MEGADETH
Maximum
1991 - Capitol Records
DAVIDE CILLO
07/11/2016
Recensione
Anno 1991: i Megadeth hanno da poco rilasciato "Rust in Peace", il lavoro che da molti sarebbe stato ricordato come il miglior album mai rilasciato dalla band durante la propria carriera. I californiani, guidati come ben saprete dal celebre frontman ex-Metallica Dave Mustaine alla voce e chitarra, avevano vissuto per il primo periodo della loro carriera all'ombra del celebre successo di Hetfield e compagni che, dopo aver escluso Mustaine dalla band su iniziativa di Ulrich, raggiunsero il successo planetario con lavori come "Master of Puppets" e la celebre videoclip di "One", tratta dal quarto lavoro discografico "?And Justice for All". Nonostante le grandissime qualità come musicista di Mustaine, il suo carisma e secondo alcuni il suo giovanile stile di vita l'avrebbero allontanato dalla band che aveva amato e visto crescere e di cui, dopotutto, si sentiva realmente parte. I Megadeth, sin dai primi show, ben poco ci misero a riempire le sale di San Francisco e dintorni, ma rimasero comunque dal punto di vista della fama una band "di serie B" e da molti ancora sconosciuta se messa a paragone con i celebri "Four Horsemen", ritenuti veri e propri fondatori di un genere, per buona parte anche a causa dei meriti di Mustaine e delle sue incredibili capacità artistiche, che avevano formato e plasmato quel sound che sarebbe poi diventato conosciuto al mondo con il nome di Thrash Metal. Anche dal punto di vista lirico, le differenze fra Metallica e Megadeth furono sin da subito evidenti: la band di Hetfield cantava canzoni nonostante tutto più "sociali", mentre i testi scritti da Mustaine rispecchiavano perfettamente la musica di un complesso che possedeva un sound ribelle e controcorrente a tutti gli effetti, affacciandosi certamente più da questo punto di vista (oltre che per il sound degli esordi più grezzo) alla precedente corrente della musica Punk Rock. E' stato importante questo breve riassunto per capire le differenze fra le origini dei Megadeth e ciò che i quattro erano diventanti nell'anno 1991, annata in cui fu per l'appunto pubblicata la raccolta "Maximum" protagonista della recensione odierna. I 'deth, con il rilascio del precedente album "Rust in Peace", stavano divenendo realmente conosciuti al grande pubblico internazionale, anche per merito dei numerosi tour europei che la band sostenne portando sui grandi palchi del mondo tracce capolavoro come "Holy Wars? The Punishment Due" e numerosissime altre, che prontamente furono apprezzate da una grande fetta di pubblico maschile e femminile. La vera e propria maturazione della band dal punto di vista artistico si raggiunse proprio a cavallo fra gli '80 e i '90 quando, con l'ingresso del virtuoso axeman Marty Friedman nella band, i Megadeth abbandonarono il potentissimo e grezzo sound ribelle di "So Far, So Good? So What!", album capolavoro e dalle inestimabili qualità, plasmando però il loro modo di suonare in qualcosa che li avrebbe resi famosi e unici per l'ancora più personale stile di composizione musicale. Sulla scia del rilascio di questi celebri lavori e dei conseguenti guadagni, dunque, proseguì il sodalizio dei quattro musicisti con la Capitol Records, etichetta discografica che sin dal secondo album discografico aveva seguito il percorso e l'evoluzione della band. Da qui l'iniziativa di rilasciare una raccolta, a molti oggi sconosciuta, con il nome di "Maximum", e che avrebbe riunito al suo interno otto fra le più grandi canzoni mai scritte dalla band: ovviamente, dietro queste raccolte vi è l'intenzione di riunire le migliori tracce di un complesso per mettere quest'ultimo a conoscenza di una nuova fetta di ascoltatori e, in questo senso, si deve vedere anche il rilascio del lavoro di cui oggi vi narreremo e che recensiremo. Per motivi commerciali della label, il prodotto non incluse alcuna traccia del primo album "Killing is my Business? and Business is Good!", che come alcuni di voi sapranno fu invece rilasciato dalla Combat Records. La traccia scelta per aprire questo lavoro fu "Peace Sells", seguita da una versione live del famoso secondo brano di "Rust in Peace" intitolato "Hangar 18". Seguono poi "In My Darkest Hour", ballad in onore del bassista ex Metallica Cliff Burton, "Holy Wars" e una cover live della celebre canzone dei Sex Pistols "Anarchy in the U.K.". Il lavoro si chiude con tre tracce d'eccellenza: "Wake Up Dead", "Hook In Mouth" e "Lucretia", quest'ultima a sottolineare l'intenzione di voler concedere una fetta importante di spazio all'allora recente uscita del suddetto album "Rust in Peace", la cui promozione fu uno dei motivi per il rilascio della raccolta "Maximum". Indiscusso il valore delle tracce e conosciuta da molti la parte lirica, la nostra attenzione sarà dunque rivolta alla valutazione del sound complessivo delle stesse e alla scelta della scaletta del prodotto, come anche molta analisi sarà dedicata alle tracce live del lavoro, quelle sicuramente meno conosciute e ascoltate nelle numerose release studio della band. Non possiamo che augurarvi buon ascolto, oltre che buona lettura!!
