KREATOR

Coma Of Souls

1990 - Noise Records

A CURA DI
MICHELE MET ALLUIGI
25/04/2018
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione Recensione

Continua il viaggio di Rock & Metal in My Blood attraverso quel mare di violenza e voglia di distruzione che è la discografia dei Kreator, nome teutonico di cui non si potrà mai fare a meno di sottolineare l'importanza e l'originalità nell'evoluzione del Metal. L'anno è il 1990, molti sostengono che ormai la "vecchia guardia" del thrash abbia detto tutto e ci si debba rassegnare a quel presunto calo dei grandi nomi dell'Heavy a discapito del nascente Grunge; eppure c'è chi, come il buon Mille Petrozza, ha continuato per la sua strada con fierezza e coerenza, completamente noncurante di quei musicisti di Seattle che in quegli anni venivano definiti nuovi paladini del Rock dalle maggiori testate mainstream. "Coma of Souls" si può collocare fra quei dischi che hanno rappresentato l'urlo di battaglia della scena tedesca di fine anni ottanta, pronta a correre in soccorso alla momentanea stasi dei colleghi d'Oltreoceano e portare avanti il verbo della tradizione attraverso canzoni fatte di riff taglientissimi e ritmiche mitraglianti quanto una MG42 lasciata libera di falcidiare nemici. Il Grunge ebbe di sicuro un ruolo importante all'interno del panorama musicale, su questo non ci piove, ma non è certo questa la sede per discuterne; gruppi come i Kreator, d'altro canto, sono stati in grado di rispondere a questa nuova ondata sonora con una nuova scarica adrenalinica di Thrash Metal. Va poi considerato che molti dei metallers dell'epoca non ebbero abbastanza lungimiranza da accettare quelle novità che furono necessarie per evolvere un genere: c'è chi addirittura definì venduti i Metallica solo per aver girato un videoclip (quello di "One") e di aver così ceduto il Thrash Metal alle lusinghe del mercato, ma teniamo sempre a mente una cosa: la fierezza e la genuinità di un primo lavoro di una band, dato che sembra essersi consolidata la moda del bollare ogni gruppo con la anacronistica sentenza "erano meglio nei primi album", non sarebbe tale se a quell'iniziale capitolo discografico non avrebbero fatto seguito gli altri dischi con cui poterlo paragonare. Possiamo anche sollazzarci con quelle band talmente fiere e "true" da aver composto un solo album divenuto un must, ma personalmente il sottoscritto preferisce godersi la vastità di campionario di artisti come i Kreator, che da quell'aggressivissimo "Endless Pain" hanno saputo costruirsi un percorso artistico sempre incentrato sulla violenza sonora, ma sempre mdellato sulla novità e sulla freschezza compositiva. Dai riff tagliagole sferzati a più non posso siamo arrivati all'eccellenza di arrangiamento odierna, che non ha assolutamente messo da parte la sete di sangue ma anzi la esprime in una frma più evoluta, matura ed efficace."Coma Of Souls" è un disco che ancora oggi spicca nella discografia del gruppo tedesco proprio per la sua fondamentale importanza, in quanto primo giro di boa in questo senso: il precedente "Extreme Aggression", seppur degno di nota, resta però ancora troppo legato alla furia dei primi lavori, mentre il disco del 1990 si presenta come un salto di qualità rispetto al passato, che, manco a farlo apposta, viene pubblicato nel primo anno della nuova decade, come una sorta di nuovo inizio per una band che, dopo neanche 10 anni di attività si accingeva a scalare l'Olimpo del Thrash con il fare di un carro armato che sale su per il pendio macinando l rocce sotto i suoi cingoli. Già a partire dall'artwork del lavoro, si nota come la band voglia differenziarsi dai lavori precedenti, puntando su una grafica più minimale a livello di contenuti ma sempre di forte impatto: sullo sfondo vi è infatti una graglia metallica, dietro la quale si vedono delle immagini soffuse e al centro della scena compare la testa di un demone, la mascotte del gruppo chiamata Violent Mind (figura destinata a comparire ancora sulle copertine del gruppo) con la testa chinata in avanti, in modo da farci ben vedere lo squarcio su di essa ed il relativo contenuto. In questo spiraglio notiamo una scena particolarmente caotica, con delle figure umane avvolte tra le spire di alcuni serpenti famelici, un'efficace di come il male attanagli l'uomo imprigionandone l'anma in quell'involuco di carne che è il corpo; l'anima quindi resta ferma, immobile, in uno stato di oblio che lentamente la conuduce al definitivo spegnimento e al coma irreversibile.

