KYUSS
Into The Void/Fatso Forgotso
1996 - Man's Ruin
ANDREA CERASI
18/10/2017
Introduzione Recensione
I Kyuss si sciolgono nell'ottobre del 1995, annunciando al mondo intero l'intenzione di proseguire carriere separate. La breve ma intensa esperienza come band stoner più importante e venerata di tutte giunge al suo compimento alla fine dell'anno, i membri non si trovano più bene a suonare insieme, litigano di continuo e la tensione è alle stelle. E allora meglio così piuttosto che proseguire imperterriti ma senza un briciolo di armonia. L'Elektra scarica la band dopo la pubblicazione dell'album "..And The Circus Leaves Town", del quale i ragazzi ne avevano rifiutato persino di prendere parte al relativo tour, e abbandona i nostri al loro destino. Il chitarrista Josh Homme e il batterista Alfredo Hernandez formano i Queens Of The Stone Age, il vocalist John Garcia gli Unida, prima, e gli Hermano, in seguito, mentre il bassista Scott Reeder sarà ospite in numerosi progetti, per poi entrare anche lui negli Unida di Garcia e nei Goatsnake e poi lanciarsi in qualità di produttore per gruppi quali Orange Goblin e Sun O))). Insomma, tutti i musicisti, ricordando anche gli storici Brant Bjork, in forza ai Fu Manchu e ai suoi Mondo Generator, e Nick Oliveri, anche lui nei Mondo Generator, Queens Of The Stone Age e recentemente negli Eagles Of Death Metal, si danno subito da fare appena chiusa l'esperienza Kyuss, ma c'è da dire che la magia della band madre non sarà più replicabile. Nessuno di loro, infatti, riuscirà a raggiungere le vette espresse dalla band-madre e anzi, spesso soffrendo l'inopportuno paragone da parte della critica e del pubblico nei confronti di questa. Ma certi momenti nella storia non sono replicabili. Avvengono e basta, al giusto momento, nascono e crescono istintivamente senza tanti preamboli, e poi quasi sempre si esauriscono velocemente, entrando nella memoria collettiva. Ma c'è un ultimo regalo da fare i fans, ed ecco che nel 1996, quindi dopo lo split ufficiale, l'etichetta Man's Ruin Records si aggiudica i diritti per la pubblicazione di due brani inediti, tirando fuori dal cilindro due prove eseguite in studio qualche mese prima, durante le sessioni dell'ultimo disco. "Into The Void/Fatso Forgotso" è l'ultimo singolo dei Kyuss, stampato solo in vinile, nei colori arancione e porpora, e corredato da una bella copertina che raffigura un'astronauta galleggiare nello spazio. Lo spazio, l'atmosfera e l'universo, non a caso, sono le tematiche predilette dallo stoner, che nella metà degli anni 90 ha spostato la sua attenzione dal deserto alle stelle, ambienti perfetti per raccontare storie di follia, allucinazioni e trip mentali. "Into The Void", come è facilmente intuibile, è la cover del brano dei Black Sabbath, inventori del doom e precursori di tutti quei generi che dal doom prendono origine, come lo stoner metal, appunto, e dunque i Kyuss, negli ultimi istanti della loro carriera, decidono di omaggiare i maestri con questo prezioso remake estrapolato dal clamoroso disco "Master Of Reality", anche se in realtà, spesso e volentieri, durante i concerti in giro per il mondo, la band di Homme ha eseguito diversi pezzi dei Sabbath, tanto per ribadire che tutto, almeno in ambito hard & heavy, deriva dai riffs partoriti dal chitarrista Tony Iommi. Il secondo brano che troviamo all'interno del singolo è "Fatso Forgotso", in realtà non proprio un inedito, poiché già pubblicato in versione provvisoria, accorciata e in forma embrionale col titolo di "Flip The Phase", presente nel singolo "One Inch Man", dal minutaggio concentratissimo e qui molto più disteso, quadruplicando la durata iniziale e modificandone persino il testo. Dunque, addentriamoci nelle analisi degli ultimi due gioielli composti da questa leggendaria band, una delle più grandi e importanti degli anni 90 e non solo.
