MEGADETH

Killing Is My Business... And Business Is Good!

1985 - Combat Records

A CURA DI
LORENZO MORTAI & DAVIDE CILLO
08/11/2015
TEMPO DI LETTURA:
9,5

Introduzione Recensione

"Dopo essere stato licenziato dai Metallica, tutto ciò che ricordo è che volevo sangue. Il loro. Volevo essere più veloce e più pesante di loro". Questa dichiarazione rende bene l'idea del clima che si respirerà in questa recensione, un clima di odio, ma soprattutto di rivalsa, rivalsa di un'artista probabilmente allontanato per i motivi sbagliati (chissà, sono passati troppi anni), e che ha saputo rialzarsi in piedi e mettere, un mattone dopo l'altro, in opera un piano diabolico e funesto per risultare più cattivo, più ficcante, più geniale di qualsiasi altra cosa avesse fatto fino a quel momento. Facciamo un balzo indietro nel tempo, ed iniziamo a raccontare la storia dal principio; 1981, due loschi e giovani individui, un batterista ed un frontman/chitarrista che rispondono al nome di Lars Ulrich e James Hetfield, hanno da poco fondato la loro band, dandole un nome che era stato scartato per una papabile nuova rivista di musica, Metallica. A quel tempo il gruppo era ai primordi più assoluti, una piccola manciata di demo collezionate, e altrettante presenze sui palchi degli USA, iniziando a farsi un nome e dando di fatto vita al movimento che, qualche anno più tardi, sarebbe stato etichettato col nome di Thrash Metal (nel 1981 ancora si tendeva a chiamarlo Power, per la sua fusione di elementi provenienti dallo Speed di band come Venom e Motorhead, ma anche influenze Heavy classiche, ed ovviamente quella sana e robusta matrice di Hardcore Punk che in quegli anni stava esplodendo nella parte est degli Stati Uniti). A quei tempi Lars e James avevano un chitarrista di nome Lloyd Grant, che peraltro aveva composto le primordiali linee di chitarra di quel che sarebbe divenuto un classico del gruppo, Hit the Lights (apparsa per la prima volta nelle iniziali demo del gruppo). Nel 1982 i Metallica entrano di fatto nella storia della musica apparendo, proprio con la Hit scritta da Ulrich e Grant, all'interno del primo volume della Metal Massacre, raccolta di brani delle influenze più disparate messa insieme dall'allora dorata Metal Blade Records. Usciti con la Metal Massacre I, i Metallica però si accorsero che Grant probabilmente non era quel tipo di chitarrista che serviva al gruppo, era bravo, senza dubbio, ma gli mancava quell'estro che avrebbe permesso alla band di spiccare letteralmente il volo. Ed è così che i nostri due giovani musicisti, mettendo un annuncio come si usava fare all'apoca per cercare nuovi musicisti su alcune riviste specializzate, si videro arrivare questo giovane ragazzo dalla chioma fluente (che probabilmente Ulrich ed Hetfield avevano già visto esibirsi con la sua band di allora, i Panic). L'audizione fu subito un successo, i due fondatori rimasero colpiti dal tocco straordinario e dall' innegabile vena compositiva di questo axeman. Da quel momento, niente fu più uguale per il gruppo californiano; Dave Mustaine portò una ventata di voli musicali e composizione che nessuno al mondo a quei tempi, almeno nel campo Thrash, sarebbe mai riuscito a fare, grazie alla sua vena quasi inesauribile di riff, composizione, struttura, testi e ritmi, i Metallica di fatto diedero vita, anche se all'epoca non ne erano consapevoli, ad una eterna leggenda. Qualche mese dopo il reclutamento di Dave, i Metallica pubblicarono la prima demo in cui la sua chitarra si sentiva, così come il suo modo di comporre, la demo si intitolava "No Life 'Till Leather", e fu il primo esempio, dopo il viatico della Metal Massacre, di quel che i Metallica sapevano fare.  Nel frattempo, come sappiamo, era entrato in formazione  l'altro elemento compositivo di spicco del gruppo, Cliff Burton e le sue spesse corde di basso diedero ancora più lustro al sound della combo, facendola diventare in poco tempo eterna. Il resto della storia sappiamo più o meno tutti come è andata; una volta arrivati a New York, ed iniziati a prendere i contatti con Jon Zazula per le registrazioni del primo, sempiterno album dei Metallica, quel Kill'Em All che tanto scalpore e milioni di copie fece, successe qualcosa di irreparabile; poco prima di entrare ufficialmente in studio, Mustaine venne allontanato, in parte per il suo carattere scontroso e saccente, in parte per il suo enorme abuso di droge ed alcool. Dave, cacciato dai Metallica, sentì l'odio covare dentro come un fiume in piena, sentì la rabbia che iniziava a sostituire letteralmente le viscere ed il suo sangue, quel ribollire della bile da parte del suo fegato che avrebbe potuto letteralmente sciogliere il mondo con un sol soffio. Quando poi vide direttamente il successo che la band ebbe con l'uscita del primo album, la cui maggior parte del merito era da attribuire a lui stesso, allora l'odio diventò una sfida personale da affrontarsi a colpi di musica, composizione e vendite, ma soprattutto con massicce dosi di violenza sonora. Entrato in causa quasi subito con il suo ex gruppo per l'acquisizione dei diritti di The Mechanix, originariamente chiamata Mechanics, e composta dallo stesso Mustaine durante la sua militanza nei Metallica, egli vinse la causa, con il pieno diritto di suonare la canzone ed inserirla in qualsiasi album o raccolta egli riteneva più opportuna. Anche qui sappiamo bene tutti cosa accadde dopo; Lars e James, probabilmente adirati per il risultato del processo, decisero di acquisire i ritmi di base prodotti da Mustaine, inserirvi partiture più melodiche al centro, allungarla di qualche minuto ed abbassare drasticamente i toni decisamente più ignoranti dell'originale, e dando così vita a The Four Horsemen, un must della band ormai dalla sua comparsa sulle scene. Vinta la causa, era arrivato il momento di dare vita alla danza della morte, al suo esercito personale di terrore, ma come ogni buon esercito, mancavano i soldati: per prima cosa reclutò il bassista Matt Kisselsten ed il batterista  Dijon Carruthers, con cui iniziare a comporre qualcosa. La vena di Kisselsten però non pareva essere abbastanza per Mustaine, ed infatti in pochissimo tempo egli venne accantonato per far posto alla giovane promessa David Ellefson, che diventerà poi di fatto co-fondatore della band assieme a Dave. Ellefson si portò anche dietro un amico per completare il set di asce da guerra a sei corde, amico che rispondeva al nome di Greg Handevidt. Con questa primordiale formazione, alla band mancava solo un nome che fosse garanzia di due cose: distruzione e potenza; fu così allora che, probabilmente anche per la rabbia che covava dentro il suo animo, che Mustaine si fece prendere dal demone dello humor più nero, giocando con le parole e con la morte, e così venne fuori il nome di Megadeth. Il nome, che è una chiara storpiatura dell'unione di Mega e Death, veniva utilizzata, specialmente dopo Hiroshima, per definire la deflagrazione di un ordigno atomico in grado di sterminare almeno un milione di persone contemporaneamente, una esplosione così lucente e possente da riuscire ad oscurare persino il sole, dunque, quale miglior nome per una band che voleva vomitare letteralmente riff e cattiveria addosso al pubblico? Dunque, trovato il nome, la formazione era completa, si poteva iniziare ad apparire sui primi palchi di San Francisco, e così fu: dopo poche esibizioni però, Handevidt e Carruthers lasciarono il gruppo, probabilmente per divergenze personali con Dave e David Ellefson (c'è chi invece invoca la calvizie, almeno per Greg Handevidt, come indiscrezione sul suo allontanamento da una band tutta formata di capelloni platinati). La band dunque, siamo all'incirca a metà del 1983, si trova tranciata della batteria e della seconda chitarra: per rimpiazzare le pelli subentra Lee Rauch, che poi andrà anche ad essere la prima batteria degli storici Dark Angel, altra realtà Thrash statunitense da non sottovalutare, mai. Mancava ancora la seconda ascia a sei corde, e fu allora che iniziò quella che probabilmente è una delle diatribe umane più famose della storia Metal: Mustaine, per divincolarsi dal non aver trovato un chitarrista disoccupato, contattò l'altra spanna del Thrash in quel momento, i diretti avversari dei suoi ex compagni Metallica, gli Slayer di Jeff Hanneman. Precisamente venne contattato il loro (allora riccioluto e biondo) chitarrista Kerry King. A quei tempi gli Slayer erano freschi di Show No Mercy, pubblicato pochissimo tempo dopo Kill'Em All, ma con una matrice nettamente più Priestiana/Maideniana nelle sue corde, disco che comunque fu apprezzatissimo, ma non ancora macchiato dello Slayer sound che tutti conosciamo. King accettò di buon grado l'entrata nei Megadeth, probabilmente già consapevole della vene artistica di Mustaine, e del suo modo di comporre le canzoni. Non trovando un frontman adatto, Mustaine decise di soppiantare egli stesso la parte del cantato, operazione che permane ancora oggi dopo trenta e più anni di carriera.  