KRYPTOS

Afterburner

2019 - AFM Records

A CURA DI
DAVIDE CILLO
05/09/2019
TEMPO DI LETTURA:
7

Introduzione Recensione

Il nostro viaggio alla scoperta di perle nascoste nel panorama Heavy e Thrash giunge qui ad una meta del tutto inattesa ed interessante: ci imbattiamo infatti negli indiani Kryptos, formatisi nel 1998 e provenienti da Bangalore. La band si inserisce in un contesto, quello indiano, che qualche band degna di rilievo l'ha in realtà donato, specie di recente: se pensiamo all'Heavy sono stati infatti degni di nota gli album "All Hail The King" degli Against Evil e "Kingdom Come" dei Falcun, entrambi del 2018. Nel Thrash, ad esempio, "Arms To Death" degli Amorphia, sempre del 2018 e "Psycosphere" dei Theorized del 2014 sono state uscite interessanti. Torniamo ad ogni modo alla band protagonista della recensione odierna: il nome Kryptos proviene dalla parola latina "Cruptus" (semplicemente, le cripte al di sotto delle chiese). Il primo album della band, "Spiral Ascent" del 2004, è arrivato dopo sei anni di attività della band: melodico per il genere, il lavoro rappresentava un sound a cavallo fra Heavy e Thrash con attenzione rivolta sia alla musicalità, che all'aggressività. Il secondo album, "The Ark of Gemini", ha visto la band firmare per l'etichetta underground statunitense Old School Metal Records che ha visto, fra le varie pubblicazioni, lo storico "City's Gonna Burn" dei Lääz Rockit. "The Ark of Gemini" del 2008, ben più aggressivo rispetto al predecessore, possedeva anche una produzione più moderna ed un sound delle chitarre meno ottantiano. La voce, estrema e quasi del tutto in scream, ha rappresentato un'ulteriore elemento di aggressività scoperto dal gruppo in occasione di quest'uscita. La band, che rivendica le sue influenze Hard and Heavy sui social riconoscendosi in artisti quali Judas Priest, Iron Maiden, Black Sabbath, Thin Lizzy, Accept, Scorpions, Saxon e Metal Church, ha poi rilasciato nel 2012 un terzo apprezzatissimo album intitolato "The Coils of Apollyon", che riunisce le caratteristiche dei primi due lavori: ad un sound più moderno e potente, infatti, si unisce una certa attenzione alla melodia e alla struttura della musica. L'album in assoluto più apprezzato della band, almeno fino a quello protagonista della recensione odierna e che andremo oggi a scoprire, è però senza dubbio "Burn Up The Night" del 2016, rilasciato nientemeno che tramite l'etichetta discografica tedesca AFM Records, che molti di voi conosceranno e ricorderanno per uscite importanti fra Annihilator, Fear Factory, Accept e Rhapsody of Fire. "Burn Up The Night", pur fedele allo stile degli album precedenti della band, rappresenta un passo in avanti importante dal punto di vista compositivo e unisce le migliori qualità espresse dal gruppo fino a quel momento. I Kryptos, con il loro trio formato al basso da Ganesh K., voce e chitarra ritmica da Nolan Lewis, chitarra soliste e tastiere da Rohit Chaturvedi, vede mancare un batterista nella formazione. Ciò, tuttavia, non può e non deve fermarci: "Afterburner" dei Kryptos del 2019, uscito ancora una volta tramite AFM Records, ha ottenuto un successo straordinario sul web: il video della title track, in soli due mesi, ha superato le 350.000 visualizzazioni, numeri importantissimi per una band comunque appartenente ad un sound vecchia scuola. E' davvero raro infatti trovare un complesso, così apparentemente appartenente ad una fetta di mercato di nicchia e ad un genere che nell'universo metallaro difficilmente riesce a scalare le classifiche, riuscire a raggiungere traguardi di rilievo. Anche la provenienza dei ragazzi, quella indiana, non è forse fra le più fortunate nel mondo Heavy classico, che da sempre vede le band più celebri provenire da Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania, seppur con le dovute eccezioni. Sono queste ed altre, che affronteremo, le peculiarità che ci intrigano, e che ci spingono ad addentrarci nell'approfondimento di un'uscita discografica. Album di otto tracce per circa 40 minuti complessivi di musica, siamo pronti a lanciarci nel suo ascolto e ad analizzarlo passo dopo passo come di consueto: voi siete pronti?

