LIZZY BORDEN
Love You To Pieces
1985 - Metal Blade
ANDREA CERASI
24/04/2015
Recensione
A distanza di qualche mese dall'Ep di esordio, quel "Give 'Em The Axe" che ha scosso l'universo metallico grazie alle sue rasoiate sonore, a testi violenti e dal tratto fumettistico, tornano in pista i californiani Lizzy Borden sotto l'egida della Metal Blade Records, pronta a dare loro carta bianca e a supportarli nel migliore dei modi. Grazie alla professionalità di tale etichetta discografica e alla relativa armonia della band e degli addetti ai lavori, l'album "Love You To Pieces" viene preparato e inciso in pochissime settimane e nel caldo luglio 1985, mese della sua uscita ufficiale, conquista sin da subito i primi posti in classifica facendo ottenere vendite da capogiro. Oggi sono trascorsi trenta lunghissimi anni dalla comparsa di questo leggendario lavoro sul mercato mondiale, la cui cover-art è entrata nell'immaginario di tutti coloro che si considerano metallari duri e puri: la modella Stephanie Smith, dalla criniera bionda e che indossa un intimo molto sensuale, è adagiata sul letto in attesa di un rapporto tanto "carnale" quanto efferato. In effetti, se si fa bene attenzione all'immagine riprodotta dallo specchio anticato alle spalle della ragazza, si può intravedere la losca figura del maniaco Lizzy Borden, vestito sadomaso e con lo sguardo eccitato, che brandisce la sua fedele ascia prima di inveire contro la donna e, come suggerisce il divertente e geniale titolo del full lenght in questione, farla a pezzi. A tal proposito vi rivelo una curiosità: la foto del cantante allo specchio è stata scattata nella vera camera da letto dei genitori, arredata con sontuosi mobili dalla parvenza antica, lussuosa e raffinata, messi appunto in contrasto col soggetto espresso dalla fotografia e basato sul poco regale istinto sessuale e omicida. Se il breve antipasto "Give 'Em The Axe" aveva fatto intravedere il potenziale del combo americano, suscitando grande clamore di critica e di pubblico e fomentando tutti gli appassionati di sonorità crudamente possenti, il primo Lp della band conferma le qualità e il talento dei singoli musicisti senza risultare acerbo, nonostante la giovane età dei suddetti componenti, facendo presagire uno "sfogo" ancora più colto che prenderà piede nel prosieguo della carriera, come nel caso dell'album "Visual Lies" prima e del concept/operistico "Master Of Disguise" dopo. Ma procediamo con ordine analizzando "Love You To Pieces", storico album che conferma una formazione in stato di grazia e che abbiamo avuto modo di conoscere già nel lavoro d'esordio e che vede Tony Matuzak e Gene Allen alle chitarre, Mike Davis al basso, Joey Harges ai piatti e il mitico Lizzy al microfono. Ciò che desta scalpore, appena appoggiata la puntina sul vinile (o se preferite il dischetto ottico nel lettore cd), è la potentissima produzione ad opera della Metal Blade, non pulitissima ma perfettamente attrezzata per gonfiare ogni singolo strumento, pompando a dovere un'opera che diverrà, di lì a poco, sinonimo e punto di riferimento della scena americana degli anni 80. Proprio la produzione alimenta le sfuriate speed contenute all'interno del lavoro, le quali incontrano e si scontrano con linee melodiche belle da morire e che, insieme, anticipano, per un certo verso, il power metal europeo (in particolare quello tedesco) guidato da band come Helloween e Running Wild. La potenza e la struttura dei brani, comunque, resta legata agli stilemi classici del genere, prendendo spunto dalla gloriosa tradizione inglese e che vede nei Judas Priest i padrini e ispiratori assoluti. Eppure è curioso notare che, dopo i primi due dischi, furiosi e giovanili, i Lizzy Borden evolvono il proprio sound in qualcosa di più americano, cromatizzando le melodie e smussando gli angoli del loro stile, raffinando la tecnica utilizzata e avvicinandosi di più al concetto, tanto cercato, di "teatralità musicale", perseguito sin dall'inizio. Rallentando i ritmi e creando siparietti recitati e liturgici capaci di amalgamare arte visiva (lo shock rock appunto), base musicale e doti attoriali (evidenti soprattutto nei live), la band americana è in continua evoluzione e sempre in prima linea per la causa dell'horror metal dalla quale altri prenderanno, in seguito, diversi spunti o addirittura costruiranno un'intera carriera, a cominciare dall'album che andiamo ad esaminare.
