Megadeth
Super Collider
2013 - Tradecraft

MICHELE MET ALLUIGI
11/08/2020











Introduzione
Parlare dei Megadeth è ormai una forma elegante per dire che l'argomento del discorso, fondamentalmente, sia Dave Mustaine. Fin dagli esordi della creatura dell'ex Metallica si intuiva infatti come il cervello nonché cuore pulsante di questo nuovo gruppo fosse appunto il rosso chitarrista di LaMesa che, vuoi anche per la sua personalità decisa e a tratti dispotica, ha condotto il suo veliero per tutti i tipi di acque, dalle più tranquille alle più burrascose, non curandosi di cosa l'opinione pubblica potesse pensare di lui. Anzi, sembra quasi che il buon Megadave provi una malsana forma di piacere nel destare clamore con le sue gesta e le sue dichiarazioni, ma del resto si sa, oltre che per la sua musica lo stimiamo anche per il suo personaggio. Facendo un rapido excursus nella discografia dei Megadeth, prima di addentrarci nel singolo di lancio di "Super Collider", il primo colpo di coda che spiazzò i fan fu la pubblicazione di "Countdownt To Extinction", datato 1992: è lapalissiano affermare che l'inizio degli anni Novanta abbia portato un enorme cambiamento artistico in diverse band ma se parliamo di Mustaine e soci questa virata si fece sentire nel provvisorio "ammorbidimento" di sonorità che i quattro portatono nel loro stile. Del resto, la critica arrivava con le orecchie ancora belle indurite dai dischi degli esordi, intorpidite dall'acufene del leggendario "Rust in Peace", immaginate dunque come poterono reagire i fan dell'epoca ascoltando ora dei brani sì validissimi ma con una vena hard rock più marcata, che si affiancava a quella squisitamente thrash metal non facendo mancare critiche e dissapori da parte dei metallari più conservatori. Non trascorsero poi molti anni che il percorso "soft" dei Megadeth prosegui con gli ottimi "Youthanasia" (1994) ed il successivo "CrypticWritings" (1997), quest'ultimo vero e proprio giro di boa verso la svolta hard rock della band. Tutte queste pubblicazioni hanno il fattore comune dell'essere state apprezzate a pieno sorriso o snobbate in tronco senza troppe vie di mezzo all'epoca della loro uscita, fu solo con il senno di poi che gli ascoltatori, che nel mentre erano maturati anch'essi, ripresero in mano quei dischi per riascoltarli con un approccio più oggettivo, e per l'appunto maturo, anziché lasciarsi trasportare dalla pancia e dalla aggressività convulsa scatenata dai primi dischi dei Megadeth. Il vero punto di rottura fu "Risk", l'album "maledetto" che ancora oggi fatica ad essere apprezzato dalla fan base della band e che anzi se fosse per alcuni non sarebbe dovuto nemmeno uscire (al pari di St "Anger"dei Metallica). Fortunatamente, con i seguenti "The System Has Failed" e "United Abominations" Megadave sembrava riaver ripreso il controllo della sua nave per condurla fino ai lidi moderni, iniziando nuovamente a martellare come un tempo. Come abbiamo accennato però, Dave Mustaine adora suscitare clamore ed ecco che con il più recente "Super Collider", i Megadeth tornano a spaccare in due la critica, questa volta però a favore di coloro che non rimasero particolarmente soddisfatti dell'album, ma riguardo al lavoro del 2013 ci sono alcuni aspetti che vanno chiariti per poterne comprendere appieno la funzione. Prima di tutto, questo disco è il primo pubblicato dalla Tradecraft, l'etichetta indipendente fondata da Mustaine stesso per la sua band: scaduto infatti con il precedente "Thirteen" il contratto con la Roadrunner, il rosso thrasher decide di continuare in proprio, forse per aver maggiore spazio di manovra per la sua band anche in materia amministrativa, andando così controcorrente verso le grandi label. Per dare le news in merito inoltre, Megadave scelse di utilizzare un account Twitter a nome "Vic Rattlehead", quasi come se la mascotte del gruppo fosse diventata ora anche la manager a vita (mascherando così un'interessante alter ego del fondatore). Infine, attraverso una serie di interviste, venne annunciata la conclusione dei brani che avrebbero composto il nuovo album ma titolo ed uscita furono le ultime informazioni ad essere fornite, proprio per aspettare che la composizione convincesse al 100% il gruppo. I singoli annunciati furono diversi per via indiretta, ma ad uscire in maniera ufficiale in formato digitale fu appunto la titletrack, correlata di un videoclip promozionale in cui tutti e 4 i membri della band recitano un ruolo ben preciso. Occorre però iniziare l'analisi partendo proprio dal titolo: il termine "collider", traducibile approssimativamente con "collisore" fa riferimento all'ambito della fisica nucleare: il "Super Collider" che da il titolo all'album sarebbe infatti un riferimento al Compact Muon Solenoid, un macchinario presente al Cern utilizzato dai fisici per gli esperimenti di scontro fra gli atomi nel tentativo di dare una spiegazione alla teoria del Big Bang, di cui un particolare compare proprio come copertina del disco. Non ci resta quindi che buttarci in questo canalizzatore di particelle per scoprire cosa ci hanno riservato i Megadeth.

