MEGADETH
Public Enemy N°1
2011 - Roadrunner Records

MICHELE MET ALLUIGI
30/01/2019











Introduzione
Proseguiamo il nostro cammino all'interno di "Th1rt3en" dei Megadeth, o meglio, di tutta quella serie di pubblicazioni che concerne la campagna promozionale del tredicesimo lavoro in studio della band americana. Dopo il singolo apripista "Never Dead", rilasciato in via digitale nel 2011, immediatamente dopo venne dato alle rete "Public Enemy N°1", singolo anch'esso costituito dalla sola titletrack messa bene in evidenza sui vari cataloghi digitali. Non bisogna dimenticare inoltre che quello stesso anno Mustaine e soci irruppero sul mercato con un altro prodotto discografico (e che prodotto, se mi è concesso!) il box set celebrativo di "Peace Sells But Who's Buying", edito però non dalla Road Runner come questi singoli bensì dalla Capitol Records, label che per l'appunto diede alle stampe i primi lavori del gruppo. Nella prima decade degli anni Duemila quindi i fan di Megadave e compagni si trovarono a giocare la loro partita di follower su due tavoli: da un lato le uscite freschissime, ciò che veniva fuori limpidissimo dalle sessioni della rinnovata formazione dei Megadeth, una sorta quindi di istantanea del quartetto all'alba del 2011, dall'altra il ricco box set dedicato al secondo full lenght, un vero e proprio super pasqualone per i thrasher più incalliti contenente niente poco di meno che diverse versioni rimasterizzate dell'album originale, sia in compact disc che in vinile, (rispetivamente del 2004 e del 2011) ed altrettante versioni dello storico live del 1987 al Phantasy Theater di Cleveland; un prodotto per pochi eruditi dunque ma che si presenta come una vera e propria perla per i collezionisti più affamati di dischi metal. Chiusa questa piccola parentesi, ecco come si dimostra la grandissima astuzia dei Megadeth di cui ho avuto modo di parlare anche nel corso di altre mie recensioni (in particolar modo dei singoli): la pregevole abilità di saper rilanciarsi e rinnovarsi sul mercato con prodotti adatti a tutte le stagioni, in grado di soddisfare l'appetito sia dei metallari più "attempati", osservatori dogmatici del motto "dopo il vinile er nulla", sia dei new kid delle nuove generazioni, che magari hanno conosciuto la loro musica solo in tempi recenti e per i quali la rete, mezzo mediatico che li ha letteralmente cullati, rappresenta l'usuale fonte di musica. Con "Public Enemy N°1" si nota inoltre come i Megadeth osino ancora di più tornando a sfruttare un elemento promozionale da loro utilizzato sì moltissimo ma sempre con una certa cautela: quello del videoclip. In precedenza il gruppo americano ha girato diversi video promo dei propri brani ma a differenza dei Metallica (ben più "cinematografici" in tal senso), Megadave ha sempre optato per una maggiore semplicità scenografica in fatto di cortometraggi della sua creatura: la formula principale delle loro sceneggiature prevede infatti che sia la band intenta a suonare il fulcro narrraivo delle sequenze di immagini, unite ad altri incisi metaforici il cui compito è fare da cornice integrativa al tutto. Con questo modus operandi dunque si ha da un lato i quattro musicisti intenti a dare il meglio di sé stessi, dall'altro le varie simbologie utilizzate dai Megadeth per dar vita alle loro liriche. Per il video di "Public Enemy N°1" invece anche il rosso thrasher ed i suoi fidi scudieri si cimentano in partecipazioni più cinematografiche: vi basti pensare che in questo videoclip gli unici membri della band che compaiono con i loro strumenti in mano sono giusto i due chitarristi (peraltro per pochissimi secondi ogni volta), mentre a Drover ed Ellefson viene lasciato l'unico onere di recitare i propri cameo. Dal punto di vista espressamente iconografico, l'artwork di questo singolo mantiene sempre lo stile anticonformista caro ai Megadeth: lo sfondo è composto da una parete ad assi di legno in tinta verde acqua, sulle