MEGADETH
No More Mr. Nice Guy
1990 - SBK Records
MICHELE MET ALLUIGI
11/10/2016
Introduzione Recensione
Con il finire degli anni Ottanta, anche per i Megadeth giunge la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, cimentandosi non solo nella realizzazione di una cover ma anche nella partecipazione, tramite essa, alla colonna sonora di un film horror. È il 1989, nelle sale cinematografiche esce "Shocker" (tradotto in italiano come "Sotto Shock") di Wes Craven, ed è proprio con "No More Mr. Nice Guy" che la band di Dave Mustaine tenta ora l'impennata artistica collaborando con un ben più vasto ambito artistico, cavalcando l'onda della correlazione tematica tra la musica heavy metal e l'immaginario lugubre e macabro delle pellicole dell'orrore. Il film parla infatti degli efferati delitti compiuti da un folle serial killer in un sobborgo di Los Angeles, le indagini sembrano brancolare nel buio ma i maggiori sospetti sembrano indicare Horace Pinker, un riparatore di televisioni zoppo, come primo indiziato. L'indagine è affidata al detective Don Parker, che dopo diverse ricerche ed il vaglio degli indizi arriva a confermare il tecnico di televisori come colpevole degli omicidi, ma proprio quando l'investigatore sta per arrivare all'arresto dell'assassino, quest'ultimo uccide la moglie e la figlia di Parker. A questo punto della trama fa il suo ingresso sulla scena il vero protagonista della storia, Jonhatan, il figlio adottivo del detective, il quale, è in grado di stabilire una strana connessione onirica con la mente del killer (elemento questo ripreso dal primo capitolo di Nightmare del 1984, con protagonista il noto Freddy Kruger). Il ragazzo, grazie a questo strano potere riesce ad arrivare al negozio dove Pinker si nasconde, scoprendone così il covo, ma in una sparatoria il criminale uccide la fidanzata di Johnatan, Allison, riuscendo a fuggire con una nuova scia di sangue alle spalle. Grazie ad un nuovo sogno però, il ragazzo riesce nuovamente a condurre la polizia al nuovo nascondiglio di Pinker, che questa volta mira ad uccidere proprio colui che riesce sempre ad individuarlo, ma viene arrestato e prontamente condannato alla morte sulla sedia elettrica. Poco prima che venga abbassato l'interruttore per dare il via all'esecuzione, l'assassino rivelerà che Johnatan è in realtà suo figlio e la lesione al ginocchio che lo rende zoppo è dovuta ad un colpo subito mentre tentava di fermare l'assassino di sua madre; in questo passaggio chiave la sedia viene azionata, lasciando apparentemente il criminale al suo infausto destino. Pinker però non muore, anzi, si trasforma in pura elettricità in grado di impossessarsi dei corpi umani, elemento con il quale può così continuare le sue uccisioni. Sembra non esserci via di scampo contro un nemico soprannaturale, ma ad aiutare Johnatan interviene lo spirito della sua defunta fidanzata Allison che lo aiuta ad escogitare il modo per farsi trasportare dentro le trasmissioni tv per mezzo del cavo di segnale; i vari canali televisivi diventano così il nuovo campo di battaglia su cui Johnatan e Pinker si affrontano, passando da una trasmissione all'altra, il duello sembra non avere fine ma grazie ad una scoperta casuale, il ragazzo intuisce che l'assassino, essendo ormai fatto di energia elettrica, è anch'egli vincolato alle leggi naturali e sarà proprio questo elemento a segnarne la sconfitta, poiché la televisione stessa diventerà la nuova prigione nel quale l'assassino resterà per sempre intrappolato. La trama è quindi abbastanza avvincente, pur essendo alquanto bizzarra in certi passaggi, eppure, la pellicola si rivelò perfetta per la nuova pubblicazione dei Megadeth. Vanno però puntualizzate due caratteristiche importanti di questo singolo: la canzone "No More Mr. Nice Guy", come accennato, non è un brano scritto da Mustaine ma si tratta di una rivisitazione della canzone di Alice Cooper contenuta nell'album "Billion Dollar Babies" del 1973. In seconda battuta, questo singolo è in realtà uno split: molti credono erroneamente che si tratti di due brani della band di Megadave, ma in realtà lo è soltanto la titletrack, che peraltro è stata