La compilation parte con "Peace Sells", la traccia senza tempo che Mustaine compose da ragazzo ispirandosi ai grandi della musica Heavy Metal e Punk. Tutto il suo amore per il ribelle sound britannico accende il brano sin dalle prime note, dove emerge la voglia di far sentire la propria voce e la propria rabbia verso un sistema che, come narrano le vibranti liriche, "vende" pace, non acquistandola. La traccia inizia con la leggendaria sezione di basso introduttiva che, oltre a concernere il giusto carisma da "grande pezzo" a causa della sua memorabile melodia, diretta e contraddistinta dai suoi provocatori accenti grezzi e inflessibili, dona al pezzo un groove e una ritmica divenuti poi storici nel tempo. L'intero brano è una frecciata verso quei politici, in questo caso quelli statunitensi, che diffondono ideali di pace e solidarietà, facendo però il gioco delle lobby delle armi e di coloro che realmente detengono il potere non solo economico, ma anche politico. Riff dopo riff, incastro dopo incastro, viviamo lo stato d'animo di un Dave Mustaine arrabbiato e controcorrente, e che racconta di come i canoni della società non lo rappresentino in alcun modo: è la straordinaria cadenza e linearità delle ritmiche a rendere, tramite i ben assestati power chord, questo pezzo tanto "semplice" nella struttura quanto dotato di qualità difficilmente ripetibili; ed è tramite la sua ruggente chitarra che, il biondo frontman originario della costa ovest, sceglie di abbattere ogni singolo dictat imposto al buon cittadino americano, distruggendo tramite piccanti risposte le più classiche delle osservazioni che lo statunitense "medio" farebbe ad un musicista come lui: "Non potrei essere Presidente degli Stati Uniti d'America? Ma non basta dire we the people (noi il popolo) per esserlo? Non sono un buon tipo? Forse semplicemente non il tuo tipo". E' tramite l'immagine di questo ragazzo voglioso di vivere la propria libertà e la propria vita senza dita puntate addosso che comprendiamo quanto Mustaine, in un momento d'ispirazione, abbia voluto scrivere un brano come per l'appunto "Peace Sells": brano che, nel suo finale, tramite potenti cori intonanti le parole "Peace Sells? But Who's Buying?" (si vende pace, ma chi la compra?), rispecchia in tutto e per tutto le influenze provenienti dalla scena Punk, all'insegna di un brano che è geniale nella sua impressionante capacità di tingere il Thrash Metal con il più puro sangue Rock n' Roll e Punk settantiano, con un assolo di chitarra provocatorio e delle ritmiche che si intrinsecano eccezionalmente al senso stesso della canzone. Nei momenti in cui le ritmiche delle sei corde supportano questa pungente fase di ripetizione dei cori ascoltiamo queste adeguarsi con semplicità all'esigenza di non rendersi protagoniste, al fine di donare il massimo appeal possibile alla parte vocale: cosa più che riuscita, come ben sappiamo! All'insegna del carisma unico di questa traccia anche lo squillante assolo che, senza mai abbandonarsi troppo alla parte tecnica, tinge più che mai il brano di quella vena "provocatoria" di cui detto. Di tutt'altro stampo dal punto di vista musicale la successiva "Hangar 18 (Live)", che rispecchia un'altra anima della band. Nel giro di quattro anni, con l'ingresso del virtuoso e ispiratissimo chitarrista solista Marty Friedman alla sei corde, i Megadeth avevano cominciato a comporre musica più elegante e strutturata, più studiata e meno grezza. Ciò che resta immutato, però, è certamente lo spirito della band: il brano, che si mostra da subito eccezionalmente suonato in ogni battuta, riflette infatti la medesima rabbia politica del complesso statunitense, che certamente in grado è di accendere egregiamente il pubblico nota dopo nota; pubblico silente per dire il vero in questa compilation, che si discosta dunque come scelta di prodotto e di produzione da altre storiche