MARDUK

Serpent Sermon

2012 - Century Media Records

A CURA DI
DAVIDE PAPPALARDO
28/04/2015
TEMPO DI LETTURA:
9

Recensione

Rieccoci con la nostra analisi dell'imponente discografia degli svedesi Marduk, tra i gruppi più longevi della seconda ondata del black metal, ancora oggi all'attivo e protagonisti della scena mondiale; ormai da anni la formazione vede il leader e chitarrista Evil (Morgan Hakansson) accompagnato dal cantante Mortuus (Daniel Rosten), attivo anche come Arioch con i Funeral Mist, il bassista e produttore Devo (Magnus Andersson) e il batterista Lars Broddesson, la quale ha portato a partire dal 2004 a ben tre album, un live e due EP, che hanno indirizzato il sound della band verso nuovi elementi derivati dalla corrente orthodox, uniti al loro black violento di scuola svedese. Li abbiamo lasciati con la pubblicazione del loro mini album "Iron Dawn" il quale ha offerto un piccolo ritorno alle velocità costanti e senza compromessi del passato recente con tre brani incentrati sulla Seconda Guerra Mondiale, e con il proseguimento della loro incessante attività live; nel 2012 organizzano il "Dominum Maris Baltici" nei territori dei Balcani, mentre per l'ennesima volta partecipano ad una crociera musicale con il "Sweden Rock Cruise" tra Svezia e Finlandia. Ad aprile, incominciando con la città natale di Norrkoping, parte il tour di presentazione del loro dodicesimo album "Serpent Sermon - Sermone Del Sepente", accompagnato dopo molto tempo da un video professionale per il singolo "Souls For Belial"; il disco vede il passaggio sotto la prestigiosa Century Media Records, iniziando un rapporto che dura ancora oggi, e prosegue le tendenze degli ultimi lavori, sviluppando ancora di più il connubio tra gli elementi tradizionali della band, e le novità apportate da Mortuus vicine al gusto del black orthodox moderno di scuola svedese e francese. Ora il tutto si fa leggermente meno monolitico e greve e più "melodico", pur non rinunciando certo del tutto alla morbosità e gravità che caratterizza ormai il gruppo; lo stile vocale del cantante rimane variegato e teatrale, ma qui usa di più toni alti e screaming, mentre le chitarre si divulgano in riff neri ed epici ricchi di fredde e tetre melodie. Non è un ritorno al passato, semplicemente si riducono le sperimentazioni in favore di un approccio più diretto e giocato sul formato canzone; il repertorio c'è tutto, doppie casse e blast, rallentamenti doom ed atmosfere epiche, parti drammatiche e soluzioni più controllate che fanno da cesure. Semplicemente la confidenza raggiunta viene a galla, e digeriti i nuovi trucchi del mestiere, vengono uniti a certi riff che ci riportano a "Nightwing" o "Heaven Shall Burn...", senza però assolutamente ripetere per filo e segno quanto quì incontrato; è chiaro che dopo la parentesi di "Wormwood" il gruppo ha capito come riprendere certe novità e piegarle al proprio suono, unendo passato e presente. Le atmosfere ci rimandano  a volte a quelle oscure e malevole di band come i Deathspell Omega e gli Ondskapt, continuando il prima citato legame con soluzioni moderne orthodox, con l'uso di cori e preghiere, creando parti allo stesso tempo inquietanti e "catchy" dal forte impatto emozionale; il tutto accostato a sfuriate vorticanti di sano e robusto black di scuola svedese, e alcune soluzioni più cadenzate e "rock" ereditate dagli ultimi lavori. Come ormai da abitudine il tutto viene prodotto dalla band presso l'Endarker Studio  di Devo che offre un suono pulito, ma non artificiale e sterile, e viene presentata anche una versione media book contenente la traccia bonus "Coram Satanae"; qualcuno potrebbe tacciare di commercialità i nostri, ma è chiaro che non si fanno problemi a presentare la loro opera nei formati più prestigiosi che l'etichetta permette, non vergognandosi affatto del successo e della posizione ottenuta in più di vent'anni di carriera. 