Afterburner

Il lavoro parte con nientemeno che la title track "Afterburner" (Postcombustore), il brano di cui, come accennavamo in apertura di recensione, è stata anche realizzata una videoclip. La prima cosa a colpirci e interessarci è il rapido riff di chitarra, il principale della canzone, e la produzione del lavoro. Il suono della sei corde, moderno ma non troppo, presenta un alto livello di pulizia e molte delle caratteristiche tipiche delle produzioni dell'ultimo decennio, con una certa attenzione posta al preservare un minimo il tipico "taglio" aggressivo della chitarra. Anche il riff della band è, in tutto e per tutto, un compromesso: alla melodia dei maestri dell'Heavy si unisce infatti la velocità e l'aggressività del mondo Speed Metal, in un risultato che ci appare come un'innovativa ed interessante chiave di lettura nella sinergia fra il panorama classico settantiano e quello Thrash ottantiano. Lo schema strofa-ritornello si infrange trascorsi i due minuti d'ascolto quando i ragazzi indiani tirano fuori la parte che, dal punto di vista ritmico, è la più rapida e pungente del pezzo. Estremamente peculiari le caratteristiche vocali del cantante-chitarrista Nolan Lewis che, pur evitando ogni acuto di provenienza settantiana, riesce a donare i giusti colori al brano con la sua voce raschiata e spigolosa. Ad eseguire l'assolo, qui come nel resto del full, è invece il solista Rohit Chaturvedi: non si tratta per la verità di una sezione solista chissà quanto impegnata, ma l'axeman riesce qui, in pochi e semplici secondi, a donare il giusto brio alla traccia. Concluso il frangente di solista, che già seguiva diligentemente la melodia del brano, i Kryptos ci riconducono a strofa e ritornello del brano. I ragazzi in questa traccia ci raccontano di un malvagio demone dallo sguardo maniacale che, aggirandosi per le strade della città, fa a pezzi le sue vittime senza pietà alcuna. L'arrivo di questo demone viene annunciato come quello dell'Apocalisse, per avvertire gli abitanti che per loro non vi sarà alcuna possibilità di scampare a questa minaccia. Come riconoscere questo mostro? Semplice: occhi di sangue, un'ascia nella mano sinistra, una spada nella destra; se avvistate un'ombra nella notte, dunque, preparatevi a scappare più velocemente che potete, perché il tempo della vostra fine potrebbe essere giunto e la vostra morte potrebbe avvenire nel più brutale dei modi. Un ultimo consiglio: abbiate paura anche del solo nome di questo demone, non pronunciatelo, perché anche far vibrare il suono del suo nome nell'aria, potrebbe inesorabilmente portare al pericolo. Molto semplice ma "gustosa" la videoclip dei Kryptos per questo "Afterburner": in bianco e nero, vediamo la band eseguire il brano con i loro strumenti per l'intera durata del video. Nonostante ciò, essendo la clip girata estremamente bene, ciò è continuamente movimentato ed interessante. Del resto, con tutti i capelli posseduti dai ragazzi, non è difficile tenere il palco! Una piccola curiosità: non possedendo al momento la band un batterista, nel video batteria e relativo musicista non sono mai ripresi. A comparire nella clip sono dunque esclusivamente i tre attuali componenti del gruppo: Nolan Lewis alla voce e chitarra ritmica, Rohit Chaturvedi alla solista, Ganesh K., infine, al basso. Tutto sommato, un avvio più che positivo per questo album, con un brano che riesce perfettamente nel suo intento di unire melodia ad aggressività: è tempo di passare al secondo pezzo!