"Hello Suckers" è la misteriosa frase pronunciata al contrario da Lizzy Borden per introdurre "Council For The Cauldron" (Un Consiglio Per Il Calderone), diciamo che si tratta di un blasfemo benvenuto agli ascoltatori che potrebbe simboleggiare le tematiche affrontate all'interno del disco: l'orrore, la violenza, la sessualità, la morbosità, la follia e la volgarità, partendo da una frase pronunciata al contrario, come di fronte a uno specchio, che richiama appunto la bella copertina e che ricalca un tipo di iconografia utilizzata nell'ambiente horror, mi viene in mente la famosissima "Redrum" (contrario di "Murder", "Omicida") contenuta nel romanzo di Stephen King "The Shining" (1977) e utilizzata in seguito dal regista Stanley Kubrick per il riadattamento cinematografico. Una canzone come "Council For The Cauldron" è una vera e propria cavalcata epica, dove l'andamento trionfale della batteria, inizialmente cauto, dopo pochi secondi è pronto a scatenare l'inferno in terra, supportato dalle chitarre taglienti e affilate come lame di rasoi assetate di sangue. La voce acutissima di Borden fuoriesce dalla mischia attirando l'attenzione del pubblico, intonando strofe iper-melodiche e di sicuro effetto. L'heavy metal di scuola americana risulta prepotente nel suo incedere, lo scheletro che lo sorregge è fatto di acciaio inossidabile e in appena tre minuti si gettano le basi per quello che sarà identificato come "horror metal made in U.S.A.", ossia riffs di chitarra sparati a mille, batteria da battaglia e un basso muscoloso a sostenere acuti spaccatimpani e giochetti vocali basati sempre su una melodia orecchiabile di fondo, laddove l'hard rock americano incontra la scuola metal di tradizione inglese generando un ibrido sporco e suggestivo di cui i Lizzy Borden e i cugini W.A.S.P. ne diventeranno, ben presto, i re incontrastati. La sezione ritmica macina km e i singoli strumenti sono belve fameliche in cerca di carne e di vittime sacrificali da amare e fare a pezzi (come la modella della foto), per quella che è la traccia più veloce del lotto. Una speed song per dare il benvenuto all'avventato ascoltatore, il quale non solo viene investito da tale irruenza sonora ma anche proiettato in un mondo fatto di crudeltà e violenza grazie a un testo scabroso i cui ingredienti da gettare nel calderone sono carne umana, sangue e gocce di lacrime, in un rituale di magia nera per invocare i discepoli del disordine e illuminare la notte buia di luminose illusione e ardenti passioni che stimolano le più ancestrali perversioni e istinti. Insomma un primo piccolo assaggio del disco grazie un brano che è una vera bomba innescata e che svela gli ingredienti che troveremo nel lavoro. Gli stessi succulenti ingredienti che troviamo in "Psychopath" (Psicopatico), seconda traccia introdotta da un giro di basso davvero sinistro che ricorda vagamente qualcosa degli Iron Maiden e che fa presagire, sin da subito, una canzone esilarante anche se diversa dalla precedente. Il ritmo, infatti, è meno scatenato, non si velocizza troppo essendo un mid-tempo, e si assesta in un hard 'n' heavy che presenta diverse accelerazioni nei pre-chorus e poi rallentamenti fino a raggiungere ritmi lentissimi e oscuri dopo l'esplosione dello stupendo e fulmineo ritornello. Lizzy Borden sussurra per metà brano, dopo i primi versi e un primo refrain, per dare il via alla seconda parte di un pezzo tanto semplice quanto imprevedibile, visto che il lunghissimo bridge sussurrato del vocalist sostituisce letteralmente l'assolo di chitarra di Matuzak, che resta, dunque, relegato in secondo piano, in una fase della durata di circa un minuto nella quale il ritmo sembra sospeso nel tempo, riuscendo a evocare una tenebrosa e mistica atmosfera che fa venire i brividi dietro la schiena. L'oscurità del brano incide sulle casse dello stereo, diffondendosi nell'aria e divorando qualunque cosa si palesi sulla sua strada per poi approdare alle orecchie del pubblico, inondandolo della stessa follia che pervade il protagonista del testo. La