registrata dal gruppo sotto forma di trio: Dave Mustaine ha infatti rivestito il ruolo di cantante e chitarrista solista, affiancato solamente da David Ellefson al basso ed il recentemente scomparso Nick Menza alla batteria. L'altra traccia contenuta nella tracklist, "Different Breed", anch'essa contenuta nella colonna sonora del film, è ad opera dei Dead On, band thrash metal originaria di Long Island che visse la sua breve carriera tra la fine egli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta (l'ultima loro pubblicazione infatti risulta essere l'ep "All For You" del 1991, dopo il quale il gruppo si sciolse ed infine troviamo i Dangerous Toys, band hard rock texana nata ad Austin nel 1987 nota soprattutto per l'ironia e la comicità di alcuni suoi testi, la cui discografia si compone di quattro album in studio, uno live ed una raccolta celebrativa edita nel 2004 . Questo split dunque si presenta come una collaborazione tra tre band dello stesso filone musicale, unite non soltanto per la loro attitudine thrash ma anche in qualità di artisti scelti per prestare la loro musica alla realizzazione di una pellicola cinematografica, e diventando così, se vogliamo, la prima uscita "commerciale" nel catalogo dei Megadeth. I fan della band più accorti, guardando la copertina, intuiranno in quell'immagine un rimando al tema "alieno" e fantascientifico che costituirà il fulcro tematico della copertina di "Rust In Peace", pubblicato appena un anno dopo questo singolo; il Rattlehead, che questa volta possiede pure un corpo in forma di scheletro, emerge in fatti da un calderone ricolmo di una sostanza radioattiva, il cui verde acceso contrasta fortemente con il viola chiaro dello sfondo, in basso, tra i bidoni di materiali tossici, dei tecnici in tuta antiradiazioni restano sgomenti di fronte al fenomeno, tentando di contenere l'effetto collaterale dell'esperimento. Sembra dunque che, nonostante questa estemporanea svolta cinematografica, i Megadeth stessero già lavorando ai brani futuri e che fossero già ben incanalati nell'immaginario caratteristico di uno di quelli che, ancora oggi, è considerato uno dei loro dischi migliori.
No More Mr. Nice Guy
A dare il calcio di inizio allo split è la band di Dave Mustaine con "No More Mr. Nice Guy" ("Basta Signor Bravo Ragazzo"), rivisitazione del celebre pezzo di Alice Cooper. Fin dalle prime note si avverte subito che Megadave sia un esecutore più fedele rispetto ad altri quando si tratta di rivisitare le composizioni altrui: nel caso delle precedente "Anarchy In The U.K." l'attitudine thrash del rosso frontman si trovava in una posizione di netto vantaggio rispetto alla verve di partenza dei Sex Pistols, ma quando ci si inoltra nell'Hard Rock, onde evitare storpiature troppo eccessive, meglio restare sui binari principali senza lasciare che la propria impronta di thrasher emerga troppo. Il riff di apertura, pur essendo suonato da una Jackson Flying V, esce molto morbido e fluido, rispettando i canoni del sound originale degli anni Settanta senza eccedere troppo in pesantezza; anche la mano del chitarrista, pur possedendo le doti di shredder che tutti conosciamo, in questa sede calca decisamente meno le proprie pennate, facendo si che l'esecuzione risulti complessivamente più leggera. La precisione e la scorrevolezza del tocco ovviamente sono impeccabili, ma si sente che nell'apertura della canzone Dave Mustaine si sta comunque trattenendo. Anche l'inizio della parte vocale, in corrispondenza degli stacchi sui fusti della batteria, sembra modellarsi su quanto fatto da Vincent Damon Furnier (anche noto come Alice Cooper per chi ancora non lo sapesse), il tono infatti non è quello tendente al falsetto e psicopatico che ci si aspetterebbe dall'ex Metallica, almeno nella prima fase del pezzo, ma ci troviamo piuttosto di fronte ad un parlato abbastanza basso e calmo. È infatti solo con la fine dell'introduzione che il thrasher di La Mesa si lancia in un urlo che pur volendo rappresentare la pazzia appare tuttavia alquanto soffocato. La batteria intraprende il proprio cammino con un quattro quarti lineare, utilizzando unicamente la cassa, il rullante