Cold Blood

La seconda canzone di questo lavoro si intitola "Cold Blood" (Sangue freddo), un titolo magari semplice, ma proprio per questo dal grande effetto. Pochi power chord, e già i Kryptos ci regalano qui una certezza: quello che stiamo per ascoltare è un brano assolutamente pesante dal punto di vista dell'incisività e non da meno rispetto al precedente. Penserete, a riguardo, che questa seconda mattonella del disco si mostrerà probabilmente più aggressiva e meno melodica rispetto ad "Afterburner": non è così. I Kryptos portano qui ad un livello superiore le loro capacità nell'unire aggressività e melodia con una strofa che, senza esagerazione alcuna, è anche più melodica rispetto a quella del pezzo d'apertura del full. La vera caratteristica di "Cold Blood" è, tuttavia, un'altra: con una ripetuta serie di quattro note e abbozzi di fraseggi alla "Iron Maiden", i tre musicisti donano continuo colore e movimento al brano, che non stanca mai scorrendo fluido come l'olio. Altro elemento che ci colpisce è lo stop dopo un minuto e cinquanta d'ascolto: il brano infatti si interrompe, e parte un riff più aggressivo rispetto a quelli della prima parte di traccia. Ricordate? Abbiamo descritto la presenza di una scelta estremamente simile nel brano precedente, in quello che a questo punto appare quasi come un "marchio di fabbrica" della band in quest'album. Per la cronaca: a noi le band con le proprie caratteristiche e i propri "marchi di fabbrica", piacciono! Ad ogni modo, dal riff di metà brano, i Kryptos sviluppano la melodia dell'assolo che, pur non sfociando mai nella velocità, esalta con armonia la melodia portante della traccia. Nel brano viviamo la nefasta avventura di un protagonista che, nel pieno della notte, si ritrova circondato da numerose misteriose figure dallo sguardo minaccioso, e apparentemente malintenzionate nei suoi confronti. Con lo scorrere della traccia, capiamo la reale entità di queste creature: ognuno di noi delle volte indossa delle maschere, e possiede dei pensieri, e queste mostruosità percepiscono ciò che è nella testa dello sfortunato protagonista. In un finale che resterà tuttavia aperto, non ci è chiaro capire se il nostro crollerà di fronte a ciò che, nella notte, vuole cibarsi della sua essenza.

Dead of Night

Non cambia il tema, non che ce ne fosse bisogno: perché il terzo e successivo brano si intitola "Dead of Night" (Il Morto della Notte). Del resto, la notte è infinatemente più heavy rispetto al giorno: provate a smentirmi se ne siete in grado! Power chord rilasciato, tempo dato dalla cassa di batteria, e si parte: non troppo veloce, non troppo lenta, down picking cattivo, andamento melodico e musicalità continuamente in evoluzione e incalzante; se la formula di questo "Dead of Night" non è, dopotutto, affatto diversa rispetto a quella dei due brani precedenti, certamente più potenti e pungenti appaiono le armonie. Nessun ritornello, se non un semplice e melodico accompagnamento di chitarra che, con una semplice sequenza di note, accompagna il riff principale del pezzo. Per il terzo brano consecutivo, invece, confermiamo un'indiscutibile attitudine della band: dopo esattamente due minuti infatti i tre moschettieri indiani interrompono la traccia, lasciando partire un riff di variazione. Di questa "Dead of Night" apprezzo tantissimo l'assolo di chitarra, che senza dubbio ricopre più un ruolo di primo piano rispetto a quanto ascoltato nei pezzi precedenti: unendo pacatezza a velocità, melodia ad improvvise accelerazioni in fraseggio, ad una sempre presente influenza "maideniana", i Kryptos trovano in questo frangente una formula assolutamente vincente. Le ombre sono dappertutto, la notte sembra quasi muoversi, e l'oscurità regna sovrana a mezzanotte sulle abbattute strade della città. I discepoli della Bestia, gli implacabili seguaci di Satana, scoccata la fine della giornata avviano un rituale demoniaco e selvaggio, facendo sorgere neri e famelici fantasmi che si cibano di sangue come fosse vino. La conseguenza? Urla e pianti, disperazione. Apparentemente nessuno sopravviverà al "morto della notte", apparentemente nessuno riuscirà a giungere vivo sino all'alba, e una volta sceso il crepuscolo, è saggio avere paura, cominciare a temere per la propria vita: il calare del sole altro non è che un presagio di morte. 