Si parte con la Title Track e i suoi campionamenti dark ambient dai battiti spettrali e dai suoni demoniaci; ecco al trentacinquesimo secondo un fraseggio solenne che si leva insieme ai piatti cadenzati e ai rulli organizzati. Con l'arrivo del grido di Mortuus si apre al doppia cassa, regalando velocità a tutta la composizione; ecco una cesura con un rallentamento distorto, sulla quale il nostro recita il testo con toni gorgoglianti. Si prosegue con i loop altisonanti mentre in sottofondo percepiamo rullanti di pedale incalzanti; al minuto e ventisette riesplode la furia vorticante delle chitarre e della doppia cassa, arricchita dai toni in riverbero di Mortuus e dai gir atonali. All'improvviso al minuto e quarantacinque si fa strada un freddo motivo dalla bella melodia frostbitten, il quale accompagna il ritornello con una modalità molto simile a quella comune ai colleghi Dark Funeral; si crea quindi un'atmosfera malinconica ed epica dal grande effetto. Riecco poi il drumming esplosivo e le chitarre a motosega, i quali ci bombardano; ma già al secondo minuto e venti ci si ferma con un fraseggio tetro accompagnato da colpi cadenzati, ristabilendo una struttura rituale sulla quale si organizzano i blast e le vocals in riverbero di Mortuus. I ritmi accelerano poi con la doppia cassa, facendosi ancora più serrati al secondo minuto e cinquantaquattro, ricchi di giri ossessivi e taglienti e colpi continui; al terzo minuto e dodici torna l'ammaliante ritornello ricco di suggestioni, il quale ci trascina con se fino ad una coda dove le sue melodie fredde proseguono con in sottofondo la batteria veloce e lanciata. Al terzo minuto e quarantasette il tutto s'intensifica con le grida del cantante gutturali  e maligne, mentre il caos sonoro crea una tempesta glaciale tipicamente black; nel finale si rallenta con i toni rituali in bella vista, creando un mantra nero concluso da un arpeggio greve di basso che si dilunga in sfumatura. Il testo mette in chiaro la natura sacrilega e blasfema del disco, proseguendo il discorso tematico degli ultimi anni; la loro Mastema (ostilità, ma anche l'angelo che tenta le persone nell'Antico Testamento, identificato con Satana) è vasta, tanto da invadere la casa di Dio, sempre presente dentro, ma così mancante e vuota. La forza della vita rivoltata viene incanalata in preghiere piene di colpa e in una lingua biforcuta, mentre una dottrina senza coraggio viene tramutata  in insegnamenti su come amare una menzogna; un salmo di veleno, il Sermone del Serpente, ripetuto più volte. La Mastema è ora grande, anche sulla lingua del prete, e si muove sempre, in alto e in basso; vengono poi ripetuti i concetti precedenti, come "Reversed life-force channeled into prayers of blame and fork-tongued glory - Forza vitale rivoltata incanalata in preghiere di colpa e Gloria dalla lingua biforcuta". La Mastema viene quindi citata un ultima volta, mentre scorre profonda anche nelle vene dell'agnello, sempre attiva, dentro e così vuota; un testo inequivocabilmente esoterico che suona come una potente dichiarazione d'intenti, invertendo i valori sacri in chiave negativa come ormai è d'uso per i nostri, e dando pieno senso al tema del disco e al suo nome. "Messianic Pestilence - Pestilenza Messianica" si apre con un grido stridulo dopo il quale veniamo investiti dalla doppia cassa e dai giri serrati di chitarra; al sedicesimo secondo Mortuus interviene con i suoi grevi ruggiti, mentre prendono spazio squillanti dissonanze progressive insieme alla doppia cassa furiosa. Riecco quindi i giri a motosega, taglienti come non mai, che si alternano con i fraseggi dissonnanti, riprendendone poi in corse veloci il motivo; al minuto e diciotto piatti e loop circolari in tremolo si danno battaglia fino ad un breve cesura. Dopo di essa riprende il vortice sonoro, dove il cantante raggiunge una follia assoluta con le sue grida, sottolineate nel ritornello da giri sempre più distorti in bordate continue; un tripudio di ferocia strumentale e vocale che fa mostra della cattiveria raggiunta in questo episodio. Al minuto e cinquantanove tornano i fraseggi dissonnati dal gusto progressivo, squarciati poi dalle cavalcate di doppia cassa martellante e giri ossessivi e freddi, mentre non mancano alcune scale altisonanti che danno movimento al tutto; l'adrenalina rimane quindi alta in un brano lanciatissimo e senza molti fronzoli, il quale si ferma all'improvviso con un'esclamazione di Mortuus, prima di gettarsi subito nel singolo successivo. Passa quindi veloce come una tempesta, simbolo della ripresa di tendenze un po' messe da parte negli ultimi lavori, presentando una furia costante pacata solo dai prima citati fraseggi più tecnici di scuola orthodox. Il testo ci offre una nuova parabola nera narrata in prima persona, riprendendo il tema della Peste Nera che dominava "Plague Angel"; mentre il protagonista ascoltava e sentiva il colore del sangue, e osservava e vedeva la voce del Signore che si erge sulle masse, rimuovendo i veli dalla bocca feroce di una nuova piaga. Velocemente essa trasforma le città in tombe in una Pestilenza Messianica. Ecco che egli