When The Sun Burns Red

Il disco si apre con "When The Sun Burns Red" ("Quando Il Sole Sorge Rosso"), il sole sorge e risplende rosso su un campo di battaglia che verrà presto bagnato dal sangue dei caduti e prima dell'infuriare dello scontro, che si verificherà di lì a poco non temete, i Kreator creano quell'atmosfera epica necessaria al loro ingresso nell'arena dei gladiatori del Metal: è infatti un arpeggio a costituire i primi secondi della traccia, le pennate si fanno delicate e fluide e l'ingresso della chitarra solista ci può quasi fare percepire l'elettricità nell'aria, in un momento a metà fra un duello western dei film di Sergio Leone e lo scenario di Omaha Beach prima dello sbarco del D-Day. Tutto per ora è calmo, non scorgiamo nulla all'orizzonte, eppure sentiamo che presto sarà la fine del mondo. Dopo questa magia, l'urlo di guerra viene lanciato, il brano parte subito in quarta con un quattro quarti lineare che ha il compito di sostenere un riff decisamente old school; Frank Blankfire e Mille Petrozza dimostrano ancora una volta di essere dei maestri in fatto di shredding, il plettro martella le corde per tutta la strofa per poi rendersi un vero e proprio macigno nel mid tempo che caratterizza il ritornello: velocità, pesantezza e precisione arrivano così ad intervallarsi in un brano tanto old school quanto letale. Il tema del testo è a sfondo ambientalista (tematica peraltro non insolita nelle loro liriche), la natura che si ribella ai soprusi dell'uomo è un tema molto caro alla band di Essen, che non manca di raccontarci gli effetti dannosi dell'inquinamento e la conseguente vendetta della nostra matrigna con una precisione cinica ed inesorabile ("Winter turns to summer, then the seasons disappear, no one needs a prophet, to explain what's all too clear, oceans overflowing, islands drowning everywhere, leaders wouldn't admit it, now they're crying in despair" trad. "L'estate diventa inverno, le stagioni scompaiono, non occorre un profeta, per spiegare ciò che è chiaro a tutti, gli oceani traboccano, le isole affondano ovunque, i leader non lo vogliono ammettere, ma adesso stanno piangendo dalla disperazione") ai soprusi umani si aggiunge quindi l'ipocrisia dei leader politici, che ci nascondono la reale gravità delle cose dietro una falsa noncuranza; il surriscaldamento globale ormai si è compiuo, ogni anno gli oceani perdono quantità sempre maggiori di acqua e le calotte polari si sciolgono a mano a mano che il tempo passa, tutto per colpa dell'industrializzazione sfrenata dell'uomo, che con le sue fabbriche infesta il pianeta come un virus letale. La natura sta soffrendo, ma si sta anche preparando per contrattaccare: non dobbiamo infatti stupirci delle sempre maggiori quantità di terremoti e cataclismi che spazzano via migliaia di persone ad ogni occasione, quello è un chiaro segno della soglia che abbiamo ormai suerato da tempo, la Terra ne ha abbastanza e presto ci verrà presentato lo scotto da pagare. Ingenuamente facciamo finta di nulla ma i segnali sono chiarissimi, tornado e tempeste altro non sono che ammonizioni del pianeta che ci ospita, non sappiamo ancora quando e come la natura si prenderà la sua rivincita, ma di sicuro quando agirà per noi sarà troppo tardi. 