Into The Void
Into The Void (Dentro Al Vuoto) è un omaggio ai Black Sabbath, da sempre punto di riferimento dei Kyuss e di tutto lo stoner, sottogenere nato proprio sui riff quadrati e monolitici partoriti da Iommi più di venti anni prima. La struttura rimane la stessa della versione originale, l'andamento pure, salvo l'inserimento di una fase centrale strumentale che si prende quasi due minuti in più rispetto alla prima versione, ma che in definitiva aggiunge poco alla bontà della traccia. Homme introduce il pezzo in modo calmo, annebbiandoci la mente attraverso un claustrofobico riffing, crepuscolare e grasso, della sua chitarra dal suono ribassato. L'aria plumbea e soffocante è subito percepibile, dunque, tempo qualche secondo e parte una bella cavalcata doom che vede basso e chitarra eternamente protagonisti. Se nella versione originale il basso di Geezer Butler svolgeva il lavoro principale, emergendo su tutta la sezione ritmica, in questa versione è proprio la chitarra fuzz del leader a fungere da basso, grazie ai suoi toni ribassati che la rendono tenebrosa. Sembra quasi incredibile che "Into The Void" sia un brano del 1971, talmente potente e oscuro da anticipare i tempi di almeno venti anni; fatto sta che il brano contenuto nel capolavoro "Master Of Reality" sia ricostruito alla perfezione anche in questo caso. Garcia ci proietta in questa vertigine sonora che narra di un cataclisma che investe la terra. Il cielo di adombra, dei razzi partono alla volta del cosmo, incendiando la notte, il destino dell'uomo sembra già scritto. L'estinzione di massa ha preso il via a causa dell'inquinamento e della miseria della razza umana. Ci troviamo in questo mondo futuristico, che sembra lontano dal nostro ma che in realtà è molto vicino, tanto che la terra è infestata dalle guerre e dall'odio, dall'inquinamento ambientale, e così soltanto in pochi avranno il privilegio di salvarsi, saltando sulle astronavi alla volta del sole, al fine di colonizzare nuovi pianeti e renderli ospitali. Il tema fantascientifico è molto presente, nel cinema e nella musica dei primi anni 70, e lo sci-fi sarà la tematica prediletta anche dello stoner/space per ovvie ragioni: viaggi interspaziali, stordimenti dovuti alle droghe, vuoti cosmici sinonimi di vuoto interiore e di assenza di emozioni. Insomma, "Into The Void" è già stoner venti anni prima dello stoner. Due strofe monolitiche e si giunge al bridge, dove si accenna anche una timida melodia: gli astronauti-combattenti sono fuggiti dalla terra alla volta dello spazio, al fine di trovare un altro mondo dove riportare la libertà. Lì su, su qualche stella, deve esserci per forza la libertà. Il viaggio è fuga dalla distruzione e ricerca di libertà e di emozioni profonde. Conoscenza di se stessi. Homme aggiunge un assolo di due minuti ma il risultato non è eccelso, giacché Homme non è Iommi, e perciò si limita a costruire una serie di riffs non troppo originali. Si torna alla terza strofa con un Garcia in gran spolvero, il quale ci consiglia di abbandonare la terra di Satana con tutti i suoi schiavi, abbandonare al futuro nefasto ogni cosa per andare alla ricerca di pace, amore e armonia con la natura. Quando tutto sembra terminare, in quanto gli strumenti si placano lentamente, all'improvviso si riprendono i giri iniziali e la sezione ritmica ricomincia a pestare per altri due minuti. Otto minuti e mezzo di musica schiacciante e un bellissimo messaggio da tenere a mente.
Fatso Forgotso
Fatso Forgotso è l'evoluzione sonora della giù conosciuta "Flip The Phase", dal titolo che è un gioco di parole dal misterioso significato. La struttura minimalista e si nota una forte componente non ricercata ma semplicemente improvvisata. Hernandez e Reeder mettono in piedi questa sorta di jam, sembrano divertirsi e non prendersi troppo sul serio. Esordisce Garcia, solenne, che intona uno dei due versi presenti, per un testo concentratissimo e contorto, dal significato criptico e quasi inafferrabile. Qualcosa è sollevato sopra di noi, aleggia sopra le nostre teste e si muove lentamente. I rumori che emette sembrano parole che non si riescono a capire. Potrebbe trattarsi di un UFO che fa la sua comparsa sulla terra, nel deserto della California; potrebbe essere questa l'interpretazione delle liriche, visto il tema comune con l'altra traccia presente sul singolo e vista l'emblematica copertina. Homme interviene con un assolo fuzz, scricchiolante e tronfio, dove l'adrenalina tipica dei Kyuss emerge con prepotenza, così la band spinge sull'acceleratore alzando un nuvolone nero e minaccioso che si abbatte sulle casse dello stereo. Homme sfida Reeder per tutto il tempo, seguito a ruota da Hernandez che picchia duro con sferzate metalliche che fanno tremare i muri. Garcia torna a vociare in modo concitato e confuso sovrastando le minacciose distorsioni di chitarra, dichiarando che ci stanno guardando, guardano nelle nostre menti e che stanno tornando a casa. Potrebbe trattarsi di alieni venuti dallo spazio, tornati sulla terra dopo migliaia di anni, la loro casa. Ovviamente, come ogni dannato brano dei californiani, bisogna prendere l'interpretazione del testo con le pinze. Il delirio cosmico si smorza frettolosamente, il cambio di tempo è dietro l'angolo, e spiazza l'ascoltatore. Hernandez e Homme ci cullano in un ritmo funky davvero evocativo e leggiadro, Garcia gorgheggia ripetendo sempre le stesse parole: "È sulle nostre teste", dunque Homme si lancia in un suolo, eseguito con poca grinta, mentre emerge con vigore il basso egregio di Scott Reeder. L'intermezzo strumentale, dall'animo improvvisato, si dilunga per tutta la seconda metà del brano, trastullandosi beatamente in questo delirio spaziale. Otto minuti e mezzo di musica, liriche brevi ed enigmatiche, per un risultato affascinante e sicuramente vincente, non il massimo da quello proposto dai Kyuss nel corso degli anni ma comunque di qualità.
