MARDUK
Live In Germania
1997 - Omose Productions
DAVIDE PAPPALARDO
19/02/2015
Recensione
Continuiamo con la nostra analisi dell'immensa discografia dei Marduk, signori del black svedese guidati da Morgan Hakansson (componente anche degli Abruptum) ormai entrati nella fase principale della loro carriera; se con "Opus Nocturne" del 1994 i nostri si erano affacciati completamente sul panorama black come un nome da considerare, con "Heaven Shall Burn .." del 1996 realizzano un assalto oscuro insieme al nuovo cantante Legion (Erik Hagstedt) che stabilisce i canoni del black metal della variante svedese, decisamente più violento, veloce e serrato rispetto al cugino norvegese. Da qui in poi molti compatrioti e non solo seguiranno questo percorso, con dischi come "Vobiscum Satanas" dei Dark Funeral o "Hell Eternal" dei Setherial, creando un vero e proprio sottogenere amato da alcuni, detestato da altri perché visto come la commercializzazione del black, ma che a conti fatti raccoglierà sempre più consensi a causa della sua natura veloce ed immediata capace di rivaleggiare con la brutalità del death e del grind; ora i Marduk si trovano sulla bocca di molti come una novità eccitante, e grazie al successo raggiunto possono imbarcarsi non in uno, bensì in due tour personali in Europa. Il primo tenutosi durante il 1996 e supportato dalla pubblicazione dell'EP "Glorification", contenente cover di gruppi thrash alla base del black come Destruction, Piledriver e Bathory, li vede suonare in diversi luoghi prima non toccati, dando modo di farsi conoscere con la nuova formazione, presentando alcuni brani dell'ultimo disco e dei classici del passato; viene quindi anche colta l'occasione per registrare il tutto, in modo da pubblicare l'anno successivo, in concomitanza con il secondo tour più breve, il loro primo lavoro dal vivo, qui recensito, ovvero "Live In Germania". Quella dei live è una tradizione non molto diffusa nel black, dove anzi alcune volte i gruppi non si esibiscono nemmeno in concerto, ma che ha un illustri rappresentanti in dischi come "Live in Leipzig" e "Mediolanum Capta Est" dei Mayhem, o nel molto più recente "De Profundis Clamavi ad Te Domine" dei Dark Funeral; i Marduk non hanno certo interesse a rimanere nell'anonimato, anzi per quanto blasfemi e dall'immagine sempre più guerrafondaia il successo è ben accolto e cercato dall'ambizioso Hakansson, che non disdegna gli aspetti più pratici del condurre una band, e intuisce come ora inizino ad essere lanciati verso un successo che va oltre la cerchia più underground del black. Questa operazione è quindi l'ennesimo tassello di un processo cosciente di celebrazione del punto raggiunto, e allo stesso tempo base per quello che da li a poco verrà, cementificando l'immagine e la fama dei nostri come una delle band più pesanti del panorama mondiale; il disco presenta ben dodici tracce registrate appunto in Germania durante il tour, spaziando tra i quattro dischi finora registrati, dando una panoramica esauriente della loro carriera fino a quel periodo. Per l'occasione la line up vede oltre al già citato cantante e al leader - chitarrista, il bassista Roger Svensson (Bogge/B. War), il batterista Fredrik Andersson, e come secondo chitarrista il loro ormai fido produttore Peter Tagtgren (leader degli Hypocrisy e dei Pain) , che naturalmente poi si occuperà del mixaggio del tutto su disco; la produzione sarà molto meno pulita rispetto a quella adottata in studio, ma pur nella sua essenza grezza distinguibile nei suoni degli strumenti, salvo forse il basso che inevitabilmente finisce sommerso dai muri di chitarra e dalla voce di Legion, dando a questi ultimi due elementi il posto di onore in una cacofonia infernale degna dei nostri. Troviamo anche la presenza del pubblico con le sue varie esultanze, e le presentazioni di Legion, naturalmente segnate da una blasfemia a volte dai risultati ilari (si veda l'introduzione al terzo pezzo), ma più che aspettabile da parte dei Marduk, decisi ad attenersi fino in fondo ai canoni estetici e d'immagine del black più blasfemo.
Si inizia con "Beyond the Grace of God - Oltre La Grazia Di Dio" che dopo un rullante di batteria parte diretta con un rifting cacofonico dove giri ad organo creano la distorta melodia atonale, mentre colpi secchi delineano l'andamento; abbiamo un alternanza tra parti più pestate e dirette e sessioni dominate dal solenne movimento circolare, in un effetto adrenalinico e dinamico. Al trentatreesimo minuto parte il cantato selvaggio di Legion, mentre la violenza della strumentazione s'intensifica ulteriormente nei suoi loop a motosega e nella doppia cassa massacrante; ecco un sinistro fraseggio tetro che si dipana dal cinquantaquattresimo minuto, scolpito dai colpi di drumming, instaurando una serrata atmosfera oscura ed ieratica. Ritorna poi il cantato, naturalmente meno filtrato rispetto alla versione in studio, ma non meno maligno e aggressivo, mentre in sottofondo ritroviamo l'alternanza epocale tra melodia ad organo e corsa più incalzante; al minuto e diciannove i contrappunti dei giri di tremolo si fanno ancora più squillanti, mentre lo screaming è accompagnato da un growl in sottofondo creando un effetto di doppia voce. Improvvisamente al minuto e quarantatré tutto si ferma con un fraseggio altisonante, sul quale poi la batteria prende velocità, accompagnandosi con blast e con le grida rauche di Legion; si prosegue quindi con il solito loop, rafforzato dalla seconda chitarra scordata in sottofondo in un andamento roccioso e dissonante. La batteria si fa ancora più pestata, in un vortice ammaliante che ci trascina con se in un gorgo sonoro fatto anche di riff come rasoi; ecco che al secondo minuto e otto una digressione improvvisa rallenta tutto, mentre piatti dilatati prendono posto. Troviamo poi rullanti con una bordata stridente, a cui segue un galoppo solenne e incalzante ricco di fredda atonalità e giri grevi in sottofondo; esso si alterna con rulli che ne delimitano il movimento in un gioco repentino di lasciate e riprese. Legion s'inserisce in un ritornello rabbioso, mentre le chitarre taglienti continuano nel loro percorso ossessivo: ecco che al terzo minuto e nove il drumming si fa marziale in una serie di colpi imperanti, instaurando una marcia dal grande effetto. All'improvviso però tutto si ferma al terzo minuto e diciotto, lasciando spazio alle esultanze del pubblico; ma è una falsa conclusione, perché pochi secondi dopo riprende il rifting granitico, mentre la batteria aumenta di velocità in una tempesta sonora martoriante. Legion si da a gorgheggi, lasciando poi spazio al gioco di beat secchi ripetuti e motoseghe; al terzo minuto e cinquanta una serie di bordate rocciose e colpi cadenzati fanno da cesura, ma dopo un suono squillante si riprende con la cavalcata. Ecco allora il cantato più rabbioso che mai con il marasma sonoro, il quale poi al quarto minuto e cinque mette in rilevanza continui giri dissonanti bombardati dal drumming a doppia cassa; Legion ritorna con un grido distorto, mentre nelle evoluzioni caotiche di chitarra s'inserisce ad alternanza il solenne motivo dalla melodia ad organo atonale. Il finale è lasciato ad un ultima cavalcata dove tutto esplode al massimo della potenza, nell'ennesima tempesta distruttiva sotto forma di musica; la conclusione è lasciata ad un ultimo verso e ad una digressione con rulli. Il testo ripropone il nuovo argomento preferito dei nostri: il vampirismo, raccontato dal non morto stesso. Dove egli cammina, ogni cosa appare in grigio, e sotto la sua ombra, i fiori appassiscono; egli ha bevuto il sangue di Gesù, e il suo riflesso è solo un'ombra, mentre viaggia sotto forma di pipistrello o lupo, annunciato al suo arrivo dai topi che scappano. "I'm a slave under my eternal hunger - Sono schiavo della mia fame eterna." dichiara, nella sua continua brama di sangue, che lo rende un abominio, progenie terrena di Satana; egli richiama la sua prossima vittima uscendo dal sarcofago sotto forma di nebbia, annunciandone il funerale