MEGADETH
Cryptic Sounds (No Voices In Your Head)
1998 - Capitol Records
MICHELE MET ALLUIGI
13/01/2018
Introduzione
Scendiamo più nel dettaglio all'interno del campionario discografico dei Megadeth analizzando il singolo "Cryptic Sounds (No Voices In Your Head)", una pubblicazione edita solamente per il mercato giapponese nel novembre del 1998. Siamo nel periodo promozionale di "Cryptic Writings", il settimo full lengh della band di Megadave, un lavoro assolutamente ineccepibile che però non ha mancato di lasciare qualche goccia amara nella bocca dei fan più conservatori; il gruppo era nato dall'idea di un thrasher appena esiliato dai Metallica, quartetto che come è noto è arrivato all'Olimpo dell'Hard N'Heavy, specie alla fine degli anni Novanta, e Mustaine, come una specie di eroe romantico, ricominciò da zero, mettendo su la sua band e dichiarando guerra al mondo intero. I primi dischi dei Megadeth erano un concentrato di pura cattiveria, composta da tutto ciò che avvelenava l'animo del rosso thrasher, e proprio quegli album, fatti di velocità, odio e tecnica sopraffina, fecerò si che il quartetto "del reietto" si potè allineare con gli altri astri nascenti della scena thrash metal americana. Con il passare del tempo, i Megadeth divennero la lampante prova della crescita artistica e spirituale del proprio frontman, il quale, passando dai meandri più bui dell'autodistruzione, dell'eroina, dell'alcool e dal disagio esistenziale, arrivò progressivamente "a riveder le stelle", magari non sconfiggendo definitivamente i propri demoni ma per lo meno riuscendoli a mettere sottochiave per qualche tempo. Il 1997 segna l'anno in cui Megadave, consapevole della sua "guarigione", traccia un bilancio di quanto ha appena vissuto e con carta e penna alla mano decide di imprimere su carta, e poi in musica, una sorta di diario letterario e musicale di quella che è stata la sua vicenda; non un disco fine a sé stesso quindi, ma un disco sentiro, sofferto e partorito con lo sforzo dei propri visceri per mettere sul piatto ciò che è stato. Gli anni recenti (parlano della fine degli anni Novanta) vissuti dall'ex Metallica non sono stati semplici, benchè i Megadeth in quel periodo fossero forti della loro migliore formazione, ed il linguaggio con cui viene narrata questa odissea negli anfratti più reconditi dell'animo di Mustaine non può certo essere immediato; il titolo "Cryptic Writings" ("Scritture Criptiche") viene scelto non a caso, ed il rimando iconografico alla cultura Vodoo sottolineano come quelle tracce fossero quasi il frutto di un esperienza metempsicotica vissuta dal protagonista, come un metaforico sciamano che cade in uno stato di trance ed una volta ripreso racconta ai suoi discepoli le visioni avute. Fattore scatenante nonché conseguenza al tempo stesso del disagio del musicista di La Mesa fu l'eroina: come in un circolo vizioso, essa è infatti la causa scatenante ed anche il falso balsamo per il tedioso stato di emarginazione vissuto dal chitarrista, che con l'illusione di lenire ogni suo dolore lo ha invece schiavizzato e reso un rottame sia dal punto di vista fisico che pscologico. L'intera vicenda è narrata in "Use The Man" e quanto mai emblematica si rivela la frase con cui si apre il ritornello: "I've seen the man use the needle, seen the needle use the man" ("ho visto l'uomo usare l'ago, ma ho anche visto l'ago usare l'uomo"): la convinzione che l'essere umano fosse in grado di controllare la propria dipendenza infatti è vana ed illusoria, in realtà è l'ago che sottomette l'uomo fino a renderlo completamente succube ed è proprio chi, dopo anni di schiavitù, è riuscito a liberarsi, che ci racconta con le dodici tracce dell'album questa sua caduta e rinascita. Il lavoro del 1997 risulta criptico proprio per la potenza e la crudezza delle proprie liriche, e con il singolo dell'anno seguente invece i Megadeth sperimetano un nuovo approccio narrativo di quella stessa materia, dove è previsto che sia solo ed unicamente la musica a parlare e coinvolgere l'ascoltatore in una versione ridotta di questo viaggio nell'abisso. La copertina di questo singolo è identica a quella dell'album, con l'unica variante del titolo scritto in stampatello rosso, a livello iconografico dunque non ci si discosta troppo dallavoro principale, segno questo che "Cryptic Sounds" è da intendersi come una piccola postilla al full lenght. A costituire la tracklist di questo lavoro sono cinque versioni strumentali di altrettante canzoni presenti sull'album, come lascia intendere il titolo della pubblicazione infatti, non udiremo alcuna voce nella nostra testa, perchè saranno gli strumenti a parlare e le linee vocali saranno reinterpretate dalle chitarre di Mustaine e Friedman in una rilettura particolarmente esclusiva. La voce di Megadave si è dimostrata una cantautrice eloquente e coinvolta, le sei corde dei due axemen sapranno reggere il confronto?