Coma Of Souls

La titletrack "Coma Of Souls" ("Coma Delle Anime")si apre con il charleston a scandire il tempo come un metronomo prima dell'ingresso delle chitarre, ancora una volta aggressive e veloci; il ritmo si fa più sostenuto e le parole della strofa vengono urlate dal cantante italo-tedesco in maniera scandita e serrata prima di scatenare un vero e proprio inferno. Il songwriting dei Kreator si è fatto più elaborato rispetto ai dischi precedenti, non mancano quindi cambi di tempo e progressioni atte a creare quel senso di disorientamento pari solo al giramento di testa che si ha quando si fa headbanging, inutile ribadire che parlando di Thrash Metal questo desiderio si avverta dall'inizio alla fine di un disco. A sbalordire sul main riff della traccia è la precisione chirurgica di Ventor alla batteria, il suo doppio pedale infatti copre minuziosamente ogni pennata di chitarra ritmica conferendo al pezzo una potenza fuori dal comune, sempr spingendo sull'acceleratore in materia di tiro ed energia. A differenza della traccia precedente, il bridge che collega la strofa con il ritornello si chiude rallentando, con i tom a tenere il tempo, per poi ripartire in una vera e propria mazzata; si crea così uno stop and go particolarmente efficace che ci regala un voluto senso di disorientamento durante l'ascolto, come quando siete sull'autobus e l'artista frena per poi ripartire di colpo. Chi come il sottoscritto ha avuto modo di vedere i Kreator da vivo sa bene quanto i loro stop and go siano efficaci per scatenare la bolgia e come l'esperienza accumulata negli anni Ottanta consenta alla band di sperimentare diverse soluzioni ritmiche atte sempre a spianare ogni muro si trovi davanti. Per quanto riguarda l'assolo, la linea artistica seguita da Frank Blankfire è quella della vecchia scuola estrema di gruppi come Venom, Hellhammer e Slayer: una raffica di scale cromatiche mitragliate alle più folli velocità su un sostegno ritmico solido e costante, tanto da farci supporre che le sue dita siano mosse dalla mente del demonio piuttosto che da quella umana e invece no, sono semplicemente i Kreator, una delle band più devastanti di sempre. Il testo racconta nuovamente la cruda verità e purtroppo le cose sembrano non essere cambiate, anche se il brano è del 1990: i leader mondiali lucrano e gozzovigliano con i profitti che ricavano dalle guerre, spacciandosi per alfieri della pace quando in realtà non sono altro che dei commercianti di guerra, mentre il resto del mondo viene tenuto in coma attraverso la falsa informazione, in modo tale da essere innocuo, ma in realtà le guerre uccidono e distruggono tutto inesorabilmente ("Children are pawns, for generals to play with and kill, mercy will never be found, where mayhem is down for the thrill, righteous crusades, murder to honor a god? No one is saved, dead bodies shrivel and rot" trad. "I bambini sono pedine per i generali, con cui giocare ed uccidere, la misericordia non sarà mai trovata, mentre la distruzione si riversa per l'emozione, giuste crociate ed omicidi per onorare un dio? Nessuno è al sicuro ed i corpi morti avvizziscono e marciscono"); In televisione e sui giornali si sente solo parlare di come i vari politici siano sempre attivi in negoziati di pace e firme di nuove tregue, ma viene quindi spontaneo chiedersi come mai le armi sparino ancora ed i contingenti militari siano sempre sul campo? Il profitto, unico motore di tutto, nient'altro. Il Medio Oriente fa gola per il petrolio e la jihad che combattono i guerriglieri musulmani si presenta inoltre come un ottimo mercato da rifornire con armi rigorosamente made in U.S.A o Russia, dato che a vedere un guerrigliero saudita con un ak 47 o un Kalashnikov in mano non si presume certo che lo abbia trovato per caso tra le sabbie del deserto. Il denaro è denaro e fa gola da qualsiasi parte esso provvenga, non importa quanti civili, specialmente bambini, dovranno morire, l'importante è fare cassa di nascosto, mentre le coscienze e le anime di tutti vengo tenute in coma mediatico.Ciò che ha sempre caratterizzato le liriche di Mille Petrozza è proprio il non aver mai avuto peli sulla lingua e questa, come tante altre sue canzoni, ne è la prova. 

