MEGADETH
The Story Of Megadeth
1994 - Thunder Records

MICHELE MET ALLUIGI
06/02/2017











Introduzione Recensione
"The Story Of Megadeth", "La Storia Dei Megadeth"; raggiunto il primo decennale di carriera infatti (poiché possiamo considerare come punto di partenza della band di Dave Mustaine il seminale demo "Last Rites" del 1984), i Megadeth fecero una prima tirata delle somme di quanto realizzato in questo primo grande traguardo della loro esistenza, lanciando sul mercato questo nuovo singolo con cui si dava inoltre un piccolo antipasto in attesa del nuovo album "Youthanasia", che sarebbe uscito nel novembre dello stesso anno. Sembra ieri che il rosso axemen di La Mesa veniva silurato dai Metallica e invece è già trascorsa una decade, periodo per altro segnato dalle proverbiali gioie e dolori che si presentano puntualmente nella carriera di ogni artista, ma analizzando più da vicino la prima porzione di storia di questo gruppo statunitense è fuori discussione che siano i grandi successi a predominare. Cassata infatti l'iniziale idea dei Fallen Angels, primissima parentesi musicale di Mustaine all'alba dell'uscita dai Four Horsemen, dalla nascita dei Megadeth ad oggi (e con oggi si intende il 1994) il quartetto ha combattuto innumerevoli battaglie ma uscendone sempre, in un modo o nell'altro, a testa alta. Sull'onda della nascente e già fervidissima scena thrash metal della Bay Area, in cui il debuto "Killing Is My Business...And Business Is Good" dovette fare a spallate con altre pubblicazioni di altrettanti astri nascenti come Slayer e Anthrax (giusto per citare i più noti), Mustaine e soci iniziarono quella lenta ma costante ascesa verso l'affermazione della propria notorietà, che proprio grazie al dispotico carisma del frontman, unito inoltre alle eccezzionali doti tecniche dei 4, riuscì comunque a far restare impresso nelle orecchie dei fan il nome del gruppo oggi rappresentato da Vic Rattlehead. Con il successivo "Peace Sells...But Who's Buying?", la matrice di quel Thrash Metal così fedele ai dettami della vecchia scuola veniva arricchito con una ulteriore piccola dose di personalità: le velocità schizofreniche dei main riff iniziavano ad essere mescolate con una vena compositiva più eclettica e fuori degli schemi, che affiancava la potenza alla melodia ed al buon gusto degli arrangiamenti, regalando così al pubblico altre otto canzoni squisitamente letali (dalla aggressiva opener "Wake Up Dead" fino alla più "romantica" ma sempre tagliente "My Last Words"). Il discorso poi prosegue con il successivo "So Far, So Good...So What!" in cui la vena "grezza" ed acida della band viene ulteriormente evoluta, anche se a seguito dei cambi di line up che col senno di poi diverranno una costante per Megadave, in particolare quelli in cui i rapporti non restano del tutto rosei con gli ex membri (basti pensare che l'invettiva "Liar" è dedicata senza troppi giri di parole all'ex chitarrista del gruppo Chris Poland). Giunsero così gli anni Novanta e, come abbiamo già avuto modo di sottolineare nelle precedenti recensioni, i Megadeth compirono il loro primo giro di boa: la formazione si modifica ulteriormente e l'ingresso di due talentuosissimi musicisti come Nick Menza e Marty Friedman consente alla band di intraprendere quella notevole evoluzione stilistica e tecnica che sfocierà nella pubblicazone del colossale "Rust In Peace", ad oggi ancora ritenuto uno dei dischi migliori dei quattro; l'approccio compositivo viene ulteriormente affinato e mescolato con spunti non propriamente metal ma derivanti dallo studio della chitarra classica compiuto dal nuovo chitarrista, che si riverseranno in spettacolari incisi dal tocco spagnoleggiante come il celebre intermezzo di "Holy Wars...The Punishment Due", ad esempio, o alle idee ritmiche menò veloci ma più complesse a livello strutturale che costituiranno i tempi suonati dal drummer di origine tedesca. Il cammino proseguì infine con l'ottimo ma al tempo stesso tanto diverso dai predecessori "Countdown To Extinction", che addirittura fu snobbato per certi versi a causa della sua svolta hard rock: la crescita artistica dei musicisti infatti lasciò un po' di amaro in bocca ai fan della vecchia leva, ma contemporaneamente ne portò diversi altri alla corte del buon Megadave, che ebbe modo di continuare la sua avanzata verso il successo su larga scala. Siamo così giunti alla metà degli anni Novanta. "The Story Of Megadeth", con la sua tracklist di sole tre tracce, vuole proporre e riassumere i diversi aspetti del passato recente del gruppo: la novità, attraverso la fresca "Train Of Consequences" (che sarà contenuta sul successivo full lenght), l'eclettismo con il remix di "Symphony Of Destruction" ed una versione live di "Skin O' My Teeth", ricollegandosi invece ai primissimi albori con un artwork prettamente old school. In copertina infatti compare un rudimentale disegno di un teschio in tinta viola su sfondo verde acqua ed il booklet del singolo contiene una vera e propria chicca da collezionisti del Thrash: una serie di fotografie rare ed inedite della band, la discografia dettagliata con tanto di cronologia ed alcune bozze di testi scritti a mano da Mustaine, le classiche perle con cui il fan accanito può affondare gli artigli nei retroscena della propria band preferita, avendo da un lato l'audio di quello che sono i Megadeth allo stato attuale, dall'altro l'aspetto puramente visivo di ciò che erano.