prossimo dopo il suo "abbraccio". Egli vola nella notte sulle sue ali, come un sovrano del cielo notturno, "Invisible - I haunt the night, and my cold breath is all you can feel - Invisibile - caccio nella notte, e il mio freddo respiro è tutto ciò che puoi sentire." annuncia poi con malvagia delizia; egli è risorto dai morti, ma ha lasciato la sua anima nel fuoco sulfureo, ed è quindi ben oltre la grazia di Dio, ormai perduto. E' il vagabondo della tenebra sconosciuta, il dimoratone dell'ombra del diavolo, colui che non ha più un'anima. Chi lo affronta deve quindi abbandonare ogni speranza, affrontando un essere terribile e senza scrupoli; un testo semplice e diretto che presenta i vampiro qui non come una figura drammatica, bensì come una potenza demoniaca che gode della sua maledizione e dei suoi poteri, cacciando nella notte i viventi in nome del Male e delle forze infernali a cui è affine. "Sulphur Souls - Anime Solfuree", pezzo tratto da "Opus Nocturne", parte dopo un' esortazione di Legion ad adorare Satana con un rifting serratissimo tempestato dai blast beat, offrendo una versione meno evocativa e più diretta di quello presente nel brano in studio; le grida sgolate del cantante s'inseriscono al ventisettesimo secondo, mentre i giri di chitarra si fanno più aperti e solenni nella loro fredda melodia atonale. L'andamento di quest'ultima è ripreso dalla cadenza di Legion, in un ritornello ritmato e feroce; al quarantasettesimo secondo tutto si ferma con una digressione sulla quale si staglia un ringhio prolungato, mentre un fraseggio tagliente si delinea, e colpi dilatati e potenti si alternano con giri stridenti di chitarra. Al cinquantottesimo secondo il movimento si stabilizza in una marcia dai colpi incalzanti, ma controllati, dove Legion riprende con il cantato, ora più strisciante è morboso; ma al minuto e diciotto un rullo con grida del pubblico in sottofondo fa da ponte verso la nuova esplosione. Essa avanza in un corsa dove parti più dirette e serrate si alternano continuamente con giochi dissonanti, in un dinamismo pronunciato; al minuto e quarantadue la strumentazione si fa più caotica, mentre il cantato è ora più greve, in un'atmosfera cupa e opprimente. Al minuto e cinquantadue troviamo un motivo evocativo dalla melodia atonale, il quale alterna parti più aperte e altre più dirette, mentre il drumming prosegue nei suoi blast; si arriva fino al secondo minuto e tredici, dopo il quale si lascia posto da un fraseggio dalle scale vorticanti, il quale prosegue poi in un loop tagliente. Su di esso s'inserisce la batteria battagliera insieme ad un growl cupo e profondo, lasciando poi posto alle grida di Legion stagliate sulle chitarre velocissime e taglienti; al secondo minuto e quarantotto l'intensità sale, in una serie di giri dissonanti e blast feroci che creano un andamento epico ed altisonante. Esso si ferma al secondo minuto e cinquantotto con una nuova digressione, la quale si sviluppa in un suono stridente; ecco che poi sfocia in un fraseggio dalla bella melodia che ripresenta in chiave molto più controllata l'evocativo motivo portante del brano. Mentre esso avanza la batteria, calma e cadenzata si concede alcuni rulli veloci, tornando poi subito stabile. Al terzo minuto e trentasette tutto s'interrompe all'improvviso lasciando posto ad un grido insieme al quale riprende la corsa in loop, la quale continua dopo il terzo minuto e cinquantacinque con un suono più basso di mixaggio, forse per un calo della qualità di presa dal vivo; si arriva al quarto minuto e sei, dove un appassionato fraseggio si dilunga nelle sue scale ammalianti, tempestato dai colpi di batteria serrata; la sua melodia è poi ripresa dal rifting del quarto minuto e ventitré, in un evocativo proseguo, dove però rispetto alla versione in studio tutto è un po' sommerso dalla batteria e dalla seconda chitarra. Al quarto minuto e quarantasette si ferma di nuovo tutto, lasciando posto ad un fraseggio distorto e sommesso che prosegue dissonante fino al quarto minuto e cinquantatre; qui parte un galoppo ieratico, dove le grida di Legion si fanno crudeli e profonde, in una marcia potente che termina al quinto minuto e sedici, lasciando il finale ad una serie di bordate e colpi di batteria distribuiti su una digressione, e poi a rulli caotici. Il testo delinea un immaginario prettamente satanico dai toni combattivi e blasfemi, ricordando quelli che poi saranno anche i testi caratteristici dei discepoli/cugini Dark Funeral, improntati su immaginarie battaglie sataniche che vedono il trionfo delle forze del Male; un seguace del diavolo lo saluta, minacciando poi Dio stesso anticipando la furia demoniaca che verrà riversata su di lui, lasciando solo una vasta memoria nera sulla sua tomba. Dalla loro "Sinagoga di Satana" essi chiamano il popolo black metal ("Black metal warriors of northern lands, Lift your swords up high - Guerrieri black metal delle terre del nord, Alzate in alto le vostre spade.") aizzandolo alla lotta e all'adorazione del diavolo, "Signore delle anime sulfuree"; s'immagina la città di Babilonia, simbolo del peccato, con le mura decorate con i corpi dei cristiani, definiti deboli, i quali supplicano pietà, scatenando però l'odio dei nostri. Si incita ancora "Do never lower your heads in awe, For a god so good and mild - Non abbassate mai la vostra testa in sgomento, Per un dio così buono e mansueto." in una malvagità a tutti costi che raggiunge livelli un po' difficili da prendere sul serio nei suoi stereotipi, ma tipica del black metal più diretto e meno elaborato; il "dio decaduto" viene deriso e disprezzato, così come i suoi discepoli impiccati nudi sulle mura insanguinate di Babilonia. Ora il sole bianco li sorprende, ma essi non hanno paura, perché la "lucente stella del mattino" (chiaro riferimento a Satana) oscura tutto, mentre il regno di Dio è distrutto, e il narratore con delizia si definisce il suo Giuda, il suo traditore. Una sorta di inno black metal quindi, che unisce una seria blasfemia (almeno nelle intenzioni dei nostri) con esaltazioni da "cerchia" che richiama, in maniera un po' furbesca, gli ascoltatori (spesso adolescenti o nei loro vent'anni) come dei devoti in una setta. "The Black... - L'Oscurità" esordisce con un'esortazione blasfema di Legion, esilarante nella sua volgarità gratuita e grossolana, che coinvolge la figura di Cristo e quella del diavolo in atti non proprio "canonici"; ecco che un fraseggio stridente prende forma nei suoi giri elaborati, mentre bordate taglienti e blast cadenzati lo scolpiscono nel suo movimento. Al ventesimo secondo un urlo del cantante affianca l'accelerazione dei colpi secchi di batteria, in una corsa dove i riff si fanno più veloci; essa però si ferma subito al ventottesimo secondo con un effetto stridente di chitarra e un colpo di batteria, dopo i quali si delinea un lento andamento roccioso e distorto. Ecco che esso prende potenza mentre parte la doppia cassa, in un vortice ossessivo che esplode al quarantacinquesimo con le grida di Legion e la pioggia di blast e furiose chitarre scordate; si crea un marasma caotico che si consuma solo al minuto e nove; qui abbiamo un fraseggio stridente accompagnato da rulli dilatati ed imperanti, il quale poi lascia il posto ad una nuova corsa improvvisa e tagliente tempestata dal drumming. Ma il songwriting è decisamente nervoso, e al minuto e ventisette tutto si ferma con l'ennesimo fraseggio, mentre poi si crea un lento movimento solenne dai connotati doom, pieno di melodia spettrale, dove la batteria striscia lenta e controllata; qui Legion declama cadenzato al sua nera lezione con grida rauche, in un'atmosfera occulta e maligna. Al minuto e cinquanta la composizione esplode di nuovo con una raffica di blast e giri di chitarra a sega elettrica, ricreando il caos monolitico ed esaltante precedente, che al secondo minuto e dieci culmina in una serie di colpi pesanti e bordate; un motivo distorto e marziale si dipana, prima colpito da una batteria dilatata, poi da una doppia cassa martellante, prendendo