promesse del sogno americano, della terra dell'opportunità, delle occasioni d'oro ed il futuro luminoso. Tutte menzogne. Solo per un istante Megadave ha visto la luce ma gli si è spenta davanti agli occhi in un istante. Egli non può dire che cosa pensa o che cosa prova veramente, perchè in quella desolazione non c'è nessuno che lo possa capire, ha provato a metterci in guardia, ma evidentemente sembra che il nostro linguaggio sia diverso dal suo, perciò non ci resta altro da fare che sederci con lui nell'occhio e aspettare che il tornado ci spazzi definitivamente via.
A Tout Le Monde (live)
L'atmosfera si ammorbidisce in attesa dell'altro eseguito brano dal vivo, che va a chiudere la tracklist di questo singolo, "A Tout Le Monde" ("A Tutto Il Mondo"), pezzo sentito ed energico che possiamo tranquillamente considerare la ballad per eccellenza dei Megadeth. Sull'estasi frenetica dei presenti, il rosso thrasher allunga volutamente l'introduzione per far sì che il calderone delle emozioni possa ribollire ancora un po', mentre i suoi compagni d'armi si preparano all'esecuzione. La voce di Mustaine viene immancabilmente accolta con un eccezionale entusiasmo, tanto che il frontman intento a suonare, da solo, tiene l'intero Olympic Stadium nel palmo della sua mano. Ma ecco arrivare il momento decisivo, lo start della strofa, avviata da una vera e propria esplosione generata dalla potenza dell'ingresso di Menza, Friedmman ed Ellefson, che insieme generano un muro di suono invalicabile; come nel caso di "Tornado Of Souls", purtroppo, le chitarre risentono ancora dell'eccessiva saturazione e di distorsione e la loro resa cozza terribilmente con il calore delle basse del quattro corde e della batteria; nonostante ciò, a salvare la situazione subentra ancora la perizia esecutiva dei Megadeth, che ci accompagnano in un nuovo viaggio introspettivo con questa lirica.Come un cantastorie ramingo di corte in corte, Mustaine si avvicina al pubblico con in braccio solo la sua chitarra, accompagnando con le note un racconto che possa esorcizzare i suoi demoni: ormai incantato ed illuso dal destino, Megadave inizia narrando di come non ricordi dove si trovasse di preciso quando realizzò che la vità è un gioco nel quale non si potrà mai vincere. Le cose si sono fatte a mano a mano sempre più dure, così come le regole di questa sfida al fato che altro non sarà che l'ennesima battaglia contro i mulini a vento. Con lo sviluppo della strofa, il testo si rivela essere una lettera di addio che il thrasher americano lascia al mondo, un documento con cui prendere congedo ed andare lontano, in cerca di una vita migliore, del quale noi siamo i diretti destinatari: egli ha amato passare gli anni in nostra compagnia, ma purtroppo è giunto per lui il momento di andarsene e il primo verso si conclude con l'invito a sorridere, ricordando tutti i momenti trascorsi con lui, prima che il brano sfoci nel ritornello, momento eroico nel quale vi è la dedica vera e propria cantata eccezionalmente in lingua francese: "A tutto il mondo, a tutti i miei amici, vi amo, ma devo andarmene" e poi, riprendendo a cantare in inglese: "Queste sono le ultime parole che io abbia mai detto, spero che possano liberarmi". Come un eroe romantico dunque, Megadave è ormai inevitabilmente oppresso dalla realtà che lo circonda, e questo senso di oppressione e di impotenza verso un destino più grande di lui e sadico nei suoi confronti continua ad emergere nella seconda strofa, a cui i Megadeth si riallacciano riprendendo la struttura lineare come nel caso della precedente. Ormai rassegnato, è consapevole che il suo cuore, ammesso che batta ancora, è destinato a spezzarsi presto; alla sua amata lascia i suoi più cari ricordi, non avendo nient'altro da aggiungere, e con la salita di tonalità arriva infine la stoccata anche verso l'umanità: andare avanti è una cosa semplice, è ciò che ci lasciamo alle spalle che fa davvero male: rimorsi, delusioni e amarezze sono quei demoni che, nonostante siano ormai lontani cronologicamente, tuttavia tornano a tormentarci offuscando ogni nostra aspettativa per il futuro. I sentimenti nascosti sono quelli che non danno dolore, ma sono anche quelli che proprio per il loro essere minacciosamente silenti spaventano l'uomo: essi sono lì, immobili e perennemente in agguato, pronti ad esplodere da un momento all'altro per dilaniarci la mente e il cuore in maniera più atroce di qualsiasi dolore fisico si possa immaginare. Megadave non vuole subire ancora tutto questo e decide di andarsene, lasciandoci una lettera d'addio. Si toglierà la vita? Non siamo degni di saperlo. A chiudere questa canzone è un avvincente assolo di chitarra, eseguito in sincronia da Mustaine e Friedman, un'ultima sferzata musicale al mondo poco prima che l'arpeggio vada a dissolversi, in maniera forse un po' troppo netta per questa registrazione, dato che non si sente nemmeno il boato conclusivo del pubblico. Dal punto di vista esecutivo abbiamo ascoltato un'eccellente performance dei Megadeth, peccato che i difetti espressamente tecnici di registrazione ne abbiano minato la qualità.