Questa formazione 2.0 dei Megadeth però ebbe vita davvero breve, brevissima: Rauch, come abbiamo accennato prima, abbandonò dopo pochissimo per entrare nei Dark Angel (la cui prima pubblicazione, We Have Arrived, è datata 1985), mentre Kerry King litigò ferocemente con Dave, definendolo un dittatore oppressivo e fuori di testa, e se ne andò "sbattendo la porta", per dedicarsi esclusivamente ai suoi Slayer, che di lì a poco avrebbero dato vita a Hell Awaits. Questa faida fra King e Mustaine in parte permane ancora oggi, i due in più occasioni si sono battibeccati, pur avendo suonato svariate volte sullo stesso palco (facendo parte entrambi dei Big 4 del Thrash Metal), in tante altre occasioni non hanno perso tempo per mandarsi a quel paese (per quanto, e questo va detto, King abbia sempre sostenuto la grande abilità artistica di Mustaine, cosa che Dave, al contrario, non ha mai fatto). Tuttavia, spezzando una lancia a favore di questa seconda formazione, va detto che, poco dopo l'abbandono di Kerry King e poco prima dell'abbandono di Rauch, quando i Megadeth erano solo una band di tre elementi, riuscirono, il 9 Marzo del 1984, a far uscire la loro prima demo, intitolata Last Rites, che conteneva la "bestia nera" Mechanix, più altri due brani, Last Rites/Loved to Death, ed anche quello che sarebbe diventato un altro cult del gruppo, Skull Beneath the Skin. Questa demo, peraltro, è la primissima occasione in cui compare un altro feticcio assai importante per la formazione, la mascotte Vic Rattlehead (a cui verrà dedicata anche una canzone apposita). La mascotte è un teschio, contornato da ossa e catene, con occhiali da sole di acciaio sulla fronte, ed il suo significato da grande fede al suo nome (Rattlehead è una crasi di to rattle, che significa scuotere, ed head, che ovviamente significa testa). A dispetto di tante altre mascotte nella storia Heavy/Thrash Metal, essa non è una icona positiva/espressione del gruppo, ma piuttosto un pregno calice di tutto ciò che Mustaine odiava al tempo della sua creazione, l'estabilishment politico/militare degli Stati Uniti, la sua incontrollabile fama di potere e conquista ecc ecc, una feroce critica che permeerà anche molti testi della prima parte di carriera della band, salvo poi il brusco cambio di pensiero da parte del fondatore stesso, ma questa è un'altra storia. Questo carattere così irruento del carismatico fondatore dei Megadeth sarà causa di svariati cambi di formazione nel corso degli anni, fino a valergli, ad oggi, l'appellativo di "Dittatore", come King aveva già sottolineato con ironia nel 1984. Nuovamente la band manca di batteria e seconda chitarra, come fare? La svolta arriva nel 1984, quando subentrano due componenti di un famoso duo Jazz/Fusion Newyorkese, chiamato "The New Yorkers"; questi due individui rispondevano al nome di Gar Samuelson (batteria) e Chris Poland (chitarra). Va sottolineato a questo punto, e poi durante il track by track sarà un argomento che rispunterà fuori senza dubbio, quanto il nostro biondo chitarrista/frontman, sia un miniera di stili ed influenze diverse, così disparate da riuscire a reclutare in una band Thrash Metal due Jazzisti Fusion abituati a pane e Mahavishnu Orchestra o Buddy Rich; Mustaine era, probabilmente, anzi, sicuramente, un seriale divoratore di musica proveniente da qualsiasi epoca storica, da qualsiasi fascia di ascolto, anche in forma ancor più atavica ed assetata dei suoi colleghi Ulrich ed Hetfield, che comunque, quando si conobbero, erano consumatori seriali di dischi. Dave però non solo ascoltava, immagazzinava, rielaborava e componeva allo stesso tempo, e questo già nei brani composti da lui per i Metallica si sentiva con grande chiarezza, la sua capacità di fondere assieme dinamiche e meccaniche così diverse fra loro, sarà per sempre il suo biglietto da visita, come peraltro lo è ancora oggi. Dunque, adesso la formazione pareva assai stabile, almeno per qualche mese, o comunque per il tempo necessario a comporre il primo full lenght, dato che la sete di rivalsa di Mustaine cominciava veramente a scalpitare come un toro impazzito. Si entra in sala prove: i ritmi sono massacranti, le sessioni di composizione, arrangiamento e missaggio sono estenuanti, si prova e si riprova finché ogni maledetto tassello di ogni singola canzone non risulti essere maledettamente perfetto. Ci vogliono circa dodici interminabili mesi prima che la band completi il lavoro, prima che tutto ciò che ci si era prefissati agli inizi del 1984 diventasse realtà; sono pronte otto tracce, fra cui ritornano, in forma nettamente migliorata a livello di bilanciamento musicale e resa finale del sound da quel tape di molti mesi prima, sia Last Rites/Love To Death, che ovviamente The Mechanix, ma anche la tanto osannata The Skull Beneath the Skin. Otto slot di pura distruzione Thrash Metal come solo Mustaine sarebbe stato capace di fare, trentuno minuti di puro estro compositivo e furia distruttiva data da quei due anni trascorsi dal 1982, quando i Metallica gli avevano sbattuto la porta sul grugno e lo avevano lasciato da solo con la sua chitarra ed un unico pezzo a ricordargli il fallimento che si era operato attorno a lui . Aveva visto il suo materiale prendere forma sotto le mani dei due tizi che lo avevano reclutato molti anni prima, aveva visto le loro mani plasmare qualcosa che egli riteneva suo senza ombra di dubbio, e che nessuno poteva toccare (non dimentichiamoci infatti che nel 1984 i Metallica stavano dando alle stampe la loro seconda infernale creatura, un altro planetario successo che fece sentire tutti condannati su una sedia elettrica, quel Ride The Lighting in cui però ancora la vena di Mustaine si sentiva grandemente, il suo modo di comporre e suonare era lì, alla portata di tutti, ma senza il suo nome, ed infatti canzoni come la title track o la mastodontica The Call of Ktulu, tanto amate dai fan dei californiani, portano marchiato a fuoco la sua firma, e si sente assai bene se lo si paragona al sound dei Megadeth). Mustaine si era visto strappare i suoi demoni thrasher dal petto, bene, ed allora mettiamo in piedi qualcosa che riesca veramente a prendere a calci il mondo, infondiamo tutto il nostro odio, la nostra rabbia, le nostre analisi sul mondo sui neri solchi di un vinile. Ci erano voluti due anni, ma ce l'avevamo fatta la creatura era pronta, mancava solo un titolo; fu così che, per la seconda volta, come era accaduto per il nome, l'anima nera carica di astio e voglia di rivalsa di Mustaine ebbe la meglio. Il ragionamento, almeno secondo chi vi scrive, fu questo: voi avete deciso, anzi, il vostro bassista ha deciso che "ma mandateli pure a quel paese ed uccideteli tutti!!", bene, se il vostro compito è uccidere, distruggere qualsiasi cosa abbiate sotto i piedi, ma con le note che vi ho scritto io, io, miei cari Metallica, allora io vi dimostrerò che uccidere il mio mestiere, e quanto lo so fare bene! Fu così che, quasi a farlo apposta, si arrivò ad uno dei titoli più lunghi che il Thrash ricordi (cosa che si ripeterà per ben altre due volte nella storia dei Megadeth), Killing Is My Business?And Business Is Good!. Già la copertina di questo album è tutto un programma; campeggia infatti, realizzato con un vero teschio e delle vere ossa intorno, il nostro Vic Rattlehead con gli occhiali d'acciaio, quasi a simboleggiare la sua chiusura verso tutto ciò che è giusto e bello, verso la verità stessa (ed infatti, oltre agli spessi occhiali che fanno "da scudo" al reale mondo, abbiamo anche degli acuminati chiodi che gli tappano la bocca, come se egli fosse un "War Pig", una macchina progettata per dire di sì a tutto ed a tutti, fregandosene delle conseguenze. Vic poi, da semplice testa, passerà ad essere un uomo in doppiopetto e cravatta, a simboleggiare ancor di più il potere che viene aspramente criticato), una candela con la flebile fiamma sullo sfondo, catene lucenti sul davanti , il logo della band in caratteri quasi gotici (ben lontani dalla grafica che tutti conosciamo, e che apparirà dal secondo album in poi), e la lucente lama di un coltello accanto a Vic, a simboleggiare il business di cui si parla nel titolo. L'album, dopo la sua ufficiale uscita il 12 Giugno del 1985 grazie alla forte Combat Records (che ha pubblicato, nella sua carriera, lavori come quelli degli Acid Reign, dei Death, degli Agent Steel e degli Abattoir, per citarne quattro a caso), riuscì a "sottomettere" una folta schiera di fan, anche chi era fervente sostenitore dei Metallica, specialmente chi aveva già conosciuto Mustaine proprio nella formazione californiana. Circolano molte voci sulla realizzazione di Killing, come quella secondo la quale il gruppo spese più per droghe ed alcool che per la realizzazione dell'album stesso, questo a discapito del sound e del missaggio finale, che a detta di molti è leggermente scadente. Personalmente lo ritengo ignorante, senza ombra di dubbio, ma non scadente; lo ritengo cattivo, certo, qualche carenza c'è (considerando che le vociferazioni sulle spese pazze non sono infondate, e degli 8000 dollari iniziali, molti sparirono per "accessori", tanto che alla fine Mustaine dovette licenziare il produttore e scegliere la strada della auto-produzione). Ad ogni modo, se Kill'Em All è stato il primo disco, a tutti gli effetti, Thrash della storia, questa ne è la degna controparte sviluppata da chi aveva grandemente contribuito al sound dei Metallica, una risposta secca a ciò che era successo, una risposta a colpi di note. Direi che l'introduzione è stata abbastanza esaustiva e completa, tutto ciò che potevamo dire per dare il La a questa recensione è stato detto, non ci resta che appoggiare la puntina sul vinile, e sentire questo sound invaderci le orecchie come una inferocita armata di barbari.