odora e sente i tamburi dell'Inferno (notiamo il gioco di sinestesie inoltrato dal gusto poetico) come mille tuoni uniti, che violentemente scuotono la terra; la vecchia terra della vita ha fallito, e nuovi riti della Morte trovano il loro dominio. La Pestilenza Messianica si diffonde come una piaga di Cristo, intrisa di morte sacra, mentre il nostro declama "And I spoke and I called... for the grandeurs of War - E io ho chiamato ed invocato la grandezza della Guerra", affinché si diffondesse tra l'umanità, e ancora una volta ruggisse tra le comunità della terra;  nel finale viene ripetuto come la vita ha fallito, e ora solo la Morte regna nei suoi riti. Un testo apocalittico e sinistro intriso di ferocia e disprezzo, il quale prosegue sulla scia iniziale glorificando la caduta dell'umanità  e il trionfo della Morte; ogni aspetto di questi elementi è visto come un'emanazione sacra ed adorato con serietà, in un'oscura sacralità severa che ci è ormai familiare. "Souls For Belial - Anime Per Belial" si apre con un fraseggio greve, lento e spettrale, sul quale Mortuus recita con toni gracchianti e modificati il testo; al trentesimo secondo dopo un effetto in salire esplode la doppia cassa con i loop squillanti e severi, sui quali il cantante si da ad un'esibizione altrettanto folle e vorticante, senza lasciarci il respiro. Si continua su queste coordinate fino al minuto e nove, dove abbiamo una cesura con piatti, digressioni e bordate incalzanti, in un alternanza di stop e riprese; ecco che poi si parte con la cavalcata scolpita dalla doppia cassa e dai giri vorticanti di chitarra. Al minuto e trentacinque troviamo motivi più ariosi, ma sempre grevi ed oscuri, sui quali ossessivo prosegue il drumming martellante, mentre le vocals di Mortuus si arricchiscono di riverberi demoniaci; la cacofonia fredda crea muri di suono ammalianti e potenti, organizzati ancora una volta successivamente in loop distorti e furiosi. Al secondo minuto e  ventisette una nuova cesura evocativa ferma il tutto con un rallentamento rantolante e mortifero, fatto di giri squillanti e batteria controllata, sul quale poi prende piede un bel fraseggio, che si alterna al movimento strisciante con le rauche declamazioni del cantante, il quale si apre anche  atoni più drammatici; al terzo minuto e trenta la composizione riprende velocità con una serie di giri concentrici, i quali esplodono con la doppia cassa e i loop ossessivi e taglienti. Riecco quindi i fraseggi squillanti, alternati con digressioni, ristabilendo l'adrenalina generale  fino al finale; qui rullanti, piatti e riff grevi sottolineano el ultime esclamazioni di Mortuus, mentre la chitarra in solitario fa ad epitaffio. Il testo è una nera preghiera diretta, rivolta ad una delle emanazioni del diavolo, ovvero il demone Belial, "il malvagio"; dolci torrenti di Morte creano una rovina che abbraccia tutto, mentre ogni caduta è un'anima per Belial. Si avanza con una colpa senza peccato, mentre colpi di una gloria senza freni vanno verso, e vengono da, una rossa ascensione collezionando anime;  "And as our voice uncovers, Another soul to the stream, Another soul devoured ... for Belial - E mentre la nostra voce dispiega Un'altra anima per il flusso, Un'altra anima viene divorata ?per Belial" continua il testo, mentre poi si evoca l'Angelo Senza Legge mentre lo si approccia, nella forma di una vergogna orgogliosa (notare il gusto per gli ossimori sempre presente) e come suoi figli in assemblea, i quali richiedono la sua benedizione promessa; esso è il Signore Dell'Arroganza e dell'Orgoglio, il quale scaglia una rete e lascia che i fiumi dell'aldilà sorgano in superfice. Viene invocato lo Spirito Delle Tenebre, in nome di tutto ciò che è perverso, mentre i suoi servi raccolti reclamano al sua promessa benedizione; vengono poi ripetuti i concetti precedenti ad oltranza, mentre ogni anima caduta è ogni declino è uno scivolamento in favore di Angeli ironicamente definiti della dolcezza. Un evocazione vera e propria dunque, dove ancora una volta la rovina e la morte sono viste come glorificazioni del proprio oscuro signore. "Into Second Death - Nella Seconda Morte" ci sorprende subito con una galoppata black 'n' roll incalzante, fatta di loop ariosi e colpi costanti, mentre Mortuus declama in modo istrionico il testo; un mid - tempo che ci riporta a certi episodi di "Opus Nocturne" e "World Funeral", e che in sottofondo ci ammalia con assoli dalla tetra melodia. Si prosegue con la cavalcata mentre la strumentazione si da a giri feroci ripetuti, salvo farsi più ariosa in concomitanza con i ritornelli; al minuto  e ventinove ci si ferma con una digressione rocciosa accompagnata da tamburi rituali e grida in riverbero rauche di Mortuus. Si prosegue con toni doom controllati e taglienti, dove abbiamo anche rullanti di pedale; un fraseggio ipnotico prepara invece la tensione con i colpi ritmati di batteria, anticipando al ripresa del galoppo vivace al secondo minuto e ventuno. L'effetto è quello di un treno oscuro che va senza controllo, con brevi rallentamenti ariosi e fraseggi squillanti e solenni, effetto potenziato dai piatti e