Red Dawn

Ed eccoci a "Red Dawn" (Alba Rossa). Il nome del pezzo è, in effetti, perfettamente sensato: abbiamo trascorso nel corso delle ultime tracce delle notti infernali, e adesso è tempo di vivere la macabra alba che ne succederà. Indovinate un po'! E' appunto l'alba, e a torturare gli abitanti della Terra stavolta arrivano creature aliene da altre galassie, tramite degli UFO stealth, invisibili e nascosti ad ogni forma di radar terrestre. La città torna ad essere scura e nera come la pece, le ombre sorgono ovunque, ed una misteriosa armata imperiale spaziale dimostra la sua forza abbattendo le resistenze terrestri. Le tecnologie di questi esseri, purtroppo, sono infinitamente superiori rispetto a quelle che abbiamo a disposizione sul nostro pianeta: così, una volta spazzate via le difese umane, le creature spaziali mostrano la loro peggiore natura. Sorgono infatti dei parassiti mostruosi, con una nera regina di carbone, ed uno strano suono, che ricorda quello dei canti delle sirene, preannuncia la totale devastazione della civiltà. Vi saranno dei sopravvissuti, gli sfortunati, in quanto saranno brutalmente schiavizzati, e non vedranno mai più la luce del giorno. In un mondo del genere, una cosa è certa, non varrà mai e poi mai la pena vivere. "Red Dawn", rispetto ai brani precedenti, è certamente più pesante e compatta, e trae la sua forza dal suo robusto groove. La componente melodica, solitamente fondamentale nelle tracce della band, non è trascurata, ma senza dubbio qui più in secondo piano. A predominare, al contrario, è la vena più aggressiva del complesso, a partire dalla linea vocale, senza dubbio più gutturale e raschiata. E' il ritornello, con la sua presenza, a donare quel lato melodico alla traccia che sarebbe stato altrimenti quasi del tutto assente. Come in "Dead of Night", in generale vi è qui in "Red Dawn" una maggiore cura dei fraseggi e delle soluzioni soliste, che pur non cadendo mai nella velocità o nel virtuosismo, accompagnano con gusto l'ascoltatore attraverso lo scorrere del brano. Un episodio tutto sommato valido, ma in particolar modo opportuno a dare quel tocco di diversità ad un album che altrimenti sarebbe a questo punto sembrato un po' monocromatico.

On The Run

E' il momento di "On The Run" (In Fuga), quinto pezzo di questo "Afterburner" dei Kryptos del 2019. Nel brano si racconta della triste vita di un uomo, in continua fuga e che vive nella più completa solitudine. A fargli compagnia, purtroppo, sono solo i suoi ricordi, ricordi di un tempo in cui era felice e aveva qualcuno di importante accanto. Lontano da casa, il protagonista si ritrova alla ricerca di una ragione di vita, un qualcosa che gli dia la scossa. Apparentemente, tuttavia, nulla può salvarlo e risollevarlo dalla sua situazione. Ciò in cui confida, allora, in una grigia e tempestosa giornata di città, è di riavere indietro la persona per lui più preziosa. "E' l'unico modo che ho di scacciare via i miei pensieri", riflette fra sé, "di ricucire le mie lacrime e riprendere ciò che mi appartiene". Questa speranza, tuttavia, sembra con lo scorrere della canzone e del testo affievolirsi sempre più, in una spirale che non solo non esaurisce le lacrime, ma sembra far rimbalzare sempre più i brutti pensieri: ci sarà una via di fuga? Avverrà quel qualcosa che restituirà quel bagliore, quella luce di vita? In molti si spegne, talvolta portando le conseguenze più nefaste. Dopo la più lenta e riflessiva "Red Dawn", i Kryptos scelgono in "On The Run" di tornare alle loro velocità medie, con compatti e costanti down picking che, nel corso della strofa, assistono la "piatta" ma mai troppo asfissiante voce del vocalist. Struttura e composizioni abbastanza semplici, qui in "On The Run", eppure non manca quell'approccio ereditato dalla NWOBHM e che, trascorso il primo minuto d'ascolto, si ritaglia indiscutibilmente il suo spazio nel brano. Da metà traccia, e poi nel corso dell'assolo di chitarra, la sinergia fra le due chitarre in asse britannico diviene ancora più evidente e, seppure ancora una volta i Kryptos non si cimentino nelle classiche scale a tutta velocità in salsa Heavy Metal, la parte appare più che godibile. Il pezzo si chiude con l'urlo "On The Run" del vocalist, che prontamente segue ad una serie di classiche plettrate verso il basso: conclusione opportuna per un brano che, pur non incendiando l'animo, si ritaglia meritatamente il suo spazio all'interno di questo full. Augurandoci che questo lavoro vi stia piacendo ed interessando, è tempo di addentrarci nella "terza" fase di questo lavoro con gli ultimi tre brani.

