KYUSS

One Inch Man

1995 - Elektra

A CURA DI
ANDREA CERASI
26/09/2017
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

È quando tutto sembra in discesa e si hanno successo, soldi, popolarità, venerazione da parte della stampa e, soprattutto, del pubblico mondiale, che all'improvviso sorgono complicazioni. Il successo si sa, è un'arma a doppio taglio e se non lo si gestisce bene, con calma e raziocinio, si perde il controllo e si cade a picco. Questo è esattamente il caso dei Kyuss, che nella metà degli anni 90 sono i re incontrastati dello stoner. In tale ambito, nessuno è come loro e così godono di un privilegio che soltanto in pochi riescono ad ottenere. Lo stress accumulato dal tour del gigantesco "Welcome To Sky Valley", disco entrato oramai nella leggenda, si fa sentire nei giorni successivi; anzi, le problematiche sorgono ancor prima che il tour mondiale abbia termine, quando la band californiana è ancora in giro, da headliner questa volta, e meritatamente, aggiungerei. La frattura avviene lentamente nel corso dei mesi ma si giunge al culmine alla fine del 1994, quando i Kyuss stanno per lanciare i fortunati singoli "Demon Cleaner" e "Gardenia". I singoli membri litigano, si riappacificano, litigano di nuovo, gli impegni si accumulano l'uno dietro l'altro e la tensione tra i musicisti sale alle stelle. Sinceramente non è mai stato chiarito il motivo per il quale Brant Bjork abbia deciso di lasciare la band sul punto più bello, forse per gli screzi con John Garcia, forse perché stanco di viaggiare continuamente per il mondo, fatto sta che lo storico batterista lascia la formazione per sempre, entrando a far parte, prima come produttore (fondando la sua etichetta: la Duna Records), poi come batterista ufficiale, nei Fu Manchu, altra importantissima stoner metal band, nata l'anno precedente, con la quale rimarrà fino al 2001. Inoltre, nel 1997 crea i Mondo Generator, come il titolo di della canzone scritta per l'album "Blues For The Red Sun", con i quali incide una manciata di lavori. Il sostituto di Bjork è un certo Alfredo Hernandez, ex Yawning Man e Across The River e vecchio amico del bassista Scott Reeder. Hernandez si integra bene nei Kyuss, il suo drumming è dinamico e polveroso, molto simile a quello del dimissionario Bjork, perciò il sound ricreato nei nuovi pezzi conserva lo stesso spirito ascoltato fin qui, anche se molti fans restano delusi dall'uscita del batterista fondatore, visto come punto di riferimento della formazione di Palm Desert. Per sondare il terreno e indicare al mondo che i Kyuss ci sono ancora, sono vivi e vegeti, e persino ispirati, la Elektra prepara la pubblicazione del primo singolo per la tarda primavera del 1995; "One Inch Man" è il brano scelto per rappresentare l'album, purtroppo l'ultimo, che avrà l'eloquente titolo di "..And Circus Leaves Town", una sorta di annuncio premonitore carico di nostalgia e di sogni infranti. Un addio calcolato dalla band e del tutto inaspettato per il pubblico, ma che fa intravedere un destino già segnato e una imminente scissione. Con l'abbandono di Bjork, insieme a Josh Homme principale songwriter, Garcia ha maggiore spazio in fase di scrittura, tanto che l'album, e anche il singolo qui presente, portano la sua firma. "One Inch Man" è un ottimo mini, quattro canzoni, di cui tre inediti che non prenderanno parte al quarto ed ultimo sigillo firmato Kyuss, e perciò rende il tutto ancora più interessante in termini di collezionismo. A guardare la tracklist si nota immediatamente che il minutaggio delle singole tracce è molto concentrato, due minuti appena per ognuna, e ciò fa intuire le nuove coordinate approcciate dalla band per la nuova fatica. Un lavoro più liquido, dinamico, dai toni smorzati, meno sfarzosi e più astratti, che renderanno "..And The Circus Leaves Town" un album snello, veloce e dai toni amari, scontentando molti, coloro i quali si aspettano un disco possente a tutti gli effetti, e al contempo sorprendendo per il coraggio dimostrato, cercando di sperimentare nuovi suoni. Comunque la si veda, il risultato è eccellente e il singolo "One Inch Man" è il gustosissimo antipasto dell'album che spaccherà in due gli appassionati.