Almost Honest
La prima canzone proposta è "Almost Honest" ("Quasi Onesto"), che qui compare in qualità di opener mentre su "Cryptic Writings" è in seconda posizione nella tracklist. L'inizio del brano è identico alla versione originale; ad introdurre il main riff di chitarra troviamo infatti il medesimo campionamento elettronico al quale segue il celebre main riff. Una volta lanciata la strofa, sostenuta dal basso di Ellefson e dalla batteria in quattro quarti di Menza, a sostituie la voce di Mustaine, come accennato, troviamo una chitarra pesantemente effettata, la cui distorsione vuole imitare il tiro sporco e digrigniato della originale parte vocale. Fin qui tutto regolare potremmo dire, dato che anche la scelta dei suoni in post produzione si rivela fedele all'uscita dell'anno precedente; la vera chicca compositiva la si trova con l'arrivare del ritornello: la sei corde infatti passa all'utilizzo del wah wah per meglio distendere le proprie note, sempre cercando di imitare un vocalizzo di Mustaine, e l'utilizzo di un synth negli intermezzi tra una "frase" e l'altra arricchisce notevolmente il vuoto lasciato dall'assenza della voce. Il ritornello dunque si presenta come unico vero e significativo passaggio in cui la musica appare davvero variegata rispetto all'idea iniziale, certo, non è facile sostituire un cantante con uno strumento, ma a livello di arrangiamento possiamo comunque affermare con sicurezza che i Megadeth hanno compiuto un lavoro eccellente, benchè resta chiaro che la versione cantata risulta indubbiamente migliore. Si tratta comunque di un pathos diverso: il senso di tradimento e disillusione che Mustaine provava nel confessare di non essere stato del tutto onesto con la sua amante assumeva un fascino particolare se espresso direttamente dalla voce dall'autore; questo compito ora spetta alla chitarra, che "parla" unicamente grazie all'incisività del tocco del musicista, ottenendo un risultato espressivo ben differente da quello delle normali corde vocali. Particolarmente d'effetto è il medley prima dell'assolo finale, momento in cui nella versione originale le tastiere accompagnavano la voce di Mustaine in un momento di intropsettivo raccogliemento, ad emulare quella riflessione ora sono degli accordi di chitarra in pulito; non è certo la stessa cosa, ma il groove resta inalterato anche quando il passaggio di Menza avvia la parte solista di Friedman. L'assolo del riccioluto chitarrista resta iil medesimo, sarà poi nel finale che verranno aggiunti diversi incisi solisti atti a rimpiazzare il dinamico scambio di voce principale e cori che nella versione principale ci accompagnava alla conclusione. A dar vita al botta e risposta ora sono le sei corde, che grazie ad una azzeccata distribuzione nell'immagine stereo (che vede la chitarra di Mustaine da un lato del nostro ascolto e quella di Friedman dall'altro) attirano la nostra attenzione ora a destra ora a sinistra, lasciandoci immaginare i due musicisti uno di fronte all'altro intenti a suonare le loro cascate di note, mentre al centro troviamo il drum set di Menza ed il basso di Ellefson sempre intenti a condurre il carro armato ritmico del pezzo. In conclusione, il pezzo risulta comunque gradevole e fluido nell'ascolto, ma sicuramente la bellezza di questa traccia si dimostra tale più nell'apprezzare il lavoro di riarrangiamento compiuto dai Megadeth che non nel godimento del brano in quanto tale.