e la campana del ride, quest'ultimo a velocità raddoppiata rispetto agli altri pezzi del set; nell'introduzione abbiamo accennato al fatto che i Megadeth registrarono questo pezzo con la formazione a tre, dunque troviamo il leader del gruppo nei panni di chitarrista ritmico e solista allo stesso tempo, nel primo ruolo egli sfodera una serie di pennate in palm muting precise e serrate, allineate con le plettrate date dal basso, nel secondo invece egli esegue un fraseggio che apre notevolmente la melodia generale attraverso una serie di note alte sostenute mediante il bending della corda. A sostenere la strofa è una serie di tre note discendenti di tonalità, concluse da un rapido passaggio stoppato, che dopo un paio di giri sterza improvvisamente con il sopraggiungere del ritornello; questo frangente, pur essendo suonato da una delle band più corrosive del panorama thrash degli anni Ottanta, risulta tuttavia molto orecchiabile e catchy, quasi pop rock se vogliamo, più vicino dunque all'orecchiabilità originale che non al taglio al vetriolo tipico delle prime pubblicazioni della band californiana. Sia ben chiaro, a livello tecnico la traccia viene eseguita in maniera impeccabile, ma un simile "alleggerimento" ce lo si sarebbe aspettato più dai Megadeth del periodo "Risk", piuttosto che dalla formazione assetata di velocità e fulmicotone da poco reduce della pubblicazione di "So Far, So Good... So What!". Effettuato questo primo giro di boa, Mustaine sembra voler recuperare terreno nei confronti delle proprie radici, lanciandosi in un assalto solista molto preciso e dinamico che pur mantenendosi sulle tonalità originali suona comunque più "metal" rispetto a quanto suonato da Glen Buxton sul disco del 1973, dando prova di quelle grandi capacità soliste di Megadave che gli valsero l'invito ad unirsi ai Metallica nel 1981. A questo punto del pezzo arriva quella che in gergo si chiama esitation: la batteria ed il basso si fermano, lasciando unicamente la chitarra ad accompagnare con una serie di accordi la linea vocale, viene così a crearsi la base per il crescendo che sfocerà nel ritornello conclusivo, ripetuto ad libitum secondo il canone molto in voga nelle canzoni degli anni Ottanta e non solo. In conclusione, questa rivisitazione fa senz'altro onore agli autori di "Peace Sells...", che a livello strumentale hanno sicuramente realizzato una cover degna del loro talento e che rende omaggio all'artista interessato in maniera più che consona. Quello che convince poco invece, è il fatto che in questo caso i Megadeth abbiano suonato un pezzo di Alice Cooper ma non lo abbiano interpretato in maniera personale, almeno non particolarmente, a differenza invece di quanto fatto con il pezzo dei Sex Pistols e non c'è da stupirsi dunque se tra tutte le altre realizzate, questa sia una delle riproposte meno convincenti di Mustaine e soci. Protagonista del testo è un personaggio le cui caratteristiche lo rendono perfetto per essere protagonista di una canzone del vocalist originario di Detroit: un outsider al contrario. Egli infatti inizia la sua narrazione descrivendosi come una pasta d'uomo, un vero e proprio angioletto che non esitava ad aprire la porta alle persone anziane o ad aiutare un non vedente a non compiere un passo falso, ma tutto cambia quando a scuola riceve una sospensione. Da quel momento egli non ha più amici, in quanto gli altri ragazzi non possono farsi vedersi in giro con lui, dato che rischierebbero delle prese in giro; questo non fa altro che deprimere questo soggetto, che decide di infrangere le barriere della propria immagine di "Mister Bravo Ragazzo" intimando a sé stesso di cessare di esistere, eppure, anche questa svolta sembra ritorcersi contro di lui, tanto che il suo cane lo morde, il suo gatto gli graffia un occhio, la madre è stata cacciata dal proprio circolo ed il padre è addirittura costretto a nascondersi. Ha persino provato ad andare in chiesa sotto mentite spoglie, ma anche all'interno della casa del signore il parroco lo riconosce e gli da un pugno sul naso, insomma, qualunque sia l'identità scelta del protagonista, egli finirà sempre per avere dei problemi.