dalle vocals in screaming cavernoso del cantante; un pezzo trascinante e melodico pur rimanendo adrenalinico; al terzo minuto e cinquanta abbiamo nuovamente un rallentamento rituale, con suoni striscianti e grevi, con battiti cadenzati e code doom distorte con pedali, che si alternano con il suono precedente in un gioco di riprese che si blocca nel finale con una digressione in feedback che si trascina fino alla chiusura. Il testo continua a  trascinarci in un mondo oscuro e sacrilego pieno di occulte pulsioni severe; onde di giustizia sulfurea avanzano con una Dannazione dalle ali veloci e una Furia Divina, mentre Fiamme senza pari sorgono da una fame uguale, proveniente dall'abisso degli Dei che tutto consuma, il fuoco che purificherà le nostre anime. Si materializzerà come una nuvola di carne morente la voce a lungo sentita nell'Altare della Morte Arrugginita; galleggiando sulla memoria della vita che sta scomparendo, lo splendore nero come la pece del respiro del Diavolo è l'oscurità che ci farà cadere in un fuoco inappagabile, negli  abissi, con il resto del nostro impero peccaminoso, nella Seconda Morte. "And the chants of the damned shall be, sharpened and be turned into spears - E i canti dei dannati saranno affilati e trasformati in lance" prosegue il testo, mentre lame di maledizione forgiata brillano nell'oscurità, e ferite verranno inflitte e tenute aperte per anni; il sangue sarà il slamo più dolce, il veleno che ci ripulirà. Vengono quindi ripetuti i versi precedenti, in un nero mantra di distruzione pieno di ferocia e cattiveria, che non risparmia niente e nessuno nella sua furia e disprezzo costanti. "Temple Of Decay - Tempio Della Decadenza" parte con un fraseggio lento e malinconico, il quale si sviluppa nei suoi giri squillanti ed altisonanti; al trentunesimo secondo partono versi inquietanti da parte di Mortuus, mentre poi si aggiungono piatti cadenzati in una marcia controllata ed ammaliante che da ritmo alla composizione. Ecco quindi un'epica apertura con riff ariosi e batteria cadenzata, dove le vocals del cantante in riverbero si fanno potenti ed epocali; ecco nel ritornello cori sacrali ed evocativi che si uniscono ai lenti loop taglienti e rocciosi in un andamento strisciante dal grande effetto, scolpito dai piatti di batteria. Torna quindi il suono iniziale, con drumming battagliero, ma controllato, il quale inevitabilmente ancora una volta esplode nell'epico suono potente ed arioso; ecco quindi la batteria cadenzata e i giri in tremolo ripetuti, mentre la voce di Mortuus è satura di un riverbero che la rende eterea come quella di un predicatore spettrale. Bei riff rocciosi e squillanti partono al terzo minuto e quarantatré, offrendo un momento dal gusto "classico" e dall'effetto ipnotico con breve cesure di batteria e giri grevi; riecco quindi la coda evocativa con cori, loop mortiferi, piatti ed esclamazioni sempre più gutturali e cavernose del cantante. La batteria si stabilisce poi in una marcia trascinante sottolineata dai giri ossessivi di chitarra e il proseguire die cori in sottofondo, creando una coda finale che all'improvviso si blocca con un effetto squillante di chitarra; un altro brano che passa veloce, più lineare rispetto a molte sperimentazioni recenti,  ma che si mantiene controllato e giocato su elementi atmosferici ed evocativi dai toni apocalittici. Il testo ci offre una profezia nera piena d'inquietanti presagi; le colline saranno sorde,  e le montagne non ascolteranno, non ci saranno caverne o confini, per riparare le nostre anime dal fuoco e i nostri cuori dalla paura. La sua FURIA è su di noi, e le fiamme si avvicinano; e noi in eterno ci inginocchieremo all'Altare della Morte, dannati per sempre nel Tempio della Decadenza. "The skies shall explode, and the air itself ignite - I cieli esploderanno e l'aria stessa s'incendierà" continua il testo, ma le fiamme non porteranno luce, che ci possa guidare fuori dalle tenebre della Notte senza fine; la sua FURIA è su di noi, e noi invitiamo la Morte. Continuiamo quindi ad inginocchiarci davanti all'Altare della Morte nel Tempio della Decadenza, in un ritornello ripetuto ad oltranza come un'oscura cantilena; un'altra evocazione per la fine dell'umanità dai toni apocalittici e senza pietà, giocati su immagini poetiche e metafore, dando connotati sempre alti ed elaborati. "Damnation's Gold - L'Oro Della Dannazione" inizia con un riffing roboante che si dilunga nei suoi giri stridenti; ecco che al diciassettesimo secondo esso esplode con la doppia cassa in un torrente sonoro che ci investe totalmente. Al trentacinquesimo però tutto torna più lento, con piatti cadenzati e rullanti, mentre il loop prosegue ossessivo; un fraseggio severo anticipa la nuova cavalcata in doppia cassa e blast, dove Mortuus interviene con uno screaming crudele e vorticante, completando la cacofonia costante fatta di giri taglienti e drumming serrato. Ecco che l'intensità sale con suoni ariosi al calore bianco, salvo poi rallentare nel ritornello con tamburi e bordate frastaglianti, che sottolineano le declamazioni sincopate del cantante; riprende quindi la corsa pestata