velocità in una cavalcata che ha breve vita. Al secondo minuto e trentaquattro riparte il fraseggio spettarle, il quale striscia con le grida di Legion e il drumming cadenzato; al secondo minuto e cinquantacinque rimangono solo dei giri ossessivi, sui quali poi riprende la doppia cassa, lanciando il tutto verso il terzo minuto e nove. Qui una serie di riff ultra distorti creano un muro di suono dove sentiamo anche delle evoluzioni stridenti, prima di fermarsi in un feedback tagliente che si delinea proseguendo a lungo come una motosega malfunzionante, sfociando nel pezzo successivo. Le parole del testo raccontano di una riunione infernale, durante la quale si glorifica il Male, e si preannuncia la caduta dell'odiata Cristianità, nemico giurato di sempre; "Thou who rejoice and bring terror to mortals - Tu che provi gioia nel portare terrore ai mortali" mostra il capo della cerimonia che si rivolge ai compagni (in un errore grammaticale viene usato il "thou" per dare un'enfasi epica, non sapendo che si usa solo con la seconda persona singolare) apostrofandoli con le loro doti malvagie, naturalmente qui viste come aspetti positivi. Non abbiamo un vero e proprio racconto di eventi, bensì una sorta di evocazione durante al quale si parla del "The black goat of the woods with a thousand young - Il nero capro della foresta con mille cuccioli."; notiamo come i nostri, in maniera comune agli altri rappresentanti del genere all'epoca, traggono più dall'immaginario fantasy, piuttosto che da serie conoscenze occulte, il riferimento a Lovecraft e alla sua divinità immaginaria Shub-Niggurath è lampante. Una sorta quindi di "satanismo fai-da-te" che oggi fa sorridere, ma che in un'epoca senza internet e dove certi argomenti non erano certo alla portata delle masse, creava un'atmosfera oscura convincente per molti appassionati del nuovo metal oscuro, esaltati dalla promessa della distruzione del nemico cristiano, per loro simbolo di ogni oppressione e ipocrisia sociale, qui preannunciata in immagini di un Paradiso dannato e di una fede totalmente distrutta. "Darkness It Shall Be - Tenebrà Sarà" vede all'inizio il proseguimento dell'andamento caotico precedente, e dopo due colpi di piatto veloce esplode in una tempesta sonora di riff e doppia cassa sulla quale Legion interviene in un cantato isterico ai limiti dell'umano; l'assalto è continuo in un susseguirsi di blast e chitarre che sono venti che strappano le carni. Si prosegue a lungo su queste coordinate, mentre questa volta sono le vocals a segnare le svolte di andamento, mentre la strumentazione prosegue lanciata nella sua cacofonia; il drumming vede una doppia cassa costante accompagnata da blast devastanti, in un effetto massacrante dal grande impatto. Al minuto e trentuno interviene un breve assolo stridente e spettrale, dopo il quale riprende il marasma dominate, in un ritornello assassino ripetuto con cieca ossessiona; al minuto e cinquantasette addirittura l'intensità cresce in un muro costante che schiaccia tutto in un'esaltazione suprema del caos. Al secondo minuto e diciotto un blast ferma tutto, ma in pochi secondi delle bordate stridenti anticipano la ripresa del vortice, che sembra non voler sentire ragioni e proseguire imperterrito; è un tripudio poi di evoluzioni squillanti e blast pesanti come colpi su incudini, in una tensione sempre presente ed altisonante. In questa occasione il cantato di Legion è totalmente posseduto ed isterico, combaciando con la velocità assurda e costante della strumentazione; siamo quindi soggetti a una cascata senza tregua di colpi, giri che strappano el carni, e grida rabbiose. Al terzo minuto e cinquanta tutto si fa più serrato con un motivo ieratico appena percepibile e una doppia cassa sempre massacrante; Legion riprende con il suo ritornello incalzante, sottolineato dai colpi di batteria, mentre il resto della strumentazione è sempre votata ad un rumore senza freni. La conclusione è segnata da digressioni stridenti e colpi di piatti cadenzati, sui quali il cantante chiude tutto con un'ultima esclamazione ruggente. Il testo scritto da It (Tony Sarkka) degli Abruptum, torna alle tematiche sataniche, in una sorta di proclama demoniaco; il protagonista ha sognato le promesse di Satana, delle arti oscure e dei poteri che gli conferiscono, di mondi brucianti insieme alla Cristianità, ritenuta senza valore. "I and you are all that is dark of the world - Io e voi siamo quanto c'è di oscuro al mondo." incita il nostro, in un'unione satanica dove i discepoli del Male sono gli unici a detenere la conoscenza e ad accogliere la notte eterna con orgoglio, prescelti per portare le persone alla loro fine; si prosegue poi ripetendo il sogno nefasto, fatto di oppressione nei confronti degli altri, e di sterminio totale condotto sia contro i nemici, sia contro gli alleati, in un nichilismo assoluto. "A new age will come, and a new King will be crowned - Una nuova era arriverà, e un nuovo Re sarà incoronato." sentenzia, mentre i discepoli stessi affogheranno nel loro sangue, in una nuova era infernale in nome del diavolo; egli è un prescelto di Satana, e reputa gli orrori sognati cose meravigliose, e la pace, la bontà, l'amore, la felicità come cose che lui ha la possibilità di distruggere. Il protagonista e i suoi compagni hanno il potere del fuoco maligno, con il quale dominare il Mondo con i loro oscuri desideri, artisti satanici che dipingeranno tutto bagnandolo con il sangue; le gesta del passato sono rimembrate, ma nessuna sarà grande come ciò che verrà, "When I shall wear the black crown, and rule with Satanic might - Quando indosserò la nera corona, e dominerà con potenza satanica." trionfa il nostro. Seguono dichiarazioni di fratellanza satanica, dove il Mondo è nelle loro mani, pronto ad essere distrutto, in una visione che diventerà realtà, come ciecamente crede il nostro. Un testo lungo che non ci sorprende certo ormai, familiari con l'immaginario estremo della band, che vuole esprimere un satanismo brutale e malvagio che glorifica la Morte e tutto ciò che è sofferenza, ricercandole anche su di stessi; anche su questo i Marduk sono l'estremizzazione dei canoni del black scandinavo, resi sempre più brutali. "Materialized in Stone - Materializzato Nella Pietra" si apre con la presentazione del pezzo da parte di Legion, a cui segue il motivo incalzante segnato dal galoppo di chitarra, mantenendo l'andamento più "rock" della versione da studio; il cantante interviene con dei versi rauchi mentre poi prosegue il bel movimento. Ecco che Legion parte con il ritornello, seguendo l'andamento dei giri circolari in un groove ammaliante dal grande effetto; esso prosegue cadenzato mentre viene delineato da piatti distribuiti nella composizione. Al quinto minuto e cinquantatre prende posto un fraseggio arioso accompagnato dai colpi ritmati di drumming il quale mantiene il suono evocativo e struggente portante; esso viene delimitato dalla batteria in una marcia solenne e pieno di atmosfera, mentre compaiono gli ululati cupi di Legion. Al minuto e otto riprende l'andamento precedente, che prosegue nel suo trotto roccioso e con i toni rauchi e maligni del cantante; l'atmosfera è sempre esaltante, coltivata dai giri in loop seguiti dalle vocals di Legion. Arriviamo al minuto e trentotto, dove le chitarre si aprono ariose in un motivo grandioso, mentre le vocals si fanno ancora più teatrali e cariche di pathos drammatico; le chitarre solenni proseguono con giri taglienti, e la batteria si fa più incalzante nel suo movimento. Al secondo minuto e dieci tutto si ferma con una digressione improvvisa, la quale poi si sviluppa in un fraseggio melodico scandito da rumori di tamburo solenni; dopo un rullo la batteria si fa cadenzata, accompagnata dalle urla rauche di Legion. Si prosegue così mentre rullanti improvvisi fanno da contrappunto al lento galoppo costante; al secondo minuto e cinquantasei riprende il ritornello roccioso ed epico, esaltante nella sua melodia altisonante che fa da perno a tutto il pezzo. Esso prosegue