Different Breed
Passiamo ora a "Different Breed" ("Specie Diversa") dei Dead On. Con questa misconosciuta band, i fan del Thrash Metal hanno occasione di poter dare in pasto alle loro orecchie una mistura decisamente underground ed oldschool; il sound complessivo infatti è grezzo e scarno, fedelmente alla più conservatrice tradizione, e pur essendo un pezzo tecnicamente meno elaborato di quello dei predecessori la canzone si dimostra tutto sommato piacevole e coinvolgente. Ad avviare la traccia è un colpo sul piatto accompagnato dalla cassa, al quale si accompagna un accordo netto delle chitarre ed il basso, un iniziale pugno in faccia che mette subito in chiaro le cose prima che il pezzo venga lanciato su un tempo lineare di batteria sostenuto da un preciso ed incalzante doppio pedale. Il riffing di chitarra e mitragliante ed energico, lo shredding è bello deciso ed il palm muting contrasta perfettamente con gli incisi ad accordi tenuti, creando così quell'effetto di sterzata sonora simile a quello che si prova nel venire spintonati dopo una scarica di colpi al viso. Giunti al primo ritornello, il rullante passa a scandire il tempo in ottavi, aumentando così l'impatto martellante di uno sviluppo "a caduta" che avvita su se sesso l'incedere la canzone, similmente ad una spirale: questo frangente infatti si contrae rendendo il tutto particolarmente claustrofobico e folle, grazie anche al registro vocale schizofrenico e psicopatico di Mike Raptis, che dietro al microfono ricorda vagamente l'altrettanto maniacale Steve Souza degli Exodus; un ottimo modo per mischiarci le ossa prima che si riparta in maniera esplosiva con la seconda strofa ed il successivo ritornello, che in questa versione andrà a sfumare in fade out. Rispetto all'originale, che dura 5 minuti e 48 secondi, per la colonna sonora di "Shocker" essa viene accorciata fermandosi a 3 minuti e 48 secondi attraverso la dissolvenza in uscita poc'anzi citata; nonostante questa riduzione, e fa quasi strano ammetterlo, il pezzo degli sconosciuti Dead On batte su tutta la linea la cover dei Megadeth ascoltata in precedenza. Sembra infatti paradossale che un colosso del Thrash Metal si lasci surclassare da una band la cui esistenza non ha superato i cinque anni ed un sollo album pubblicato, eppure è così; del resto, i gruppi si uniscono in questo split con il comune fine di fornire la colonna sonora al film, ma lo fanno percorrendo strade artistiche diverse: la band di Megadave infatti prova a rinnovarsi, cimentandosi in una rivisitazione che, seppur tecnicamente impeccabile, a conti fatti risulta sottotono, i Dead On invece propongono in maniera molto sincera quello che sono e quello che fanno e per un amante del genere è questo quello che conta. Per quanto riguarda l'ambito tematico, il senso di straniamento dalla massa e la conseguente crisi di identità, essi restano i protagonisti anche nella lirica del gruppo newyorkese, con la fondamentale differenza che l'approccio verso la propria distanza da quello che sono gli altri viene qui vissuto in maniera attiva, dichiarando guerra a chiunque ci ostacoli senza subire passivamente le loro critiche. Raptis infatti inizia subito a raccontare come questo soggetto si senta ben differente da noi e di come egli sia fiero di appartenere ad una specie diversa; egli non è un qualcosa di questa terra, ma proviene da un'altra dimensione (nel testo la dicotomia viene rappresentata come sfera della terra, del "basso" quindi, accostata all'alto e lontano "cielo", da cui sembra provenire il soggetto principale). Nonostante tutti provino a giudicarlo e a controllargli l'anima, cercando dunque di assoggettarlo, egli va avanti per la propria strada senza guardare in faccia nessuno. La battaglia però sembra però essere persa in partenza anche in questo caso: l'individualità di questo outsider infatti è destinata a soccombere in quanto tale, poiché le differenze della sua persona con quella della massa sono troppo marcate e la gente, ottusamente rinchiusa nei propri compartimenti stagni e quindi incapace di cambiare, continuerà sempre ad escluderlo e ad isolarlo. Anche il protagonista di questa traccia dunque deve riconoscere il proprio fallimento ma almeno, come magra consolazione, potrà rincuorarsi del fatto che ci avrà provato fino alla fine combattendo con le unghie e con i denti.