Vortex
Si prosegue con "Vortex" ("Vortice"), brano forse tra quelli più "in ombra" di "Cryptic Writings" ma comunque piacevole ed orecchiabile, che magari è stato scelto dalla band tra quelli da rivisitare in chiave strumentale proprio per conferire ad esso una sorta di riscatto. L'attacco è incisivo e di effetto, con gli stacchi accentati di Menza che scandicono gli incisi del main riff di chitarra prima che il brano parta sviluppantosi come una trascinate suite heavy metal. Il tempo di batteria è infatti lineare ed incalzante e come di consueto le quattro corde di Ellefson definiscono il centro tonale del pezzo grazie alle pennate decise e costanti. Su questa traccia la resa del lavoro della chitarra in qualità di vocalist è diversa rispetto alla canzone prcedente: data la maggiore linearità d'insieme, la parte che dovrebbe sostituire la voce di Mustaine si amlgama molto bene con il resto, forse nche troppo, tanto che, se non si conoscesse il brano originale, essa potrebbe sembrare un fraseggio solista composto già in partenza per arricchire una iniziale idea strumentale. In altre parole, risulta più difficile individuare la chitarra che esegue la melodia originariamente eseguita dalla voce se non si conosce bene la canzone. Resta fuori discussione il fatto che i quattro mantengono inalterata l'energia ed il feeling d'insieme, dimostrando come Mustaine, Menza, Ellefson e Friedman restino la migliore formazione che i Megadeth abbiano mai avuto e con cui, non a caso, sono stati pubblicati i dischi più significativi. Complessivamente parlando, su "Vortex" a spiccare maggiormente è il lavoro ritmico del basso rispetto alle chitarre, l'assenza della voce consente di meglio apprezzare alcune piccole chicche eseguite da Ellefson che nella versione edita sull'album, vuoi forse perchè su di essa la nostra attenzione è catturata dal cantato, restano in secondo piano. A differenziare le chitarre principali da quella "cantante" è semplicemnete una differenza di lavorazione in fase di mixaggio: esse infatti sono più limpide e squillanti delle altre, ma come accennato occorre una particolare conoscenza del brano per essere in grado di separarle e riconoscerle in qualità di voci sostitutive. A differenza di "Almost Honest" dunque, questa traccia sembra quasi avere paradossalmente una resa migliore in questa veste alternativa, dato che non solo si colgono meglio le varie sfumature dei diversi strumenti, ma la mancanza della voce non sembra essere così significativa. Il pezzo infatti gira bene anche senza la parte di vocale di Mustaine, tanto che esso sarebbe potuto comparire in questa versione anche sul full lenght, magari in qualità di bonus track, senza perdere il proprio impatto. "Vortex" ha ottenuto così il riscatto di cui si parlava in precedenza? Decisamente sì, dato che, volendo fare una previsione ipotetica, essendo gli altri pezzi più celebri, di sicuro verrà spontaneo preferirli nella loro resa completa di ogni parte. Beninteso, non che la parte vocale di questa canzone sia da dimenticare, anzi, essa rappresenta un tassello fondamentale tanto quanto le restanti 11 per comprendere "Cryptic Wrintings", ma forse "Vortex" possiede quell'istintività strumentale particolare che la rende "autonoma" in questo senso ed il fatto che su "Cryptic Sounds" compaia in seconda posizione (contro la penultima nella tracklist del full lenght) dimostra come i Megadeth, in qualche modo, puntassero su questo pezzo in versione priva di voce, che fosse originariamente questa la sua versione? Chissà.