People Of The Lie

Un inizio dichiaratamente marziale è quello di "People Of The Lie" ("Gente Della Menzogna"): la batteria procede con degli stacchi ritmati sui tom, a cui si aggiungono degli accordi di chitarra decisi e stoppati ed un fraseggio dal gusto tipicamente doom con le sei corde armonizzate. Si parte con il quattro quarti utilizzando solo charleston, rullante e cassa, creando così un tempo secco e martellante, mentre le chitarre alternano una ritmica in palm muting ad una sequenza di powerchords aperti, che rendono questa traccia decisamente più orecchiabile delle precedenti. Il tiro del brano è decisamente più hard rock ma non per questo i Kreator perdono in potenza, anzi, dopo un passaggio di batteria inizia un assolo che pur avendo poco di thrash metal sembra essere ideale per lo schema ritmico su cui si stende: le note si legano fra loro attraverso diversi bending, hammer-on e pull-off che rendono la partitura più fluida e morbida, dando inoltre una mirabile prova del talento chitarristico dei due chitarristi, ma ecco entrare Ventor con il raddoppio di cassa, i cui trentaduesimi riportano la band sulla rotta principale di dragamine del Thrash. Sul finale il gruppo si lascia andare, abbandonando Petrozza e Blankfire allo stupro ripetuto dei floyd rose delle loro chitarre mentre un accordo tenuto in fade out chiude il pezzo con la stessa potenza con cui è iniziato. Semplice, conciso e diretto, proprio come vogliamo che sia la tradizione più genuina del genere. Il messaggio del testo è indirizzato a tutte le persone false ed opportuniste che ogni giorno infestano la nostra vita, i Kreator comunque non sembrano succubi della cosa, al contrario, come da programma lanciano a questi inutili soggetti un avvertimento molto chiaro, lo sfogo di Mille Ptrozza ora si incanala su un unico soggetto, il quale, diventa il perfetto capro espiatorio per chiunque abbia un conto in sospeso con qualcuno, ed è inutile dire che il thrasher non usa tanti giri di parole: ("You are to me the waste of flesh and blood, i'd love to see you buried in the mud, and when you die no one will shed a tear, so pass me by don't need your hatred here" trad. "Tu sei per me uno spreco di carne e sangue, fremo dalla voglia di vederti sepolto nel fango, e quando morirai nessuno verserà una lacrima, stammi alla larga  non ho bisogno del tuo odio qui"). L'altra persona non è nemmeno degna di poterci guardare, dato che noi ce ne stiamo ben lontani ed in disparte per non essere accecati dallo sfarzo che questo sogggetto fa di sé né per avere le narici intrise dell'olezzo della sua ipocrisia. La soluzione più efficace per disfarsi di questi fastidiosi individui è una ed una sola: il genocidio, perchè Mille Petrozza cataloga gli ipocriti come una vera e propria razza, l'unica e la sola con la quale è concesso essere razzisti fino al midollo, ed attuare una soluzione finale di stampo nazista. Non si tratta quindi di essere cattolici, ebrei, protestanti, bianchi, neri, gialli, comunisti, fascisti o altro, se sei una persona ipocrita sei un male a prescindere, la tua condizione viene prima del colore della tua pelle o del tuo credo politico o religioso, se sei una persona falsa meriti solo di essere sterminato. Se avete appena litigato con qualcuno e siete arrabbiati a tal punto da avere la bocca bloccata questa canzone potrà parlare per voi.