release del genere, dove si era talvolta addirittura scelto di riprodurre un finto pubblico in studio. Se con questo lavoro si parla infatti di una compilation strettamente studio, al punto di giungere alla scelta di "nascondere" o comunque non far emergere il pubblico se non al saluto finale, in altri prodotti avevamo visto uno spazio importante lasciato alle urla dei fan e al loro impatto nell'ascoltato. Il brano, come oggi molti lo definirebbero "complottista", racconta dei piani segreti degli Stati Uniti d'America, soffermandosi sulla presenza di laboratori e progetti segreti, sistemi e metodi per poter governare la finanza mondiale, forse di vita extra-terresti trattate e nascoste in segreti depositi sotterranei. La potentissima canzone, contraddistinta dalle qui perfette e squillanti solistiche di Friedman, cede tuttavia solo una parte minore di importanza alla vocalità di Mustaine, tramite la breve parte di strofa presente nella prima parte del brano, mettendo invece in primo piano i furiosi "stop and go" della musica e delle ritmiche. Ad ogni modo, l'approccio del frontman dietro al microfono si mostra chiaramente meno "raschiato" e "pungente" rispetto alla versione studio, cosa comprensibilissima considerando la lunghezza degli show dei 'Deth e dei singoli tour, oltre al fatto che il nostro Mustaine indubbiamente nacque come chitarrista, divenendo in seguito un grande cantante a causa della sua enorme originalità e capacità carismatiche e creative, piuttosto che tecniche. Pur essendo meno raschiata e tagliente rispetto alla versione studio, la voce di Mustaine ben si amalgama all'eccellente parte musicale. Si passa ad accenti certamente più musicali con la successiva "In My Darkest Hour", autentica e storica thrash metal ballad che Mustaine volle dedicare a Cliff Burton, ex bassista dei Metallica e suo grande amico negli anni in cui il cantante/chitarrista militava nella band di Hetfield e Ulrich. Questo brano certamente si contraddistingue dai precedenti per la sua evidentissima componente musicale e melodica, che rimane preminente durante l'intero svolgimento della canzone. E' tramite brani come per l'appunto "In My Darkest Hour" che Mustaine, raccontando di quanto sentisse la mancanza del suo amico, mostrò al mondo di essere un musicista e un compositore davvero completo, in grado di suonare non solo grandi riff ma anche una grande musica. La canzone colpisce per la sua straordinaria alternanza fra melodia e distorsione, oltre che per la capacità di rispettare il tema portante della traccia valorizzandolo in ogni sua componente, oltre che nelle differenti interpretazioni derivanti dalle diverse fasi del brano. La vocalità di Mustaine qui si fa più acuta e toccante in determinanti momenti, come quello del ritornello, e prettamente profonda dal punto di vista emotivo in altri. E' nei momenti più felici o spesso più duri della propria vita che, qualunque musicista al mondo con determinate capacità artistiche, tira fuori i suoi più grandi lavori: è certamente questo il caso anche del frontman dei Megadeth che, sia nei momenti di rabbia che in quelli di dolore, ha regalato al mondo capolavori irripetibili come "Liar", "Tornado of Souls", la qui presente "In My Darkest Hour" e decine d'altre. Anche l'urlare con asprezza il proprio cattivo rapporto con un ex compagno di band, magari ricoprendolo di insulti, è fonte di ispirazione musicale altrettanto valida e non meno autentica rispetto al sentire di cuore la mancanza di un amico che si sentiva vicino come un fratello: è proprio la sincerità e la purezza di composizione ad aver reso immensi artisti come Mustaine e decine d'altri, artisti che ci hanno saputo catapultare nelle loro emozioni e stati d'animo attraverso gli anni e le discografie. Il brano, con il suo bellissimo arpeggio di chitarra introduttivo come con il suo riff semplice ma perfettamente calzante