Crimson Queen

La sesta traccia di "Afteburner" è "Crimson Queen" (Regina Cremisi), un brano che tira fuori scariche di plettrata alternata intervallate da semplici power chord e dalla voce del vocalist, in una soluzione che appare estremamente vecchia scuola. Al contrario, ben più melodica è la parte relativa al ritornello, con i ragazzi indiani che propongono serie di note adatte a cullare l'ascoltatore in un ascolto non troppo impegnato. E, se la voce del chitarrista cantante non ricopre anche in questo caso molte sfaccettature differenti, certamente interessante è questa contrapposizione fra parte della strofa e sezione del ritornello. "Crimson Queen" è un brano che, con un numero davvero minimo di variazioni, riesce a non annoiare nei suoi quasi cinque minuti d'ascolto. Anche l'assolo di chitarra, nella sua estrema semplicità, si limita a seguire diligentemente il riff portante senza discostarsi troppo dalla parte ritmica. Senza esagerazione alcuna, dunque, potremmo definire questo l'episodio fino a questo momento più semplice e melodico del full e che, rimanendo comunque in linea con i precedenti, mantiene con rigore il sound portato avanti nel corso dell'intero album. Nel corso del brano i ragazzi ci raccontano di una mostruosa regina dallo sguardo mortale, e che intrappola la vittima al solo incrocio degli occhi. Una volta che ci si addentra all'interno di questo tremendo sogno, non vi è alcuna possibilità di fuggire o di liberarsi: la malvagità di questa mostruosa creatura prosciugherà tutta la luce presente nell'anima della propria vittima. Quella che opera su colui che viene intrappolato è magia occulta, e la regina cremisi ci viene descritta come niente meno che la signora dei non morti, la spietata guida dell'esercito della morte e che utilizza le persone intrappolate nel sogno per i propri sacrifici. Un testo "spietato" questo dei Kryptos, non certo il primo, in uno scenario che sembra uscito da un tema alquanto "Lovecraftiano". "Crimson Queen", nonostante le tematiche, ci ricorda che i Kryptos sono prima di tutto una band attenta alla musicalità e alle melodie, solo secondariamente un gruppo che trae dalle ritmiche taglienti la propria forza.

Mach Speed Running

Il penultimo episodio dell'album si intitola "Mach Speed Running" (Velocità della macchina), un titolo che subito non può rievocare nella nostra mente il fulcro della tradizione Hard & Heavy, con band come i britannici Saxon che, della presenza dei motori e in particolar modo delle due ruote nelle loro canzoni, ne hanno fatta un'identità. La situazione, in effetti, non sembra qui molto diversa: viviamo la straordinaria avventura di un protagonista innamorato del suo veicolo, che sfreccia a tutta velocità per le strade più adatte all'occasione. Il rombo del motore è descritto come un tuono, un tuono che si abbatte sulla lunga costa che viene attraversata a tutta velocità. Una volta che la notte cala, il motore viene paragonato alla vela di una nave che si appresta ad affrontare un lungo viaggio notturno. Guidare così a lungo, affrontare un viaggio avventuroso, viene nella traccia descritto come un comportamento ribelle, nell'accezione più positiva del termine e degno dei veri uomini, quelli che intendono vivere la vita a pieno e farlo a modo loro. Vi aspettereste dal titolo un brano magari più aggressivo o veloce, magari più "Saxoniano": niente di tutto ciò. I Kryptos rimangono al cento per cento fedeli al proprio sound, ma tirando fuori il meglio delle melodie a loro disposizione. Sin dal primo minuto d'ascolto, ci è possibile intuire che questa "Mach Speed Running" sia una delle tracce vincenti del disco, e le combinazioni di note appaiono talmente azzeccate da riuscire a farci sbattere la testa. Forse, ancor più che la title track "Afterburner", sarebbe potuta essere questa la canzone singolo dell'album. Il brano, come forse nessun altro all'interno del full length, riesce a riunire e valorizzare al meglio questa combinazione fra melodia e aggressività tipica della formula della band. L'assolo di chitarra, ancora una volta estremamente semplice e lineare, si limita con poche, lente e semplicissime note a seguire la chitarra ritmica. Forse si potrebbe addirittura dire che, in questo caso, il brano neanche possiede un vero e proprio assolo di chitarra. Anche la voce, pur non discostandosi affatto rispetto a quanto ascoltato nel corso del disco, risulta incredibilmente più valorizzata da un riff di questo tipo; infine, anche la semplice linea di basso, pur occupando un ruolo marginale all'interno del mix, si mostra calzante e opportuna. Belli anche i cori della band che, innalzandosi, ripetono energicamente il titolo del brano "Mach Speed Running". Se anche voi avete apprezzato questa traccia, non possiamo che auspicare con il prossimo e ultimo brano una degna conclusione dell'album.