World Beyond

La seguente "World Beyond" ("Il Mondo Oltre") riporta i Kreator indietro nel tempo, più precisamente alle loro origini, quando la velocità era l'elemento costituente delle loro canzoni. La batteria parte senza guardare in faccia nessuno e lo schema del brano, molto più standard dei precedenti, conta in totale solo tre cambi di tempo, tutte varianti del quattro quarti (noto anche come "tupatupa") che tutti i thrasher venerano e pretendono in ognuno dei loro album referiti. Abbiamo di fronte agli occhi, e dentro le orecchie, una canzone alla vecchia maniera, quasi retrò se vogliamo, che in un disco dei Kreator comunque ha sempre un suo perché ed in questo caso ci regala uno sguardo indietro ai Kreator che furono concessoci dai Kreatori che sono; nel 1990 la band di Essen è ancora molto giovane (con questo nome infatti la loro carriera iniziò nel 1984) e nonostante gli enormi passi avanti fatti in soli sei anni, questi musicisti stanno ancora lavorando per trovare quel sound distintivo ed immediatamente riconoscibile che troveranno solo qualche anno più avanti; la strada è ancora lunga e per certi aspetti incerta ma di sicuro questi quattro musicisti sanno di voler evolvere la loro cretura: gli spunti per la crescita tecnica ed artistica comunque si fanno già sentire su questo lavoro, ma Petrozza e soci sono ancora una band old school e questa traccia nello specifico, con la sua struttura semplice, breve e diretta, farà breccia nel cuore di tutti i fans della vecchia guardia. Le sei corde sfoderano un riff serratissimo e mitragliante ed il basso traccia insieme alle pelli di Ventor una ritmica rapida e lineare come un treno in corsa; l'unica parentesi di spicco risulta essere l'assolo, un estratto di pura tecnica speed metal di scuola eighties, che trova in Steve Vai un suo degno maestro e mentore. Anche il testo ricalca un clichè della tradizione extreme: il viaggio all'Inferno, il mondo dell'aldilà per l'appunto, che ogni metalhead sogna di compiere al cospetto dell'oscuro signore per potergli offrire in pegno la propria anima ("Reach for the reaper's scythe, sailing the river Styx, watching the other side, casting an ancient hex, journey to the gates of hell, dying to break the bond, nothing but a soul to sell, no room in Satan's pond" trad. "Alla ricerca della falce del mietitore, navigando sul fiume Stige, guardandone l'altro lato, tracciando un antico pentacolo, viaggiando verso i cancelli dell'Inferno, morendo per spezzare il legame, non avendo nulla da vendere se non l'anima, non c'è posto nello stagno di Satana"), Il fiume Stige, il mietitore e il pentacolo sono tutti simboli ormai affermatissimi nell'immaginario Heavy Metal e la chiave con cui vengono riproposti in questo testo sa tanto di già visto, ma il che è plausibile, dato che come abbiamo detto questa canzone possiede ancora tutti i canoni dei Kreator degli albori. Anche nel viaggio nel mondo ultraterreno Mille Petrozza non perde certo la sua arroganza: egli infatti possiede la mente sgombra da ogni paura e lascia senza timore aluno che gli spettri passino attraverso le sue carni come l'acqua che si discosta per lasciar passare chi vi ci cammina dentro. In un universo di dolore straziante e follia, il Thrasher tedesco avanza fiero ed impetuoso, sereno come colui che è riconosciuto all'unanimità come profeta in vita di tutto ciò che si nasconde oltre le soglie della morte. La musica dei Kreator infatti narra continuamente di violenza, dolore e follia e ciò rende in qualche modo gli autori dei cantastorie di questa dimensione sulfurea, lasciate ogni speranza o voi che entrate dunque, l'unico modo per prepararvi all'oltretomba e spararvi in cuffia i Kreator. 



Terror Zone

L'apertura di "Terror Zone" ("Zona Di Terrore") farà drizzare le orecchie a tutti gli appassionati delle sei corde: il fraseggio melodico eseguito con un armonizzazione dei due strumenti è un espediente ormai assodato nel Metal, specie nei generi più estremi, tanto che sarà usato, fra gli altri, anche dai Metallica, dai Megadeth e, più avanti, dai Death. L'efficacia di questa soluzione conferisce un tocco epico e solenne all'inizio della canzone e crea la giusta atmosfera per il lancio della strofa; solo un powerchord tenuto fa da legame fra le due parti, poi la batteria irrompe a sostenere l'intero sviluppo, costruito su un crescendo che ricorda le lunghe suite strumentali create dai Four Horsemen; tuttavia, il pezzo procede lento e cadenzato, in un'interessante dinamica tra quarti ed ottavi che rende ogni colpo sul rullante pesante come una martellata. Anche le chitarre rallentano provvisoriamente in favore di un riff con più groove, le pennate al vetriolo lasciano qui lo spazio agli accordi aperti, che si chiudono in palm muting solo nel ritornello. Ma i Kreator in questo frangente si sono riposati anche troppo: a metà canzone è nuovamente Ventor a segnare il cambio, con un passaggio sui fusti senza infamia e senza lode (non del tutto preciso) che lancia la seconda strofa al fulmicotone, un nuovo quattro quarti serrato fa da impalcatura per un assolo puramente speed metal, dove il tapping ed il bending regnano sovrani. In questa parte della traccia anche il riff ritmico si fa più elaborato e la batteria si lascia andare ad una sequenza di raddoppi che conferisce al tutto una struttura più quadrata prima di arrivare al finale, dove viene ripreso il fraseggio iniziale. Le liriche ci portano nei meandri più oscuri della mente, dove i timori ancestrali creano nei nostri incubi delle creature grottesche che ci conducono nella zona del terrore, dove ogni razionalità scompare ("A darkness as cold as ice surrounds me in this place, i probe a veiled phobia, all my own creatures crawl out from my weirdest, wildest dreams they are flesh, not fantasy, they drag me inside the terror zone" trad. "Un'oscurità fredda come il ghiaccio mi circonda in questo posto, esploro una velata paura, tutte le mie creature strisciano fuori dai miei sogni più strani e selvaggi, sono carne e non fantasia e mi conducono nella zona del terrore"): Mille Petrozza si rende narratore in prima persona di questo viaggio nel subconscio: dentro di lui sente che le spire dello spazio e del tempo si annodano in una nuova dimensione al di fuori di ogni logica umana, i pensieri si disfano ed immediatamente l'anima intraprende un viaggio verso un nuovo universo, nel quale solo ghiaccio e gelo circondano il thrasher tedesco, in lui sente velarsi una fobia che diventa sempre più incontrollabile, le reature del subconscio danzano intorno a lui, egli le osserva e vede che sono fatte di carne ed ossa, queso vuol dire che non si trova in un sogno, bensì in un antro irrazionale concreto. I demni ed i fantasmi che in passato ignorava come "fantasie da bambini" ora sono lì, davanti a lui che gli stracciano la pelle di dosso e che gli rbano le ossa per farne dei malsani giocattoli, orai tutto è erduto, benvenuti nella zona di terrore!. 