One Inch Man

One Inch Man (Uomo Inferiore) è un brano concentrato, di breve durata e dal ritmo ipnotico poco incline ai cambiamenti. Niente assoli, niente feroci cambi di tempo, niente intro o outro. Dritti al punto. Homme e Reeder sfornano una base portante grassa e danzereccia, dove a emergere maggiormente è proprio il basso, mentre Garcia è uno sciamano del deserto che declama la sua amara concezione della vita. Non alza mai la voce, cercando di mantenerla sempre sulla stessa tonalità media, caratteristica questa che sarà lo scheletro dell'album stesso, scandito da ritmi sinuosi e morbidi, così come le qualità di questo brano, dotato di un simbolico e funzionale videoclip che ben si amalgama al concetto espresso nelle liriche. Non solo la parte strumentale, e quindi tutta la sezione ritmica, tralascia la ferocia del passato, le accelerazioni improvvise e le pesantissime bastonate doom, ma anche il testo è un elogio alla pacatezza e alla frustrazione. Si tratta di un'anima solitaria, uno che si sente inferiore a tutti gli altri e perciò ne risente. Un uomo che vale un pollice, che si sente sempre cinque passi indietro agli altri. Qui emerge lo stress totale di un uomo, forse un'accusa da parte di Garcia nei confronti degli altri componenti della band, forse un'enigmatica critica nei confronti degli altri musicisti, che proprio in quel periodo vivono un rapporto particolarmente fragile, fatto di litigi, fratture interne, rimproveri e molto altro ancora. Ma il tempo è prezioso ed è inutile perderlo andando dietro a tali considerazioni, tali problematiche che non fanno altro che provocare dolori. Il protagonista si sente preso in giro, fottuto dal suo stesso giro, ma non ha più le forze per controbattere, dunque si ribella, manda a quel paese tutti quanti e si ritira in se stesso. Vivere da soli è meglio che stare con gli altri. Il testo nichilista e deprimente si sposa perfettamente con una melodia claustrofobica ma, allo stesso tempo, soffice, appena accennata nelle strofe, costruita appunto su una base non molto vigorosa ma che sa trascinare l'ascoltatore, avvolgerlo con la sua anima calda e desertica, ben rispecchiata nel video, dove la band suona nel deserto mentre viene spiata da qualcuno, o da qualcosa, forse un insetto, che aleggia nell'aria e gira attorno ai musicisti, si nasconde e poi riprende a librare, ritrovandosi in spazi chiusi dove una donna (o meglio la sua ombra) sta ballando con sensualità. Tre minuti intensi, non proprio rilassati e distesi, ma tutto sommato senza picchi energici che uno si spetterebbe da un singolo dei Kyuss. Un gran pezzo, più astratto del solito, che molti hanno interpretato come la rivelazione di una disfatta sessuale, nel senso che il nostro protagonista viene accusato di avercelo piccolo e di aver fatto una magra figura per questo difetto fisico; deriso e insultato dalla donna di turno, gli è crollato il mondo addosso, rifugiandosi nella sua desolazione ed escogitando la vendetta. Io invece credo che il senso enigmatico ed ermetico delle liriche sia, come al solito per questo gruppo, più profondo di quanti sembri.

Flip The Phase

Flip The Phase (Scocca La Fase) comporta una struttura minimalista, due minuti per un pezzo semplice e anche non troppo riuscito, dove si nota la sua natura improvvisata e messa su in piedi in pochi minuti. Strofa ritornello strofa, in pratica l'ABC del rock 'n' roll, sostenuto però da suono gonfi e pompati al massimo. Qui l'adrenalina tipica dei Kyuss emerge con prepotenza, la band spinge sull'acceleratore alzando un nuvolone nero e minaccioso che si abbatte sulle casse dello stereo. Homme sfida Reeder per tutto il tempo, seguito a ruota da Hernandez che picchia duro con sferzate metalliche che fanno tremare i muri. Garcia invece è vorace, sembra voglia terminare al più presto l'esibizione, e allora divora parole apparentemente prive di senso e le rigetta in faccia al suo pubblico. Ovviamente, come ogni dannato brano dei californiani, bisogna prendere l'interpretazione del testo con le pinze. Insomma, si va alla cieca e si interpreta personalmente. Una strofa e un ritornello, tutto qui, ripetuto per due volte, senza cambiare una singola sillaba, evidenziando uno stile asciutto e conciso. Da quanto si capisce, qualcuno ha comprato un attrezzo particolare, un qualcosa che dovrebbe donargli appeal, fascino, in modo tale da infliggere una bella lezione di vita a tutti quanti. L'oggetto del mistero è ovviamente tenuto segreto, non sappiamo perciò di cosa si sta trattando, tranne il fatto che sia un regalo destinato anche una donna e che dovrebbe accenderle il desiderio sessuale. Tutto qui, le liriche sono ostiche, sintetiche e confusionarie per trovare un senso logico a tutto ciò e probabilmente anche Garcia è della stessa opinione, vista la celerità con cui recita. Quando termina il brevissimo e allucinato refrain: "Non è giusto, non è per me", riferito a non si sa cosa e che cosa voglia intendere di preciso, Homme abbassa il tiro e trascina la sua chitarra in un riff lineare e acuto che si protrae per parecchi secondi. Non un vero assolo, ma qualcosa di simile, atto a disturbare la linearità di un pezzo estremamente classico. Si vede che tutto è improvvisato e infatti, da questo pezzo nascerà la lunga e complessa e bella "Fatso Forgetso", ultimo singolo nella storia dei Kyuss, ovvero otto minuti di delirio cosmico che racchiudono tutta la filosofia e l'attitudine spaziale della band.