Trust
Giungiamo così a "Trust" ("Fidarsi"), la opener dell'album e forse il pezzo più celebre estratto da esso, del quale è stato anche realizzato anche un intrigante videoclip. Indubbiamente, la possente introduzione di sola batteria eseguita da Nick Menza non perde tiro in nessun punto, i suoi disegni eseguiti sui fusti mantengono infatti quel tocco tribale che si adegua perfettamente con il richiamo iconografico alla cultura vodoo che caratterizza il disco. Lentamente entra in scena anche il basso di Ellefson, il cui suono risulta volutamente più secco, in modo da evidenziare il tocco del plettro sulle corde alte dello strumento, il tutto è inoltre ampliato dai passaggi degli archi, che si uniscono al crescendo strutturale dell'apertura. In questa versione strumentale gli incisi solisti spiccano maggiormente ed anche una volta avviata la strofa possiamo notare degli accordi puliti inseriti come abbellimento che nella veste principale restano eclissati. Su questa traccia, la chitarra solista ha il suo bel da fare per sostituire la voce di Mustaine, eppure, la missione appare senza dubbio compiuta, anzi, nei passaggi nevralgici della voce le chitarre eseguono dei ricami armonizzati per conferire ulteriore presenza all'insieme, specialmente in quella che nella versione principale è il ritornello cantato: qui infatti le due asce si uniscono all'unisono per calcare con le loro note in bending l'estensione vocale di quel passaggio in cui Megadave esprime tutta la sua sofferenza (My body aches from mistakes betrayed by lust, we lied to each other so much that in nothing we trust - Il mio corpo soffre terribilmente per gli errori commessi, tradito dalla lussuria, ci siamo mentiti così tanto l'un l'altra che ormai non vi è più nulla di cui possiamo fidarci"). Certo, se il nostro orecchio è abituato a sentire queste parole direttamente dalla bocca dell'ex Metallica, all'inizio potrà sembrare strano poter udire quelle stesse parole espresse attraverso un mezzo comunicativo diverso, eppure, a livello di pathos, tutta la gamma di emozioni e sensazioni suscitate originariamnte resta inalterata. Anche con la ripresa della strofa seguente, la sei corde segue perfettamente la struttura della linea vocale, in modo da consentirci comunque di poter canticchiare il testo senza che vi siano eventuali interferenze. Il groove e l'energia sono sempre quelli creati dai Megadeth l'anno prima e a mano a mano che ci si avvicina al secondo ritornello, la potenza del crescendo seguente ci travolge come di consueto con la sontuosità di tutta la sua dilatazione una volta arrivati all'apice. Giungiamo così al break intermedio. Gli strumenti si fermano ed in scena, illuminati da un metaforico occhio di bue, restano solo il campionamento elettronico prima e l'accompagnamento di archi poi, a gettare le basi per l'arrivo della parte di chitarra acustica, uno dei momenti più riflessvi e meglio riusciti di tutto il pezzo; su questa sequenza si può apprezzare tutto l'eclettismo del tocco di Friedman, che con naturalezza e disinvoltura si lancia in una piece dalle tinte spagnoleggianti prima di lasciare il campo alla chitarra distorta, una efficace esitation in palm muting alla quale si aggiungono anche gli accenti del basso della batteria per poi fermarsi di netto e ripartire con uno start a dir poco esplosivo. È il momento dell'assolo, che resta identico alla versione originale, una cascata di note sprigionata dalle dita di Friedman, che con una rapida sequenza di scale si riallaccia poi al ritornello conclusivo, nel quale la sofferenza originale della lirica trova di nuovo massima espressione attraverso lo strumento eletttrico. Un ultimo colpo di coda e poi l'improvvisa chiusura, a siglare un discorso che è stato eloquentissimo anche se non è stata proferita una singola parola.