Train Of Consequences
In apertura troviamo "Train Of Consequences" ("Il Treno Delle Conseguenze"), con cui Mustaine e soci sottopongono subito alla nostra attenzione quanto di più fresco avessero composto a metà anni Novanta. Ad avviare la canzone è un solido riff in palm muting stoppato, al quale si intervalla un rapido ed incisivo fraseggio di chitarra: davanti ai nostri occhi è come se il treno stesse scaldando i motori prima di iniziare la propria marcia; l'energia aumenta e a far crescere la potenza ora è l'ingresso della batteria di Menza e del basso di Ellefson, che creano immediatamente una base ritmica in mid tempo ricca di groove avvolgente. La locomotiva ormai è partita, il treno è in viaggio sulle rotaie di un'esistenza votata al nichilismo e all'autodistruzione; ancora una volta Mustaine, con la sua voce acuta ed il suo tono digrignato, ci racconta una funambolica caduta nell'abisso dei suoi demoni interiori. Egli è infatti è il classico amico in preda ad un'assuefazione insaziabile, che si rivolge a noi chiedendoci in prestito del denaro con l'assoluta promessa della restituzione, che in cuor nostro sappiamo non avverrà mai. Il nostro amico è incastrato in chissà quali brutti giri, ma se debiti di gioco, droga o alcool per il momento non ci è dato saperlo, poichè alle domande in merito Dave non ci risponde, ma anzi cambia subito discorso assicurandoci nuovamente che ogni centesimo prestatogli ci sarà restituito. Nel mentre, l'iniziale struttura della strofa dilata il proprio respiro, passando ora dal main riff in palm muting ad una sequenza di acordi aperti dalle note arpeggiate, il nostro amico è a bordo del treno di conseguenze da lui stesse causate e la sua vita è come un vagone merci agganciato alla locomotiva degli eventi, che lo trascina verso destinazioni imprevedibili ed ignote. La velocità aumenta sempre di più, tanto che i passeggeri a bordo vengono sbalzati dai sedili, ma le ruote non aderiscono più ai binari ed il vagone della vita di Mustaine deraglia improvvisamente schiantandosi al suolo. Il nostro amico è infatti completamente ingabbiato nella spirale di cause ed effetti da lui stessa creata: i debiti sono sempre più alti ed i soldi ormai non bastano più, ed anzi proprio per aver aiutato il nostro amico ora siamo in pericolo pure noi. Giungendo al ritornello, la canzone verte su un modulo decisamente più orecchiabile e catchy, in cui il frontaman della band, con fare quasi cantilenante, ci ripete che il treno delle consequenze sta definitivamente per schiantarsi ed abbandonare i binari dell'esistenza. L'efficacia di questo brano punta tutto sull'alternanza di strofa e ritrnello, sapientemente mescolati tra loro grazie ad un efficace scelta di arrangiamento tra le due componenti, l'una stoppata in mid tempo, l'altra più lineare ed aperta, che nel loro susseguirsi ci mantengono sempre coinvolti e curiosi di seguire virtualmente il tragitto di questo treno che sappiamo benissimo non fare più ritorno una volta lanciato sui binari. Con l'arrivo della seconda strofa, Mustaine lascia intendere più chiaramente che la sua è una ludopatia conclamata: egli si è giocato tutto alle corse dei cavalli ma dopo l'ennesima sconfitta e le ultime minacce subìte dagli strozzini le conseguenze si susseguono con un ciclo sempre più serrato ed imprevedibile. A correre più veloce del cavallo su cui Dave ha puntato tutto sono stati i dollari stessi, che gli si sono letteralmente volatilizzati dalle mani, e tutto è perduto; il treno continua a viaggiare, il vagone continua ad oscillare privo di controllo ed una volta che il gancio si sarà definitivamente staccato nessuno farà più ritorno a recuperare il relitto dopo l'impatto. La chiusura del brano si riaggangia al main riff iniziale, scorrendo con una serie di riprese strumentali ritmate e dinamiche, ecco che il treno sta per arrivare alla sua ultima fermata, non una stazione ma uno schianto letale che segnerà la fine di un pover'uomo strozato dai debiti di gioco.