quali compaiono, a disposizione concentrica, dei numeri arabi e romani disposti come per formare il quadrante di un orologio, al centro troviamo il volto di un uomo d'affari, il classico colletto bianco, di cui possiamo intravedere un vestito elegante, una camicia ben stirata ed una cravatta. Attenzione però perchè in trasparenza, sui tratti somatici del soggetto, traspaiono gli elementi del volto di Vic Rattlehead (elemento questo che accomuna questa copertina con quella del singolo precedente); in alto compare il logo della band ed il titolo dell'album, un modo netto per rimarcare come la canzone sia estrapolata da quel disco, ed il titolo in basso a completare la disposizione simmetrica dei vari elementi. Che sotto ogni business man si celi un demone arcigno e malato quanto la mascotte dei Megadeth? Chi può dirlo... Un'ipotesi che possiamo avanzare, conoscendo anche come Dave Mustaine la pensi sulla politica statunitense, è che quel viso sia stampato su una locandina di un ricercato, magari un bancario che ha truffato i suoi clienti per instascarsi i loro risparmi, e l'orologio sia una metafora per indicare come il tempo stringa nella cattura di questo criminale, che, proprio per la sua pericolosità, è definito nemico pubblico numero uno.

Public Enemy N°1
Senza troppi compromessi ecco iniziare "Public Enemy N°1" ("Nemico Pubblico Numero 1"), brano che comparirà in seconda posizione nella tracklist dell'album. Dopo un inizio a stacchi in puro stile heavy, alternati ad un efficace fraseggio di chitarra distorta, ci gustiamo una avvincente cavalcata in terzine, espediente reso celebre dai grandissimi Iron Maiden e che ora riprendono i Megadeth per conferire alla traccia un incedere da headbanging garantito. Il ritmo è subito travolgente e non mancano di certo le stoccate soliste di chitarra a fare da preludio all'ingresso della voce di Megadave. Il suo cantato arcigno ci proietta immediatamente davanti agli occhi l'immagine di un fuggiasco, un rapinatore di banche intento a fuggire dopo il suo ultimo colpo e grazie ad un drumming lineare e trascinante possiamo letteralmente vederlo correre davanti ai nostri occhi, con i feedback delle sei corde a ricreare dietro di lui le sirene delle auto della polizia. Pur essendo consapevoli che il potenziale tecnico dei Megadeth va ben oltre la struttura compositiva di questa canzone, che nel complesso si presenta particolarmente standard, la bravura del quartetto americano questa volta sta nell'essere stati capaci di architettare una composizione semplice ma coinvolgente dal primo all'ultimo secondo; messi provvisoriamnte da parte gli assalti all'arma bianca portati a velocità funamboliche, i thrashers statunitensi tornano alle radici dei loro ascolti, regalandoci una piece orientata pressochè totalmente sull'Heavy Metal più classico, che oltre ai già citati Maiden ci riporta alla mente maestri del genere come Judas Priest e Saxon. Conclusta la strofa, il pre ritornello si snoda su un efficacissimo mid tempo, dove il rallentamento conferisce alla traccia una maggiore apertura ed un maggiore groove: dalle terzine in shredding si passa infatti a delle note arpeggiate, sostenute dagli accordi tonici tenuti per dare più distensione possibile allo sviluppo prima della contrattura ritmica successiva, nella quale le frasi di autoconvinzione di Mustaine creano la giusta suspence in vista della successiva ripartenza. Passato il primo ritornello, la band ci regala subito una piccola chicca, un assolo di chitarra di Broderick, del quale non si può far altro che lodare l'incredibile tecnica e perizia esecutiva. Per chi, come il sottoscritto, segue i Megadeth ormai da anni oltre a cimentarsi nello studio della chitarra, non sarà difficile notare la grande differenza che intercorre tra l'attuale chitarrista del gruppo e i suoi predecessori, nella fattispecie Marty Friedman: il riccioluto musicista originario del Maryland vanta anch'egli uno stile