riff d'accompagnamento, è pienamente meritevole di aver fatto innamorare generazioni di ribelli metallari con le proprie melodie e con la sua purezza d'intenti. Con la successiva "Holy Wars? The Punishment Due" si fa gradevolmente ritorno all'album "Rust In Peace", il tanto e già citato capolavoro che rese grande e celebre la band dinanzi al mondo intero, vedendo mostrato questo suo elegante e ancor più peculiare cambiamento di sound. La traccia, che evidenzia irripetibili qualità compositive, mostra tramite i suoi arabeggianti arpeggi e i continui stop and go quanto la band ritenga sbagliato combattere, o peggio scatenare, un conflitto per motivi religiosi. "Niente di più giusto e incontestabile", si potrebbe pensare: eppure, come i quattro thrashers raccontano, sono molte le guerre al mondo che vengono combattute per il proprio Dio, un Dio comune a tutti ma che divide così tante persone e popolazioni. La diversità di religione, invece che essere vissuta come un'opportunità per avvicinare qualunque popolo all'esistenza dello stesso e medesimo Dio, diviene ragione di diversità e guerre, bombe e morti, conflitti che spesso portano anche ignari e giovani bambini a passarci di mezzo. Il pezzo, nelle sue continue variazioni, tanto differenti quanto penetranti e calzanti, rivela ad ogni singolo frangente e nota quanto ispirati fossero i Megadeth a cavallo fra gli '80 e i '90, quando il binomio Mustaine-Friedman fu talmente forte da essere in grado di regalarci una musica senza tempo, all'insegna di un rapporto che lo stesso Mustaine continua tutt'oggi a cercare con altri chitarristi del mondo senza fortuna: tanti i virtuosi con cui si ha condiviso il palco, nessuno con cui si ha la stessa forza e qualità compositiva; questa perfetta sintonia fra i due ha portato Mustaine a cercare di convincere Friedman a rientrare nella band anche nei difficili momenti in cui se ne sentiva la mancanza, primo fra i tanti quello che vedeva Dave reduce dallo spiacevole incidente che rischiò di allontanarlo per sempre dal suo strumento. La bellissima canzone ci racconta di un protagonista messo in ginocchio dai suddetti conflitti, che gli hanno portato via qualunque cosa: nonostante ciò, l'uomo del racconto sceglie di non cadere e abbattersi ma di continuare a vivere le sue battaglie. Una vera chicca l'assolo di chitarra che, con il suo straordinario appeal e l'irripetibile mix fra rapidità e melodia, onora al meglio un brano noto a chiunque. Niente di più adatto della successiva "Anarchy in the U.K. (Live)" potrebbe rappresentare un'efficiente variazione nell'ascolto, con un brusco e ben assestato ma perfetto cambiamento musicale che egregiamente catalizza l'attenzione dell'ascoltatore. La cover dei Megadeth della storica punk rock band britannica Sex Pistols l'avevamo già trovata nell'indimenticabile album del 1988 della band intitolato "So Far, So Good? So What!", full-length ancora oggi preferito da tanti grandi fan della band che rivedono nel lavoro l'esempio massimo delle furiose ritmiche e della rabbia sociale dell'allora giovane complesso musicale. In quella release avevamo inoltre anche già sentito come, il nostro Mustaine, piuttosto che "Anarchy in the U.K." avesse cantato "Anarchy in the U.S.A.", per rispecchiare quanto il discorso fosse analogo anche nel suo paese di provenienza. Anche qui, come nella precedente traccia live, il pubblico passa in secondo piano, mentre potentissima e perfetta è l'esibizione, che nel migliore dei modi ci racconta tramite le liriche quello che fosse il credo di una band, i Sex Pistols, che ha contribuito a scrivere con un ruolo da protagonista la storia del proprio genere. Riff dopo riff, i 'Deth rendono gli omaggi agli inglesi, aggiungendo quel tanto di taglio e cattiveria di sound che fa del Thrash Metal ciò per cui è conosciuto al mondo intero. Nata come voglia di libertà e desiderio di