Symphony Of Destruction (The Gristle Mix)
A seguire troviamo "Symphony Of Destruction (The Gristle Mix)" ("La Sinfonia Della Distruzione (Mix Cartillagine")), un'originale rivisitazione della celebre traccia di "Countdown To Extinction" realizzata da Trent Reznor dei Nine Inch Nails. Il remix parte immediatamente diretto e senza compromessi, con il famoso main riff di chitarra al quale il produttore di musica elettronica statunitense ha aggiunto un'ulteriore dose di distorsione per rendere il tutto ancora più metallico ed industrial. A scandire il tempo non abbiamo più la batteria di Nick Menza, che viene invece recuperata solo in alcuni determinati passaggi, ma una possente drum machine intenta a scandire solamente gli accenti ritmici, facendoci così percepire la possenza di un martello che colpisce un'incudine, come se fossimo immersi nel pieno dell'attività di una megafabbrica meccanica. La voce di Mustaine, anch'essa pesantemente distorta, suona ora come se uscisse dai coni degli altoparlanti arrugginiti dello stabilimento, rivestendo così il metaforico ruolo del capofabbrica intento a ricordare all'umanità operaia il suo essere perennemente schiava e succube di un leader avido e senza scrupoli. Il fulcro della canzone è proprio questo, la schiavitù degli esseri umani nei confronti dei vari poteri dispotici che controllano il mondo: i Megadeth descrivono infatti quello che a tutti gli effetti è l'automatismo con cui gli uomini scelgono inizialmente i loro capi per poi lasciarsi completamente travolgere dalle manie di onnipotenza di questi ultimi; dalla società americana alla più ampia generalizzazione che comprende anche i governi degli altri paesi il passo è decisamente breve, tutto inizia con un particolare individuo preso dalla massa, che grazie al suo carisma e alla sua buona parlantina riesce a prendere il sopravvento e a catalizzare su di sé l'attenzione; dopodiché, la mancanza di spina dorsale dei suoi concittadini fa sì che a questo particolare soggetto venga affidato tutto il controllo del potere, dato che "finchè ci pensa qualcun altro alle cose", noi che rimaniamo in basso possiamo occuparci unicamente del nostro orticello, per poi invece insorgere e lamentarci (ma solo a livello di sfogo sui social) qualora questo nostro piccolo equilibrio venga turbato dall'alto. La traccia continua a martellare senza sosta ed in corriposndenza del ritornello la batteria campionata raddoppia il proprio tempo, aumentando così la frequenza delle martellate metalliche con cui il cervello degli operai viene continuamente bersagliato; la voce assume ora un tono più sadico e malato, dando forma alla vessazione con cui il narratore accusa gli uomini di non essere altro che delle stupide marionette che eseguono tutti i movimenti imposti dai fili del burattinaio; come la folkloristica figura del pifferaio magico avanza per le strade seguito dalle schiere di topolini ipnotizzati, così marcia anche il leader seguito dai propri elettori inebetiti, la voce dei contestatori viene oppressa dalla censura ed eclissata dai molteplici cori di consenso, il tutto sotto l'assordante osanna di chi si dirige ignaro verso il proprio baratro. Nella sezione ritmica della strofa viene omessa la parte di basso di Ellefson, ogni sequenza del riff principale viene così intervallata da una gelida pausa resa ancora più inquietante dalla voce di Mustaine, per poi esplodere nella sequente ripresa con i rintocchi di rullante riverberato per dare una ulteriore incisività. A restare inalterato invece è l'assolo di Friedman, la colata di note del moro axemen viene però sostenuta da una base decisamente industrial, composta da un tempo sterile e meccanizzato; ma, d'altra parte, siamo rinchiusi in una megafabbrica, dove non c'è posto per le emozioni, ma solo per il sudore che ci cola dalla fronte e per le altissime temperature che arrivano dalle fucine; gli esseri umani sono dunque condannati a precipitare nel baratro dell'autodistruzione da loro stessi causata, cadendo nelle tenebre fino a quando le loro carcasse non avranno definitivamente tappato la cavità lasciando in cima ad esse il cadavere del leader, al quale, gli schiavi hanno attuttito la caduta. Conclusa la traccia, la struttura prosegue per altri quattro minuti, sviluppandosi in una nuova sequenza di campionaenti elettronici strumentali che più che sembrare una prosecuzione del remix appare invece come una stesura di nuovo materiale dei Nine Inch Nails. Per quanto coinvolgente di per sé, questa lunga suite finale si allaccia poco armoniosamente con quella iniziale, dandoci solo modo di immaginare un ipotetica inquadratura che si allarga via via lasciandoci intravedere la megafabbrica in tutta la sua inquietante e spaventosa interezza.