neoclassico (come dimenticare del resto la sua collaborazione con Jason Becker nel dare vita ai Cacophony?) ma Broderick si contraddistingue per una maggiore fluidità esecutiva, specialmente nei passaggi in sweep picking; questo grazie ad un'impostazione molto più classica nell'impugnatura del plettro rispetto allo stile ibrido di Friedman (che è solito invece tenerlo in maniera trasversale rispetto alla consuetudine, elemento che conferisce alle pennate un taglio maggiormente incisivo). Conclusa questa breve divagazione solista, il pezzo riprende a marciare secondo lo schema prestabilito, che salvo una rapida reprise prima del finale si ripete in monoblocco come all'inizio. Nel cantarci questa canzone Dave Mustaine assume i panni del fuorilegge, una specie di renegade dei giorni nostri che, intento a fuggire dalle autorità, ci racconta le sue peripezie con il tono di un antieroe destinato a fallire nella sua epica impresa. Egli si è guadagnato l'appellativo di nemico pubblico numero uno e mentre sta ancora scappando non riesce a tenere il conto di quanti nemici si sia fatto durante questi anni a causa delle sue nefandezze; vorrebbe potersi fermare sulla tomba della sua amata a posarvi un fiore, ma è continuamente braccato ed è quindi costretto a spostarsi di continuo per evitare la cattura. Gli sbirri gli stanno sempre col fiato sul collo, ma nonostante questo si sente invincibile, una vera e propria macchina da guerra, che andrà avanti per la sua strada non curante delle avversità; si potrà sempre venire fuori da ogni pericolo, finchè ci saranno la sua pistola ed il suo malloppo di soldi rubati ad aiutarlo nella sua battaglia. Sotto questo fare spavaldo, con il quale nega ogni rimpianto per le sue azioni passate, il nemico pubblico numero 1 cela però una profonda amarezza, quella di non potersi più riconciliare con la sua famiglia ed appianare tutte le divergenze, lo stato di clandestinità lo costringe a non sapere nemmeno se i suoi genitori stanno bene e dove si trovino, e questo lo lacera più di qualunque anno di carcere o di qualsiasi voltaggio gli venga dato sulla sedia elettrica, ecco dunque che la scorza dura del bandito si crepa leggermente per lasciare spazio ai sentimenti. Tutta questa avventura viene raccontata in un videoclip dedicato, dove il ruolo del public enemy e quello dello sceriffo sono affidati a degli scimpazè vestiti ad hoc per la parte, una metafora lungimirante per esprimere come la criminalità e l'autorità statunitensi, pur essendo antagoniste alla luce del sole, siano ammaestrate da un unico padrone all'interno dello stesso circo. Megadave compare in qualità di cantore della storia, apparendo sia sulle locandine recanti la scritta "ricercato vivo o morto" con la rispettiva taglia sia all'interno dello schermo televisivo in qualità di giornalista del telegiornale intento a dare la notizia del fuggitivo ancora a piede libero. Broderick invece, oltre che in qualità di musicista, recita il ruolo di giocatore d'azzardo che sfida con esito nefasto il fuggitivo a poker mentre Shawn Drover ricopre il ruolo del gestore del bar oltre confine in cui il fuggiasco va a scolarsi un bicchierino e a cercare rifugio, ma sarà proprio lui che, appresa la notizia farà la proverbiale "soffiata" allo sceriffo della zona. David Ellefson infine compare per pochi istanti a letto con il fuggitivo, la situazione è parecchio ambigua ma lasciamo a voi lettori le diverse ipotesi, quel che è certo è che il fuggitivo deve alzarsi immediatamente dal letto per fuggire e riprendere la sua corsa, lasciando lì il bassista dei Megadeth. La trama dunque possiede sia elementi polizeschi che comici, fondendo così il Metal dei nostri con la vena anticonformista ed un pizzico di comicità che non guasta mai, "Public Enemey N°1" è dunque un brano "classico" in grado di piacere sia ai fan di vecchia data del gruppo si a a coloro i cui palati sono orientati verso orizzonti più Heavy che Thrash.