foschia misteriosa invade la mente e la inebria, rappresentando uno psicopatico che segue una persona come un'ombra, la pedina negli angoli della città, in una notte buia e priva di luna. Il maniaco odora il profumo della paura provenire dalla vittima, la quale accelera il passo per sfuggire al suo ingrato destino ma il folle è sempre più vicino e in mano stringe un coltello. La lama dell'arma brilla nell'oscurità rivelando gli occhi terrorizzati della preda, poi un grido squarcia il silenzio delle strade e il pazzo inizia il suo perverso gioco guardando la morte sul viso del povero innocente. È un gioco mortale al quale l'uomo è dedito e si diverte appunto nel metterlo in scena, come fosse una rappresentazione teatrale della vita stessa. "Red Rum" (Omicidio - letto al contario) comincia col rullo dei tamburi di Harges, sembra un cuore pulsante e forse in preda alla paura, che intona una danza scatenata nella penombra. Le chitarre di Matuzak e Allen, dopo qualche secondo introduttivo, macinano che è una bellezza, raggiungendo l'apice creativo in un assolo incredibile, tra i migliori contenuti nel disco, mentre il giro di basso creato da Allen è favoloso e la voce di Lizzy è sopraffina, dando sfoggio della sua prodigiosa tecnica tenendola perennemente su tonalità altissime, caratteristica non da poco. Ci troviamo di fronte a un brano piuttosto semplice, diretto e abbastanza breve, dove la melodia cromata è sempre in primo piano, soprattutto nel piacevole ritornello, dall'impatto fresco e dalla passione scaturita dai cori di contorno che lo rifiniscono al meglio. "Red Rum" appunto, come dicevo pocanzi, è un omaggio al film "Shining" (1980) di Kubrick e introdotto da una frase emblematica: "All work and no play makes Jack a dull boy" ("Solo lavoro e niente svago rende Jack un ragazzo noioso") gridata in apertura da Lizzy. Trattasi di un proverbio inglese utilizzato dallo stesso Kubrick per il film, lo si può osservare in una sequenza e ripetuto più volte su un dattiloscritto, preso in esame proprio in concomitanza con l'omonimia del protagonista della storia, Jack Torrence, interpretato da Jack Nicholson. Ma non solo il titolo è un omaggio a questa opera leggendaria, infatti il testo racconta le folli vicende accadute all'interno dell'Overlook Hotel, situato nelle montagne innevate del Colorado, perciò ci troviamo davanti a liriche piene zeppe di citazioni, come per il caso del ritornello, nel quale viene citata la misteriosa stanza 237 dell'albergo, a quanto pare, passaggio dimensionale che fa da collegamento tra due mondi. È la pazzia che prende vita nella mente del protagonista, in questo caso Jack, la sua mente è invasa da spiriti maligni e incubi a occhi aperti, in un viaggio onirico verso la morte, tappa conclusiva di questa macabra avventura. "Hello, Daddy's home" recita Borden alla fine, ricalcando le stesse parole usate da Jack Nicholson nel momento in cui sfonda la porta di legno con la sua ascia nella storica scena del film. Insomma un pezzo che è in realtà una meta-citazione, ossia un prodotto artistico che cita un altro prodotto artistico, derivato da un prodotto artistico (il romanzo di King). Direi che sfioriamo il sublime, testo e musica sono perfetti. La title-track "Love You To Pieces" (Ti Amo A Pezzi) è introdotta da un arpeggio di chitarra e si trasforma inaspettatamente in una ballad struggente e dalla melodia raffinata. La voce di Lizzy Borden è dolce e sognante, culla tra un acuto e l'altro e la sezione ritmica, dopo le sfuriate iniziali, è a riposo. L'assolo di Allen è eccellente e tocca nel profondo del cuore, stagliandosi in mezzo a strofe rallentate ma che hanno il pregio di evocare un mondo fatto di solitudine e di malinconia. Il refrain giunge inaspettato ad allietare i timpani ed è carico di melodia e profondità. La struttura del brano è ridotta all'osso, appena quattro minuti che più classici si muore, ma che sanno comunicare i disperati sentimenti analizzati. I Lizzy Borden non sono solo violenza e "Love You To Pieces" ne è la prova concreta, il