Demon Bell
In chiusura dello split troviamo infine "Demon Bell" ("La Campana Del Demone") dei texany Dangerous Toys, con i quali ci si distacca notevolmente dalle sonorità thrash metal fin qui ascoltate. Il gruppo capitanato da Jason McMaster infatti si colloca più suglio orizzonti dello Sleaze Rock e del Glam Metal (o "Hair Metal" che dir si voglia) e non a caso tra gli accostamenti più comuni con questo gruppo, per dare un riferimento chiaro vengono citati spesso i Motley Crue, i Poison ed i Guns N' Roses. Ad avviare ilpezzo è un semplicissimo tempo in quattro quarti di batteria, un avanzata semplice e basilare molto simile a quella che si ascolta, ad esempio, su "Living After Midnight dei Judas Priest. A dare il ritmo sono infatti unicamente la cassa, il rullante ed il charleston, senza che vengano inseriti dei passaggi di chiusura da parte del drummer Mark Geary. A spezzare questo provvisorio silenzio ci penseranno le chitarre, le quali entrano immediatamente con una raffica di shredding immediatamente seguita da una serie di accordi aperti; che hanno il compito di annunciare l'ingresso del cantato. La voce di Mcmaster si presenta subito molto simile a quella di Axl Rose, un falsetto squillante e leggermente sporcato che però si dimostra molto più intonato nella performance del vocalist texano. in questo passaggio, la voce viene sostenuta dalle plettrate date in palm muting dei chitarristi, i quali, sono a loro volta fedelmente sostenuti da una inarrestabile sessione ritmica, alla quale si è aggiunta infine il basso di Mike Watson fornndo il proprio contributo con una serie costante di note lineari. Come da programma su un pezzo glam degli anni Ottanta, è con il ritornello che l'apparente monotonia della struttura raggiunge il proprio apice: questa sessione di traccia infatti si modula su una serie di accordi aperti alti e ricchi di impatto, su cui la voce stende una linea vocale e di facile presa, destinata a restarci in testa senza problemi. Pur limitandosi a pronunciare il titolo della canzone con l'ausilio dei cori, il ritornello di questa canzone risulta efficace proprio per la sua immediatezza, la linea vocale è infatti lineare e senza eccessivi salti di tonalità, perfetta per essere seguita a gran voce anche dagli ascoltatori, ma ahimè procedendo nell'ascolto la canzone non presenta altri momenti di particolare rilievo. La struttura del pezzo infatti è costituita semplicemente dall'alternanza di strofa e ritornello, spezzando questa ciclicità unicamente con l'assolo di chitarra, suonato con il classico tiro e fluidità conforme ai dettami del filone, e ad un break stoppato, che seppur ben piazzato ed eseguito all'interno della struttura principale risulta essere a conti fatti un'uscita estemporanea dai binari e nulla più. Passato questo frangente il pezzo riparte in quanto con una ripresa a loop del ritornello, cliché abbastanza comune nei brani sleaze e quindi anche abbastanza scontato, data l'enorme quantità d band che utilizzano questo espediente. Mentre il titolo della canzone viene ripetuto con forza dai coristi, McMaster si lancia in una serie di vocalizzi solisti, una serie di acuti sicuramente di impatto, ma anche un pò fini a se stessi, che sembrano più uno sfoggio di protagonismo che non un "assolo vocale" utilizzato ad arricchire il tutto. Un pò di varietà compositiva in più e magari qualche "azzardo" al di fuori degli schemi avrebbe senz'altro reso più interessante questa traccia ma, purtroppo, data la sua estrema staticità e fedeltà ai canoni del glam la rendono una canzone come tante, destinata a passare nelle nostre playlist senza essere particolarmente degna di memoria. A collegare il testo del pezzo con le altre presenti nello split è ancora una volta il contrasto tra un individuo particolare e la sua diversità dalla massa: nel caso dei texani, l'io narrante, incarnato in prima persona dal vocalist dei Dangerous Toys, è un personaggio nato privo dell'anima, un corpo impossessato dalle entità demoniache che ha la funzione di nocchiere verso le vaste lande infernali. Il suo compito è infatti quello di strappare il cuore ai mortali, preparandoli così al loro ingresso nel regno degli Inferi, e quando questo macabro rituale è compiuto egli si appresta a suonare la campana del demone, annunciando ai satanassi che il regno delle tenebre sta per ospitare un nuovo dannato.Letto così sembra quasi un testo da black metal, ma la componente "satanica" dell'individuo viene prontamente traslata verso a realtà di tutti i giorni, nella quale il protagonista si rifiuta di obbedire a tutte le convenzioni della società ben pensante. I suoi educatori infatti non sono mamma e papà, ma la televisione, quell'immensa scatola luminosa e chiassosa di fronte alla quale viene lasciato un bambino dai genitori troppo impegnati e non curanti per badare al piccolo; egli si rifiuta inoltre di andare a letto all'ora stabilita, dato che una volta rimboccate le coperte egli potrebbe fare tutt'altro che dormire sempre a causa della noncuranza della madre e del padre, tanto vale allora continuare ad essere il nocchiero dell'Inferno, facendo echeggiare nell'aria il rintocco della campana del demone.