con il suo movimento ormai familiare ricco di giri circolari e drumming incalzante; al terzo minuto e ventisette le chitarre si fanno ariose in un fraseggio epico e struggente dall'atmosfera incisiva che prende l ascoltatore con enfasi. Ancora una volta abbiamo dei contrappunti di colpi serrati e chitarre più dirette, in un gioco di rimandi ben calibrato; al terzo minuto e quarantadue Legion torna con un cantato drammatico pieno di enfasi, completando perfettamente a composizione. al quarto minuto e tredici parte un gioco di batteria in rulli da marcetta ritmata, mentre il cantante serpeggia altisonante e le chitarre proseguono in un loop freddo e rallentato dalla melodia atonale e stridente; essa si alterna con un fraseggio appassionate e struggente, in un ottimo gioco delle parti. Tutto muore con un rullante che va a rallentare, fino alla digressione del quinto minuto, la quale chiude il brano mentre in sottofondo si sentono le acclamazioni del pubblico. Il testo introduce il tema dei vampiri, facendo per ora riferimento ad un antesignano del più famoso Conte Dracula, ovvero Varney il vampiro, protagonista dell'omonima novella a puntate di James Malcolm Rymer; alcuni versi del testo sono direttamente tratti da quest'ultima, dimostrando il sincero interesse di Hakansson verso queste tematiche, sviluppato anche tramite letture e ricerche personali. Inoltre avviene una cosa già successa nel disco precedente: il titolo in origine doveva essere usato dai Mayhem per un pezzo di "De Mysteriis Dom Sathanas", ovvero "From the Dark Past", cambiato poi da Dead (Per Yngve Ohlin) il loro primo front man morto suicida nel 1991. Probabilmente un ennesimo tributo alla sua persona (anche perché svedese) e alla sua opera, personaggio poi "santificato" nell'immaginario black come una sorta di martire della causa (mentre in realtà il suo suicidio era legato ad una depressione ed insoddisfazione esistenziale che l'avevano sempre accompagnato). Ecco che nel testo La mezzanotte viene annunciata dal tocco solenne di un orologio antico, mentre l' aria si fa pesante e spessa, e la natura è pervasa da un'immobilità mortale; una serie di tuoni si ergono lontani, mentre nuvole alla deriva oscurano la Luna. Il protagonista, il vampiro stesso, supera il passaggio nell'oscurità, mentre sente un insolito brivido, interpretandolo come risultato del freddo vento. Egli quindi prosegue nella notte, incurante della luce. Quest'ultima è però "A materialization of my fear - Una materializzazione della mia paura.", unica cosa che può uccidere l'eterno non morto, il quale si rifugia nelle ombre e in luoghi oscurati, mentre all'orizzonte emergono le prime luci dell'alba; non è ben chiaro cosa succede dopo, si parla del suo materializzarsi nella pietra, mentre è "Embraced by the woods as my throne - Avvolto dalla foresta come mio trono", forse perché colpito dal Sole e trasformato in pietra (anche se questo è in realtà il destino dei troll se colpiti dal Sole, secondo la mitologia nordica). Comunque egli rimane così irto, solitario in eterno in una posa immutabile nella roccia; un altro testo quindi che si allontana dalle blasfemie e dai satanismi diretti, abbracciando invece un aspetto del fantasy oscuro popolare, ovvero quello dei tragici vampiri, creature notturne condannate in eterno a nutrirsi di sangue, lontani dalla luce e da qualsiasi gioia legata alla vita diurna. "Infernal Eternal - Eternamente Infernale" è come di consueto presentata dai toni gracchianti di Legion, e parte con un fraseggio distorto, sul quale parte una tempesta sonora fatta di doppia cassa furiosa, grida rauche e giri stridenti in loop; La melodia atonale feroce si dipana glaciale in chitarre massacranti mentre il drumming bombarda tutto. Al trentacinquesimo secondo, in concomitanza con un grido gutturale, l'andamento si fa più incalzante, in un marasma generale imponete e cacofonico; si arriva su queste coordinate al cinquantaseiesimo secondo, dove parte galoppo di batteria accompagnato dai rullanti veloci di pedale e da un rifting più arioso, ma sempre distorto. Su di esso riprende il cantato feroce di Legion, in un solenne movimento cadenzato; alcuni blast esplodono in sottofondo, mentre al minuto e sette rimane ancora una volta solo l'andamento controllato. Al minuto e diciannove si prende con la doppia cassa, in una nuova corsa folle e isterica dove le chitarre si danno a scale squillanti ed altisonanti, in un grande effetto nervoso e martellante delimitato dai colpi di piatti; si arriva così fino al minuto e quarantotto, dove si riaprono i vortici caotici di chitarre e drumming impazzito, amplificato dalle grida infernali di Legion. Al secondo minuto e otto tutto si ferma con un fraseggio distorto, sul quale poi parte la batteria dai battiti ripetuti e cadenzati, accompagnata dal cantato feroce; presto però si riparte con la corsa in doppia cassa, mentre le chitarre si rifanno ancora più taglienti, aumentando nuovamente l'adrenalina verso alte vette caotiche. Si uniscono anche giri grevi in sottofondo, in un loop ossessivo e serrato; al secondo minuto e trentotto le grida di Legion segnano una chitarra in fraseggio tagliente e veloce, mentre il drumming rimane lanciato nella sua corsa ad oltranza. I giri in tremolo sono carichi di una melodia atonale ieratica e fredda, la quale poi al secondo minuto e cinquantotto lascia posto ad attacchi cacofonici belligeranti; ecco quindi un muro di suono stordente che mostra tutta la furia dei Marduk in sede live. Al terzo minuto e sette dopo un grido prolungato la batteria si fa a tratti più incalzante, proseguendo poi nella sua doppia cassa; al terzo minuto e diciotto riesplode il cantato isterico di Legion, supportato da giri stridenti in loop. La tempesta glaciale e vorticante prosegue quindi senza tregua, investendo tutto nella sua cavalcata sfrenata; al terzo minuto e trentotto possiamo percepire in sottofondo la melodia atonale del fraseggio stridente, sepolta però sotto il muro di rumore costante. Si arriva al quarto minuto e sette, dove una sequenza di giri grevi e dissonanti viene accompagnata da colpi veloci di doppia cassa e dal rifting serrato, in una tensione palpabile; al quarto minuto e ventisette i blast creano una cascata costante, mentre Legion grida nei suoi toni maligni e rauchi. La conclusione è quindi altisonante e caotica, in una summa di elementi che nel finale muore con un rullo e una digressione di chitarra; seguono un feedback stridente e le esultanze del pubblico presente. Il testo riprende un tema caro tanto al black scandinavo in generale, quanto ai nostri, ovvero la ricerca della morte e della dannazione viste come purificazione dalla prigionia della vita; il protagonista racconta di come, guardando nello specchio e vedendo sbiadire la sua immagine, egli salpa per un viaggio mistico dove naviga le oscure acque della sua anima su una nave di odio cocente, diretto verso la "The land of the damned - La terra dei dannati". I freddi venti dell'oscurità soffiano potenti, mentre un cimitero risplende nell'oscurità; da oltre il confine della vita mille voci urlano altrettante volte di dolore, mentre figure senza volto marciano nella tenebra. La vita sta scemando lentamente, avvelenata dal peccato e dalla colpa, mentre "Embraced in Black I lie - Avvolto dall'oscurità rimango immobile"; l'attesa della morte è considerato il momento più grande della vita, in una mortifera ossessione che vede l'evento come l'inizio del vero viaggio. Le mani di personaggi di maggiore potere dispiegano i veli del Mondo, e il protagonista si collega con lo spazio e il tempo, mentre la sua "prigione" perisce, e il Mietitore purifica la sua anima; ora egli si trova nella Perdizione e nella Morte, in epoche oscure e lontane, in cui dimorerà in eterno. Un viaggio mistico quindi dai connotati satanici ed occulti, dove il malvagio credente accetta e richiede la morte, desideroso di raggiungere i mondi infernali ed oscuri che lo attendono. "On Darkened Wings - Su Ali Nere" ci accoglie con un suono di chitarra