ricca di riff glaciali tipicamente black, atonali e freddi, i quali si aprono in loop più ariosi che anticipano il ritorno dei rallentamenti solenni con tamburi e versi esaltati di Mortuus. Al secondo minuto e quarantotto una digressione si fa strada dilatata accompagnata da arpeggi grevi di basso; dopo un'impennata di chitarra essa prosegue con i toni supplicanti e sgolati del cantante, in una coda mortifera doom; una nuova impennata questa volta da il via libera ad una cavalcata in doppia cassa e giri circolari stridenti, riportando il tutto su coordinate adrenaliniche, che poi proseguono con un fraseggio squillante che accompagna la locomotiva sonora, fatta di colpi veloci e piatti tempestanti. Al quarto minuto e quindici un motivo dissonnate e roccioso fa ad cesura, accompagnato da piatti e muri di chitarra in sottofondo; su di esso riprende poi al doppia cassa martellante, in un nuovo torrente in piena. Al quarto minuto e quarantanove un suono di basso fa da breve stop, dopo il quale riprende il marasma sonoro, ancora più lanciato, dove le vocals di Mortuus si fanno ancora più feroci, e le chitarre spremute al massimo nei loro giri squillanti ripetuti; la tempesta investe il ritornello, anticipando ancora una volta i tamburi severi e le bordate frastagliate che delineano il ritornello cadenzato. Ecco quindi una cesura con digressione e basso greve, al quale si dilunga concludendo il pezzo con un feedback; un episodio duro e roccioso che ci riporta  a certi suoni del periodo di mezzo dei Marduk, rievocando le sfuriate di "Heaven?" e della prima metà di "Nightwing". Il testo è una parabola elegante dal significato ostico, piena di riferimenti biblici invertiti; ecco una Luna dorata e un Sole d'argento, mentre vediamo i caduti tendere gli archi con un altro dardo dalla faretra della ragione, e gli occhi della follia risplendono. Una maledizione sulla maledizione,  una voce di fuoco, mentre vediamo l'Inferno espandersi  con fruste cucite di fili di fuoco,  che danzano sulla schiena dell'uomo; il Giorno del Giudizio splende e la Dannazione si dispiega, l'Oscurità si incarna mentre la Morte si prepara. "Ascend - Awake - Arise, O Ye Flames of Perdition, Havoc - Ravage  - Demise, Damnation's Gold - Ascendi - Svegliati, O Tu Fiamma della Perdizione, Furore - Vendetta - Sconfitta, Oro della Dannazione"  continua il testo, mentre il Giudizio si materializza le fiamme convergono, e osserviamo la Dissacrazione prendere forma ed emergere; un mare senza sponde di sabbie mobili sante, senza redenzione o uscita, in cui dobbiamo accettare l'imperante potere di Satana, e bere dalla coppa della Dannazione. Vengono poi ripetuti da capo i versi precedenti, ripresentando l' oscura esaltazione della dannazione e della sconfitta della speranza, in nome di Satana che porta tutto verso la dannazione eterna, disattendendo il piano divino e riducendo l'umanità ad un nulla senza importanza; ancora una volta si dispiega al dura ferocia senza compromessi dei Marduk, votati senza remore all'invocazione seria di tutto ciò che è Male, rovina, una catarsi violenta che si bagna di peccato e blasfemia.  "Hail Mary (Piss-Soaked Genuflexion)" parte con una chitarra tagliente presto unita alla doppia cassa in loop taglienti a moto sega; al quattordicesimo secondo un fraseggio arioso fa da cesura, dopo al quale si riprende con al corsa delineata da bordate incisive in un botta e risposta che da dinamismo all'andamento. Si prosegue quindi con un'unione tra suono cacofonico e vocals di Mortuus indemoniate, non risparmiando freddi fraseggi black lanciatissimi e ossessivi in tremolo; al minuto e dieci un suono roccioso fa da cesura, dopo la quale un assolo squillante prende posto con le sue scale vorticanti in un effetto in salire. Esso poi si consuma, mentre rimane l'assalto cacofonico di doppia cassa e loop continui; ecco quindi i severi fraseggi veloci e frostbitten sui quali il cantante si lascia andare a sermoni oscuri. Al minuto e cinquantacinque tutto rallenta con un greve fraseggio ammaliante, che presto sia accompagna a rullanti di pedale e suoni ariosi, in una marcia cadenzata; si cambia ancora registro con un riffing circolare in loop, sul quale riprende la corsa massacrante di doppia cassa e giri taglienti, delineata da impennate e blast continui. Al secondo minuto e quarantotto ci si ferma ancora con un fraseggio distorto sul quale abbiamo rulli di batteria; ecco una digressione con feedback e suoni gorgoglianti dark ambient che fa ad coda finale con i suoi effetti che sfociano nel pezzo successivo. Il testo è un tripudio di nero sarcasmo e blasfemia, che creano una preghiera oscura e sfottente che attacca il sacro; Maria viene riverita, ma definita subito piena di grazia mentre la cenere vomita cascate di nero, e il signore è con lei, durante orge angeliche nello sporco demoniaco. Benedetta è tra le donne, con genitali come uncini che scavano, e benedetto è il frutto del suo grembo, come genitali che scavano in fuori; viene definita la Madre di Dio, e gli si chiede di pregare per i peccatori, con sangue e sperma, mentre osserviamo l'opera del Signore, inginocchiandoci