A Secret Place
Passiamo a "A Secret Place" ("Un Posto Segreto"), un altro capitolo della personale odissea di Mustaine negli inferi anch'esso narrato unicamente dalla musica. L'argomento è appunto delicato: il testo originario infatti racconta, attraverso una raffinata metafora, del "rifugio" che il tossicodipendente trova nella droga, quel senso di appagamento e piacere dei sensi che diventa sempre più intenso dose dopo dose, ignari del fatto che lntamente quella polvere bianca distrugge l'organismo in maniera sempre più violenta. Nelle parole del thrasher di La Mesa infatti, egli appariva come un habituè di quel posto segreto, quell'angolo buio oscurato dai bagliori della folla nel quale si rifugiano milioni di emarginati come lui. Mustaine però è riuscito ad uscire dall'ombra, è in qualche modo sopravvisuto a quel viaggio dal quale, spesso, è impossibile fare ritorno, ma confessa che qualche volta la tentazione di ricascarci si è fatta sentire ed anzi egli a tratti è diventato quasi il concierge di quel posto segreto, lo conosceva come le sue tasche, ed era pronto ad accogliere con cortesia ogni nuovo avventore. Ma adesso egli è fuggito da quell'abisso ed è tornato "nel mondo dei vivi", con la consapevolezza però di quanto ha appena affrontato e di quanto fosse duro quel pavimento sul quale ha sbattuto più volte la testa cadendo privo di sensi a causa della droga. L'apertura della traccia è affidata alla chitarra, che esegue il main riff effettata con un pulito leggermente riverberato; le sequenze di note sono intervallate da una pausa, perfetta per creare in noi quel senso di suspence e desolazione che ci metta sull'attesa di scoprire che cosa avverrà dopo. All'interno di "Cryptic Writings", questo pezzo è uno dei più soft e "radio friendly" se vogliamo, dato che il suo ritmo e la sua melodia sono estremamente accattivanti anche per chi non mastica Heavy Metal abitualmente, ma come si è detto, il disco del 1997 rappresenta il raggiungimento della "maturità" a livello lirico per i Megadeth, l'odio verso il sistema e l'astio sono provvioriamente messi da parte per lasciare spazio all'introspezione, all'indagine dell'animo condotta da un Megadave finalmente guarito dopo tanto tornemento ed il risultato è questo: un disco più Hard Rock che Thrash se proprio si volesse fare i pignoli e dunque "A Secret Place", insieme ad altre composizioni, testimonia come l'ex Metallica possa essere diretto e profondo senza necessariamente suonare a velocità elevate. L'intero pezzo infatti si basa su un quattro quarti semplice e lineare, un tempo tanto basilare che vien da pensare che un batterista dotato come Menza lo suoni con un braccio solo, eppure, a questa canzone basta questo, perchè la riuscita dell'arrangiamento lo rende comunque un pezzo orecchiabile e di immediato impatto. Il basso di Ellefson guida ancora una volta la linea ritmica, concedendosi giusto qualche piccolo ricamo qua e là, e proprio perchè la linea melodica di partenza del pezzo funziona bene di per sé, alla chitarra non resta altro da fare che seguirla senza cimentarsi in variazioni tonali di sorta. A circa metà del brano però troviamo una variazione sul tema non presente nel pezzo originale, può sembrare un paradosso con quanto ho appena scritto ma attenzione, il cambiamento viene eseguito da tutti gli strumenti e in un punto ben preciso: conclusa la parte dell'assolo di chitarra, dove la sei corde di Friedman è accompagnata da una serie di accordi di tastiere, il pezzo cambia radicalmente direzione, avviando una suite dalle tinte blues dove i due chitarristi si lanciano in una estemporanea divagazione comunque elegante ed intrigante. Proprio qui possiamo immaginarci un Mustaine ormai deciso a lasciarsi alle spalle il posto segreto nel quale si è segregato per anni e questa variante dura giusto pochi secondi, in cui appunto possiamo quasi vedere Megadave guardarsi un ultima volta indietro prima di intraprendere definitivamente il cammino della sua guarigione e come in un film, il cambio scena vede i Megadeth riallacciarsi al brano così come noi lo conosciamo, per condurci così alla sua naturale conclusione, con le asce pronte a riprendere il giro della linea vocale e farci immaginare il frontman recitare per l'ultima volte quella malinconica e struggente parte del ritornello: "There's a secret place, I like to go, just runs away" ("C'è un posto segreto in cui mi piace andare, che fugge via").