Into The Wind

L'episodio conclusivo di questo album si intitola "Into The Wind" (Nel Vento), e si mostra certamente interessante per le sue liriche poetiche e quasi inaspettate, considerando le caratteristiche generali dell'album. Nel brano viviamo l'esperienza di un uomo che, coraggiosamente, decide di isolarsi da tutto seguendo la sua vera vocazione: partire per un'avventura da solo, e vivere come un tutt'uno con la natura. "Come un piccolo lupo", dunque, il protagonista parte per una camminata notturna, dove la vegetazione e la luna sono le uniche compagne. In quest'esperienza, l'uomo si sente finalmente forte, libero e indipendente, e percepisce nel vento lo spirito di una nuova vita che gli si prospetta innanzi. Con questa carica, che copiosa sente scorrere attraverso le vene, decide allora che mai, e poi mai, si volterà indietro: un'esperienza completamente nuova lo aspetta, e l'importante è crederci e portarla avanti con il giusto coraggio e la giusta forza di volontà. Nella parte conclusiva del testo, la band ci lascia comprendere che questa nuova vita si sta svolgendo perfettamente per il protagonista, in una sintonia con l'ambiente e con le stelle, luminose e ben visibili in cielo, che appare assoluta e incontrastabile. Le ultime parole della canzone, "For I Am One With The Night, And I'm Never Alone Ever Again" (Sono un tutt'uno con la notte, e non sono mai più solo), non lasciano alcun dubbio sul come si sia completato il connubio con la natura. Da questo testo, che tipo di brano vi aspettereste? I Kryptos scelgono di puntare su una sorta di incrocio fra il loro consueto stile e, per certi aspetti, una power ballad. Se l'avvio del brano è infatti del tutto roccioso e aggressivo, gli indiani decidono di proseguire con una soluzione alla "Fade To Black": i due chitarristi si cimentano, accompagnati del basso, nel medesimo fraseggio, che appare melodico e per certi versi malinconico al tempo stesso. Le velocità, certamente più pacate rispetto a quelle degli episodi precedenti, mettono allo stesso modo in risalto il lato più musicale del pezzo; e la contrapposizione fra la consueta voce raschiata del cantante-ritmico e questo tipo di sound risulta essere vincente. Sulla posizione di questa canzone all'interno della scaletta del disco, al contrario, nutro qualche perplessità, ma di questo avremo modo di parlarne nella fase conclusiva della recensione. Tutto sommato, "Into The Wind" riesce bene nel suo intento di regalare, ad un album forse un po' monocromatico, un colore comunque differente. Peculiare in ultimo luogo l'assolo di chitarra, che pur essendo molto semplice a livello tecnico e compositivo, è a differenza di quanto spesso avviene nel disco squillante e per certi versi dinamico. I quasi quaranta minuti d'ascolto sono passati, le otto tracce concluse, e augurandoci che non vi siate annoiati, è tempo di dedicarsi alle nostre conclusioni finali su questo lavoro.