Last Rites/Loved to Death

Il balletto di morte e rivalsa viene aperto dal brano con cui si apriva anche l'originale, prima demo firmata dai Megadeth, Last Rites/Loved to Death (Amata fino alla Morte); un intro di tastiera degno del miglior Dario Argento che possiate pensare apre le danze, atmosfera lugubre e notturna cala su di noi, un setoso manto fatto di buio ci avvolge le spalle, mentre di sottofondo, al contempo con Mustaine che batte sugli eburnei tasti, abbiamo Ellefson che inizia a martellare le corde del proprio basso, in un crescendo sempre più deflagrante, finchè, dopo poco meno di un minuto di ascolto, un poderoso giro di chitarra Thrash fino nel midollo da il viatico al brano vero e proprio, accompagnato da pochi, ma potenti colpi ai piatti della batteria da parte di Samuelson. Il brano incede sempre più violentemente, finché un rauco urlo di Dave non annuncia l'inizio reale del brano, urlo che viene prolungato mentre di sottofondo chitarra e batteria la fanno da padrone. L'urlo viene dissolto piano piano, per poi tornare con forza distruttiva, ed iniziare a lasciare spazio al cantato di Mustaine, che per quanto non sia un frontman con una voce particolare o "allenata", fa il suo sporco lavoro maledettamente bene, alternando toni squillanti a rauche composizioni ed inanellamenti di toni bassi. Mentre il nostro biondo infiamma la folla con la voce, il caos che viene generato dagli strumenti ogni tanto ha qualche brusca stoppata in tono sincopato (elementi che prendono spunto dalle matrici Jazz di cui Samuelson e la seconda chitarra Chris Poland sono grandi esperti), il che da all'intera composizione un sapore misto che in bocca lascia un gusto poliedrico e dannatamente buono. Certo, si percepisce grandemente che la produzione non è delle migliori, i toni sono quasi ovattati in alcuni frangenti, ma la rabbia che si respira per tutta la durata del pezzo, compreso nel morbido intro di tastiera, fa sì che qualsiasi elemento possa essere considerabile fuori luogo o non ben confezionato, sparisca all'istante. Mentre il turbine di note continua, Mustaine incalza con la sua ferrea voce, dandoci ancora scudisciate direttamente sulla schiena, prima di stoppare bruscamente il proprio cantato, verso il terzo minuto, e dare vita ad un intrecciato assolo pregno tanto di Heavy Metal, quanto della ormai foraggiata corrente Speed, che in quegli anni stava vivendo la sua seconda vita, anche grazie a formazioni come questa. Il solo si prolunga, in sottofondo Samuelson continua a battere il tempo in sincro con Ellefson che picchia le sue spesse corde come se fossero i cavi in tensione di un enorme ponte sospeso, cercando di mantenerlo in equilibrio. L'assolo gira vorticosamente su sé stesso e da ancora energia al brano, lasciandoci stupiti di quanta violenza possa venir scaturita dagli strumenti di quattro semplici individui; risate prima altisonanti, poi malefiche, e si torna al main theme del brano, con Mustaine che riprende il ruolo di arringatore per l'ultima parte del brano, in cui abbiamo anche una decisa accelerata dei ritmi, finché, gli ultimi secondi, il pezzo man mano continua a dissolversi piano piano, la voce sempre in prima linea a farci capire che ogni parola pronunciata va ascoltata con attenzione, ed un ultimo urlo, accompagnato da potenti colpi di rullante e piatti, chiude bruscamente il pezzo, concedendoci l'ultimo, sonoro schiaffo morale e fisico. Cosa significa "amare fino alla morte", beh, Dave cerca di spiegarcelo in queste sanguinolente e caotiche liriche, nelle quali si racconta una macabra storia d'amore fra un uomo completamente pazzo, ed una donna che ormai se ne è andata. Il loro amore bruciava come le fiamme stesse dell'inferno, avvolgeva qualsiasi cosa toccasse e la faceva diventare incandescente, ma da quando lei è ascesa agli abissi profondi del cielo, l'anima dell'uomo è divenuta tormentata, la quiete che prima placava il suo agitato animo, adesso è divenuta un demone feroce, pronto a ghermire la preda qualsiasi cosa accada, sangue e morte invadono la sua mente, e l'unico ordine che comprende è "distruzione totale". L'amore che provava per quella meravigliosa donna era tutto ciò che aveva, era geloso di lei, al punto di arrivare ad uccidere chiunque posasse il suo sudicio sguardo sulla sua candida pelle, i suoi occhi non potevano incrociare alcuno sguardo se non i suoi, le labbra dovevano muoversi soltanto per dirle quanto ella lo amava, i suoi movimenti a letto dovevano essere solo per il suo massiccio corpo. Eppure lei ha commesso un fatale errore, si è concessa, ha abbandonato tutto ciò per cui i due avevano lottato in tanti anni, ha deciso di prendere la strada più facile, quella del tradimento, quella tortuosa via in cui tutto ti sembra dovuto, ed in cui ti getti fra le braccia del primo che incontri. L'uomo allora, accecato dall'ira , l'ha uccisa, ha squarciato la sua candida pelle, quel vacuo sguardo della donna che amava mentre se ne stava andando sotto i suoi ferali colpi, per sempre invaderanno la sua mente. E dopo aver compiuto il fatal gesto, arriva l'abnorme pentimento per la propria azione, come è prassi che sia, qualsiasi angolo di strada giri, vedrà sempre il suo corpo insanguinato, e mentre lei, secondo le sue idee, è ormai in paradiso, lui brucerà fra le stesse fiamme infernali che circondavano il loro amore. Tuttavia, anche se è una magra consolazione, una volta giunto nel regno di Lucifero, l'uomo vede che anche la donna è lì, la sua anima era nera come quella di lui, i peccati non sono stati perdonati, ed allora l'uomo decide che è arrivato il momento di ridare benzina a quell'amore, di amar di nuovo lei fino alla morte, ed adesso che sono entrambi spiriti di Satana, anche oltre essa, per tutta l'eternità fra le fiamme del tartaro più profondo. Un brano che, per quanto possa essere caotico specialmente in fase di missaggio, funge da ottimo intro per un disco leggendario, i ritmi sono serrati fin dai primi accordi, non c'è spazio per muoversi o fuggire, siamo solo noi e la musica, ed in più, quel setoso intro di pianoforte, è una ciliegina sulla torta come il buon Dave poi ci abituerà sempre più frequentemente negli altri dischi, inserire parti che all'apparenza sono completamente slegate, ma che, ascoltandole anche solo una volta, risultano totalmente ficcanti. I successivi tre minuti e tre secondi sono occupati da un brano che, oltre a dare il titolo al disco stesso, è diventato uno dei sinonimi di questa band; pensate a quando questo disco venne ascoltato per la prima volta, dopo una intro come quella che abbiamo appena passato.

Killing Is My Business? And Business is Good!

tutto tace, finché un roccioso intro di chitarra crescente non ci fa entrare nel mondo di Killing Is My Business? And Business is Good! (Uccidere è il mio mestiere? Ed il mestiere va bene!); il riff iniziale di chitarra viene ben presto accompagnato dal basso e dalla batteria, che iniziano a battere un tempo ritmico e cadenzato, quasi dal sentore Funky nella sua resa finale. Il ritmo incalza ancora, finché non è il momento dell'entrata vocale, con Dave che si piazza nuovamente ad arruffatore di folle con la sua graffiata e alta voce, dando il via ufficialmente al brano. Le sue parole si intersecano bene con la musica di sottofondo, che continua tranquillamente a prenderci a martellate la testa senza ritegno, sanguiniamo, ma siamo ugualmente contenti. Dopo il primo giro di boa del brano, al finire del primo paragrafo di testo, abbiamo una leggera dissolvenza dei toni, e poi in sottofondo le chitarre iniziano a produrre un ritmo nettamente Thrash, con plettrate muscolose e pesanti, che ben presto sfociano in una accelerata dei bpm di tutta la band davvero clamorosa, il ritmo diventa serrato, e noi iniziamo a correre come se avessimo un pazzo alle spalle. Nuovamente si sente la pochezza delle produzione di fondo, molti ritmi di base vengono persi nel caos del missaggio un po' scadente che è stato effettuato, eppure, nonostante questo, continuano ad essere brani che ci vomitano addosso violenza e tecnica senza compromessi, fino al punto in cui, della scarsa produzione basilare, non ce ne frega più niente. Dopo l'accelerata, il brano acquista groove, gonfia il petto e torna ad essere ritmato, tutto questo mentre la voce di Mustaine non si è fermata un attimo, le sue parole stanno piano piano diventando taglienti come rasoi, e la rabbia che si percepisce nell'affrontare le liriche e contemporaneamente la musica, trasuda da ogni poro di questo disco. Tuttavia, chiamarla solo rabbia o incazzatura sarebbe riduttivo, e si rischierebbe di sminuire quello che invece è un ottimo artista con una poliedrica mente musicale, capace di mischiare fra loro suoni e ritmi così diversi; queste liriche, questa musica, sono il risultato del suo essersi rialzato in piedi dopo la brutta esperienza, è la fenice che risorge dalle ceneri, quasi come per dire al mondo "mi hanno cacciato, ma adesso vi faccio vedere io cosa so fare!", e, diamine quanto ci è riuscito. Abbiamo ancora davanti un minuto e mezzo abbondante di ascolto, e quindi c'è ancora tempo per un secondo brusco cambio di tempo, stavolta però incentrato, rispetto al primo che giocava molto sulle asce a sei corde, suo duo basso/batteria, che detta il tempo e picchia forte sul proprio strumento, facendoci schiacciare il pedale del gas. Tutto questo mentre Dave con voce infernale ripete il titolo della canzone, facendoci quasi sentire quel lucente coltello della copertina penetrarci la schiena ed esalare l'ultimo respiro. Il cambio di ritmo continua con la ripetizione ossessiva del titolo, finché si trova posto anche per un altro mirabolante assolo Thrash, in sottofondo ancora le liriche incalzano, mentre Poland martella la sua sei corde facendola diventare incandescente, Mustaine di sottofondo non si ferma un attimo, Samuelson ed Ellefson dettano il ritmo senza stancarsi, ed alla fine, su  un cavernoso "You'd Better Believe It" (Farai meglio a crederci), si chiude il pezzo in maniera nuovamente brusca, come il precedente. Ci trasformiamo in assassini a pagamento in questo frangente, siamo leali e pericolosamente abili, centriamo sempre il bersaglio, basta che il pagamento arrivi alla fine del lavoro, e niente ci potrà fermare. Siamo mercenari al servizio della nera signora con la falce, vaghiamo per il mondo in cerca della nostra prossima vittima a cui far saltare la testa senza ritegno, e quando l'abbiamo trovata, anzi, quando qualcuno ci chiede di farlo, noi siamo già lì, pronti col nostro fucile. E' l'assassino stesso che ci parla in prima persona durante questo brano, la sua furia omicida viene calmata soltanto dalla prossima vittima da fare fuori, eppure, lui tratta tutto questo come un semplice e tranquillo lavoro, è parte della sua vita, ma una volta finito, tornerà a casa tranquillamente e magari andrà a letto con la propria donna, dimenticando fuori della porta tutto il sangue versato. Viene descritta in brevi termini la preparazione al delitto perfetto, cifra, appostamento, e poi il fatal colpo che fermerà per sempre una vita; è per questo che "il lavoro va bene", in giro ci sarà sempre qualcuno da fare fuori, una persona scomoda per qualcun altro, e nel suo delirio di onnipotenza, il nostro uomo si sente quasi Dio in persona. Non gli servono bugie o verità, niente storie o sotterfugi, solo il denaro, pagato in maniera sonante e diretta, ed egli farà tutto ciò che gli viene chiesto senza battere ciglio, perché è così che lavora un bravo assassino. Tuttavia, al di là della classica interpretazione che si può dare al brano, personalmente al suo interno ci ho sempre letto anche una feroce critica al mercato delle armi statunitensi, quel teatrino di sangue che mette in mano pistole o fucili praticamente a chiunque, senza curarsi delle conseguenze atroci che ne possono derivare; si sa, le sparatorie in USA sono all'ordine del giorno, specialmente in quartieri e zone difficili, quindi, potremmo anche supporre che il nostro assassino sia tecnicamente il paese stesso, il suo business è uccidere mettendo in mano anche ad un bambino l'arma carica, ed il business va bene perché il numero dei morti è sempre più crescente di quello dei vivi. Sono tutte congetture ovviamente, il testo è di libera interpretazione, ed ognuno alla fine dentro ci legge quello che vuole; sta di fatto comunque che questo secondo slot del primo album firmato Megadeth, è un'altra sonora mazzata nei denti, un calcio in bocca di quelli che fanno male e ti fanno sanguinare le gengive. Qui Mustaine ha preferito per un attimo discostarsi dalle dinamiche più estroverse del suo comporre musica, ed ha messo in piedi uno spettacolo di puro Thrash/Speed Metal senza compromessi o fronzoli, solo pura violenza musicale che scaturisce dagli strumenti, e vi dirò che, almeno per chi vi sta scrivendo, va assolutamente bene così.