poter vivere i propri desideri senza costrizioni e schemi sociali imposti, la rabbia di band come i Sex Pistols venne vista come prevalente forma di protesta sociale, in cui ignorando o magari insultando autorità quali quella della Regina d'Inghilterra si finiva certamente con il far parlare di sé, pur non avendo tale come obiettivo. Qui si rende onore ad una delle tracce più celebri della storia non solo senza sminuirla, ma valorizzandola grazie al coraggio e la sincerità con cui la si propone in maniera originale e intraprendente. La scelta di inserire la traccia in questa posizione in scaletta va premiata, perché davvero porta una vigorosa ondata di freschezza ad un lavoro che poi proseguirà con la successiva "Wake Up Dead", tratta dall'album dell'86 "Peace Sells? But Who's Buying?" e che ci riporta su schemi musicali prettamente Thrash Metal. Il brano è passato alla storia per gli amanti del genere grazie al suo spettacolare riff, che su tempi medi si ripropone per l'intera durata del brano con la capacità di non stancare mai, tramite i suoi tempi e ritmiche perfette, oltre che tramite uno straordinario uso dei power chord di chitarra. Se con "Holy Wars" ci eravamo infatti innamorati di una traccia con l'incredibile capacità di infilare variazioni su variazioni di incredibili capacità artistiche, con "Wake Up Dead" assistiamo ad una struttura certamente più minimale ma assolutamente non per questo meno valida: nessuno potrebbe negare che, con una struttura estremamente lineare, i 'Deth riuscirono a comporre grandi pezzi nonostante ciò non fosse nelle loro caratteristiche, che vedevano preferite canzoni solitamente più strutturate, specialmente dopo i primi anni di attività. Certamente meno carica di significati sociali, la traccia racconta della vita di un giovane uomo abbandonato ai suoi eccessi, caduto vittima delle sue passioni e dei suoi vizi. E' tramite i suoi potenti e taglienti riff che, passando attraverso gli stupendi fraseggi che congiungono gli stessi, si racconta di come l'uomo protagonista del brano finisca con il morire, collassare prematuramente a causa di una vita condotta nel non più corretto dei modi. Come detto si tratta di certo di un racconto non altrettanto pregno di significato, ma che contiene al suo interno certamente il suo perché: Mustaine infatti, in un periodo in cui lui stesso era vittima di ogni tipo di eccesso, racconta della vita di quest'uomo, un uomo che "nei suoi lati peggiori" gli assomigliava. Difficile se non impossibile capire per noi la "ratio" dietro queste liriche, e quale significato esse avessero per il frontman. Certamente, con "Wake Up Dead" ci si focalizza su qualcosa certamente più personale e più in linea con dei ragazzi che, in quegli anni, avevano rischiato di mettere a rischio la stessa carriera della band, capitanata dall'ambizioso Mustaine che mai avrebbe voluto essere sconfitto dai suoi eccessi, non vedendo realizzato il suo desiderio di diventare con la sua band celebre quanto, se non più, della sua ex band Metallica. Di tutt'altro stampo certamente è la successiva "Hook In Mouth", che prepotentemente torna in maniera netta su quei forti schemi anti-sociali che caratterizzano l'album dell'88 "So Far, So Good? So What!". Il brano, che possiamo senza timore di smentite definire uno dei più provocatori e aggressivi dell'album, è un intero attacco nei confronti della classe politica: i governanti vengono infatti definiti come veri e propri "scarafaggi", che infestando le sale del potere minano il futuro del popolo e di persone che, per poter arrivare a fine mese, magari devono farsi in quattro. Brano attuale più che mai nel 2016, anno in cui mi trovo a scrivere questa recensione, il pezzo vede Mustaine muoversi con decisione secondo la sua linea anticonformistica e antisistema, ribellandosi tramite l'espressione delle sue potentissime ritmiche ad una società