singer interpreta il brano con una sensibilità impossibile da non percepire sulla pelle, aprendo la propria anima turbolenta e gettandola in pasto al pubblico, così come tutti gli elementi della band si lasciando andare in un momento magico e leggiadro. Il testo di questa ballata è atipico perché tratta di un amore malato (e non può essere altrimenti conoscendo la band) che termina in tragedia. Un uomo è follemente innamorato della propria donna ma sente che lei sta per lasciarlo, egli intravede la paura e i dubbi attraverso gli occhi di lei e non sa come reagire. Non può farla fuggire, non può consegnarla tra le braccia di un altro uomo, perciò decide di ucciderla con un colpo di pistola sparato alle spalle. Il cadavere poi viene fatto a pezzi e questi vengono seppelliti, uno ad uno, nel giardino di casa ("Home sweet home" recita il testo, ma sarebbe meglio dire "Home sick home"). In questo modo, almeno, la ragazza rimarrà sempre con lo psicopatico, al suo fianco, per maledirlo e a maledire il giorno in cui lo ha conosciuto. La musica del combo californiano non poteva essere "normale" e questo è l'amore inteso da questi cinque paranoici ragazzi: pazzesco, malato, perverso, psicotico, grottesco, fumettistico e chi più ne ha più ne metta. Si ritorna a premere sull'acceleratore con un inno generazionale, "American Metal" (Metallo Americano), diventata negli anni la traccia più rappresentativa dei Lizzy Borden e che trasuda il credo stesso della band. Heavy metal di fattura americana che si arrampica su vette altissime, distinguendosi dal metallo inglese per la potenza scaturita e per i toni trionfali che ne fanno un anthem autocelebrativo, dal ritmo serrato e con un chorus da stadio. In mezzo a tanti pezzi oscuri e dai toni macabri qui c'è un'apertura solare e spensierata, un canto di lode alla giovinezza e un elogio alla vita. Architettura classica sorretta da chitarre impennate come moto da cross e una batteria travolgente, grande interpretazione del leader Lizzy che alterna toni bassi ad acuti che sfiorano gli ultrasuoni. La sezione ritmica è possente, coadiuvata anche dall'ottimo lavoro al basso da parte di Mike Davis, che riesce a distinguersi dai colleghi grazie un suono molto personale. Bellissimo l'intreccio di assoli verso metà canzone, dove le asce si sfidano a duello, prima di lasciare spazio alla voce di Borden che urla, supportato solo dai cori, un ritornello d'impatto e che fomenta gli istinti più animaleschi soprattutto in sede live. Probabilmente il brano più scontato del disco ma anche quello più lungo, composto proprio per riempire d'orgoglio i giovani rockers americani, eppure è impossibile non esultare davanti a cotanta energia musicale perché "American Metal" rappresenta un modo di essere e di suonare. Uno di quegli inni alle borchie, al cuoio, ai capelli lunghi e alle sonorità cariche che hanno incendiato intere generazioni, forse oggi sottovalutato, anche perché la band stessa non gode più di grossa pubblicità o di vastissimo seguito come un tempo, ma all'epoca della sua uscita questa canzone ha scosso megliaia di animi, rimanendo una delle più famose nell'ambiente metallico degli anni 80. Se non la conoscete significa che avete saltato o snobbato un pezzo (più o meno importante) di storia della musica dura. Cosa assai grave, piuttosto anzichenò, citando un personaggio dei fumetti. "Flesheater" (Bollitore Per Carne) è, assieme "Council For The Cauldron" e "Godiva", la traccia più veloce dell'album, introdotta da uno spettacolare giro di basso, davvero pompato e caricato a mille. La batteria ne segue i passi e il tutto assume energia indomita. Grandissimi i giochetti vocali del cantante, il quale dimostra le sue innate abilità, utilizzando uno stile vocale stridulo e lanciandosi in decine di acuti pazzeschi. Il refrain è inaspettatamente anonimo, nel senso che non risulta troppo melodico, a differenza delle strofe che regalano all'ascoltatore momenti piacevoli e di melodia assoluta e ben studiata, inoltre sono eccellenti i cambi di tempo che tempestano