Skull Beneath the Skin

Un lisergico ed acidissimo riff di chitarra invece da il via al brano numero tre, che proviene sempre dalla prima demo del gruppo uscita l'anno precedente. Stiamo parlando di Skull Beneath the Skin (Il Teschio sotto la Pelle): il riff continua la sua marcia di distruzione, finché colpi di piatti danno il via al brano, producendo un ritmo da parata militare, che viene bruscamente interrotto dalla voce di Mustaine, che cacciando un fragoroso urlo, ti fa capire che c'è anche lui, e che devi starlo a sentire con religioso silenzio ed attenzione. Una volta finito l'acuto, mentre il sottofondo la batteria continua a battere il ferro finché è caldo, il brano prende una piega inaspettata quando, all'improvviso, il rullante della batteria comincia ad essere premuto con più forza, le chitarre entrano in scena quasi all'unisono, e si inizia a dettare un tempo strano, un mix fra veloce e cadenzato. Quando l'intro di questo nuovo e strano ritmo è finito, si passa con il produrre sonorità nettamente Thrash, con la chitarra che inanella combo come impazzita, la batteria ed il basso che continuano a scandire il tempo come martelli da guerra, e dopo un piccolo giro di basso, che si sente nettamente, si arriva al cantato di Mustaine, che ormai ha preso il posto sullo scranno della predica, e non lo molla assolutamente. Mentre Dave comincia a cantare, in sottofondo si iniziano a sentire dei piccolo sprazzi di un assolo chitarristico, e man mano che l'ascolto procede, quelle inizialmente flebili note, si fanno sempre più possenti e minacciose, fino ad esploderci totalmente in testa. Il riff e l'assolo si intrecciano fra loro combattendo e producendo scintille su scintille, facendoci uscire di testa; è interessante vedere come la linea vocale e la musica di sottofondo sembrano apparentemente non andare d'accordo, la prima è veloce, graffiante e decisa, la seconda passa dal veloce al ritmico e viceversa. Tuttavia, ad un ascolto meno distratto, ci si rende semplicemente conto che questa scelta è dettata dal fatto che si cerca di innalzare la parte di voce il più possibile, così come in altri frangenti si tende a far risaltare la musica, è un equilibrio del tutto precario, è risoluto e solido, difficile da slegare. Il brano continua la sua danza di morte e distruzione incalzando l'andante sempre più ferocemente, Mustaine ormai ci urla direttamente dentro la calotta cranica, le sue acide liriche ci sono entrate come un verme nel cervello, e ce lo stanno letteralmente mangiando; si ha tempo infatti anche per uno scambio di battute fra il ritmo di fondo e la linea vocale, che continuano a duellare come abbiamo accennato prima, mentre la chitarra di Poland continua a diventare di fuoco sotto le sue mani, il basso di Ellefson si sente distintamente in sottofondo, le sue mani si muovono a velocità smodata su quelle spesse corde, e battono come dannate sullo strumento per farcelo sentire in tutta la sua interezza. Un piccolo imbuto di suono verso la fine, con l'acquietamento di tutto il set musicale, e poi ci viene sparato in vena l'ultimo assolo del brano, possente, elettrico e veloce, di matrice Speed, ma anche Punk, con quel sapore alcalino di base che ci piace da morire. Gli ultimi secondi del brano sono dedicati proprio a questo intricato riff di chitarra, gli altri strumenti lo accompagnano solo verso la fine, in cui, all'ultimo istante, Mustaine ci ripete per l'ultima volta il titolo del brano, quasi a volercelo marchiare in fronte, ed il brano, così come era arrivato, se ne va in maniera decisa, lasciandoci esausti, ma soddisfatti. Immaginate un futuro, neanche così lontano, in cui ogni forma di vita è stata ridotta all'osso, il male tossico avanza, le scorie della nostra stessa voglia di inquinare il mondo, adesso sono diventate così tante, da aver fatto marcire per sempre la terra. Immaginate questo, ecco, avete una vaga idea dell'atmosfera che si respira in Skull Beneath; si parla di questo profeta del male (che magari visivamente possiamo identificare anche con Vic stesso), che risorge dalle proprie putride ceneri, ed inizia a spargere morte sul mondo, distruggendolo un pezzo per volta. Siamo immersi fino al collo nella tossicità che abbiamo prodotto noi stessi in secoli di non curanza di ciò che abbiamo intorno, la nostra bella terra ormai è solo una landa ed acida distesa di niente, soltanto la desolazione di ciò che c'era prima. Vi è anche un accenno diretto alla figura di Rattlehead qui (nel secondo paragrafo, quando viene detto " Un solido visore d'acciaio, gli viene infilato negli occhi, pinze di ferro gli chiudono le mascelle?"), non è altro che la rappresentazione della copertina dell'album, quei chiodi lucenti di cui parlavamo prima, e che impediscono di udire qualsiasi suono. Ovviamente la canzone dedicata alla mascotte dei Megadeth arriverà fra qualche slot, ma qui abbiamo una critica feroce, senza precedenti, al meccanismo americano di quegli anni (ma anche di questi); il voler a tutti i costi tappare la bocca a chi la pensa diversamente, e così come nell'incubo che la band ci para davanti in questo brano, vediamo il nostro teschio a cui viene messo un visore sugli occhi per non osservare veramente ciò che c'è intorno, le borchie di acciaio sulla bocca impediranno qualsiasi urlo sulla verità, egli diventerà semplicemente uno schiavo del potere, l'ennesimo, e lo sarà mentre tutto intorno il mondo esplode. Il teschio sotto la pelle non è altro che quella verità nascosta, quella dinamica attraverso la quale si tende sempre a mettere la polvere sotto il tappeto, sperando che nessuno mai la trovi; eppure, ad un certo punto, arriva sempre quella persona che, forte probabilmente di una vista "più lunga" delle altre, solleva quel sudicio tappeto di terra, e trova tutto ciò che è stato occultato ferocemente nel corso degli anni, rivelandolo al mondo e rischiando anche di venir catturato ed ucciso per questo. A quei tempi Mustaine era un fervente sostenitore dell'anti-militarismo americano, odiava le meccaniche attraverso cui il suo paese letteralmente tappava la bocca ai dissidenti, non le sopportava, e forse perché in parte, con i suoi ex colleghi e datori di lavoro, gli era successa più o meno la stessa cosa. Skull Beneath dunque non è solo il tossico e post- apocalittico sogno di un pazzo, ma è anche una aspra critica alla società da cui i Megadeth stessi provengono, quel paese che è talmente grande da riuscire a nascondere i propri problemi, a meno che, come accadeva per i nostri guerriglieri del Thrash, uno non ci vivesse dentro. Si sa, questo genere musicale è sempre stata una fucina di critiche, il più delle volte permeate di uno humor nero e cinico, bastardo fino nell'anima, ma al contempo dannatamente diretto e bello da sentire; è sempre interessante vedere qualcuno che, non tanto con la cattiveria fine a sé stessa, ma piuttosto con la rabbia di chi non ce la fa più a sopportare soprusi e umiliazioni, ti urla in faccia con tutto il fiato che ha in corpo quale sia la verità indissolubile che circonda il mondo, peraltro tutto questo con in sottofondo una musica da paura. Questo brano è l'ennesima combo messa a segno in questo disco, che sembra avere energia infinita da vendere; qui, ancor più che nei sue pezzi appena conclusi, si sente bene quanto Dave abbia voglia di sperimentare. Quegli apparentemente ridondanti ritmi iniziali e centrali in realtà sono voli pindarici della sua mente da musicista, che riesce a tenere tutto sotto controllo mentre al contempo canta e suona la sua lucente chitarra, che dire, chapeau.