che funziona "al contrario", dove regna l'ingiustizia sociale, dove i mass media sono corrotti e manipolati, ed infilano nelle menti dei cittadini idee che realmente li danneggiano. Noi cittadini, prede dei parassiti, non veniamo dunque messi in condizione di poter giudicare equamente, mentre il ritornello con uno spelling della parola "freedom", libertà, mette in guardia i nostri oppressori: la "F" è fighting, il lottare, la "R" il rosso, il colore del sangue dei nostri oppressori, la "D" è dying, ovvero la loro morte, e così via. I riff della canzone, così come i più che mai provocatori assoli, lasciano nonostante la grande potenza un'ampia parte alla musicalità, adeguata più che mai ad esprimere in maniera rabbiosa tutto ciò che nel sistema non funziona: ci è infatti possibile dire che, nonostante l'incredibile taglio di chitarre e la potenza e piacevolezza delle ritmiche, l'intera canzone possiede una sua ben distinta e riuscita melodia che contribuisce a rendere il brano completo a 360°, donando dunque quel tocco unico e che insieme ad altri traguardi ci consentirebbe di definire i Megadeth come veri e propri "grandi", se non grandissimi, artisti quali senza dubbio alcuno sono. Chiuso il brano assistiamo ancora ad un ben definito cambiamento di climax. Il lavoro si chiude infatti con "Lucretia", brano dove fra i songwriters emerge il nome di Ellefson, bassista della band: ciò rappresenta certamente una novità, visto che i brani dei Megadeth perlopiù portano quasi esclusivamente la firma di Mustaine. La canzone si mostra realmente imprevedibile e di grande originalità e, del resto, certamente l'intero album "Rust In Peace" mette in mostra qualità completamente fuori dalla norma. Il bellissimo e particolarissimo intro ideato da Mustaine tinge la musicalità di un'atmosfera unica, intanto che il frontman stesso si approccia al microfono. Profonde e di grande valore sono certamente anche le liriche: molti fan della band ritengono erroneamente che questo brano narri di Lucrezia, figura femminile mitica dell'antica Roma, rappresentante una donna che fu violentata portando così, dopo varie vicissitudini, alla nascita della Repubblica romana. Dave ci narra qui invece di alcuni suoi ricordi di quando era bambino, bambino con la convinzione che nell'attico della sua casa vivesse una fantasma con il nome, per l'appunto, di "Lucretia"; dopo essere scappato da parenti e amici e isolatosi da tutti, il piccolo Mustaine era solito a rifugiarsi nel suo nascondiglio e, a causa del suo modo di fare, veniva non di rado accusato di avere qualche problema di testa. I riff del brano sfociano spesso nel rock, incalzando però l'ascoltatore grazie alle straordinarie tempistiche. Così, mentre Dave ci racconta di come andava su e giù per quelle scale ricche di ragnatele, passaggio obbligato per il suo pacifico luogo di tranquillità, Friedman ci conduce al suo assolo che, dopo un inizio a rilento, prende velocità mostrando però una musicalità dal coinvolgimento unico: ancora una volta, laddove ci si ritrova a raccontare di brani provenienti da "Rust in Peace", la qualità delle composizioni e della solista è assicurata. L'eleganza dei riff e gli incastri fanno di pezzi come "Lucretia" capitoli unici, e che hanno avvicinato anche i ricercatori di un sound più elegante al quartetto californiano di Mustaine. Questa grande traccia, che porta con sé tocco e atmosfera unici, egregiamente chiude il lavoro, svolgendo nel migliore dei modi il compito di lasciare l'ascoltatore soddisfatto e consapevole della grande diversità di sound proposta dai Megadeth durante il primo periodo della propria carriera, grazie alla sapienza e al carisma non solo di un artista come Mustaine, ma anche degli affidabili gregari del frontman in quell'oramai lontano anno 1991. Si chiude così il lavoro, che porta con sé le riflessioni tipiche trattate nei nostri finali.