spettrale, sul quale Legion annuncia con i suoi ruggiti il brano; ecco che poi prendono piede galoppi di batteria sottolineati dai loop taglienti di chitarra in un andamento incalzante. Al venticinquesimo secondo il tutto si fa più incisivo, con giri ancora più udibili e l'entrata in campo del cantato disprezzante e rauco; il loop instaurato è ossessivo ed ipnotico, in un suono di motosega costante. All'improvviso esso si ferma al trentasettesimo secondo, lasciando posto ad un fraseggio distorto; esso si sviluppa nelle suo scale altisonanti, mentre interviene il drumming con blast ritmati ed incalzanti, il quale poi invece si da a rulli roboanti. Al cinquantesimo secondo i toni tornano più adrenalinici e diretti, con il vortice ossessivo di doppia cassa e riff veloci, dove le grida di Legion prendono piede veloci e lanciate; ma tutto si blocca al minuto e quattordici con una digressione squillante. Ecco che abbiamo un solenne fraseggio dalla bella melodia, il quale poi prosegue accompagnato da batteria cadenzata, riff rocciosi e urla ringhianti, in un movimento imperante, ma lento; ecco che al minuto e trentasette il ritmo accelera in un galoppo incalzante dal grande effetto dinamico. Al minuto e quarantasette ci si stabilizza sulla doppia cassa, mentre Legion prosegue con le sue malvagie urla feroci; si prosegue fino al minuto e cinquantasette, dove incontriamo un nuovo stop con digressione. Ripartono però presto i colpi di doppia cassa martellante, mentre le chitarre si prodigano in giri assassini; ecco che il drumming si fa ancora più concitato, in un'accelerazione in crescendo che aizza i toni. In sottofondo percepiamo giri squillanti, che accompagnano il loop caotico più presente, delimitato da rullanti; al secondo minuto e sedici si aggiunge un assolo vorticante, il quale si dilunga sepolto nel marasma costante nelle sue scale stridenti. Esso collassa al secondo minuto e trentanove in un fraseggio altisonante e spettrale; quest'ultimo viene poi scolpito da blast dilatati e grida ringhianti di Legion. Al secondo minuto e cinquantuno parte una batteria più incalzante, ma controllata, sulla quale il cantante segue con enfasi l'andamento della chitarra; al terzo minuto e uno tutto si ferma con l'ennesima digressione, questa volta accompagnata da un rauco verso prolungato. Su di esso poi riprende il fraseggio ammaliante, il quale poi si sviluppa fino ad essere bombardato da una cascata di doppia cassa e muri di chitarra, mentre Legion torna a gridare come un ossesso; al terzo minuto e trentotto tutto si ferma lasciando posto ad una digressione distorta con rullanti, la quale chiude all'improvviso il brano. Il testo parla di oscuri guerrieri, probabilmente riferito ai Nazgûl di Tolkien; essi cavalcano su veloci cavalli brandendo spade d'acciaio, facendo "cantare" quest'ultime infrangendo gli scudi nemici. Continua lo s 'contro, con armi rotte contro gli scudi e morti inevitabili, che fanno parte del corso della battaglia; il cielo stesso sembra sanguinare ("The sky is filled with red - I cielo è ripieno di rosso."), mentre l'anima del protagonista grida la sua dannazione, e desira solo l'Inferno. Avviene un incontro, o meglio una riunione con un nemico conosciuto, il quale viene invitato a guardare negli occhi dei nostri; "In the sky that is our mind, The dark clouds are gathering - Nel cielo che è la nostra mente, Le nubi oscure si raccolgono." mostra quindi il terribile mondo interiore che si cela dietro essi, dove il loro odio è tutt'uno con la loro anima. S'innalzano i pugni al cielo, rinnovando un rito antico, durante il quale gli spiriti sbiaditi (probabile riferimento al loro stato a metà tra vita e morte) gridano il loro disprezzo; essi "Rising from the soul as a united force, Carried by darkened wings - Sorgono dall'anima come una forza unita, Guidati da ali nere." In un'immagine epica e maestosa, dopo al quale raggiungono una porta nelle tenebre del tempo, dove possono arrivare al luogo del riposo; ennesimo testo dunque evocativo sempre pregno di malevole oscurità, ma legato ad un contesto fantasy che usa non demoni, ma creature vagamente definite e misteriose. "Wolves - Lupi" è annunciata dal fatidico tono rauco di Legion, a cui segue fraseggio distorto e tagliente; su di esso partone il drumming cadenzato insieme a giri grevi. Al quattordicesimo secondo la batteria si fa galoppante, e i riff più serrati; ecco che La batteria delimita l'andamento con alcuni rullanti e piatti di batteria, rimanendo però mediamente concisa nel suo spingersi in avanti, mentre giri discordanti di basso si sentono in sottofondo. Al trentaseiesimo secondo si delinea una digressione con batteria incalzante, la quale prosegue strisciante; ecco che il cantato crudele di Legion segna il ritorno dell'andamento precedente, tempestato dai colpi di batteria e organizzato dai loop circolari di chitarra. Al minuto e sette parte la doppia cassa martellante, creando un muro combattivo che tempesta feroce il movimento, mentre i riff si fanno ancora più veloci e vorticanti; in sottofondo sentiamo i giri squillanti, mentre si crea un marasma caotico. D'improvviso al minuto e ventitré riprende il galoppo iniziale, sempre segnato da giri grevi in un andamento ipnotico. Si prosegue quindi su queste coordinate, mentre Legion riprende con il suo cantato maligno; si arriva fino al minuto e quarantasette dove un fraseggio roccioso rallenta il tutto, espandendosi nei suoi giri grevi e distorti, sottolineati da rullanti di batteria. Con sorpresa al secondo minuto e due parte un assolo stridente, il quale si sviluppa in scale solenni; esso si dilunga mentre in sottofondo continuano i giri grevi, accompagnati poi dai versi rauchi di Legion. Si prosegue così fino al secondo minuto e quarantatre, lasciando spazio al rifting circolare solenne e monolitico che avanza greve accompagnato dai colpi controllati di batteria; al secondo minuto e cinquantuno s'inserisce un fraseggio tagliente in sottofondo, accentuando i connotati distorti della composizione. Al secondo minuto e cinquantotto tutto si fa più intenso in un crescendo d'intensità arioso ed ieratico; l'effetto è struggente ed altisonante, sfociando al terzo minuto e cinque in suoni pieni di pathos dall'atmosfera ammaliante quasi orchestrale. Al terzo minuto e diciannove il movimento si ferma lasciando spazio ad una digressione distorta delineata da colpi di batteria e bordate dilatate di chitarra; essa raggiunge il terzo minuto e ventotto, dove scoppia la doppia cassa con i giri di chitarra. Il tutto si fa frenetico mentre Legion torna con le sue urla distorte, in una corsa disarmante e lanciata; quest'ultima però si blocca al terzo minuto e quarantasette, dove giri graffianti di chitarra e piatti fanno da cesura. Ecco che si prosegue poi con il fraseggio solenne accompagnato dalla batteria cadenzata; esso si sviluppa in giri possenti mentre il cantante si da alle sue grida rabbiose da orco. Al quarto minuto e trentatré tutto si ferma, dando spazio a giochi di rulli e piatti insieme a giri taglienti; quest'ultimi poi proseguono in un fraseggio distorto, mentre il drumming continua cadenzato e dritto. Esso prosegue, perdendo poi di potenza e fermandosi al quinto minuto; ecco quindi una digressione stridente e caotica sulla quale poi parte una violentissima cavalcata finale con doppia cassa e urla isteriche. Quest'ultima chiude il brano su connotati adrenalinici, fermata da un ultimo grido rauco di Legion. Il testo racconta di un gruppo di guerrieri definiti come lupi, i quali percorrono molte miglia ricercando qualcosa di perduto "Before the first rays of light - Prima dei primi raggi di luce", in un terribile tormento; essi disperati dedicano tutta l'esistenza a questa ricerca, seguendo tracce ed esplorando di continuo. L'eternità, la tenebra, l'oscurità sono per loro pezzi di un puzzle, mentre confusi continuano a trovarsi in un labirinto mentale; essi odiano la propria vita, perché ogni volta che stanno per raggiungere il loro obbiettivo, ritornano da capo con "Yet