These Boots

E adesso, piccola lezione di storia: alzi la mano chi conosce Lee Hazlewood. Nessuno, parrebbe, ok, allora, la alzi chi conosce Nancy Sinatra; questa probabilmente la conoscete tutti, è la figlia del grande Frank Sinatra, The Voice, come amava essere etichettato, ed anche la figlia, come da tradizione, seguì le orme paterne mettendosi a cantare. Gli sforzi congiunti della grande abilità paroliera di Hazlewood, e la mirabolante e sinergica voce di Sinatra, portarono alla nascita di una delle canzoni più amate degli anni '60, specialmente la sua seconda metà, parliamo di These Boots are Made for Walking. Il brano venne registrato per la prima volta nel 1966, e fu subito un successo planetario, conferendo a Nancy una notorietà unica, tant'è che ancora oggi viene ricordata principalmente per quella canzone in particolare. La canzone venne ufficialmente adottata dai soldati di stanza in Vietnam come canzoncina da cantare durante le marce (appare anche infatti in uno dei colossal sul Vietnam più famosi di sempre, Full Metal Jacket di Stanley Kubrick), fino al punto in cui la stessa Nancy si recò al fronte per esibirsi di fronte alle truppe. Di questa canzone ne sono state fatte decine e decine di cover diverse, dai Planet Funk a Nick Cave passando per i nostrani Amanda Lear e Celentano; tuttavia, e forse non molti ne sono a conoscenza, il quarto brano di Killing Is My Business, These Boots (Questi Stivali), non è una cover, bensì una macabra storpiatura della canzone originale, operata da Mustaine in persona. La canzone, una volta uscita, venne aspramente criticata, ed entrò anche in causa legale con la casa discografica che produceva il disco, e che voleva censurare pesantemente il testo della canzone, ritenuto troppo offensivo. La causa si protrasse per diverso tempo, e fu vinta definitivamente solo nel 1996,quando venne concesso a Mustaine ed i Megadeth di reinserire la traccia, ma con un testo diverso dall'originale, e quindi una causa vinta per metà. La canzone originale la conosciamo più o meno tutti, è quel classico ritmo anni '60 ballabile e cadenzato che ti entra in testa fin da subito, così come la voce di Nancy stessa, che penetra direttamente il tuo cervello e si piazza lì, andandosene in maniera assai difficile. Nella versione firmata dai Megadeth si parte con una manopola di radio che spazia fra le varie stazioni (si riesce bene anche a distinguere il singolo Gloria, divenuta celeberrima nel nostro paese grazie ad Umberto Tozzi, e qui invece presentata nella versione cantata da Laura Branigan nel 1982), finché non si sintonizza in maniera definitiva su un aspro intro di chitarra elettrica, quasi da marcia militare anch'esso (per dare fede al titolo), la chitarra ritmica invece produce qualche sprazzo di acidità in sottofondo, la batteria inizia a dettare il tempo, ed il basso idem. Tutto questo finché, dopo una accelerata improvvisa degli strumenti, abbiamo una iniziale solitaria del basso stesso, che collima in una esplosione di tutti gli strumenti, che salgono e scendono una immaginaria scala di suoni, andando avanti ed indietro come impazziti, fino all'ingresso anche della voce, che parte in medias res ed inizia subito a prenderci a schiaffi. Il brano procede senza sosta, fino alla ripetizione del celeberrimo ritornello, che viene cantato quasi con voce sommessa da Mustaine, strozzata e veloce, mentre il ritmo incalza; dopo il ritornello, abbiamo un brusco rallentamento, in cui la chitarra torna al fil rouge che abbiamo sentito all'inizio del brano stesso, dando il via ad un nuovo bridge. Un riff maledettamente Blues e Jazz ci pervade l'anima, in questa piccola pausa che ci fanno prendere i Megadeth, pausa che però dura ben poco, qualche secondo, perché neanche il tempo di aver assorbito il riff così pregno di blue notes, che subito ripartiamo con l'accelerata che avevamo già sentito prima, e ci reinventiamo ballerini con la morte. Si procede così fino al secondo ritornello, stavolta cantato in maniera più scandita, e finito il quale abbiamo una rullata di tom e piatti, le chitarre man mano seguono la batteria, ed il basso di conseguenza, alleggerendo i toni generali. Come in un roller coaster si risale nuovamente con un solo di chitarra, mentre sotto batteria  e basso mitragliano senza sosta; si procede con questo andante fino al terzo ritornello, a cui segue un urlo cacciato direttamente dalla gola di Mustaine che ci gela il sangue nelle vene. C'è tempo, prima di lasciarsi andare alla fine del brano, per un ultimo assolo dal sapore nettamente Metal, e che man mano che si arriva alla fine, prima delle ultime parole di Dave, si dissolve piano piano, prima di un netto stop che mette fine alla traccia stessa. Il testo originale, si sa, parla di una storia finita, di una donna che si sta prendendo tutto il meglio da un uomo, e della terza donna, la protagonista, che li guarda da lontano, speranzosa che lui torni, ma consapevole del fatto che alla fine lei dovrà rialzarsi e calpestarlo per andare avanti, calpestarlo coi suoi lucenti stivali. Mustaine decide di svecchiare il brano dandogli una impronta più moderna, sempre di stivale, ma togliendo tutte le edulcorazioni anni '60 del brano stesso, e trasformandolo in una sorta di arringa contro una donna, quindi al contrario del testo originale, ed inserendo un linguaggio altamente scurrile (che gli valse la censura della casa discografica). Il brano è cattivo, marcio, si sente la violenza di quest'uomo che monta e da della puttana alla donna che ha di fronte, dicendole che lei deve pensare ad una cosa sola, a lui, non deve fiatare, altrimenti, qualsiasi cosa accada, i suoi stivali la calpesteranno. E' anche però una canzone che si incentra, in parte, su qualcuno che se ne sta andando, una storia che è finita, ma stavolta, a differenza di Sinatra, viene vista dalla parte dell'uomo, completamente fuori di sé per quel che sta succedendo, e che quindi non trova altro modo se non vessare chi ha di fronte. Difficile onestamente dire quale delle due sia migliore dell'altra, sono gusti personali; quel che è certo è che l'originale di Nancy è un pezzo di storia degli anni '60 americano, in cui magari si tendeva ad essere morbidi, ma sotto sotto aggressivi (calpestare un uomo con i piedi, in pieno femminismo, era qualcosa che andava oltre la comprensione della media di persone che abitavano gli USA in quel periodo), tant'è che i militari presero solo il ritornello, e soltanto perché venivano nominati gli stivali, trasformandolo in un inno di odio contro i vietnamiti. Mustaine decise semplicemente di riscrivere le regole del gioco, dando vita ad una creatura infernale che certamente non fa prigionieri, divora tutto ciò che incontra, ed anche la sua scurrilità a livello di liriche, passa in secondo piano, anche perché veniamo certamente investiti prima dalla musica, che nonostante il solito missaggio non eccelso, è un concentrato di genialità e sagacia musicale, ci si sente il Punk, il Metal inglese, il Blues americano e forti tinte Jazz date principalmente dal duo Samuelson/Poland, che innalzano il tiro di qualsiasi brano in questo disco, dandogli la loro impronta di "conservatori", ma sempre nel nome della sperimentazione.