Conclusioni
Il giudizio che si può dare di questo split cinematografico, a conti fatti, non può sicuramente essere negativo ma nemmeno troppo entusiastico. Esso infatti contiene due canzoni piacevoli, divertenti e, a tratti, ironiche, ma bisogna considerare "No More Mr. Nice Guy" per quello che è: un prodotto promozionale facente parte della campagna di presentazione per un film horror. Per le mani abbiamo dunque un bel prodotto commerciale, un qualcosa che si può assaporare durante i momenti di baldoria mentre si sta svaccati sul divano a guardare la pellicola di Wes Craven, ma non certo un prodotto da destinare all'ambito dei collezionisti del Thrash, se non quelli di più ampie vedute. Beninteso, non si sta assolutamente parlando di "svendita" o di "fallimento" delle due band, quanto piuttosto del loro gettarsi in un progetto diverso rispetto al loro normale ambito musicale i cui risultati sono sì buoni, ma altresì destinati a restare tali nell'ambito esclusivamente cinematografico. Per le carriere delle tre le band è comprensibile che la possibilità di collaborare con uno dei più noti registi dell'ambito horror sia stata un'occasione da acquolina in bocca ed ai Megadeth, ai Dead On ed ai Dangerous Toys va riconosciuto il merito di aver accettato la sfida dimostrando di essere prima di tutto musicisti e poi metallari. Il gruppo di Megadave in particolare, si è lanciato in questa impresa addirittura mutilo del proprio chitarrista solista, "appioppando", per così dire, l'onere delle chitarre al solo fondatore della band ed in tal senso si può comunque dire che i californiani abbiano saputo comunque sostenere questo compito. Ciò che differenzia ulteriormente le due canzoni inoltre è la qualità della post produzione: il primo brano della tracklist vanta dei suoni morbidi e fluidi, allineati perfettamente con il brand non plus ultra in voga sul finire della decade degli anni Ottanta, quanto al secondo invece, esso risulta ancora fedele ai canoni dell'underground: le distorsioni sono ancora cariche di gain, che rendono le chitarre particolarmente zanzarose, il basso risulta inoltre equalizzato con un impronta atta a favorire le basse frequenze, rendendo così il quattro corde ancora più corposo, mentre i fusti della batteria, insieme alla voce, suonano enormemente riverberati, facendo suonare il set di Mike Caputo come se fosse ripreso dentro una caverna. Come accennato però è proprio il pezzo meno conosciuto a risultare maggiormente di impatto in quanto più fedele alla propria individualità, quella stessa voglia di essere sé stessi di cui parlano le canzoni, dal quale invece Mustaine e soci sembrano invece essersi provvisoriamente allontanati. Anche i Dangerous Toys si sono dimostrati sinceri con se stessi, regalandoci un brano che, seppur non particolarmente travolgente, ha però il merito di essere niente di più e niente di meno di quanto il gruppo non proponga normalmente; anche se ai Megadeth è consegnata la "titolarità" di questo split, tanto che in copertina compaiono unicamente il loro logo e la loro grafica, ai Dead on va il riconoscimento di brano più accattivante della tracklist, lasciando la medaglia di bronzo ai rocker di Austin, i quali, pur essendo stati "in minoranza" hanno comunque rappresentato il lato più soft dell'elenco delle canzoni. Visto quanto fatto con i loro lavori precedenti e, col senno di poi, sapendo anche che di lì a poco sarebbe uscito il colossale "Rust In Peace", è giunta l'ora che anche Dave Mustaine la smetta di essere "Mr. Bravo Ragazzo" per tornare ad essere il thrasher noto a tutti come Megadave.
2) Different Breed
3) Demon Bell