Mudfly

Mudfly (Mosca Di Fango) potrebbe essere la rappresentazione musicale dell'insetto che aleggia nel videoclip di "One Inch Man", ossia una mosca delle sabbie che si aggira nel deserto, incuriosita dai suoni corposi e mefistofelici dei quattro ragazzi di Palm Desert. Qui il protagonista principale è Hernandez, in grado di scolpire un andamento ritmato e molto funky, grazie anche all'ausilio del basso e della chitarra dei suoi compagni che intavolano un duello timido ed estraniante. Certo, due minuti così sono pochi e tutto sembra così improvvisato, segno che anche questo pezzo è soltanto l'esempio semplificato di un qualcosa che avrebbe poi dovuto prendere forma, una forma più evoluta e complicata. Josh Homme ha specificato più volte che le sue idee nascono per caso, senza uno studio preciso sotto, ma semplicemente impugnando la sua chitarra ed eseguendo dei giri casuali. "Mudfly" è una strumentale costruita su due giri casuali, e si sente, non riuscendo molto a colpire l'attenzione dell'ascoltatore. Va bene protrarre l'incipit per due minuti, senza cambi di tempo, seguendo un'ideale linea retta, ma poi, quando sembra che il tutto stia per esplodere, ecco che il brano finisce lasciando con l'amaro in bocca. Tuttavia, è interessante notare che gli ululati che si odono ogni tanto grazie a Homme che stride la sua sei-corde, potrebbero indicare le virate eseguite dalle ali della mosca, la quale ondeggia sospinta dal vento tra una duna e l'altra. Il fango del titolo, in realtà è poco presente nel suono, perché è vero che si tratta di stoner e quindi di suoni sporchi e sabbiosi, ma qui si ha più l'idea dell'aria e del vento, come di un qualcosa che si estende in cielo e sale sempre di più. La tematica potrebbe essere legata a quelle espresse in un disco come "Welcome To Sky Valley", e la traccia potrebbe anche essere un'esecuzione proveniente dalle sessioni di quel disco. Fatto sta che la strumentale è un po' anonima, priva di veri spunti, e resta un mistero del perché sia stata inserita nel best of del 2000, preferendola a tanti altri pezzi ben più degni di rappresentare la luminosa carriera dei Kyuss.

A Day Early And A Dollar Extra

A Day Early And A Dollar Extra (Un Giorno Presto E Un Dollaro Extra) è un'altra strumentale di due minuti. In realtà Garcia recita un testo, ma lo sospira quasi impercettibilmente che viene accreditata come strumentale a tutti gli effetti. È un brano che poco aggiunge alla grandezza della band, presentandosi come esperimento, una outro più che altro, molto distesa e liquida, dove a regnare sono i bonghi suonati da Alfredo Hernandez, donando al pezzo un'identità tribale e ancestrale. Homme è ipnotico e si intravede appena perché è sommesso, mettendosi dalla parte del pubblico più che da quella di interprete. Questa strumentale assomiglia molto alla bellissima e conclusiva hidden track di "?And The Circus Leaves Town" che si intitola "Day One", dedicata alla scomparsa di Kurt Cobain, dalle atmosfere mistiche e dalle linee morbide tanto che si trascina come una sorta di ballad intimista e cupa. È ovvio che la sua natura non sia autonoma, in quanto non si tratta di una vera e propria canzone, più semplicemente un interludio allucinogeno e astratto che ci culla tra dolci note sospirate. L'ermeticità e il lirismo criptico della band qui raggiunge il suo apice, perché le parole espresse dal vocalist non si riescono ad afferrare e nemmeno una piccola ricerca in Internet è d'aiuto. Sembra che nessuno sappia cosa stia farneticando Garcia, il che rende tutto ancora più immaginifico e aleatorio. La sensibilità tipica dei Kyuss, però, avvolge i timpani dell'ascoltatore come fosse balsamo e in un certo qual modo, la melodiosa ninna nanna ci rassicura e ci fa sentire a casa. Il titolo è, come al solito, uno sfoggio senza senso, parole messe a casaccio, come un buon 80% del materiale prodotto dalla band californiana.