Conclusioni
L'ascolto di questa traccia dunque si pone a metà fra le due schiere in cui si dividono i fan dei Megadeth: per gli ascoltatori della vecchia guardia, non siamo certamente di fronte ad una canzone che farà gridare al miracolo, anche perchè come abbiamo detto la band è capace di ben più elevate gesta; parliamo dunque di un brano senza infamia e senza lode? No, le lodi ci sono tutte, tenendo però presente che per una volta i Megadeth non devono dimostrare niente a nessuno: è appurato infatti che il logo di Vic Rattlehead sulla copertina di un disco sia ormai garanzia di qualità assoluta, in questo caso Megadave e soci hanno semplicemente voluto puntare al massimo risultato con il minimo sforzo. Non che questo brano sia banale e pacchiano, anzi, i quattro thrasher hanno semplicemente voluto raggiungere un obiettivo nella maniera più semplice, arrivando dal punto A al punto B tramite una linea retta e non senza un alaboratissima linea curva intrecciata per chilometri. "Public Enemy N°1" sarà, per i thrasher oltranzisti, un brano senza troppo impegno da sparare a tutto volume durante una serata di baldoria oppure per un ascolto in cui ci si vuole godere del sano e fottuto Heavy Metal senza per forza dover impegnare troppo il cervello nel seguire gli sviluppi della traccia. Teniamo comunque presente che siamo ben lontani dai "flop" di lavori un po' più incerti e sperimentali come "Risk", anzi, il fatto che Mustaine abbia voluto comporre qualcosa di meno elborato rispetto, ad esempio, alle magnifiche sciabolate dalle tinte progressive thrash di "Holy Wars" ci dimostra come i Megadeth possano, entro ben definiti limiti, considerare assodato il loro ruolo di istituzioni del Thrash; specifico entro determinati confini per il semplice motivo che ciò non li deve autorizzare a sedersi sugli allori senza dare il meglio di album in album, anche perchè ciò si rivelerebbe una mancanza di rispetto verso i fan, oltre che una prova di mero cattivo gusto, il messaggio che traspare è "ok siamo capaci di farvi godere con brani da sette minuti, ma per spaccare ne bastano anche quattro". Ecco dunque come il rosso thrasher e i suoi compari dimostrano la loro grandissima bravura proprio tirando fuori un brano "semplice" che comunque ci fa scapocciare dall'inizio alla fine. Per quanto riguarda i nuovi fan invece questo pezzo rappresenta un ottimo starter pack per iniziare ad ascoltare i Megadeth: immaginatevi il classico new kid cresciuto a pane e musica pop che finalmente inizia a muovere anche i primi passi all'interno del vastissimo mondo del Rock e dell'Heavy Metal; dopo aver iniziato con cose più morbide moderne e commerciali, e magari anche conformi al suo range d'età, come i Green Day, i Limp Bizkit o i Linkin Park decide finalmente di provare ad ascoltare la musica "da vecchiardi" di cui magari è patito suo cugino: un conto è iniziare con un brano come questo, ben diverso invece sarebbe partire, ad esempio, con "Killing Is My Business And Business Is Good", nel quale un giovanissimo ed incazzato Megadave riversava sul mondo tutto il suo astio. Per lui sarebbe come gettarsi del magma sui timpani ed ecco che fuggendo dagli auricolari in preda al disgusto la nostra schiera di metallari perderebbe un altro possibile neofita. Tranquilli tutti dunque, il nemico pubblico numero uno e le sue scorribande sazieranno la fame di headbanging in tutti noi.

2) Public Enemy N°1