Super Collider
Con l'avvio di "Super Collider" veniamo sospinti dal suono di una chitarra in fade in, un ottimo espediente per ricreare un metaforico avvio di un propulsore o di un macchinario ad alta tecnologia, e fin dallo start intuiamo che la vena dei Megadeth è più Hard Rock che Thrash: la batteria di Droover infatti spinge su un mid tempo ricco di groove che però non si discosta mai dagli stilemi del Rock classico, la doppia cassa è pressochè inesistente e la partitura in sé non risulta nemmeno troppo articolata; le chitarre si muovono compatte entrambe su uno schema di accordi aperti che conferiscono alla composizione un ritmo deciamente più catchy ed orecchiabile, i bpm sono quindi drasticamente calati rispetto ai Megadeth che conosciamo, ma quella che ascoltiamo comunque è una traccia piacevole pur restando senza troppe pretese. D'altra parte sono proprio scelte di questo tipo a rivelarsi vincenti: ottiene molti più risultati una canzone più "semplice" ma composta con le chicche giuste, quali appunto un ritornello fatto ad hoc per restare in testa, piuttosto che quei brani iper tecnici ed elaboratissimi che però a conti fatti non vanno da nessuna parte. Ovviamente, se ascoltate un capolavoro megadethiano come "Holy Wars..." e poi passate a "Super Collider" il salto vi apparirà particolarmente drastico (quasi come passare dai Marduk ai The Cure), ma entrambe le canzoni citate godono di un ottimo riffing, solo l'approccio compositivo si rivela diverso: la prima più graffiante ed old school oriented (con un livello tecnico da non sottovalutare), la seconda più orecchiabile, immedita e perchè no radiofonica (proprio questo aspetto "commerciale" si rivelò essere uno dei maggiori spunti per la critica negativa ricevutedall'album). A conti fatti però, "Super Collider" ha tutte le carte in regola per dimostrarsi una traccia valida sotto tutti i punti di vista: se come poc'anzi accennato vale il detto "less is more" ("il meno è di più", ovvero con poche semplici cose si ottengono risultati maggiori") il brano in oggetto ne è la dimostrazione lampante. Alle lunghe suite strumentali che facevano toccare i sei e più minuti di durata i Megadeth questa volta sostituiscono un minutaggio che supera di poco i quattro minuti, architettando l'intero brano sul classico schema di strofa-ritornello-strofa-ritornello senza avventurarsi (come in passato) in arricchimenti ed acrobazie intermedie divese. "Super Collider" ha quindi l'accordo giusto al momento giusto, poche semplici pennate distese che inanellate una dopo l'altra costituiscono una linea melodica efficace sia dal punto di vista strumentale che lirico, facendo compiere così ai Megadeth una brusca picchiata sì verso gli orizzonti più commerciali (vuoi anche per far fronte alla necessità di avere sempre un maggiore pubblico e "fare cassa") ma dandoci anche la prova di una band sincera con sé stessa. Sul frangente lirico infatti troviamo un Megadave non più impegnato in affilatissime rasoiate al sistema, sostenute alle volte da complicate figure retoriche, ma un cantante più diretto, anche se va comunque detto, decisamente sottotono a livello vocale di come siamo abituati a sentirlo, ma impegnato su un testo molto più semplice ed immediato. Attraverso un apposito videoclip, il cui protagonista è il classico secchione deriso da tutti, viene lanciato un messaggio pregno di sigificato positivo: occorre un cambiamento drastico se si vuole ottenere ciò che si vuole ed in questo caso "il super collisore" non è solo un macchinario, ma una presa di posizione, una svolta, quella che tutti di noi dobbiamo prendere per cambiare profondamente la nostra vita e se sarà necessario spingere al limite tutte le particelle della nostra quotidianità fino a farle scontrare tra loro ed implodere allora accendiamo senza paura "il collisore" del nostro laboratorio, poiché non ci sono alternative. Nel videoclip infatti, il secchione inizia a legare con una ragazza durante un esperimento di scienze a scuola (in cui possiamo vedere David Ellefson nei panni del professore), durante un incidente infatti la bella ragazza assiste il ragazzo, che ovviamente non è un fusto ma si rivela per ciò che è senza maschere di sorta ed inzia così a nascere una certa intesa fra i due, tanto che la ragazza inizia a provare interesse per la scienza, fino a quando, mentre i due sono intenti a far volare un razzo meccanico, non interviene il padre autoritario di lei (Mustaine) a portarla via per separarla da quella "brutta frequentazione sotto gli occhi del professore di ginnastica (Chris Broderick). Anche con l'avvento del college (l'Elysian Field High School, giusto per cogliere un rimando a "Youthanasia", dove Shawn Drover lavora come bidello) i due si ritrovano e riprendono metaforicamente l'esperimento del razzo, questa volta con il secchione che ne ha realizzato uno apposta per lei con dei fuochi d'artificio. Un regalo per rimarcare la sua presa di posizione nel non cambiare ciò che si è ottenendo come premio finale un bacio dalla sua bella, dimostrando che con la scelta di non adeguarsi all'ambiente dei ragazzi fighi proprio il secchione riesce a far innamorare la bella ragazza.