Conclusioni

Nel complesso, con i suoi pregi e i suoi difetti, ho trovato questo album "Afterburner" dei Kryptos del 2019 un'uscita certamente interessante, che si discosta dalla massa dell'Heavy e del Thrash a livello di sound. Ho sempre ritenuto, infatti, che un disco per poter essere valido deve portare un sound compatto, unico ed originale, facile da contraddistinguere, e questo certamente i tre ragazzi indiani lo fanno: potrei aver ascoltato migliaia d'album, ma non me ne viene in mente uno che suoni nella stessa identica maniera di "Afterburner". Fra le varie influenze della band, tedesche e inglesi, non ve ne sono di particolarmente evidenti ed invasive dal punto di vista della sonorità. Basterebbe solo questo, secondo me, per rendere un paio di pezzi di quest'album degni di almeno un ascolto. Certamente peculiare è che, nonostante la presenza di due chitarre, ci troviamo ad oggi a parlare di un trio, come del resto è interessante l'assenza di un batterista dalla videoclip del singolo e title track del disco. Comunque, Nolas Lewis alla ritmica è impeccabile dal punto di vista dell'esecuzione, forse potrebbe espandere un po' i suoi orizzonti vocali, ma senza alcun dubbio è il componente fondamentale di questi Kryptos. Rohit Chaturvedi, alla solista, è molto pulito nell'esecuzione, pur attenendosi a suonare brani e parti soliste estremamente semplici dal punto di vista tecnico. Non sono un fan dei tecnicismi, ancor meno di quelli fini a se stessi, ma forse qualche volta un po' di brio in più potrebbe giovare a dei brani comunque già attenti alle componenti melodiche. Ganesh K., bassista del gruppo, si attiene infatti a linee piuttosto semplici sul quattro corde, ma sempre ben eseguite, anche se ascoltate con estrema attenzione. Certamente, se i ragazzi sono alla ricerca di un batterista come credo, meriterebbero di trovarlo. Il principale rimprovero che posso fare a questo "Afterburner" è quello di diventare ad un certo punto un po' troppo piatto, monocromatico, in quanto le caratteristiche dei brani e le formule si assomigliano davvero tanto. Stiamo parlando di un'uscita apprezzabile e che ha senso di esistere, parliamoci chiaro, ma è giusto tirar fuori gli elementi che potrebbero aiutare i Kryptos a raggiungere un livello superiore. Ad esempio, un fattore che non mi ha convinto è stato quello relativo alla scaletta: la power ballad, se così vogliamo definirla, "Into The Wind", sarebbe stata da posizionare in un punto centrale dell'album, così da spezzare l'ascolto fra brani magari un po' troppo simili fra loro; del resto si sa, mantenere viva l'attenzione di un ascoltatore nel corso dell'ascolto del disco è fondamentale. Oltre ad uno stile di voce più variegato, e un pizzico di coraggio in più negli assoli, magari anche un po' di sfrontatezza in più nelle composizioni potrebbe giovare ai Kryptos nel raggiungimento del massimo livello possibile. La qualità più importante, questi indiani, tuttavia già la hanno: possiedono un sound tutto loro. Tantissime band, con carriere lunghissime alle spalle, ancora non sono riuscite a raggiungere questo traguardo. Adesso, fossi un componente dei Kryptos, "mescolerei un po' le carte", per così dire. I pezzi che più ho apprezzato all'interno di questo full? Direi la title track "Afterburner", senza dubbio "Mach Speed Running", e forse proprio l'ultima e più melodica "Into The Wind" per la diversità e il colore che porta all'interno del disco. Apprezzo quando un album termina ancora meglio rispetto a come comincia, se questo è il caso. Questi Kryptos, e oggi comunque conferma ne abbiamo avuto, rappresentano una realtà importantissima per l'universo metallaro indiano, e penso che il loro paese possa essere orgoglioso di quanto stanno provando a fare. Vivere dal metal, purtroppo si sa, è quasi impossibile, ma fare qualcosa con passione ti permette di ricucire le tue giornate e portare avanti la vita con il sorriso: e basta vederli lontano un miglio, a questi ragazzi la passione non manca, credono davvero in ciò che fanno. Il mio voto a questo full length? Un meritato 7 su 10. Chiudiamo infine la recensione raccontandovi come di consueto dell'artwork di questo album: nel più puro stile defender, su uno sfondo sterrato e dai colori caldi, impenna un cavaliere sulla sua motocicletta. Il cavaliere brandisce in maniera aggressiva la sua spada. Armature e motociclette, avete mai visto qualcosa più Heavy Metal in una copertina sola? Dai colori caldi dello sfondo si contraddistingue il piacevole giallo del logo della band, del titolo dell'album, e del fuoco lasciato dalla due ruote sulla sua scia. Una visione certamente piacevole nel complesso, ed in grado di bloccare un potenziale acquirente sia in un negozio di dischi che sul web. Io spero che vi troviate in linea con le mie analisi su questo disco, in alto le corna e ci becchiamo alla prossima recensione!

1) Afterburner
2) Cold Blood
3) Dead of Night
4) Red Dawn
5) On The Run
6) Crimson Queen
7) Mach Speed Running
8) Into The Wind