so many lifetimes to go - Ancora molte vite da condurre". Il significato è astratto e non molto chiaro, ma si può pensare alla figura dei Berserker nordici, guerrieri posseduti dal fervore di Odino spesso associati a lupi o orsi mannari; diversi significati possono essere dati alla loro ricerca, forse la loro identità atavica pagana, mentre notiamo i connotati tragici del loro destino avverso, che li condanna in un rivivere costantemente la ricerca, senza che questa abbia mai fine. Ancora una volta quindi niente attacchi satanici, per un album che a discapito degli intenti della band di "essere la più blasfema al mondo" offre uno spazio tematico molto più evocativo e fantasy rispetto al passato; elemento come già detto non inedito comunque, dato che sia gli Immortal, sia Burzum hanno nei loro testi diversi punti mitologici e fantastici lontani dal satanismo più spinto. "Untrodden Paths (Wolves Part II) - Sentieri Inesplorati (Lupi II)" viene ampliamente presentata da Legion, raggiungendo il decimo secondo; qui parte la doppia cassa massacrante insieme ai riff circolari a motosega, mentre il cantato feroce si delinea con grida rauche. Un freddo motivo atonale domina le chitarre, creando un'atmosfera inconfondibilmente frostbitten; essa viene tempestata dai blast serrati in un andamento combattivo e potente. Al minuto e sei il drumming si fa ancora più incisivo, sottolineando le scorribande dei loop taglienti in un movimento stridente; in sottofondo percepiamo giri più grevi che completano il movimento della composizione. Al minuto eventi tutto si fa più serrato in un rifting distorto e lineare, sempre accompagnato da blast incalzanti; le chitarre creano invece un muro costate sul quale compaiono ogni tanto le urla di Legion. Ecco che al minuto e trentanove parte un galoppo più controllato e cadenzato, sul quale il cantante declama con i suoi toni demoniaci e sgolati il testo, mentre i riff circolari proseguono ossessivi e continui; si arriva al secondo minuto e quattro, dove tutto si ferma lasciando posto ad una digressione distorta e rocciosa. Su di essa partono dei rullanti, mentre prosegue in un movimento sinuoso e tagliente; la batteria si fa poi più presente, ma sempre controllata, in un andamento sinistro dai toni quasi doom. Si espande così un fraseggio solenne ed ieratico che mantiene i toni striscianti; esso rimane in solitario al secondo minuto e cinquantaquattro dopo un piatto di batteria. Ecco che i blast si fanno avanti dilatati insieme a dei rullanti, mentre un suono di chitarra più stridente si fa strada in sottofondo; al terzo minuto e quindici la chitarra distorta rimane ancora in solitario, altisonante e delineata dai blast ancora una volta distribuiti. Insieme ai versi demoniaci di Legion riprende poi la doppia cassa in una nuova corsa serrata e feroce, scolpita dai colpi secchi e veloci di batteria e sospinta dai loop crudeli di chitarra; ma essa si ferma presto al terzo minuto e quarantatre, con una nuova cesura distorta e squillante. Essa prosegue nei suoi suoni stridenti, mentre le sue scale si organizzano nel fraseggio portante del brano; ecco che prende velocità mentre riprende la doppia cassa, riproponendo la cavalcata spezzata. I toni sono da tregenda, in una tempesta veloce ed isterica lanciata a tutto spiano, dove torna a fare capolino la fredda melodia atonale; si continua così, alternando le parti più aperte e solenni con quelle più serrate e taglienti, in un andamento costante e mellifluo. La batteria si organizza in blast assassini e rulli isterici, in un marasma potente ed altisonante completato dai giri di chitarra imperanti; si arriva al quinto minuto e dodici, dove un colpo stridente segna una cesura. Essa si dipana con una serie di bordate e piatti, mentre si sviluppa un fraseggio solenne in sottofondo; ecco quindi il finale improvviso con una dissolvenza che chiude senza molte cerimonie il pezzo. Il testo è una sorta di continuo tematico di "Wolves", il brano precedentemente suonato; si prosegue quindi con i feroci lupi, ora definiti totalmente come tali, forse lupi mannari terribili. Nei Carpazi si trovano sentieri non esplorati, dove nella nebbia si librano echi di un passato lontano, così agghiaccianti e atavici da incutere timore; essi sono un avvertimento, che annuncia una violenta ed improvvisa morte. Nel vento notturno si sentiranno dei gufi, che anticipano ciò che sta per arrivare, tutto in torno, nero e gigantesco; "And with the darkness came death -E con la tenebra venne la morte." viene narrato, nuove gole devono essere saziate, e l'odore della morte accresce la fame dei terribili esseri. Essi emergono dalle ombre, da sempre non agnelli della luce, bensì "Those Of The Unlught - Coloro Che Fanno Parte Della Non Luce." ricollegandosi ancora più apertamente all' album in cui compare "Wolves"; le loro nere figure si aggirano nelle tenebre, protette dalla notte, e mentre la Luna splende luminosa, gli ululati tornano nei sentieri non percorsi. Una terribile immagine notturna quindi, dove coloro che osano avventurarsi in luoghi non fatti per la presenza umana, finiscono in pasto alle belve feroci, incarnazione vivente della malvagità e della brama di carne e sangue; un simbolo che verrà utilizzato più volte dai Marduk nel corso della loro carriera, anche a livello grafico, per rappresentare il loro ruolo di implacabili emissari del Male, nascosti tra le pecore miti pronte al loro assalto. "Dracul Va Domni Din Nou In Transilvania - Dracula Domina Ora In Transilvania" è introdotta come sempre da legion, mentre poi partono dei colpi di piatti ritmati, e una rifting roccioso; su di esso la batteria si fa cadenzata, creando un andamento black 'n' roll solenne, delimitato nei suoi giri da alcuni contrappunti di rullanti. Al quarantaduesimo secondo si da spazio ad una digressione, mentre il cantante continua il suo discorso con un parlato distorto; riprende poi il movimento precedente, dove Legion declama strisciante e con enfasi grandiosa la sua nera lezione. Niente corse forsennate quindi per ora, in un pezzo simile al precedente "Materialized In Stone" che gioca sull'atmosfera trascinante e monolitica, piuttosto che su attacchi di blast e doppia cassa forsennati; i rulli continuano distribuiti a delimitare l'andamento, mentre il cantante prosegue malvagio, ma controllato, con le sue vocals infernali. Al minuto e quarantasei parte dopo un colpo di batteria una digressione distorta, sul quale percepiamo in sottofondo una chitarra a motosega che avanza nelle sue scale stridenti; ecco poi colpi dilatai di batteria che ne scandiscono il movimento ieratico. Si riparte poi con l'andamento lento dove il drumming si mantiene cadenzato e strisciante, mentre Legion declama con enfasi drammatica le sue parole; in sottofondo percepiamo una bella melodia atonale dal grande effetto ammaliante. Si continua così, in una calma oscurità che richiama gli episodi più occulti ed atmosferici della discografia dei nostri; al terzo minuto e dieci un rullo di batteria segna l'incremento dell'epicità con toni ancora più altisonanti, in un crescendo dove la melodia struggente prosegue con le sue scale "progressive". Si arriva così al quarto minuto, dove tutto si ferma con una digressione sulla quale poi troviamo rulli ed esclamazioni gorgoglianti di Legion; ma presto al quarto minuto e otto abbiamo la ripresa della struttura controllata ed avvolgente della bella melodia portante. Essa prosegue nei suo connotati emozionali, strisciante, e ancora una volta al terzo minuto e trentaquattro ancora una volta diventa più altisonante grazie ad un intensificarsi dei toni sottolineato dai rullanti di pedale; si continua dritti così, mentre rullanti di pedali sono percepibili in sottofondo. Ecco che il tutto si conclude con una digressione con versi rauchi e rullanti cadenzati, rantolando verso l'oblio. Il testo si allontana momentaneamente dai territori puramente satanici, anche se sangue e morte rimangono cari ai nostri, mentre torna la nuova ossessione del leader dei Marduk, espressa