Skin O' My Teeth (live)
A chiudere la tracklist del singolo troviamo una versione live di "Skin O' My Teeth" ("Per Il Rotto Della Cuffia") di cui è stato realizzato anche un videoclip risalente al 1992. Appena schiacciato il tasto play siamo immediatamente investiti dal boato della folla; come da programma per ogni registrazione dal vivo è infatti il folto pubblico ad immergerci nella calca dell'arena: tutto è pronto, Mustaine si avvicina al microfono e con fare quasi di sfida annuncia cinicamente "This is Skin O' My Teeth" ("Questa è Skin O' My Teeth"). Esplode letteralmente il caos, Nick Menza parte subito in quarta con l'introduzione di batteria, una rapida sequenza sui fusti prima del break che lascia lo spazio al main riff di chitarra; dopo appena quattro giri, la strofa parte con un quattro quarti sostenuto ed incalzante, ideale per narrarci una nuova discesa nell'inferno del tormentato e dissoluto Megadave, che apre subito la narrazione raccontandoci di quando, in preda ad una forte crisi depressiva, si è tagliato le vene aspettando che sopraggiungesse la fine di ogni suo male: egli giaceva a terra, con i polsi grondanti sangue, sembrava essere arrivata la tanto bramata conclusione della vita ma una anonima chiamata al 911 ha fatto sì che i paramedici intervenissero in tempo per salvarlo, dandogli così solo una nuova occasione per marcire nel rimorso e nella disperazione. Il nostro narcisista e tormentato eroe è solo al mondo, abbandonato dalla società che continua imperterrita la propria esistenza senza curarsi di chi, nel silenzio e nello squallore del proprio appartamento, tenta invano di farla finita. Ed ecco che con l'arrivo del ritornello arriva anche la cinica consapevolezza di quanto tutto ciò sia inutile; il tempo di batteria si dimezza, le chitarre ed il basso passano da un riff serrato ad una sequenza ad accordi aperti, che va a creare il sostegno per quanto di più cinico un depresso possa affermare: non c'è modo di fuggire al dolore, ormai anzi apparteniamo tutti ad esso e per quanto il nostro istinto naturale di conservazione ci mantenga saldamente legati alla vita proveremo sempre ad ucciderci, ma ogni volta ci salveremo per il rotto della cuffia. Conclusa questa sessione, l'ultima nota viene tenuta lunga, dando modo a Mustaine di sfumare con la voce le ultime parole di questa porzione di testo, e poi via diretti nuovamente con una nuova strofa galoppante a più non posso. Il sangue dei tagli precedenti è dunque finito inutilmente in un tombino fognario, sempre circondato dal menefreghismo della collettività che nemmeno si ricorda di quell'individuo che ha provato ad uccidersi, ora egli giace nel suo letto, ripensando inevitabilmente al suo tentato insano gesto, il dottore gli ha prescritto delle pillole per migliorargli l'umore, ma sembra che non servano a nulla, ne ingurgita una dopo l'altra ma il senso di disprezzo per l'esistenza resta tale quale. Poi, per caso, egli scorge sul comodino un flacone di sonniferi: un modo dolce di andarsene, ci si addormenta per il sonno e non ci si sveglia più, questa volta sembra semplice. Ecco che Morfeo avvolge Megadave tra le sue braccia, la luce in fondo al tunnel si fa sempre più vicina, rapida ed incandescente come i fari di un treno che sta per travolgere una persona sui binari, ma è tutto inutile, ancora una volta viene salvato per il rotto della cuffia; sarebbe bastato anche solo un minuto di ritardo dei soccorritori per far sì che tutto fosse finito ma niente. Anche la struttura del brano, dopo il secondo ritornello e l'assolo di chitarra riprende nuovamente secondo il modello precedente, allineandosi così con la ciclica monotonia dei tentativi del suicida di togliersi di mezzo sempre sventati all'ultimo istante. Citando una massima di Nietzsche, sembra che tutto ciò che non