questo breve brano e che vede almeno tre o quattro cambi, rallentamenti e velocizzazioni e infine raggiungere l'acme nei due splendidi assoli di chitarra intrecciati ed eseguiti dai due axemen. A mio avviso non la migliore traccia dell'opera ma sicuramente di buonissimo livello, incentrata sull'atto sessuale e sull'istinto carnale che appartiene più agli animali che all'uomo. E' un rapporto molto intimo dove si sfiora il cannibalismo, visto che l'amore è talmente profondo da cibarsene al chiaro di luna, quando le temperature non sono troppo alte. Il sesso è un inno alla notte, due creature demoniache che danzano al buio, contorcendosi in una specie di coreografia infernale. Questo è il rapporto intimo secondo la filosofia dei Lizzy Borden, dunque basato sull'istinto puramente animalesco, famelico, cannibale, poiché nella notte ogni cosa è fattibile. Si prosegue imperterriti con un'altra bomba dall'incedere maestoso e dal titolo di "Save Me" (Salvami) che, dopo appena venti secondi terremotanti, rallenta alla prima strofa grazie a giri arpeggiati per riprendere velocità in un ritornello inatteso tanto è repentino e bello da togliere il fiato. Il pezzo sembra una montagna russa dove si alternano continuamente ritmi decelerati ad altri sparati alla velocità della luce. Probabilmente le hits di "Love You To Pieces", di una bellezza unica e dalla melodia semplicemente perfetta, costruita secondo una struttura semplice ma particolare, con strofe dai ritmi cadenzati e contorni acustici che contrastano con i ritornelli potenziati e sorretti dalla carica delle chitarre che, in questo caso, svolgono un lavoro imponente, senza sottovalutare il ruolo svolto sia da Joey Harges alla batteria che da Mike Davis al basso. Quattro minuti magici dove il metallo classico raggiunge vette inaudite e dove, ancora una volta, l'amore è il vero protagonista e, questa volta, è un amore dalle sembianze umane. Come al solito trattasi di un sentimento sofferto, l'amore che diventa dolore, perché è visto come evanescente, effimero, illusorio. Una donna sta giocando col cuore di un uomo, lo sta calpestando e prendendo in giro i suoi sentimenti, perché si comporta come una bambina, persino i suoi occhi raccontano bugie, sembrano fari che illuminano la notte eppure assomigliano agli occhi di una fanciulla viziata, che ama fuggire per proseguire da sola per la propria strada. L'amante è trattato come uno sciocco dal cuore spezzato e con lo sguardo cieco, che sta per morire schiacciato dal peso del desiderio e che invoca la salvezza. Non vuole morire per colpa di una stronza ma l'amore che prova è troppo forte per lasciarla andare ma sa, dentro di sé, che deve allontanarla e ricordarla come fosse una fotografia appartenuta al passato, un freddo ricordo sul quale, un giorno, sorridere al solo pensiero. Un'emozione che deve assolutamente svanire e la salvezza è solo nella sua dissoluzione, come sciogliere una medicina in un bicchier d'acqua. "Warfare" (Affari Di Guerra), ossia dall'amore alla guerra, argomenti che vanno spesso a braccetto, anche qui si tratta di una speed song sostenuta da una melodia cromata e azzeccata. Enorme il lavoro di Harges dietro le pelli che dirige tutta la sezione ritmica come fosse un direttore d'orchestra, versi spinti costruiti su grandi intrecci chitarristici e bellissima interpretazione di Davis al basso, pronto a dare corposità all'intero brano. Chorus da capogiro talmente patinato che sembra preso da una qualsiasi canzone AOR, in contrasto con lo scheletro del brano appartenente di diritto alla schiera dello U.S. Power, tanto è potente e dagli artigli affilati. Lizzy Borden è incredibile nella sua performance, non perde un briciolo di eleganza nemmeno nei difficili acuti che è costretto a raggiungere per intonare un refrain dalle tonalità altissime. Brano dalla forte critica sociale e dai toni oscuri, trattandosi di un attacco agli affari di guerra, dove i potenti sono dei vigliacchi che si divertono a mandare a morire i propri cittadini. In guerra non ci sono eroi, c'è