Agents Of Brutality

Un fade in di chitarra apre "Agents Of Brutality" ("Agenti Di Brutalità") lo spazio è unicamente della sei corde fino a quando un urlo straziante di Mille Petrozza non irrompe a dare il via al pezzo; lo sviluppo è lento e funereo, a riprendere la tradizione dei Black Sabbath, ma è solo un attimo prima che un break, con l'immancabile riff chitarristico, introduca l'ennesimo tupatupa inarrestabile. Il cantato diventa più acido ed al limite dello screming ma questa canzone è quella che maggiormente delinea i tratti stilistici dei Kreator in fatto di velocità e struttura dei brani; le chitarre sostenute e la batteria inarrestabili sono i due elementi che da sempre caratterizzano la band tedesca ed in questa traccia viene inoltre sperimentato un procedere lento e doom, sul quale si lancia un assolo veloce e preciso, creando così un'alternanza vincente. Fin qui "Agents Of Brutality" si dimostra il brano più dinamico del disco, esso infatti possiede tutto ciò che un brano thrash che si rispetti deve avere: strofa lineare e veloce, stacchi groove, melodia e precisione, tanto che ancora oggi questo brano non può mancare nelle scalette dei loro concerti. Particolarmente efficace è il lavoro delle sei corde, che qui hanno modo di esprimersi maggiormente attraverso i fraseggi melodici, i quali consentono a Petrozza e Blankfire di dare il meglio anche in una parentesi che fino adesso è stata lasciata un po' in secondo piano. Il testo parla di un omicidio eseguito da alcuni sicari metodici e letali, che rapiscono e scannano la vittima indifesa che ha collaborato con le autorità ("Minutely planned professional crime, assasination at night, cold-blooded killers on a midnight hunt, for a girl who cannot fight, kidnapped, tortured, skinned alive, victim of wanton abuse, without protection a life is lost, condemned for speaking the truth" trad. "Un crimine professionale e pianificato minuziosamente, rapita, torturata e scannata viva, vittima di un abuso lascivo, senza protezione una vita è persa, condannata per aver detto la verità"), non parliamo quindi di un brutale omicidio compiuto in preda ad un raptus, ma di un'azione meditata e metodica studiata nel dettaglio di ogni sua fase, perpetrata ai danno di "una ragazza che non può combattere" ovvero una vittima talmente inerme da essere definita con una ragazzina senza via di scampo. Evidentemente stiamo parlando di un pentito, un malavitoso che dopo essere stato catturato dalla polizia ha iniziato a "cantare" forntendo alle autorità informazioni sui suoi complici. L'integrità del piano è dunque compromessa e questo canarito va zittito e subito prima che i poliziotti facciano degli altri arresti. Il malcapitato viene rapito dalla cella e sottratto all'autorità degli agenti e adesso sono tutti cavoli suoi; sarà portato in un vecchio magazzino dove sarà legato ad una sedia e torturato nella maniera più sadica possibile, perchè gli infami non simeritano il regalo di una morte rapida ed indolore ma devono pagare per ogni parola delle proprie soffiate, attraverso una lunga e straziante tortura.