Rattlehead

Il Side B di questo leggendario full di debutto dei Megadeth si apre con la traccia Rattlehead (Testa di Sonaglio), con il titolo che vi avrà sicuramente già riportato alla mascotte, storica, della band. Il significato di Vic Rattlehead, il nome della celebre figura rappresentativa della band statunitense, è "Vic Testa sonaglio", e questa fu una creazione di Mustaine in persona. Il termine "rattlehead" proviene dall'unione di due termini, il verbo "to rattle" (ovvero scuotere) e la parola "head", ovvero la testa. Il termine si riferisce nientemeno che all'headbanging, lo scuotimento della testa, praticato durante i concerti heavy metal. La figura di Vic, su cui torneremo nella conclusione narrando dei dettagli che non affronteremo in questo momento, si basa su un teschio con tappi e ostruzioni metalliche, proprio come abbiamo ascoltato nelle liriche del brano "The Skull Beneath the Skin". Il personaggio si presenterà spesso come "antagonista", contrariamente a molte altre celebri mascotte, prendendo le vesti di un politico o di un militare, quindi categorie sempre contestate dalla band (specie nella prima metà della carriera). Talvolta lo troveremo nelle vesti di scienziato folle, altre volte di un guerrafondaio pronto a scatenare un conflitto nucleare, ma Vic non sarà mai innalzato ad "icona positiva" dei Megadeth, come potevano essere uno Snaggletooth o un Eddie. Il brano si apre con la furiosa voce di Mustaine che urla "Well, Here I come", battezzando nella maniera più furiosa e stracolma di rabbia possibile una traccia che, come l'intero lavoro, non scenderà mai a compromessi. Questa canzone si innalzerà in tutta la sua cattiveria e sfacciataggine come un immortale inno al metal, invitando riff dopo riff il pubblico a scatenarsi e a non conoscere né limiti né rispetto per coloro che non appartengono alla propria cultura. Così, mentre il furioso tupa tupa di Gar Samuelson coadiuverà la parte chitarristica portante, che consta in un musicale riff in alternate picking volgare e tagliente come pochi se ne possono assaporare, il frontman inviterà il pubblico ad ignorare i propri "avversari di cultura" e a sbattere la propria testa violentemente fino a farla sanguinare. Sotto queste note di storia, ci sarà introdotto quindi il primo breve e squillante assolo del brano, quello eseguito da Chris Poland, che a velocità massima sale e scende sulla sua tastiera con accenti classici ma avvolgenti. E' in questi momenti che si assapora il vero sapore del thrash, quello dell'efficace semplicità, dove le scale pentatoniche bastavano ed avanzavano ad esprimere tutta la propria rabbia ed il proprio dissenso. Anche il secondo assolo non conosce sprazzi melodici né pause, ma mostra tutta la sua crudeltà ed irragionevolezza nel suo modo di contestualizzarsi in una traccia che altro non vuole che offrire del sano e genuino sfogo al suo pubblico, che vivrà durante lo show un totale momento di liberazione dagli schemi del mondo che ci circonda. E' proprio sul bending finale del secondo assolo di Poland che ci sarà la prima grande variazione di questo pezzo, che in un cambio di tempo ci donerà un più lento riff dove la vocalità di Mustaine si fa immensa, sia dal punto di vista del groove che un genere come il thrash in tutto il suo splendore deve possedere, sia dal punto di vista musicale. Questa magnifica sezione chitarristica con tanto di vocione del frontman fungerà da ponte per il terzo breve assolo, sempre eseguito da Poland, che in dieci secondi di pura estasi ci regalerà una transizione superba per la spettacolare sfuriata successiva, dove anche le tematiche si fanno più intense. Il frontman americano invoca infatti al dolore del pubblico, un dolore di soddisfazione e di gioia, quel dolore che si prova nel momento di follia totale a cui ci si abbandona durante un concerto. Mustaine chiede ai fans di sanguinare, un sangue di vittoria, mentre nel più totale pogo sarà vinto ogni senso di paura e di mortalità. La parte conclusiva delle liriche ci fa capire l'intera filosofia del gruppo: il vero metal non è una moda né un trend, e il proprio modo di vestire è finalizzato solo a stare bene con se stessi. L'obiettivo di un vero guerriero del genere non è quello di rimorchiare le signorine, ma solo quello di sfogarsi dinanzi al veloce, rumoroso e rude sound dell'Heavy Metal. L'ultimo assolo di questo brano, stavolta eseguito dallo stesso Mustaine, è ugualmente rapido ma più musicale nella prima parte, diventando nella sua immensità schietto e volgare nella conclusione, mettendo in risalto tutti i lati più rapidi e crudeli della sua anima, che rappresenta lo spirito stesso di questa magnifica canzone. La parte conclusiva vede il ritorno alle sfuriate del riff di chitarra principale, mentre il nostro collo si piega in due di fronte al sapore di un sound crudo e genuino come, purtroppo, non se ne ascoltano più.

The Chosen Ones

Il pezzo successivo si intitola The Chosen Ones (I Prescelti), mostrandosi sin da subito per la sua musicalità ed energia. Stilisticamente vicina ad altre composizioni Mustainiane come la storica "Jump in The Fire", questo magnifico pezzo di storia si mette in evidenza per il carisma della voce del frontman e la saggezza dei rockeggianti stop and go, che rendono l'ascolto sempre fresco ed imprevedibile. I ritmi, non elevatissimi, hanno una tendenza ad accelerare nel corso del brano, a partire da quando lo sferzante assolo di Mustaine colora per quasi un minuto la parte centrale della traccia. Grezzo e tagliente, l'assolo rappresenta l'archetipo dello stile musicale che ci hanno donato i Megadeth nella primissima parte della loro carriera: un sound senza compromessi e senza troppa cura dei dettagli, per la filosofia del Rock n' Roll che viene portata avanti in maniera pura ed indiscriminata. Grandissimo David Ellefson, che esegue all'interno della canzone degli stacchi solistici di basso da 10 e lode, anche se bisogna dirlo la qualità principale della canzone resta in maniera indiscussa la fantastica linea vocale composta dal biondo frontman della Bay Area: prendendo le note giuste al modo giusto, Dave Mustaine ci regala un indimenticabile brano che è folgorante combinazione di violenza e di musicalità, di rock n' roll e di violento thrash metal, di forza e di cuore. Il pezzo, che è il più breve di questo full-length, è in grado di lasciare il segno nonostante non raggiunga la durata di 3 minuti. Personalmente, oltre ad adorare questo pezzo ammetto che, per le caratteristiche che possiede, è anche estremamente cantabile. Qualità che non appartiene solo a questa traccia, sia chiaro, e che rende il lavoro immenso nel suo insieme. In The Chosen Ones Mustaine sa sempre cosa fare e come farlo, proponendoci un pezzo rapido ma completo in ogni suo aspetto, sia strettamente "metallaro", che musicale. Caratteristica che fra le tante spesso contraddistingue un grande artista, questa permette anche al brano sulla carta "meno importante" di divenire una fondamentale gemma dello storico disco, che oltre a unire Rattlehead e Looking Down the Cross dona un colore unico a questi 31 minuti di ascolto nella loro interezza, esaltandone ancor più le qualità (qualora ve ne fosse bisogno). Questo è un brano che, molti artisti, non sarebbero neanche mai in grado di comporre nel loro periodo di picco creativo, e questo può già lasciar intendere molto se visto contestualmente a ciò di cui si parla. Le liriche narrano delle prodezze di un uomo, facente parte di un gruppo di prescelti, che sono gli unici ad essere in grado di sfidare la morte. Coloro che dubitano della loro forza o del loro coraggio, sono rapidamente esclusi da questa ristretta cerchia di onorevoli guerrieri. La morte è violenta e spietata, colpendo con le sue fauci affilate e senza mai saziarsi, indipendentemente dal numero delle vittime colpite. Nessuno è mai stato in grado di batterla, perché la morte in qualsiasi circostanza è sempre riuscita ad avere la meglio e a trionfare. Un gruppo di ragazzi però, i prescelti, hanno il potere di lanciare la sfida a costo di sacrificarsi, consapevoli del fatto che sono gli unici con il potere di sopravvivere ad un tale scontro. Dotati di poteri magici, questi eroi utilizzano una forza che gli giunge direttamente dal paradiso, e che gli permette di scacciare il male come nessuno era mai riuscito a fare prima. E' proprio nella parte conclusiva del brano che, mentre sferza il ruvido assolo di Mustaine, la band ci lascia ad una conclusione aperta: impossibile dire chi ha trionfato in questo leggendario confronto ma stupro, furti e rapine, non cesseranno rendendo alcune zone di impossibile accesso per gli sfortunati comuni mortali che si trovano a patire le minacce che provengono dal male infernale.

Looking Down the Cross

E' giunto ora per noi il momento di dedicarci alla penultima traccia di questo leggendario lavoro, che è parte integrante della storia della musica e di tutto il rock in generale. Looking Down the Cross (Guardando Giù dalla Croce) è la una delle tracce più studiate, "colte" e strutturate, che evidenzia il consueto e avvolgente Thrash Metal della band in un contesto più variopinto, primo piccolo passo per il percorso musicale che i Megadeth compiranno anni avanti. Il criptico e macabro intro chitarristico viene subito coadiuvato dai regolari colpi del bassista Ellefson, che insieme alla grancassa di Gar Samuelson coadiuva tutta la prima parte della canzone. E' dopo trenta secondi che ascoltiamo la prima variazione, la quale consta nello spettacolare e volgare assolo di Mustaine che, con una semplice scala ripetuta, porta questa stupenda e malvagia introduzione a concludersi con un rabbioso urlo. I riff che costruiscono questa traccia sono innovativi e coraggiosi, spesso meno metallari di quanto ci si potrebbe aspettare dalla band, e si succedono portandoci allo stupendo assolo che dopo due minuti funge da bridge nel pezzo. Gustoso e di salsa heavy metal classico, molto NWOBHM nella prima parte, questa spettacolare sezione solistica mostra senso della musicalità e tutte le capacità per i Megadeth di diventare una band leggendaria (cosa che come ben sappiamo effettivamente succederà). La canzone è priva di uno schema portante che si mantiene con regolarità durante lo svolgimento del pezzo, al contrario vi sono numerosissime variazioni sia concettuali che musicali. Mentre alcune grandi canzoni della band, come vedremo sempre più con il passare degli anni, si evidenzieranno per una melodia e musicalità di fondo che rimangono costanti nel corso dell'intera canzone, qui Mustaine e compagni cambiano con costanza e regolarità tempi e modi, forse unica piccola pecca a livello commerciale per un pezzo che sarebbe degno di restare indelebile nella storia. Lo stacco che segue all'assolo evidenzia tutta la sua robustezza tramite gli strumenti ritmici (basso e batteria), mettendoci di fronte una linea vocale commovente per la sua genialità e irripetibilità. Ed ecco che poco dopo, su una serie di semplici e perfetti power chord come non se ne fanno più, i quattro riescono a costruire uno sfondo melodico di colore e di personalità, mentre la rabbiosa voce di Mustaine si fa sempre più vicina ad uno sfogo nervoso e sanguinolento. La canzone è un racconto di sangue e di violenza, di crudeltà e malvagità, in salsa irreale e fantasiosa, avvicinandosi molto stilisticamente a quello che anche gli Slayer ai loro debutti avevano non di rado descritto. Il protagonista, un misterioso personaggio buono e rappresentante il lato positivo della religiosità, è vittima degli antagonisti di questo pezzo di cui non conosciamo l'identità: essi hanno convocato la morte appositamente per ucciderlo, e l'eroe cerca disperatamente un modo per salvarsi in un luogo dove non vi sono vie di scampo. Ed ecco che ci viene rivelata l'identità dei nemici, degli alti preti del male, corrotti e sanguinari, bramosi di potere fino al midollo. Questi eretici personaggi compiono rituali aberranti e contro l'umanità, con il solo scopo di accrescere il loro potere e avvicinarsi al loro malvagio scopo. Tramite delle sadiche pratiche mai viste prima, questi personaggi senza scrupolo portano morte e malattie sulla popolazione civile, senza risparmiare donne né bambini.  Gli avvenimenti si susseguono come un vero e proprio incubo, il fuoco del male viene invocato per nuocere dolore ai poveri sfortunati, il male si diffonde dappertutto. Nessuno sdolcinato lieto fine, perché la conclusione della canzone ci lascerà intendere che questi tremendi esseri riusciranno a raggiungere il loro obiettivo e, prevedibilmente, ad ottenere il dominio sull'umanità. 