inzuppati di piscio. "Hail Mary, Full of grace, The sacramental urine praise - Ave Maria, Piena di grazia, Adora l'urina del sacramento" continua spietato il testo, mentre il Signore è con lei, e il fallo predatore scava in profondità; viene quindi ripetuta la blasfema preghiera ad oltranza con tutti i suoi insulti senza remore o censure. Si tratta quindi di un' Ave Maria satanica volutamente provocatoria e oscena, che attacca una delle figure sacre della dottrina, che già in passato è stata più volte umiliata dai nostri, non certo nuovi a blasfemie varie, ora solo più elaborate, ma ancora piene di ferocia e malvagità, con un sarcasmo semmai più sprezzante potenziato da una falsa reverenza. "M.A.M.M.O.N." ci accoglie con blast potenti e le vocals di Mortuus, con in sottofondo i loop di chitarra dissonnanti; ecco che il tutto prende velocità con la doppia cassa  in una tempesta vorticante dove le chitarre sia prono a cicloni sonori sempre più spinta. All'improvviso al quarantunesimo secondo abbiamo però fraseggi progressivi e dissonanti di scuola Deathsopell Omega, i quali contrastano con la furia precedente come abissi neri che sia prono all'improvviso con una malevola quiete; qui rullanti di pedali e colpi controllati di piatti e batteria fanno da ritmica, mentre le chitarre si fanno ancora più struggenti. Al minuto e sette si accelera con una marcia dissonnate sincopata dove Mortuus si da a versi crudeli; riecco quindi i vortici veloci con alternanze più dirette dominate da chitarre fredde e cimbali. Al minuto e quarantatré troviamo una cesura con toni grevi e suoni di campana, dove i blast scolpiscono i loop distorti di chitarra; ci si rilancia quindi in una corsa galoppante con doppia cassa  a tutta velocità. Quest'ultima presto lascia posto nuovamente ai suoni progressivi e dilatati che creano un'atmosfera aliena ed irreale, dove il cantante si da versi gorgoglianti e rauchi, completando l'effetto malato; al secondo minuto e quarantotto le chitarre si fanno più struggenti in un ennesimo debito alla band francese, mantenuto poi nell'esplosione di riff dissonanti e doppia cassa e giri di basso, con aperture più epiche ed ariose. Si prosegue su queste coordinate elaborate fino al finale improvviso segnato da un assolo squillante che conclude l'episodio più elegante e moderno di tutto l'album; esso abbraccia senza vergogna le influenze citate in uno stile geometrico insolito per i Marduk, pur non abbandonando gli assalti di doppia cassa e loop granitici. Il testo ci offre una nuova demoniaca evocazione, facendo evocazione a Mammon (Mammona), il Dio Denaro biblico, altro nome del Diavolo; si richiede al succubo di arrendersi, mentre si compie un passo verso Il Peccato del Caprone, e due passi lontano da Dio, mentre alte colline diventano basse in nome della cupidigia, con un desiderio infernale dai vestiti angelici. Ora c'immergiamo in un sulfurea libidine, e in una sulfurea gloria; una vanità fusa, una gloria d'avarizia, un orgoglio in rovina, che misurano i vermi, ricoperti da una colpa d'oro, mentre la strada fuori dalla dannazione è stretta. "One step away from the will of Heaven, Two steps towards The Pit - Un passo via dalla volontà del Cielo, Due passi verso l'Abisso" prosegue il testo, mentre teste alte diventano basse in nome della Punizione con una sete inappagabile in un mare di fiamme; una fame metallica, un altare del peccato, un desiderio splendente e omicida, e magiche pietre della rovina, sono la cupidigia che sovrasta tutto, un nettare di morte. Un testo che riprende la severa morale cattolica e la inverte in senso satanico, glorificando il peccato come via verso la perdizione della razza umana, provando piacere nell'idea della rovina e della dannazione, compiendo la volontà del proprio satanico signore; il team centrale religiosamente oscuro viene quindi mantenuto per tutto l'album, perfettamente allineato con la corrente orthodox. "Gospel Of The Worm - Predica Del Verme" parte con un riffing incalzante e tagliente, il quale si sviluppa nelle sue scale poco prima di esplodere con la doppia cassa e i giri dissonanti pieni di energia rilasciata; al ventiduesimo secondo un rallentamento mette in mostra solo la chitarra rocciosa scolpita da colpi incalzanti. Ecco che si riprende quindi velocità sempre più, lanciandosi in una nuova corsa vorticante e caotica ricca di blast, giri dissonanti e riff feroci; al quarantaseiesimo secondo interviene un nuovo stop cadenzato, dopo il quale si ripropone l'accelerazione devastante con loop veloci, blast e vocals crudeli, scandito da alcune aperture più struggenti che fanno da contrappeso melodico. Ecco poi chitarre sempre più stridenti e dissonanti, mentre la doppia cassa avanza massacrante, con un andamento che perdura fino al  minuto e ventisette; qui una cesura roboante si prodiga con un fraseggio ferroso, il quale poi evolve in un riffing adrenalinico con doppia cassa e piatti. Ma il songwriting è giocato tutto su stop e riprese repentini, e già al minuto e cinquantadue ricompare l'ennesimo top con piatti e bordate cadenzate; si accelera quindi ancora in un vortice di drumming e