She-Wolf
Il singolo si chiude con "She-Wolf" ("Lupa"), un classico per tutti i fan dei Megadeth che non manca mai di essere citato fra i brani migliori di "Cryptic Writings". Finora abbiamo visto che, salvo pochissime divagazioni, le tracce fin qui contenute si riducono ad una versione strumentale delle canzoni già edite con la chitarra a sostituire la voce, ma i Megadeth hanno tenuto in serbo la sorpresa da novanta per la chiusura. Ebbene sì, la traccia in questione, per la prima metà, è eseguita interamente in acustico. Basso elettrico e batteria sono provvisoriamente inattivi e a suonare il pezzo sono ora solo Mustaine, Friedman ed Ellefson (che già in altre occasioni live ha suonato la chitarra di accompagnamento). Menza resta quindi in stand by, ma non temete, la piece acustica è da leccarsi i baffi, specialmente se siete un amante della chitarra come il sottoscritto. In questa apertura infatti notiamo tutta la vastità del gusto chitarristico dei due axemen, che danno sfogo a tutta la indole spagnoleggiante già emersa in altre occasioni (ascoltate ad esempio il break acustico di "Holy Wars" e ditemi se non vi sembra un passaggio di Flamenco) evidenziando come i quattro statunitensi siano prima di tutto musicisti e poi metallari. Mentre il bassista esegue gli accordi principali infatti, la linea melodica della voce, insieme a diversi incisi solisti, è suonata con estrema perizia e pulizia da parte dei due chitarristi; pur essendo priva di una sezione ritmica, la canzone ci coinvolge tanto quanto la versione originale, proprio perchè, come già detto, i quattro thrasher hanno compiuto un mirabile lavoro di riarrangiamento dei loro pezzi e se nelle altre canzoni le varianti sono meno evidenti qui invece è stato raggiunto l'apice arrivando ad un risultato encomiabile. Il passaggio da parte unplugged a parte elettrica inoltre è molto naturale anche se eseguito di netto: pur passando tra due poli differenti senza alcun passaggio, il cambio è infatti fluido ed armonico e la seconda porzione di pezzo si apre proprio in corrispondezza dell'assolo di chitarra elettrica, dando vita ad un'esplosione di energia che raggiunge la sua piena espressione sotto il grande talento di Friedman. Come una lupa che dallo stato di quiete balza all'attacco per proteggere i suoi cuccioli da un aggressore, allo stesso modo le sei corde, protagoniste assolute dell'itero singolo, tirano fuori gli artigli in questa avvincente conclusione, sostenute ora da un basso incalzante e da una batteria decisamente travolgente. Un difetto di questa traccia? La sua breve durata. I tre minuti e sette secondi di minutaggio infatti svaniscono in un lampo, proprio perchè l'intero arrangiamento risulta coinvolgente e mai noioso, anzi, il nostro orecchio è sempre teso in massima attenzione, famelico di scoprire quali prodezze compieranno i Megadeth secondo dopo secondo. Se vogliamo fare un paragone fra le versioni originali dei pezzi qui racchiusi, magari "She-Wolf" non risulterà fra le migliori, ma se consideriamo queste canzoni dal punto di vista della riebolazione strumentale, non vi è ombra di dubbio che Mustaine e soci con questa chiusura di tracklist abbiano davvero superato se stessi; non esagero a dire che questa versione del brano ci offre senza tanti fronzoli "i Megadeth che reinterprano i Megadeth", che alla fine è un po' la filosofia che l'intero "Cryptic Sounds (No Voices In Your Head)" dovrebbe avere.