Conclusioni
Per concludere, "Super Collider" è un singolo che va ascoltato ed apprezzato per quello che è: il preannuncio che con l'album che sarebbe uscito di lì a poco i Megadeth avrebbero ancora una volta abbracciato sonorità meno Thrash e più Hard Rock. Possiamo fargliene una colpa? Sì se si pretende che la band di Dave Mustaine si fossilizzi sugli schemi già percorsi degli anni Ottanta, regalandoci album cloni di "Killing is My Business..." o "Peace Sells..." evitando però di tacciarli di mancanza di creatività, no se, con una mentalità più aperta, vogliamo sempre essere curiosi di vedere come si evolverà la svolta compositiva della band da un anno all'altro. Ovviamente certe cose piaceranno più di altre ma dobbiamo anche considerare che fare musica è un mestiere assai difficile e ovviamente non si può accontentare tutti, specialmente quando al di sopra di te, sullo striscione che ti sovrata sul palco, vi è riportato il nome "Megadeth". Come tutti i grandi nomi dell'Hard n' Heavy anche la band californiana non è stata esente da un oceano di alti e bassi, gli innumerevoli cambi di formazione ne sono un esempio concreto, per non parlare poi dei problemi personali vissuti dallo stesso Mustaine, ma riuscire a sopravvivere letteralmente a se stessi nel corso degli anni è una vera prova di valore. Consideriamo poi che con l'arrivo della prima decade del nuovo millennio anche il pubblico da accontentare è cambiato notevolmente: l'avvento della musica digitale ha fatto si che alla musica Metal vi ci si potesse approcciare chiunque in qualunque momento e se ci si pensa non è un fattore da poco; agli albori del Rock, questa musica e tutta la sua filosofia avevano un qualcosa di esoterico che in qualche modo rendeva i suoi fruitori degli adepti eletti ad un olimpo di libertà e novità artistica, oggi, con la facilità di accesso alle piattaforme streaming questo alone di magia si è perso, con tutto ciò che ne consegue anche a livello di "sacralità" del supporto fisico rimediato con fatica e ricerca, ma non è questo l'ambito in cui discuterne. Con "Thirteen" nel 2011 e "Super Collider" nel 2013 i Megadeth tornano quindi a farsi sentire con una specie di dittico concettuale: il primo lavoro contiene i brani maggiormente legati alle radici Thrash della band, il secondo invece è riservato alla vena più melodica e rock oriented di Mustaine e soci (non è un caso se molta critica abbia avanzato questa ipotesi come un vero e proprio dato di fatto), quel che è certo è che a prescindere dal tiro che i Megadeth scelgano di avere i loro prodotti sono sempre sinonimi di alta qualità, sia dal punto di vista artistico che tecnico. Un arrangiamento diverso dal solito quindi, ma non di certo blasonato o fine a se stesso, verrebbe piuttosto da dire diverso, ma diverso non equivale a di cattivo gusto, il tutto accompagnato poi da una post produzione passata per tre fasi diverse: le registrazioni si sono tenute presso lo studio di Dave Mustaine, in modo tale da avere sotto controllo ogni singola fase di pre produzione, secondariamente il mixaggio è stato svolto a New York per poi concludere la fasedi Mastering in uno studio specializzato di Chicago, se non è attenzione ai dettagli questa. Come per i dischi meno "cattivi" della band quindi, anche questa "Super Collider" inizialmente potrà sembrarvi molla e priva di mordente, ma date tempo al tempo e magari se non vi è piaciuta subito saprete rivalutarla.

2) Super Collider