però tramite un'altra stesura di It, ovvero la vita di Dracula, soprannome di Vlad III di Valacchia, nobile e tiranno transilvano passato nella leggenda come vampiro grazie al libro di Bram Stoker, ma che nella realtà storica era forse ancora più terribile e mostruoso; si parte con la sua nascita, immaginando che nella notte i demoni sorvolano il cielo, disturbati dal pianto doloroso del neonato, il figlio del Grande Drago (si può interpretare sia come figlio del diavolo, sia come riferimento alla sua casata dato che il padre Vlad II era definito appunto Dracul, ovvero Drago), che in tutta la sua gloria sarà più crudele di ogni uomo o bestia. "All the angels and the puny men of god looked away - Tutti gli angeli e I deboli uomini di dio distolsero lo sguardo." spaventati nel giorno della sua nascita dal male percepito; suo padre si fa avanti, sentendo che l'anima del figlio è potente, e lo tiene trionfante, in una delizia malvagia. S'immagina poi un discorso del padre, che lo accoglie nell'Ordine del Drago da lui guidato, in cui dovrà massacrare almeno mille turchi musulmani, per mostrare loro la sua furia tramite la spada, uccidendoli uno per uno in nome di Dio (curiosamente facendo propria la prospettiva cristiana estrema). La voce narrante poi incalza, dichiarando che essi devono essere presto distrutti, e che il figlio deve essere ben educato al riguardo; dovranno bagnarsi nel sangue dei turchi, definiti ratti, da uccidere perché non credenti e quindi rappresentanti del peccato. Si passa poi avanti negli anni, in uno scenario diverso: ora Vlad II cerca alleanza con il nemico stesso, il sultano turco Murad, pur di sconfiggere il suo rivale Janos Hunyadi, e nella sua natura malvagia non ha problemi a voltare le spalle ai suoi alleati e al suo credo, poiché il Male è nel suo sangue, come poi dimostrerà il figlio, inconsapevoli servi di esso. L'imperatore Sigismondo sarebbe andato su tutte le furie se lo avesse scoperto, ma Vlad deve proteggere i suoi interessi, e in quel periodo il primo muore, spronando ancora di più il subdolo guerriero a ricercare l'alleanza dei turchi; nel 1438 Vlad III ha sette anni, e già partecipa alla guerra sanguinolenta, osservando la morte e l'orrore senza remore. In una visione alquanto romanzata s'immaginano il padre e la madre che cavalcano al suo fianco, mentre il giovane a discapito del tradimento ammira il padre, mentre insieme ai turchi saccheggiano il territorio; "Dragon and beast, devils and demons fighting hand-in-hand - Drago e bestia, diavoli e demoni combattono mano nella mano." celebra questa alleanza cementificata dalla sete di potere, dove la Transilvania verrà schiacciata nella lotta, senza speranza per i suoi abitanti. Ci si chiede cosa riempie una mente malvagia, cosa rende un uomo tale, e la risposta è le opere della Morte, facendo poi riferimento al fatto che storie più grandi verranno, in una sorta di "to be continued" che anticipa il fatto che i Marduk orneranno a dedicarsi più ampliamente del crudele tiranno. "Legion - Legione" vede un esortazione di Legion al pubblico in un tedesco un po' maccheronico, introducendo il brano qui presente; esso parte con un muro di chitarre caotico e una doppia cassa serrata, lanciandosi a tutta velocità. Interviene poi il cantato altrettanto schizofrenico, in un turbine costante sottolineato da impennate ritmiche e loop a sega elettrica continui; essi si alternano velocemente con arie più tempestose, creando un turbine claustrofobico dal grande effetto. Al minuto e venti la batteria si fa più incalzante in un galoppo solenne coadiuvato dalle chitarre circolari e dal cantato trascinante, in una sezione più controllata che dona un attimo di respiro, pur nella sua nervosa tensione promulgata; essa prosegue aggiungendo poi chitarre ancora più ariose e ieratiche fino al minuto e trentasette. Qui alcuni rullanti e un riff segnano una brevissima cesura, dopo la quale torna la cavalcata in doppia cassa e loop massacranti, ristabilendo un'accelerazione folle e caotica; l'incedere è altisonante nelle scale dissonanti di chitarra e nei bombardamenti di drumming, in una valanga costante. Al secondo minuto e trentadue torna il cantato ringhiante di Legion, il quale si lega furioso con al cacofonia continua; quest'ultima si fa ancora più serrata, con chitarre che sono ormai disturbi confusi e doppia cassa martellante. Tutto si ferma all'improvviso al secondo minuto e cinquantadue con un colpo di batteria e una digressione, sulla quale partono poi rullanti; ma ecco che compare in solitario un fraseggio distorto e spettrale, il quale si dipana nei suoi giri solenni. Torna poi la digressione con colpi potenti, che prendono di velocità: riprende quindi la corsa caotica in doppia cassa e muri di chitarra, e cantato isterico. Essa prosegue fino al terzo minuto e trentasette, dove ritorna l'andamento galoppante, supportato dai giri circolari a motosega e da sezioni con rullanti di pedale alternate. Legion si fa più teatrale nei suoi toni, ma sempre demoniaco, e con l'improvvisa accelerazione dei suoni toni al quarto minuto e otto riparte anche la doppia cassa; un'ennesima cavalcata quindi dove anche le vocals e le chitarre accelerano. Ma All'improvviso al quarto minuto e diciassette s'inserisce un assolo ammaliante dalle scale vorticanti, il quale crea un'atmosfera fredda e struggente dai connotati più tradizionalmente frostbitten. Al quarto minuto e trentasette torna l' andamento più cadenzato con galoppi di batteria e maestose chitarre in tremolo; il loop costante e tagliente prosegue, mentre le vocals di Legion si fanno ancora più maligne e feroci. Al quarto minuto e cinquantadue le chitarre si fanno più squillanti, mentre un galoppo di doppia cassa e rullanti di pedale accompagnano in una marcia feroce il cantato sdoppiato dove interviene un inedito growl dai connotati cavernosi e brutali, probabilmente ad opera di Tagtgren; si arriva così al quinto minuto e quindici, dove parte un giro di chitarra delineato da piatti di batteria, il quale va scemando come un meccanismo che rallenta. Ecco poi una digressione con rullanti, la quale segna il finale caotico, che chiude il pezzo con una dissolvenza e ultimi rulli. Il testo finale ritorna sulle tematiche sataniche care ai Marduk, con una nuova glorificazione maligna delle forze oscure; il solito protagonista demoniaco osserva con occhi pallidi e con delizia oltre l'orizzonte, nella notte eterna. Il suo cuore è nero e freddo come il ghiaccio, e la sua anima forgiata e battezzata nelle fiamme infernali, ed egli esulta ricordando che Lucifero è il decaduto portatore di luce, e che per la sua gloria tutti devono bruciare, lui compreso; si riferisce poi ai figli dell'oscurità, altri discepoli, intimando "Raise your blood-filled cups to our father with horns - Innalzate le vostre coppe piene di sangue verso il nostro padre cornuto." in una cerimonia blasfema dove si denigra Gesù, definito colui tormentato dalle spine. Una nuova era sorgerà mentre gli angeli neri dell'abisso volano, e i demoni giungono in un cielo tempestoso e senza nuvole con occhi brucianti di malvagità squarciante; "I am given strength from a thousand sinners - Ho forza ottenuta da mille peccatori." esulta il nostro, ricordando come essi dimorano nelle eterne, brucianti e rumorose profondità dell'Inferno. Con i demoni che hanno il suo cuore e anima, egli combatterà per il trionfo di Satana e per raggiungere gli obiettivi infernali, anticipa con esaltazione, mentre poi ripete il ritornello rivolto ai suoi confratelli; ecco che si dichiara come Legione, intimando di sentire la tenebra mentre lui e i discepoli si avvicinano, formando un gruppo di molti che diventa una sola cosa, grazie al quale Il paradiso brucerà accompagnato dalle grida degli angeli, invertendolo mentre trionfanti gridano "DEATH TO PEACE - MORTE ALLA PACE." completando la visione blasfema che sintetizza il tema di tutto l'album, ovvero l'assalto tematico e musicale alle forze del bene in un assedio demoniaco ben rappresentato nella