Conclusioni
Il singolo di "Trust" si rivela un buon primo passo per iniziare e poi continuare la campagna promozionale di "Cryptic Writings". Ovviamente esso non può certo eguagliare l'album, ma se, come detto all'inizio, la funzione dei singoli è quella di arricchire tutto ciò che concerne un disco, la missione può considerarsi compiuta. Le due canzoni estrapolate dal full lenght del 1997 vogliono in qualche modo rappresentare una summa esplicativa di cosa potesse essere il nuovo lavoro dei Megadeth; immaginiamo per un momento che un ascoltatore di hard rock non conoscesse ancora il gruppo in questione (abbastanza anacronistica come situazione, lo so, ma per un momento supponiamolo), l'acquisto di "Cryptic Writings", dato che in quegli anni i dischi vendevano il decuplo rispetto ad oggi, sarebbe potuto essere un passo troppo rischioso: e se poi quell'album, magari pagato anche una bella cifra, non fosse piaciuto? Il singolo consentiva invece al temerario compratore di salvare capra e cavoli con un ricco ed esaustivo assaggio pagato a prezzo ridotto, al quale subentravano poi i due estratti dal vivo per rispondere ad un suo ulteriore quesito: "Sì, in studio i Megadeth mi piacciono molto, ma anche dal vivo sono così bravi?", Ecco l'ulteriore ammazzacaffè con due classici del gruppo riproposti dal vivo, nel meglio delle capacità tecniche dei quattro musicisti; salvo inconvenienti tecnici delle registrazioni live, che comunque non sono certo nulla di drastico, in questa tracklist c'è tutto quello che un incuriosito aspirante metal head possa volere in un singolo. Dal punto di vista espressamente artistico inoltre, questo singolo ci offre una perfetta istantanea di che cosa erano i Megadeth a fine anni Novanta: Dave Mustaine in primis è ormai un uomo maturo che ha attraversato le lande oscure della sua personalità, per giungere ad una condizione di stabilità tale da potergli fare usare la sua esperienza non solo come fonte di ispirazione ma anche come monito per i suoi fan; in ogni sua lirica di quell'album è come se fra le righe si celasse sempre il messaggio "Io ho vissuto sulla mia pelle l'inferno della droga e della depressione e posso assicurarvi che è un qualcosa che non augurerei a nessuno, godetevi quello che avete e non lasciatevi scoraggiare dal primo ostacolo sul vostro cammino". Nel corso della sua vita il rosso thrasher è stato tradito e deluso. Fin dall'infanzia infatti ebbe vita difficile e a causa delle sue prerogative da ragazzo "problematico", finire nei giri della droga dei sobborghi più poveri della California fu tremendamente facile per lui. Inoltre, la musica sarebbe potuta essere la sua opzione di rivalsa, ma presto ebbe la famosa "pugnalata" con l'esilio dai Metallica. Quell'unico spiraglio di riscatto gli si spense davanti agli occhi non appena Hetfield ed Ulrich gli diedero il ben servito; un astro della musica stava spiccando il volo, ma gli abusi di droga e alcool e il suo pessimo carattere gli bruciarono le ali facendolo schiantare al suolo come Icaro. Da quel terreno su cui sbattè il muso dopo la caduta, egli dovette rialzarsi e ricominciare da zero, mettendo insieme una nuova band ed iniziando una nuova avventura. Nella musica dei Megadeth c'è tutto questo: il suo astio verso il mondo, le sue paure, le sue delusioni e le sue amarezze, con la differenza che mentre i primi dischi sono figli unicamente della furia cieca di un giovane chitarrista, i lavori pubblicati a partire dagli anni Novanta sono figli di tutte quelle emozioni analizzate però da un musicista cresciuto e consapevole di essere riuscito a tornare dalle tenebre. Un esempio di saggezza e di coraggio in questo senso, ad esempio, fu la decisione di Mustaine di raccontare per primo ai suoi figli il suo oscuro passato prima che potessero imbattersi nell'ipocrisia dei media, i quali, avrebbero invece dato di lui un'immagine vergognosa e di imbarazzo per i suoi diretti discendenti. Del suo passato Megadave non va assolutamente fiero, ma ha preferito che i suoi pargoli sentissero quelle storie direttamente da lui piuttosto che dagli inquisitori senza nome il cui unico scopo è gettare fango sugli artisti per fare gossip. Dopo un lungo processo di maturazione, egli è finalmente giunto al suo nirvana: il gruppo ha trovato la stabilità con una formazione di tutto rispetto, dove David Ellefson, Marty Friedman e Nick Menza, oltre ad essere degli ottimi strumentisti, passeranno alla storia come i migliori membri che la line up dei Megadeth abbia mai avuto. Dalla rabbia vorticosa e travolgente di lavori come "Killing Is My Business...And Business Is Good", la creatura del musicista di La Mesa si è evoluta sempre di più, arrivando ad un livello di crescita artistico e tecnico sorprendente che ha fatto degli album successivi i tasselli di un continuum sempre in divenire. "Cryptic Writings" è tutto ciò che Mustaine ha vissuto dagli inizi di carriera al 1997 e "Trust" può quindi considerarsi un trailer di questo avvincente "film".
2) A Secret Place
3) Tornado Of Souls (live)
4) A Tout Le Monde (live)