Come detto nell'introduzione, ci ritroviamo dinanzi ad un prodotto certamente commerciale, ideato dall'etichetta discografica per lanciare la band dinanzi ad una nuova fetta di ascoltatori: è proprio per questo che il potente inizio con "Peace Sells" e "Hangar 18" ci piacciono così tanto. L'intero lavoro è stato studiato egregiamente, e la tracklist è costruita ponendo la giusta attenzione realmente su ogni aspetto: dopo le due potenti tracce introduttive si passa infatti alla più melodica "In My Darkest Hour", scelta indovinata più che mai nel porre una breve pausa all'ingente mole di impatto sonoro prima della successiva "Holy Wars? The Punishment Due", celebre traccia che contribuì a rendere i 'Deth celebri in tutto il mondo. Concluso il quarto brano, quello artisticamente più complesso e evoluto, si torna con intelligenza sul grezzo sound live della cover "Anarchy in the U.K." dei britannici Sex Pistols che, con le loro influenze sul biondo frontman Mustaine, hanno in gran parte influenzato (e continuano ad influenzare) il sound del quartetto di origine californiana. La label ci vede ancora una volta bene nella scelta di proseguire con la successiva "Wake Up Dead", dal momento che si torna ad una traccia più tipica e caratteristica dell'identità musicale della band, più propria rispetto ad una cover nel far conoscere il reale sound del complesso ai nuovi ascoltatori. Alla chiusura della sesta traccia, dunque, l'ascolto si mostra ancora freschissimo e il "patos" davvero ai livelli massimi. Condividiamo allo stesso modo la scelta di porre, giunti a questo punto, un'ulteriore accelerazione: infatti si pone un accento sul grande senso di ribellione del giovane Mustaine con "Hook In Mouth", più provocatoria ed aggressiva della precedente "Wake Up Dead" e quindi perfetta nel catalizzare ancor più il livello d'attenzione dell'ascoltatore. Chiudiamo con "Lucretia", traccia che mostra la grande anima del quartetto, mettendo in risalto le incredibili capacità di Mustaine e compagni che, nelle precedenti tracce, erano state sopraffatte dalla grande componente di potenza e impatto sonoro. Questa "Maximum" è dunque una raccolta perfetta per quello che vuole essere, un tipo di prodotto magari non ideale per chi già conosce e ama il complesso, ma ad ogni modo perfettamente riuscito. La raccolta non ebbe a dire il vero questa grande diffusione e notorietà, rimanendo perlopiù in secondo piano ma, nonostante ciò, merita di essere promossa a pieni voti. Sulle tracce, analoghe alla versione studio, ci sarebbe per il vero ben poco da dire ma, per quanto riguarda le due canzoni live presenti all'interno di questi otto brani, queste sono ottimamente eseguite e anche la scelta di non lasciare il pubblico a "liberarsi" al proprio chiasso contribuisce a mantenere egregiamente l'atmosfera creata nel lavoro: insomma, per un nuovo fan che si approccia c'è tutto, per qualcuno che già ama la band può essere un'occasione per godersi una nuova playlist e godersi un tipo di ascolto comunque differente da ciò che si è ascoltato nei vari full-length del primo e storico periodo della band, quello in questo caso cominciato con il secondo lavoro "Peace Sells? But Who's Buying?" e concluso con "Rust in Peace". Bella d'impatto anche la cover della raccolta: vediamo infatti il classico simbolo della "radioattività" già usato dai Megadeth in altre occasioni, su uno sfondo viola e color porpora. L'artwork rappresenta, senza troppe ambizioni, in maniera genuina quanto abbiamo visto nella scelta della tracklist: una tracklist tagliente e di impatto, rapida e aggressiva, dove la scelta commerciale nel tipo di release del prodotto rimane in secondo piano, presentando la band così com'è con quella che era allora la sua storia. Il giudizio dato, un 9, va quindi ad ogni modo "contestualizzato" con le scarse ambizioni dietro la release di una raccolta, giudicata dunque per ciò che è: una scelta di puro scopo commerciale, poco altro; ci auspichiamo che qualcuno si sia però innamorato dei Megadeth anche grazie a questo lavoro, che assolutamente rende giustizia a Dave Mustaine e compagni e alla loro ribelle storia.
1) Peace Sells
2) Hangar 18 (Live)
3) In My Darkest Hour
4) Holy Wars... The Punishment Due
5) Anarchy in the U.K. (Live)
6) Wake Up Dead
7) Hook In Mouth
8) Lucretia