Mechanix

Passiamo all'ultimo capitolo di questo full, che è nientemeno che la leggendaria Mechanix (Meccanico). Era il 17 Luglio 1982, e una band chiamata Metallica aveva rilasciato una demo intitolata No Life 'Til Leather. Ricorderete bene Hit The Lights, la traccia che apriva il lavoro, come certamente potrete ricollegarvi alla stessa The Mechanix, la seconda traccia, che in meno di quattro minuti e trenta mostrava una filosofia assolutamente differente da quella che poi divenne famosa al grande pubblico con il nome di The Four Horsemen. Come molti di voi già sapranno, l'idea di quel brano fu di Mustaine, e furono i Metallica a renderla differente partendo dalla versione del frontman dei Megadeth, non il contrario. Quando il cantante fu cacciato dalla band, disse ai Metallica di non utilizzare le sue idee per il loro disco. Facendo due più due, potrete quindi subito capire che ciò non successe mai. La parte iniziale di questa canzone è il più puro esempio del metal old school, dove ancora una volta sono dei semplici power chord introduttivi a costruire un intro epico ed indimenticabile. Ed ecco che parte lo storico e roccioso riff, coadiuvato dalla puntuale batteria di Samuelson, con la magnifica voce di Mustaine che colora nel migliore dei modi la strofa e l'indimenticabile ritornello, un capolavoro a livello concettuale come pochi se ne vedono nella storia della musica. Gli intensi ritmi e la rapidità di questo pezzo rispetto alla versione di "The Four Horsemen" garantiscono un'energia unica alla prima parte della traccia, grazie anche alla cattivissima voce di Mustaine che con un carisma unico ci conduce al pazzesco riff di metà brano: tre scariche di alternate picking, due power chord, altre due scariche e un altro power chord, con questo semplice schema Mustaine ci fa rompere il collo fino a piangere di gioia per il dolore. Il brano poi ci ripropone la stupenda combinazione di strofa e ritornello, che torneranno a farci assaporare il leggendario riff di cui vi abbiamo parlato poc'anzi. E' su questa base che si erge il leggendario assolo di Dave Mustaine, tagliente e graffiante, classico ma speciale, che con una scarica acuta di pentatoniche porta il brano a concludersi con il secco urlo del cantante.  Un brano quadratissimo, con quattro parti in tutto che si alternano tra loro, e che è un diamante senza spazio e senza tempo, un autentico patrimonio dell'arte musicale umana. Manca la parte "arpeggiata" di The Four Horsemen, i ritmi maggiormente serrati e violenti danno una linfa nuova alla canzone, e per un discorso puramente soggettivo la voce di Mustaine ha un carisma unico e tutto suo, come se fosse nata appositamente per questo brano, amalgamandosi alle ritmiche in una maniera così pura e naturale da non farcelo credere. Rispetto alla versione dei Metallica, questa è la musica come la vedeva Mustaine, quindi meno "costruita" ed elegante ma più graffiante e in un certo senso incontaminata, nel suo modo di proporre quella filosofia di scuola Rock n' Roll feroce e sprezzante e che non giunge mai a compromessi. E' come se, in fase di composizione, Hetfield e compagni avessero voluto rendere alcune delle parti del brano in maniera più musicale ed elegante, e lui in tutta risposta verso la band d'origine abbia reso il brano più tagliente e diretto di una gigantesca motosega a due mani. Inutile rientrare in inutili discorsi di preferenza personale, anche perché chiunque mi conosce sa che sono un grande fan dei Megadeth, però certamente le due versioni del brano nei due modi differenti in cui si evolvono lasciano abbastanza differenze da poter addirittura separare, per certi versi, le frange degli ascoltatori. E' possibile fare un discorso piuttosto simile per le liriche, non considerando Kill'Em All nel suo complesso ma semplicemente le due versioni contrapposte della canzone tra loro. Quella di The Four Horsemen è forse più efficace e diretta verso il pubblico, quelle di The Mechanix rappresentano la vera filosofia del non giungere a compromessi. In un racconto di stampo automobilistico, il protagonista si cimenta in quello che è un grande e fantastico classico, ovvero la modifica artigianale di una macchina. Immaginando di aver ricevuto un nuovo motore, un fottuto vero motore di automobile, l'uomo rabbrividisce dall'emozione nell'inserire questa componente nel mezzo.  Questo frangente della canzone è tanto genuino quanto unico, e ci fa capire la sincerità e genuinità con cui, partendo direttamente dal proprio cuore, si affrontavano argomenti di questo tipo. Il ragazzo fa il meccanico di mestiere, per cui per lui è uno scherzo, una volta avute le giuste componenti, trasformare un'automobile in un autentico bolide: "whoever thought you'd be better, at turning a screw than me, I do it for my life" (trad. "a chiunque pensava tu saresti stato meglio di me a girare una vite, beh io lo faccio di mestiere"). Componente dopo componente, la nuova autovettura prende quindi forma, formando un diretto ed indissolubile legame d'amore fra il pilota e il veicolo. Si ha veramente la sensazione di trovarsi a bordo di questo fiammeggiante nuovo bolide mentre sentiamo le note della rocciosa Mechanix venirci sparate nelle orecchie dai nostri Megadeth; il desiderio di costruire il veicolo perfetto avrà la meglio su qualsiasi altra volontà che guida il nostro protagonista, la sua atavica sete di plasmare la materia per renderla perfetta, veloce e fiammante, farà sì che egli riesca a rendere immutabile la materia, acciaio cromato e benzina gli scorrono nelle vene, e noi non possiamo far altro che allungare la nostra corsa con lui, a folle velocità.