Conclusioni

Come ho già scritto, "One Inch Man" è un succulento antipasto perché traccia la nuova strada da percorrere con l'ultimo, fondamentale capitolo discografico della band e perché indica il nuovo modo di suonare dei Kyuss, un suono meno cadenzato e più liquido, molto legato al concept dell'acqua, meno energico e più legato a radici anni 70, quando imperversava l'acid rock. L'anima danzereccia, legata al culto del sole e della sabbia, è ben presente nello stile del brano, nonché nel relativo videoclip, e di tutto l'album che ne verrà fuori. I testi si fanno ancora più criptici ed ermetici, grazie all'apporto di Garcia nel songwriting, mentre la possente chitarra di Homme è più timida che mai, dall'indole blues, e lascia molto spazio al basso di Scott Reeder, che grazie al suono ondulato della sua ascia ricrea perfettamente le forme sinuose e spumeggianti delle onde marine. È come se l'abbandono di Bjork abbia comportato un ammorbidimento generale e uno snellimento della costruzione dei pezzi. Bjork è un batterista potente, lo sappiamo, eppure il tutto non può essere ricollegato a lui, probabilmente gli stessi Kyuss hanno optato per una scelta precisa, consapevoli di voler dare alla luce materiale fresco, non dimentico del passato ma che, contemporaneamente, sa tracciare la via per un futuro che non ci sarà mai, visto come sono andate le cose. Questo singolo contiene ben quattro tracce, due delle quali strumentali, anzi, una totalmente strumentale e l'altra sussurrata leggiadramente, entrambe recuperate ed inserite in seguito nel poco riuscito best of del 2000; poco riuscito nel senso che non contiene i maggiori successi della formazione californiana, o le canzoni più belle, come ci si aspetterebbe da un dignitoso greatest hits, ma si tratta invece di una raccolta di B-sides e rarità, scelta alquanto bizzarra per illuminare la carriera della più grande band stoner. Diciamo che il singolo qui presente può essere suddiviso in due parti: la prima degna di interesse, perché vede la presenza dell'omonima canzone destinata a introdurre l'imminente album in studio, seguita da un'altra canzone, "Flip The Phase", dall'indole barbarica e dotata di quella carica indomita marchio di fabbrica dei Kyuss. La seconda parte è tutto l'opposto, perché sia in "Mudfly" che in "A Day Early And A Dollar Extra" le ritmiche serrate si smorzano in mid-tempos sabbiosi che non hanno dinamicità, perché non si evolvono, restando immobili e lineari dall'inizio alla fine. Si tratta, non a caso, di piccoli esperimenti strumentali composti in pochi minuti e improvvisati in studio di registrazione, il cui valore di B-sides è palese e riscontrabile in alcune interviste rilasciate alla fine degli anni 90 dai musicisti, secondo i quali erano tutti esperimenti di brevissima durata atti a trovare il giusto riff portante sul quale poi costruire brani completi. Ad esempio, come sottolineato da Josh Homme in un'intervista del periodo, prima di comporre nuovi pezzi il chitarrista si esercita a suonare i vecchi brani, eseguendo vecchi riff e mischiandoli tra loro, in una sorta di medley improvvisato per trovare la scintilla della creazione e la genesi di una nuova canzone. È il caso della semplice e diretta "Flip The Phase", che può essere intesa come mero esercizio dal quale nascerà l'ultimo singolo della band: "Fatso Forgetso", lanciato nel 1996 come ultima testimonianza ufficiale dei Kyuss, che si basa sul riff embrionale della traccia qui presente e che poi si evolve in mille altri modi, tanto da arrivare alla durata di ben otto minuti tondi tondi. In tutto ciò è interessante notare come la vena sperimentale sia del tutto evidente, non solo in questo singolo ma ancor più in "..And The Circus Leaves Town", come se la band di Garcia volesse giocare a carte scoperte, mettendo in luce lo scheletro dei singoli pezzi, mostrando la vera natura della loro musica, senza arricchimenti in post produzione. "One Inch Man", supportato fortemente dalla Elektra, vende molto bene, confermando lo stato di grazia della band e del desert rock, eppure la sensazione che qualcosa stia cambiando a livello culturale è del tutto tangibile: la gente sta perdendo interesse nel rock duro, focalizzando l'attenzione su roba più commerciale e sempliciotta. Forse è per questo motivo, al di là delle critiche e dei gusti personali, che l'album del 1995 non avrà il successo sperato.

1) One Inch Man
2) Flip The Phase
3) Mudfly
4) A Day Early And A Dollar Extra
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