giri taglienti, accompagnato da aperture melodiche. Il finale è segnato al secondo minuto e dodici da un cacofonico inasprimento dei toni, con chitarre spremute e doppia cassa, i quali si lanciano nella conclusione che vede uno stop improvviso con un rumore di cancello che si chiude. Il testo ci offre una nuova evocazione e glorificazione oscura della Morte e della tomba; tramite pelle e forza vitale usata, tramite stringhe di fallimento, e lembi rigidi di vergogna,  avvengono orge al crepuscolo, con un peccato divorante, in una fama senza fine, con un infernale sete nera. Lividi con i segni di muffa e morte, incoronati con angeli ronzanti della decadenza (le mosche), solo cibo per vermi e carburante per le fiamme siamo, mentre diciamo le nostre grazie al tavolo della Decadenza; E mentre la nostra anima brucia nelle tenebre, noi impariamo del vuoto, e mentre la nostra carne diventa concime, abbracciamo la Predica del Verme. "Warmth and life are now strangers in here, The Void is present, Ancient yet forever new - Il calore e la vita sono ora sconosciute qui, Il vuoto è presente, Antico e per sempre nuovo" continua, rinfacciandoci poi di essere morti, sconfitti, e ci viene intimato di inginocchiarci difronte al maglio abile della Decadenza,  senza speranza, solo Morte, mentre catene di peccato pesanti ci tengono inchiodati a terra; e ancora mentre la nostra anima brucia impariamo del vuoto, e mentre diventiamo concime  diventiamo parte della Predica del Verme. "World Of Blades - Mondo Di Lame" è il finale della versione standard del disco, introdotto da un arpeggio ammaliante dal gusto progressivo, greve e sommesso; esso poi si converte in un riffing roccioso con batteria cadenzata e fraseggi melodici, che prosegue fino al trentatreesimo secondo. Qui abbiamo un rallentamento mortifero dove la voce gracchiante di Mortuus si unisce a loop dilatati e cavernosi scolpiti da blast monolitici; l'andamento si fa poi più cadenzato con drumming continuo e giri di chitarra squillanti. Al minuto e quattro cori sacrali creano un'esaltante atmosfera epica e solenne, accompagnato i grevi suoni di chitarra e le declamazioni rauche del cantante; al minuto e ventiquattro rimane solo un arpeggio di basso con batteria elegante, creando una cesura progressiva. Al minuto e trentaquattro tornano muri sommessi e distorti di chitarra, sui quali la batteria si delinea cadenzata e Mortuus strisciante si da a versi in riverbero; riecco quindi una leggera accelerazione ritmata con piatti e fraseggi tetri, la quale ci porta ancora verso l'epico ritornello arioso con cori e riff ammalianti di chitarra. All'improvviso secondo minuto e ventisette il basso accompagna un campionamento vocale dai toni imperanti e bellici, mentre in sottofondo percepiamo un fraseggio dilatato e battiti di tamburo; si prosegue così in maniera controllata, ma oscura, fino al  terzo minuto e trentotto, dove il riffing prende piede solenne insieme alla batteria incalzante. Ecco quindi rallentamenti ariosi con chitarre dilatate blast organizzati, alternati con una leggera accelerazione; riesplode quindi al quarto minuto e ventisette il coro epico, delineando ancora una volta il ritornello recitato con enfasi da Mortuus e accompagnato da loop dal grande effetto. Ecco quindi una cesura di basso, al quale poi si apre ad una solenne digressione malinconica e rullanti, dando spazio ad un fraseggio triste e sinfonico, il quale si protrae riempendo l'avanzare di atmosfera; si prosegue con i suoi loop ariosi, e con al batteria cadenzata, fino alla sfumatura che chiude il pezzo trascinandolo verso l'oblio. Il testo ci congeda nella versione normale del disco con un ultimo episodio di blasfemia sacrale; una rinascita senza vita dove siamo divorati e resi nuovi,  un dominio senza carne e l'oscurità del sangue bruciato, e come una tempesta di ruggine e muffa, la voce del narratore rimbomberà proclamando una Nuova Alba, e l'arrivo del Signore. E' l'arrivo di quest'ultimo e la nascita dell'oscurità, e di un Mondo di Lame; "The Great Darkness descends now even faster, The throat of hope and mercy lies strangled - La Grande Tenebra discende ora sempre più veloce, La gola della speranza e la pietà giacciono strangolate" prosegue il testo, mentre su pale fissati, fatti di Morte e Colpa, i suoi inni rimbomberanno, rivelando lo splendore della Nuova Legge, e l'arrivo del Signore; la luce di una Nuova Alba arriverà come fiamme distruzione, che faranno sciogliere la speranza umana. La terra si aprirà affamata di carne, mentre lame assetate splenderanno ad ogni cancello, benedette e affilate per il massacro; la potenza della Nuova Legge sarà come un cataclisma, che violentemente farà a pezzi lo spazio e il tempo, mentre il sangue dell'agnello si annerirà come bitume, la Morte sorgerà come una montagna di potere, e noi e i nostri simili dovremo ringraziare. Viene poi ripetuto il primo verso, completando questa oscura preghiera per l'Apocalisse satanica, un ennesimo inno alla fine della vita e alla vittoria della Morte, identificata con Satana il distruttore, signore oscuro dei nostri evocato ed adorato in tutto l'album.  