uccide il nostro protagonista lo renda più forte, ma ecco che, senza starci troppo a pensare, finalmente il 911 viene chiamato con un altro scopo: ormai è finita, non c'è più nulla da fare, l'ambulanza altro non è che un taxi con cui recarsi all'obitorio, dove un medico legale potrà constatare la causa del suicidio ed etichettare il tutto con un cartellino sull'alluce del cadavere. Il viaggio giunge al termine con il letto della cella frigorifera, si chiude lo sportello e cala definitivamente il sipario. Come la vita del protagonista, anche l'esecuzione live dei Megadeth giunge alla sua conclusione, un'ultima ripresa strumentale della strofa e poi si chiude tutto con il passaggio granitico di Menza, lasciando sfumare l'audio col boato di un pubblico letteralmente in estasi.

Conclusioni
Con "The Story Of Megadeth" dunque, possiamo concludere un viaggio nel proverbiale passato prossimo della band americana, che dall'immediato del disco di prossima uscita (sempre rapportandosi al 1994) arriva fino a due anni prima toccando il precedente full lenght riproponendone un estratto live ed una versione alternativa. Parlando da fan abbastanza oltranzista del gruppo, la prima prova propostaci da Mustaine e soci resta indubbiamente la migliore a livello artistico: avendo appurato comunque che i Megadeth hanno intrapreso un percorso stilistico ben definito e svincolato dal Thrash Metal degli albori, "Train Of Consequences" risulta come una nuova perla pronta a far scuotere la testa ai fan, un gustosissimo antipasto di quello che, giudiato con il senno di poi, si è rivelato un album convincente e trascinante in ogni suo punto, "Youthanasia". La prova centrale di questo singolo invece ci lascia abbastanza sospesi in un oblio di giudizio: partendo dal presupposto che il brano originale è uno dei più coinvolgenti dell'intero repertorio dei quattro, tanto da figurare sempre nelle varie setlist, l'idea del remix sulle prime potrebbe farci storcere il naso, ma la firma di Trent Reznor sulla rivisitazione ci rincuora in quanto metaforico marchio di qualità; il leader dei Nine Inch Nails infatti è riuscito a compiere quello che si dovrebbe fare con tutti i remix, ovvero fornirne una nuova interpretazione che risulti personale e sentita senza privare la composizione primaria di quella che è la sua essenza. In altre parole, se "Symphony Of Destruction" fosse stata scritta dai Nine Inch Nails invece che dai Megadeth, quasi sicuramente avrebbe suonato esattamente così; il rovescio della medaglia arriva con il seguente interrogativo: era davvero necessario un remix della traccia di "Countdown To Extincion"? I fan più legati al Metal direbbero di no, mentre quelli più open minded potrebbero invece propendere per il sì, magari con qualche riserva. Fondamentalmente comunque, l'elettronica in questo caso rende un proprio omaggio ad un pezzo thrash, quindi perchè rifiutare a priori quello che alla fine della fiera passa per una prova lampante di ammirazione? Infine, giungiamo alla terza prova, l'estratto live, il terreno sul quale abbiamo più volte verificato empiricamente la potenza della band di Megadave. In studio come sul palco infatti, i quattro musicisti suonano sempre fluidi, precisi e letali in ogni passaggio; non è un caso quindi, se la formazione di questo periodo, che comprende appunto Dave Mustaine, Marty Friedman, David Ellefson ed il compianto Nick Menza, sia ad ancora oggi, nel 2017, ritenuta la line up migliore che i Megadeth abbiano mai avuto. La canzone già di per sé è avvincente, quindi la scelta della traccia da icludere in versione live è ottimale, se in più si considera la qualità di ripresa e di esecuzione, il risultato lascerà tutti noi profondamente soddisfatti del risultato.

2) Symphony Of Destruction (The Gristle Mix)
3) Skin O' My Teeth (live)