Conclusioni
Sicuramente stiamo parlando di un prodotto di altissima qualità e di pregevole fattura, non solo dal punto di vista tecnico musicale ma anche per quanto riguarda la post produzione in studio: leggendo che si tratta di cinque version strumentali, verrebbe da pensare che la band, senza troppa fatica, abbia preso gli audio del master di "Cryptic Writings" e li abbia pubblicati senza le tracce vocali, realizzando così il classico prodotto riempitivo per il proprio campionario, ma fortunatamente non èccosì. Ascoltando in parallelo infatti le diverse versioni delle canzoni in oggetto, naturalmente si nota che i suoni in linea di massima restano abbastanza uniformi, del resto non avrebbe nemmeno avuto senso discostarsi troppo dal full lenght, ma ascoltando nel dettaglio questi cinque pezzi si resta piacevolmente sorpresi nello scoprire che è stata fatta una seconda post produzione, mirata ad esaltare in tutte le peculiari caratteristiche i suoni dei diversi strumenti. Non essendo presente la voce, strumento che come è ovvio ricopre un ruolo predominante, si è reso necessario lucidare ulteriormente le diverse parti strumentali al fine di far risaltare tutte quelle piccole "chicche" che nella traccia completa restano eclissate dalla voce: esempio lampante in questo senso sono le diverse armonizzazioni eseguite da David Ellefson, delle piccole perle di gusto eclettico alle quali non si bada ascoltando la traccia completa, per non parlare poi dei ricami di chitarra e delle parti aggiuntive realizzate da Marty Friedman. Il riccioluto chitarrista infatti ha dovuto elaborare dei fraseggi che seguissero la linea vocale del collega per la maggior parte dei passaggi, ma che in altri addirittura la sostituissero con qualcosa di differente che però non snaturasse troppo l'arrangiamento del brano. A pensarci bene non è errato dire che un chitarrista fa "parlare" il proprio strumento, ed anzi in questo singolo abbiamo la prova empirica che ciò è decisamente possibile. Sul piano della qualità del prodotto dunque non c'è dubbio, "Cryptic Sounds" è un prodotto di gran pregio, forse però troppo elitario, e qui giungiamo a quella che è l'unica nota dolente di qesta pubblicazione: essa è riservata comunque alle orecchie innanzitutto di musicisti, che in primis apprezzano il grande lavoro compositivo realizzato, in secondo luogo dai fan accaniti dei Megadeth; occorre infatti conoscere, e bene, le versioni principali di questi brani per poter successivamente apprezzare come i quattro californiani li abbiano rivisitati in chiave strumentale. Solo conoscendo come suonano nella loro forma completa ed inoltre che cosa raccontano questi brani possiamo godere della loro espressività strumentale, senza questo bagaglio di conoscenze iniziali, siamo unicamente di fronte a cinque pezzi privi di voce, ben eseguiti indubbiamente, ma che risulterebbero senza né capo né coda per un neofita. In altre parole, se doveste intrudurre un vostro amico ai Megadeth, molto probabilmente "Crypic Sounds" li farebbe giudicare noiosi, spingendo il suddetto a chiedersi quand'è che iniziano a cantare, per poi concludere con la superficiale definizione "la musica strumentale è noiosa". Occorre quindi puntare ad altri prodotti del gruppo per lasciare il segno nel vostro inesperto amico. I Megadeth quindi hanno sicuramente portato a casa un'altra tacca sul loro fucile, ma forse hanno puntato il loro mirino su una cerchia di bersagli troppo ristretta. Se invece siete degli adpti del verbo di Megadave non esitate a gustarvi questa eccellente prova di bravura dalla miglior formazione dei Megadeth di sempre.
2) Almost Honest
3) Vortex
4) Trust
5) A Secret Place
6) She-Wolf