solo dolore, paura e sofferenza, e non ci sono piani di riuscita ma l'unica cosa che conta è la sopravvivenza. Sul campo di battaglia non ci saranno bandiere o gesta eroiche ma solo sangue e corpi martoriati e alla fine ci si chiederà il perché di tutto ciò. La domanda rimarrà senza risposta perché la guerra è una cosa più grade di noi e l'uomo è talmente piccolo da non poter rispondere, almeno non oggi. L'unica conclusione alla quale si giunge è che anche se si vince si è perdenti comunque. Vincitori e perdenti sono la stessa cosa: assassini vittime del sistema corrotto e della "stravaganza politica". La traccia più breve del lotto spetta a "Godiva" (Godiva), up-tempo dal titolo impegnativo, perché narra di un personaggio storico e della leggenda che lo circonda. La vicenda è una lunga metafora che dovrebbe narrare di Lady Godiva, nobildonna inglese che, nel medioevo, sfida il marito, il conte di Coventry, ad abbassare le oppressive tasse nei confronti del popolo, quest'ultimo schiacciato dall'enorme tributo. Bene, secondo la leggenda la nostra eroina sfila a cavallo, nuda, per tutto il paese, coprendosi il busto soltanto con i lunghi capelli, ma il conte, attraverso un proclamo pubblico, aveva intimato a tutti i cittadini di barricarsi in casa per non posare gli sguardi indiscreti sulla moglie. Soltanto un uomo disobbedisce lasciando accostata la finestra di casa e, attraverso lo spiraglio creato, getta uno sguardo al passaggio della fanciulla ma, come per incanto, subito dopo diventa cieco tramite un bagliore improvviso sprigionato dal corpo della ragazza stessa che gli arde le pupille. Incedere alla Iron Maiden per una canzone brevissima di soli due minuti e mezzo ma dal piglio giusto, le chitarre macinano riffs a volontà, il basso sostiene il tutto e la batteria martella a dovere, mentre Lizzy prova uno stile di canto diverso dal solito, risultando più stridulo, più acido e più soffocato dagli strumenti, intonando intenzionalmente il brano con una voce distante, anche se, alla fine, i grandissimi acuti risultano belli graffianti nel chorus d'impatto. Qui "l'american metal" viene tralasciato in favore di una musicalità più tradizionale e appartenente allo stile europeo, sembra infatti una perla appartenente alla N.W.O.B.H.M. tanto la traccia è quadrata e dalle linee melodiche classiche. Il risultato è entusiasmante nonostante sia di breve durata e lascia il posto al brano di chiusura, "Rod Of Iron" (Sbarra Di Ferro), epico pezzo dal sapore antico, ideale per terminare l'album nel migliore dei modi. L'arpeggio inziale è evocativo, in un minuto si ripercorrono le terre mistiche e offuscate del mito, dove Borden è un interprete magistrale che riesce a creare un'atmosfera magica. Sorpassato il minuto ecco il cambio di tempo e il brano si trasforma in una traccia assassina dalla melodia geniale che raggiunge l'apice nel refrain più bello del disco, roba da strapparsi i capelli e gettarsi a terra. Tutto funziona alla perfezione, ogni singolo strumento è costruito egregiamente, gli intrecci sonori elaborati dalle chitarre sono maestosi, i cambi di tempo indotti dalla batteria sono vere e proprie fucilate, insomma, un capolavoro da amare e da ascoltare a tutto volume. Anche il testo è epico, nel quale si onora il "Signore del tempo", che tutti comanda dall'alto del suo trono e che dirige l'umanità con la sua sbarra di ferro, uno scettro magico in grado di decidere la vita e la morte degli uomini. Egli è il re dell'inferno, metafora per descrivere il Diavolo e che si crogiola nel peccato e nel vizio terreno col suo forcone d'acciaio. Non c'è nessun salvatore, solo un mondo di fiamme e martiri, la libertà è solo un'illusione ricercata invano. Il pessimismo cosmico si impossessa delle liriche e della musica, chiudendo un lavoro dall'attitudine tetra e che va a braccetto con la teatralità orrorifica espressa dalla band. L'horror metal dei Lizzy Borden giunge, arrivati a questo punto, al capolinea ma, citando l'ultimo passo del brano, questo non è altro che "l'inizio della fine".