Conclusioni
Un singolo contenente due brani. Un singolo per due canzoni che si riflettono come davanti a uno specchio, simili nella struttura e della stessa durata, l'una omaggio ai precursori e l'altra replica degli allievi. Una sfida quasi, come a dire che gli allievi, in questo caso i Kyuss, abbiano imparato bene la lezione e abbiano raggiunto i maestri, ossia i Black Sabbath. Sembra un paragone un po' esagerato, ma se andiamo bene a vedere la realtà dei fatti, i Black Sabbath stanno all'hard rock, oscuro e doom, come i Kyuss stanno al desert metal, psichedelico e doom. Due band legate da un filo quasi invisibile e talmente sottile da essere evidenziato soltanto attraverso una lente di ingrandimento, ma non ci vuole poi molto a capire che l'uno è derivazione esplicita dell'altro. Lo stoner metal è figlioccio del doom classico e della psichedelia anni 70 e allora il paragone sorge spontaneo. Se i Sabbath hanno influenzato migliaia di band e decine di generi, lo stesso, o quasi, lo si può dire dei Kyuss, perché se facciamo un breve excursus storico, la band guidata da Homme e Garcia non solo ha inventato un sottogenere, ma ha dato il via alla sperimentazione degli anni 90, influenzando tutto l'alternative metal, non solo lo stoner e lo space metal, ma anche le loro derive stilistiche, sempre più fangose e marce, come lo sludge, fino ad arrivare al metalcore e post core metal, dotato di fortissime componenti doom e stoner, dall'attitudine claustrofobica e psichedelica che a partire dagli anni 90 si è via via sviluppata. I Kyuss sono i precursori di gran parte della sperimentazione che già all'inizio degli anni 90 comincia a imporsi sui generi più tradizionali, spazzandoli via e prendendosi tutte le attenzioni. La sperimentazione effettuata dalla band californiana, però, deriva da una commistione di influenze legate al passato, che affondano le radici negli anni 70, perciò si guarda al futuro ma tenendo bene a mente le lezioni del passato e gli insegnamenti dei maestri dell'epoca. Acid rock, doom rock, sferzate heavy, il tutto attualizzato negli anni 90. L'ombra degli anni 70, perciò, è ben presente anche in questo singolo e nelle due canzoni che abbiamo esaminato: la cover è fedelissima all'originale, allunata di un paio di minuti grazie all'inserimento di una parte centrale strumentale che nella versione dei Sabbath non c'è, l'altra canzone invece è pura improvvisazione, laddove Homme, partendo da una serie di riff già elaborati in precedenza e confluiti nel breve brano primordiale "Flip The Phase", ci costruisce sopra un muro di suono, distorsioni improvvisate, nuove liriche e arricchendo il tutto con un contorno space rock anni 70, con gli Hawkwind sempre nel cuore e omaggiati dall'art-work del singolo stesso. Due ottimi pezzi che mettono per sempre la parola fine alla leggenda dei Kyuss. Ma questo singolo è anche un pezzo da collezione, oggi rarissimo, stampato soltanto in vinile e in copie limitate da un'etichetta, la poco conosciuta Man's Ruin Records (casa di produzione di San Francisco specializzata in stoner/doom/sludge e attiva soltanto dal 1994 al 2002), per un ultimo gradito saluto agli eroi del desert rock. Con questo lavoro si esaurisce la magia della più importante band stoner della storia, e non basteranno corteggiamenti da parte di varie etichette discografiche, assegni di migliaia e miglia di dollari o le richieste degli ascoltatori per convincere i quattro musicisti a riunirsi definitivamente per riportare in vita la leggenda. I Kyuss smettono di esistere da questo momento, salvo riunirsi per due breve parentesi in tempi recenti, la prima a nome Kyuss Lives con la quale i nostri si esibiranno in alcuni festival, la seconda col monicker Vista Chino, che li porterà anche al rilascio di un buonissimo album. In entrambi i casi, però, il leader Josh Homme non sarà presente, concentrato sui suoi progetti musicali, Queens Of The Stone Age e Eagles OF Death Metal, rifiutando di rimettere in pista la macchina Kyuss e ribadendo, in varie interviste, che questo monicker non esiste più, morto e sepolto sotto le sabbie del tempo.
2) Fatso Forgotso