Bonus Track:

"Coram Satanae - Davanti A Satana" è la bonus track dell'edizione limitata in mediabook del disco; essa si apre con un fraseggio vorticante accompagnato da campane gotiche, sul quale poi al ventiquattresimo secondo si appoggiano fraseggi e batteria marziali, in una marcia ammaliante e tetra; ecco loop atonali che si alternano con il motivo solenne in crescendo, mentre esso si arricchisce di parti ariose e struggenti. Dopo il minuto e trenta abbiamo una dissolvenza che lascia in primo piano la chitarra distorta e i battiti; all'improvviso esplode  la doppia cassa con riff freddi ed evocativi, mentre il fraseggio vorticante prosegue in sottofondo. Uno stop ferma tutto mentre Mortuus parte con versi malevoli in riverbero, sottolineati da arpeggi oscuri e dal motivo ripetuto; riesplode ancora la doppia cassa in un caos disorientante che sale sempre più d'intensità. Al terzo minuto e sette abbiamo una fredda melodia atonale e nordica che crea un momento inconfondibilmente black, il quale si apre poi a parti sempre più malinconiche ed ammalianti; ecco che poi rallenta con feedback squillanti e giri ripetuti. Riparte quindi il motivo con piatti cadenzati e giri epici di chitarra, proseguendo l'andamento con una forte atmosfera emozionale; al quarto minuto e trenta si ripropone il cantato malevole e gracchiante di Mortuus, mentre al strumentazione prosegue lenta e pesante, ma allo stesso tempo carica di movimento malinconico.  Dopo una cesura con fraseggio distorto riesplode la doppia cassa in una nuova cavalcata da tregenda con riff ariosi e grida violente, in un nuovo tripudio di nera e fredda potenza; riecco quindi i suoni epici ed evocativi, riproponendo il ritornello ammaliante e i loop ossessivi e taglienti bombardati dai blast. Un ennesimo fraseggio fa da cesura al sesto minuto e quattro, dopo il quale torna la marcia iniziale con suoni di campana e il motivo solenne di chitarra, sul quale si organizzano i suoni vorticanti e le melodie nere; si prosegue quindi verso il finale in sfumatura, nel quale chitarra e campane dominano la scena fino a che rimangono solo le prime, in una conclusione gotica e perfetta per un brano che non avrebbe sfigurato nella scaletta regolare del disco. Il testo è un insieme di immagini poetiche severe e dal gusto biblico, che creano una mitologia oscura e blasfema confacente al resto del lavoro anche in questa traccia bonus; passando da forza a forza,  abbiamo una tenebra divorante, così come una luce penetrante. Colpendo in basso e in alto, nelle fondamenta della vita ("Striking high and low, Into the foundation of life"), ci si erge sempre più in alto, nelle stelle di Dio e oltre, ma la nuvola di cenere raggiungerà la Terra e le profondità più basse; fissi, ma destinati ad ascendere, sorgendo come leoni tra gli uomini, davanti a Satana. Viene quindi ripetuta la nera preghiera da capo, offrendo un finale alternativo al tema dell'album coerente, in un'ennesima preghiera senza fronzoli dedicata a Satana, simbolo di potere e superamento dell'uomo, e dio nero a cui i Marduk  dedicano tutta la loro devozione blasfema.  

Un disco che conferma i Marduk come veterani del loro genere, capaci di toccare diversi stili del black con ogni pezzo, pur rimanendo sempre inconfondibilmente loro stessi; abbiamo diversi episodi tirati come "Messianic Pestilence" o il singolo "Souls For Belial", così come episodi più atmosferici con largo uso di dissonanze di scuola DsO come "M.A.M.M.O.N." e "World Of Blades". Il risultato non è un ritorno al passato, ma nemmeno un'esatta riproposizione degli ultimi lavori; semmai i nostri guardano in avanti, digerendo quanto finora apportato al loro suono e ripescando alcuni elementi del passato, adattati al loro suono e alle tematiche ora affrontate in modo più maturo e moderno. Il disco viene subito accompagnato con un tour prima in Europa ed Asia, poi su tutto il continente americano, chiamato appunto "Serpent Sermon World Tour", il quale li vede trionfanti; subito dopo i nostri tornano in Europa dedicandosi a festival vari nel Nord del continente. D'estate vanno in Brasile  e poi di nuovo in Europa con ben quarantadue date,  e a novembre la band vince il disco d'oro per aver venduto dieci mila copie del singolo "Souls For Belial" in Svezia; intanto proseguono i diversi concerti, e il tour dell'album entra nel 2013 raggiungendo l'Australia e per la prima vola la Nuova Zelanda, e poi si susseguono innumerevoli festival, concerti, celebrazioni come i vent'anni di "Those Of The Unlight", e in generale un totale trionfo commerciale e di critica professionale nei confronti della band. Ormai al strada è totalmente spianata, e la nuova collaborazione con la Century Media Records sembra dare giusto lustro alla band, che proseguirà incessantemente con la sua attività live in tutto il globo; bisogna aspettare il 2015 per il loro ritorno in studio, il quale produrrà un lavoro che riprende quanto anticipato nel 2011 dall'EP "Iron Dawn", ovvero un ritorno ai temi della Seconda Guerra Mondiale. Molti pensano ad un "Panzer Division Marduk" parte due, ma si sbagliano: "Frontschwein" è un disco che da una parte prosegue il discorso di "Serpent Sermon", dall'altra presenta altre evoluzioni e una propria identità, capace di dare tramite l'unione di musica e testo una rappresentazione epica, tetra e anche sardonica del Grande Conflitto. Uno dei punti più alti della loro carriera dopo venticinque anni di militanza, dimostrando come ancora, nonostante gli eterni detrattori possano sostenere il contrario, il gruppo non tema rivali e rimanga tra i capi saldi del black, pronti a rinnovarsi, ma sempre fedeli a se stessi; di questo tratteremo meglio nella prossima recensione, l'ultima al momento sulla loro discografia.

1) Serpent Sermon  
2) Messianic Pestilence       
3) Souls For Belial    
4) Into Second Death          
5) Temple Of Decay 
6) Damnation's Gold
7) Hail Mary (Piss-Soaked Genuflexion)    
8) M.A.M.M.O.N.      
9) Gospel Of The Worm      
10) World Of Blades

Bonus Mediabook Limitato:

11) Coram Satanae 

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