Il primo album della band americana suona schietto, sincero, incredibilmente fresco, costituito da dieci pezzi che sono bombe assolute, suonati con perizia tecnica e poggiati su melodie difficili da dimenticare. Vi è una certa leziosità tra i solchi di questo leggendario disco, dove ogni cosa sembra messa al punto giusto, studiata e ricercata per donare il meglio della musica heavy metal. Gli esordienti Lizzy Borden suonano già maturi e con le idee chiare, la loro teatralità (sulla scia del maestro Alice Cooper), trascinata dal truccatissimo ed eccentrico mastermind Lizzy, sprizza da ogni poro ed è presente in ogni singola nota, coadiuvata da testi affascinanti quanto inquietanti che trasportano in musica emozioni profonde quali paura, angoscia, amore, morbosità, follia, morte e molto altro ancora. Lo U.S Power (come veniva chiamato all'epoca) della band è estremo, incredibile, e proietta i ragazzi tra i grandi dell'hard rock americano. Da "Love You To Pieces" inizia la storia di questa band, destinata a raggiungere, improvvisamente, un enorme successo di critica e di massa e, altrettanto immediatamente, a farsi sfuggire la consacrazione tanto meritata. Infatti già al termine degli anni 80 il pubblico comincia a snobbarli, per poi, nella decade seguente, abbandonare ogni interesse per il metallo classico, decretando lo scioglimento di tantissime band, tra cui gli stessi Lizzy Borden. Fortunatamente i nostri, dopo dieci lunghi anni di silenzio, tornano a calcare i palchi e a sfornare dischi di ottima fattura, per la gioia mia e di tutti i fans dell'heavy metal vecchio stile. Tornando all'album appena esaminato ai raggi x, non mi rimane che decretarne l'importanza e l'elevata qualità, non scalfita affatto dal passare del tempo, nonostante siano trascorsi trenta anni precisi da quando lo shock rock di "Love You To Pieces" veniva immesso sul mercato, per destare stupore e raccogliere consensi unanimi, evidenziati soprattutto nei mitici e grandguignoleschi concerti in giro per il mondo. Insomma, un album che è storia, ricco di citazioni letterarie e cinematografiche, esagerato e divertente come un fumetto horror, roba da riscoprire, da gustare, da amare, che rappresenta il primo tassello di una splendida discografia e che, forse, è anche il lavoro più riuscito della band. Da questo momento in poi i Lizzy Borden si vanno ad accaparrare il gradino più alto del podio di questo particolare genere di metallo a tinte horror, dai tratti estremi e dalle atmosfere pessimiste ma anche sarcastiche, raggiungendo la popolarità dei più famosi cugini W.A.S.P., che qualche mese prima licenziano l'omonimo debut e che, quando esce "Love You To Pieces" sono chiusi in sala per le registrazioni del secondo lavoro. A metà anni 80 questa opera sorprendeva per freschezza e compattezza, sfidando a colpi di mazzate non solo "The Last Command" degli appena citati W.A.S.P. ma anche l'inatteso debutto di un'altra horror band di Detroit, i semisconosciuti Halloween, anche loro capaci di ritagliarsi un piccolo spazio con il bellissimo "Don't Metal With Evil". Dunque, facendo un'ultima constatazione sul primo disco della band di Los Angeles, diciamo che persino oggi, che di acqua ne è passata sotto i ponti, non bisogna sottovalutare l'energia scaturita da un simile album perché oltre alla musica, i testi, nonostante la spiccata caratterisca grottesca che sembra uscire da un b-movie splatter anni 80 (a partire dal titolo), risultano maturi, cinici, politicamente scorretti, attuali e ben calibrati. Praticamente non ci sono scuse per non averlo, questi ragazzi (appena ventenni nel 1985) ci hanno visto lungo, consegnando alla storia dell'heavy un capolavoro senza tempo, anche se, a guardare la copertina retrò, la sensazione che sia passata una vita da quando "Love You To Pieces" vedeva la luce è palese. Ma l'arte, quella vera, è eterna e il trapasso del tempo non sbiadisce i suoi brillanti colori.
1) Council for the Caldron
2) Psychopath
3) Save Me
4) Red Rum
5) Love You to Pieces
6) American Metal
7) Flesheater
8) Warfare
9) Godiva
10) Rod of Iron