copertina originale dai connotati decisamente fantasy. Nessuna raffinatezza o ragione quindi con i Marduk, ma una cieca blasfemia che non trova quiete, e si prolunga sempre più in ogni lavoro, caratterizzandoli sempre di più in una mancanza di compromessi che li renderanno una delle band, nel bene e nel male, più ostinate e fedeli ai canoni del black metal più feroce e massacrante. "Total Desaster - Disastro Totale" è il gran finale, probabilmente un encore annunciato dal pubblico che declama ad alta voce il ritorno sul palco dei Marduk; Legion quindi presenta al cover dei Destruction (scelta anche per la nazionalità tedesca del gruppo), alfieri a metà anni ottanta di uno speed/thrash violento e veloce che avrebbe in parte ispirato i risvolti più adrenalinici del black metal; Il brano originale è contenuto nella demo "Bestial Invasion of Hell" del 1984, ed in seguito è stato riproposto nell'EP (uscito nel medesimo anno) "Sentence of Death". Inoltre una versione di "Total Desaster", riveduta e corretta a livello di produzione e pulizia sonora, venne inserita dai Destruction nel loro album "All Hell Breaks Loose" ed intitolata "Total Desaster 2000", per via dell'anno di uscita dello stesso disco. Ecco che dopo dei piatti veloci si inizia con il rifting ferroso in salire, distorto in un loop vorticante; esso prosegue poi roccioso al ventiquattresimo secondo, mentre Legion interviene con il suo cantalo ieratico e ben scandito nei suoi toni rauchi, maligno come sempre. L'assalto ossessivo è costante, tempestato dalla doppia cassa e da blast organizzati, mentre le chitarre continuano con i loro giri a motosega; al trentottesimo secondo interviene un rullante, dopo il quale si riprende con la corsa, ancora più incisiva e tagliente. Il groove è ben presente nei riff circolari ripetuti, ripresi dagli andamenti delle vocals di Legion, i quali presentano sezioni più ariose ed aperte, ma sempre taglienti; si arriva così ad un crescendo costante, dove si accelera sempre di più, con ogni impennata sottolineata da rulli di batteria. Al minuto e diciotto il movimento si fa più serrato nelle chitarre distorte, mentre la batteria furiosa si divide tra colpi martellanti e rulli improvvisi, accompagnata dalle grida del cantante; al minuto e trentaquattro i riff si fanno più epici, salvo poi tornare all'andamento più diretto tempestato dai blast dilatati. Al minuto e cinquantasette parte un assolo stridente dalle scale pronunciate, dilungandosi in evoluzioni ammalianti mentre il resto della strumentazione prosegue con il suo muro di chitarre, le quali poi in solitario con la batteria tornano ai loro riff a motosega. Si continua quindi così, con una lunga sezione dalla natura più vicina all'originale speed/thrash, ma decisamente velocizzata; al secondo minuto e trentacinque torna Legion con il suo cantato feroce, mentre la batteria si apre nuovamente a punte di rullanti e blast improvvisi. Il loop ossessivo di giri taglienti è ipnotico, proseguendo ad oltranza mentre le vocals si mantengono veloci e sincopate; al terzo minuto e otto un urlo segna una digressione con rullanti di batteria, sotto al quale si sviluppano stridenti suoni di chitarra. Ecco quindi il finale caotico, che dopo gli ultimi colpi lascia appena qualche secondo per le esultanze del pubblico, chiudendo poi in una dissolvenza veloce il pezzo, e anche il disco. Il testo è un inno thrasher - pseudo satanico fatto apposta per scioccare i benpensanti e avvalorare lo scenario violento e blasfemo dei Destruction, che di riflesso si adatta al modus operandi dei Marduk; il protagonista è nato in un'oscura notte invernale, mentre tuoni e lampi lo accolgono, e ora è pronto a lottare contro il Paradiso, che egli non considera nemmeno. "My home is the bloody hell - La mia casa è il maledetto Inferno." ci informa, il luogo dove Satana domina, e il Mondo è ora un guscio vuoto, che sarà distrutto dal fuoco degli inferi; egli non ha mai creduto in Cristo e non si è mai fidato dei preti, il suo maestro è il diavolo, e quando le persone vedono arrivare lui e le truppe infernali, si nascondono dalla paura. Lui comanda, e gli altri s'inginocchiano, mentre sacrifica con i suoi discepoli infanti a Satana, in un tipico immaginario blasfemo con tutti gli stereotipi del caso; alla fine minaccia di venire ad assaporare il sangue, e che una delle vittime decapitate sarà l'eventuale figlia di uno degli ascoltatori. Un testo duretto, semplice, fatto per scioccare e tenere una certa immagine, non certo con volontà seriose, ma si sa che una delle caratteristiche del black scandinavo è quella di "aver preso sul serio" l'immaginario di Venom, Destruction, Slayer, etc., quindi troviamo le radici anche tematiche di quello che verrà in seguito.
"Live In Germania" si conferma come un buon live, che per la prima volta mostra su disco le esibizioni dal vivo dei Marduk con quella che per molto tempo sarà la loro formazione definitiva; certo non bisogna aspettarsi una produzione digitale ultra pulita dato il genere e l'epoca, e qualcuno non abituato al metal estremo potrebbe trovare caotiche e confusionarie le doppie chitarre sviluppate in muri di fuzz bombardati dalla doppia cassa e dai blast. Ma questa è una performance di black metal violento e feroce, e gli aficionados più smaliziati del genere possono facilmente distinguere i vari elementi grazie al dettaglio apportato in fase di mixaggio da Tagtgren, che riesce a dare rilievo ad ogni strumento (salvo il basso, necessariamente penalizzato sotto al colte sonora); la scaletta è molto ben congegnata, offrendo degli stacchi con i due brani più cadenzati, e con gli episodi più death del passato e la cover thrash, creando un andamento generale che pur prediligendo gli assalti, ci fa anche respirare. Legion è al massimo delle sue forze, e questo sis ente nelle sue vocals che anche senza il riverbero dello studio si dimostrano malvage e ringhianti, supportate in alcune parti dal growl di Tagtgren; i brani non differiscono drammaticamente dalle versioni su disco, mantenendo il songwriting con tutti gli elementi principali, salvo tagliere più corto nelle parti che prevedono effetti da studio qui non riproducibili. E' facile percepire come questi concerti abbiano soddisfatto il pubblico e mostrato definitivamente la presenza dei nostri sulla scena, forti ora di un nome con una propria identità, e di una produzione che incomincia ad essere caratteristica con il suo stile "Swedish"; il 1997 si conferma un grande anno per i Marduk, da un lato impegnati nel secondo tour europeo che segue quello in parte qui immortalato, dall'altro nella pubblicazione di questo live, e nella produzione del prossimo, importantissimo, disco "Nightwing". Esso inaugurerà la trilogia satanica composta da Sangue, Guerra e Morte, la quale vedrà il leggendario "Panzer Division Marduk"; disco che ancora oggi divide le opinioni tra capolavoro e punto più basso della loro discografia, dimostrano la sua essenza polarizzante violenta e parossistica, summa di una certa visione del black metal. Prima però di abbandonare del tutto questa annata trionfante, analizzeremo l'ultima uscita riguardante i nostri, ovvero "l'anacronistico" "Here's No Peace", il quale ci riporterà all'epoca precedente alla pubblicazione del debutto "Dark Endless" mostrandoci alcuni demo di brani in esso contenuto; un altro lavoro un po' ridondante, pubblicato più per motivi economici che altro dalla label svedese Shadow Records, sicura di ottenere grazie al nome della band qualche vendita, ma in ogni caso filologicamente interessante completando un "buco temprale" della loro discografia. Avanti tutta quindi, entrando sempre più nell'epoca più battagliera e serrata dei Marduk, alfieri del black più violento e caotico!
1) Beyond the Grace of God
2) Sulphur Souls
3) The Black...
4) Darkness It Shall Be
5) Materialized in Stone
6) Infernal Eternal
7) On Darkened Wings
8) Wolves
9) Untrodden Paths (Wolves Part II)
10) Dracul Va Domni Din Nou
In Transilvania
11) Legion
12) Total Desaster
(Destruction cover)