Conclusioni

Questo storico debutto, come pochissimi altri, rappresenta un esempio del Thrash Metal Bay Area degli esordi puro ed incondizionato. Allo stesso tempo, però, Killing is my Business... and Business is Good! è un esempio di musicalità di grandissimo livello e di capacità di scrittura da artista immenso. E' proprio per questo che, a mia opinione, ci troviamo di fronte ad uno degli album più grandi e sottovalutati della storia: la band riesce a mettere insieme le due anime che un grandissimo gruppo deve possedere, fondendole in una maniera che sarebbe impossibile per la stragrande maggioranza degli artisti.  Questo è un disco che si fa ascoltare e riascoltare fino all'infinito, perché un ascolto di questo genere mai potrebbe stancare un metallaro. Anzi, per la verità, è un peccato che questo full sia da molti bistrattato se paragonato ad altri debutti, perché anche i suoi lati più ruvidi e meno tecnici vanno saputi cogliere nella loro giusta chiave: un menefreghismo totale verso la musica "che deve suonare bene", gli assoli "che devono piacere" e la tecnica che è mezzo per ottenere un suono "pulito", sono questi gli elementi che rendono l'album unico. Basta provare a pensarci, se i Megadeth qui fossero giunti a compromessi, avremmo potuto apprezzare questo lavoro come ci troviamo a fare? Personalmente, a me piace l'assolo sporco, la pentatonica "ignorante", la voce graffiante e i ritmi serrati, adoro lo spirito anarchico e spregiudicato con cui questo capolavoro di 31 minuti ha spalancato le porte ai Megadeth nel mondo della grande musica. Ne adoro le liriche, sanguinarie e rabbiose, con cui Dave Mustaine esprime tutto il suo sfogo e la sua rabbia dopo essere stato allontanato dai Metallica. Ad ogni singola nota di questo brano, è impossibile non notare il fuoco dentro di Dave Mustaine, la sua voglia di esplodere da vero 24enne incazzato, la genuina carica di dinamite di un artista che vuole fare solo quello che ama, niente di più niente di meno. Il suono grezzo e tagliente di chitarra che trafora i timpani, l'aggressività di chitarra come tanto molti stanno tornando a cercare. Oltre che uno stupendo Mustaine sia dal punto di vista chitarristico (e compositivo) che vocale, bisogna riconoscere merito a tutti i componenti della band, per aver saputo più che degnamente portare avanti le idee del frontman e catalizzarle in un album così giovane e così sincero. I quattro magari avevano qualche problema, ma era determinato dal fatto che, dopotutto, i ragazzi erano simili tra loro: una vita all'insegna della follia e degli eccessi, nel totale Rock 'n Roll, che ha anche portato in diverse circostanze a dividerli, ma non abbastanza per negarci ascolti leggendari come quello di oggi. Non dimentichiamoci che, essendo la formazione che è rimasta stabile per i primi due album dei Megadeth, è innegabile che ci fosse anche una grande sinergia sia a livello musicale che a livello umano fra i componenti. David Ellefson, lo sappiamo resterà il bassista "storico" della band, e l'unico ad aver condiviso con l'esigente frontman una grandissima parte della carriera. Un'altra grandissima qualità di questo lavoro è l'uniformità del livello qualitativo nelle canzoni, perché (specie, ahimé, al giorno d'oggi) non di rado assistiamo a full length divenuti famosi grazie ad una o due tracce, i singoli, che si mostrano di tutt'altro livello rispetto alle altre, più mediocri, dell'album. In un'epoca dove la musica passa tramite internet, e le videoclip e youtube dominano su tutto, il lavoro nella sua interezza sta per molti, purtroppo, perdendo di appeal. E' per questo, e tanti altri motivi, che ci fa così piacere ascoltare e riascoltare all'infinito un lavoro come Killing is my Business... and Business is Good:  Last Rites, tramite la sua musicalità, trasmette tutta la cattiveria e la voglia di riscatto del frontman, Killing is my Business è una title track completa e sincera, Skull Beneath the Skin è un perfetto ibrido fra violenza e saggezza compositiva/musicalità, These Boots è un'originalissima cover proveniente dalla più spontanea e appassionata delle ispirazioni, Rattlehead un classico e pungente inno al metal, Chosen Ones strizza l'occhio alle origini della passione di Mustaine per la musica hard n' heavy, Looking down the Cross è un variopinto e avvolgente capolavoro, mentre Mechanix non richiede nemmeno ulteriori chiarimenti. Ogni singola traccia, quindi, analizzata nel dettaglio e presa individualmente, si mostra differente dall'altra per "interpretazione" ma non certamente per qualità, visto che ci troviamo di fronte ad un ascolto ricco ed entusiasmante dal primo all'ultimo secondo. Mi sento di sfidare chiunque a dire di aver saltato uno solo di questi pezzi durante l'ascolto del full: una cosa del genere sarebbe semplicemente impossibile, perché ognuno di questi ascolti è una mattonella che è parte di un muro, il muro del debutto di questa band, che fa parte della storia per un buon motivo. Ogni singolo pezzo ci permette di comprendere meglio il successivo e il precedente, perché è questo ciò che realmente accade di fronte ai capolavori ed è questo che vorremmo tornasse a succedere come negli anni '80. L'ispirazione massima di un grande artista non nasce nel solo momento in cui viene fuori una grande canzone, ma in intero periodo della propria vita, di un anno o di un mese che esso sia, in cui una serie di fattori portano il musicista (o meglio, l'insieme dei musicisti!) a comporre una serie di brani  degni della miglior memoria. Le meno famose Chosen Ones e Rattlehead non sfigureranno mai di fronte ad una The Mechanix, perché rappresentano il percorso di vita che Mustaine ha intrapreso agli albori della sua carriera. Se una The Mechanix fosse stata da sola, potremmo mai parlare di quest'album come stiamo facendo adesso? Vi sfido a fare lo stesso per determinati album anche dello stesso genere, il thrash (inutile scendere a nomi), che negli ultimi anni stanno ottenendo successo internazionale solo per la bellezza della singola traccia-singolo. Ci ho tenuto molto a battermi su questo punto, perché è solo lavorando su questi dettagli che abbiamo la possibilità di comprendere quando un album è grande, e quando invece se ne potrebbe benissimo fare a meno. E' chiaro che i meriti di ciò non appartengono mai ad un solo componente, neanche se si parla del solo Dave Mustaine che nella sua band era anima e corpo, perché da musicista posso assicurarvi che questi "periodi" di grande ispirazione dipendono anche molto dalla gente che ti circonda, e da quanto si ha l'ambiente e la possibilità di lavorare adeguatamente. Se si stesse parlando di un album mediocre sarebbe inutile un discorso di questo tipo, ma se si parla dei grandi capolavori della musica, potete credermi, ogni minimo dettaglio può da solo rappresentare una differenza determinante.  Mustaine, poi, in ogni canzone aggrappa ad un'emozione diversa, che può essere anche contrapposta alla precedente (vedi una "These Boots" o una "Rattlehead"), ma questa rimane sempre altrettanto valida e sfacciatamente sincera. Album storici come "Bonded by Blood" degli Exodus, tanto per rimanere nello stesso periodo storico, genere e zona, si rendono fantastici pur mantenendo un costante sfoggio di brani monotematici a cui è posta alla base la stessa filosofia e passione. Mustaine, nel corso della sua carriera, ci dimostrerà che allo stesso tempo può innamorarsi e incazzarsi, andare contro Dio ma poi pentirsene e credere, insultare un musicista che gli ha rubato la strumentazione e la sua famiglia o farci riflettere sui difetti della società in cui viviamo, ma qualunque cosa, e questo bisogna riconoscerglielo, è fatta con una convinzione di fondo per molti inarrivabile. Tra le altre qualità impossibili da non citare, vi è la capacità di quest'ascolto di tenersi "fresco": provate a pensarci, anche passando tra una traccia e l'altra di questo disco, avete mai avvertito la sensazione di avere un calo di concentrazione durante l'ascolto, come spesso invece accade in molte altre uscite del passato e del presente? Questo è perché ogni singola nota, nel mondo in cui si fonde con la successiva e quella ancora successiva, ci mette di fronte un costante ed instancabile dinamismo, intenso come "differenziazione", dove ogni parte è bella ma ha sempre qualcosa di differente da offrire dalla precedente. L'ascolto è quindi mantenuto fresco sia grazie a qualche saggezza applicata in fase di produzione (esempio evitare pause sia lunghe che troppo corte fra una traccia e l'altra), sia ovviamente all'abilità di chi scrive la musica nel saper essere variegato ma ricco, diverso ma sempre profondo e mai superficiale. Questo capolavoro senza tempo obbligherà anche il più grande "hater" dei Megadeth a mentire, nel momento in cui negherà la bellezza del lavoro: ciò avviene quando alla base di tutto vi è un'infinita sincerità, passione e puro divertimento per ciò che si fa e nel modo in cui ci si lega al proprio strumento. Mustaine, con la sua vocalità che oggi purtroppo tende a mancare, aveva l'opportunità di sfogare tutta la sua energia e la sua grinta, in una sinergia con la sei corde impossibile per il 99% degli artisti che tentano, anche in forma differente, di intraprendere una carriera musicale. Chris Poland, bisogna dirlo, si fonde benissimo allo stile di quegli anni pur non essendo stato per la band importante quanto un Marty Friedman. Il suo approccio con la chitarra è puro e giovanile, sfacciato e irriverente, proprio come l'album di cui ci troviamo a parlare: un full all'insegna degli eccessi e del rock 'n roll, degli sfoghi e della purezza della musica, dove persino la magia di Friedman potrebbe risultare fuori luogo (ebbene sì). David Ellefson, a livello musicale, si unisce perfettamente alle linee composte da Mustaine, e anche la loro sinergia a livello caratteriale (per molti altri non è stato possibile andare d'accordo con il frontman dei 'Deth) si riflette positivamente su quanto ascoltiamo nella musica. Gar Samuelson, dietro le pelli, svolge un lavoro da 10 e lode. Lo stesso Mustaine, quando lo prese nella band, rimase scioccato dalla sua abilità: beh, che faccia uso di droghe pesanti o no, ci ha donato delle linee batteristiche immense e, se abbiamo nel nostro patrimonio lavori come questo debutto, dobbiamo certamente assegnare una parte di merito anche a lui. Sommando i conti, questo album viene sì definito "classico" dalla critica o da chiunque ne abbia a che fare, ma questa è a mia modesta opinione una definizione assai superficiale per un full che si affaccia a differenti lati della musica heavy anche all'interno del suo svolgimento stesso. E' la "caratterizzazione" che permette a Killing di essere un album grande, perché alla prima nota è già possibile riconoscere di stare ascoltando i Megadeth, mentre se questo fosse stato un album meramente "classico", questo non sarebbe stato possibile. Ogni canzone, più che classica, è in realtà differente da qualunque altra dello stesso periodo e genere, proprio perché i grandi artisti che ci sono dietro sanno sempre metterci un qualcosa di loro. Per terminare con un'importante cenno storico, Dave Mustaine rimase incredulo di fronte all'artwork che gli assegnò la casa discografica, ed è per questo che ad oggi conosciamo due versioni della copertina di questo full-length. Quella vera ed unica (la più nuova) è un disegno, niente più niente meno. Niente candele di Halloween, niente coltelli e buffonate, solo un sanguinoso teschio che esprime tutta la sua rabbiosa purezza e malvagità. Un teschio marcio, con ai lati delle falci sporche di sangue, e gli stretti denti che fra il metallo mostrano in primo piano tutta l'aggressività dell'illustrazione, specie per il loro essere affiancati allo sguardo bendato, un "non" sguardo che non lascia spazio ad alcun sentimento umano. Anche la presenza della trachea, assente nella prima versione della copertina, aiuta questa semplice, ma spettacolare rappresentazione ad esprimere tutta la sua rabbia. Come gli occhi, anche le orecchie coperte dal metallo servono a rappresentare il lato più "disumano" di questo disegno, che non può e non deve mostrare pietà per le sue vittime (e qui ci ricolleghiamo al titolo del full). Il logo della band, più nuovo e quadrato, si lega molto meglio a questo concept rispetto a quello vecchio, che quasi assecondava lo stile da 31 Ottobre di quella che è stata originariamente (e per anni) l'illustrazione del prodotto in vendita. Del resto lo sappiamo, Dave Mustaine è uno che sa sempre ciò che vuole e come ottenerlo, e noi di Rock & Metal In My Blood ne affronteremo insieme tutta la carriera. Il suo spirito determinato, esigente ed intraprendente, può essere d'esempio per molti artisti che vogliono ripercorrere i suoi passi. A presto!

1) Last Rites/Loved to Death
2) Killing Is My Business? And Business is Good!
3) Skull Beneath the Skin
4) These Boots
5) Rattlehead
6) The Chosen Ones
7) Looking Down the Cross
8) Mechanix
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