Material World Paranoia

Le pelli di Ventor danno inizio alla successiva "Material World Paranoia", ("Paranoia Del Mondo Materiale") dando sfogo a tutta la loro potenza in una serie di passaggi che accompagna un breve assolo di chitarra, poi una parentesi a stacchi prima dell'arrivo della strofa, nuovamente sostenuta da un quattro quarti. Questa volta però, la prima frase di strofa viene cantata su un break che riprende con il tempo solo successivamente per arrivare poi al ritornello, che lascia di nuovo spazio al lavoro sui tom; una struttura non ancora utilizzata finora, che per quanto originale spezza un po' troppo il ritmo se accostata alla strofa old school tanto amata dai Kreator. Molto meglio strutturata invece si presenta la seconda parte del brano, dove i cambi di tempo sono meglio piazzati e dove la varietà ritmica non fa perdere l'omogeneità alla canzone; da qui in avanti il brano zoppica decisamente meno e si rende molto più fruibile ed adatto all'headbanging; se anche la prima parte della traccia fosse stata composta su questo stile le dinamiche sarebbero state sicuramente  più efficaci, ma i Kreator non sono certo da biasimare, perché come si accennava sopra stanno ancora sperimentando varie soluzioni per rendere il loro thrash diverso da quello delle altre band ed immediatamente riconoscibile; nel complesso la traccia è ben riuscita solo nella seconda metà ma chi ama la band guarderà sempre il bicchiere mezzo pieno ed apprezzerà comunque Petrozza e soci per aver creato qualcosa che non sia la solita fotocopia di quanto fatto prima di loro. È l'impegno sociale ad essere il tema principale: il consumismo sfrenato e la paura dell'uomo di perdere tutti i suoi beni erroneamente ritenuti necessari, vale a dire quei beni di consumo di cui si può benissimo fare a meno ma che i media ci presentano come assolutamente da avere, lo fanno cadere in uno stato di paranoia ("Don't dream about how life can be, experience your dreams before this prefab culture wastes your life, stay on the straight and narrow course, material wealth is yours but the promise of a better future is a lie, the promise of a better future is nothing but a lie" trad. "Non sognare come la vita potrebbe essere, vivi i tuoi sogni prima che questa cultura prefabbricata ti faccia sprecare la tua vita, resta su una rotta stretta e sicura, la ricchezza materiale è tua ma la promessa di una futura vita migliore è una bugia, la promessa di una futura vita migliore non è nient'altro che una bugia"), L'industrializzazione ci ha pian piano disumanizzati: con l'avvio delle catene di montaggio infatti l'essere umano è anch'esso diventato una macchina il cui lavoro è finalizzato alla produzione (e qui non si può non pensare alla denuncia satirica di Charlie Chaplin nella sua pellicola "Tempi Moderni"), gli uomini vengono sotoposti a turni di lavoro incessanti, costretti a ripetere all'infinito determinati movmenti come se fossero gli ingranaggi di un meccanismo, cauando quindi una frustrazione intinseca del lavore e dando vita ciò che Karl Marx definì "alienazione". Per l'arte, la bellezza e la vita non c'è più spazio, ormai bisogna solo produrre e vendere. Questo è il dogma ed ecco quindi diffondersi al tempo stesso la paranoia più totale, il timore di non essere in grado di rispettare i ritmi di produzione richiesti dal mercato, causando cosìun calo delle vendite e del profitto. La poetica figura dell'artigiano ormai è stata spazzata via dalla produzione industriale su vasta scala, alla malora quindi le piccole batteghe in favore delle grandi industrie, con prezzi sempre più competitivi. Le corporazioni di cui si accenna nella lirica non sono più quelle medioevali, il termine ogggiorno indica invece le lobby dei manager d'azienda, i vari "responabili" e "direttori marketing" che hanno come unico obiettivo l vendita della merce ed i profitti, anche a costo della pelle degli operai che quei beni li producono. ancora una volta i Kreator si scagliano contro quella ristretta parte della popolazione mondiale che detiene il potere e la ricchezza. 

Twisted Urges

All'inizio di "Twisted Urges" ("Urgenze Deviate") troviamo nuovamente un fraseggio eseguito dalle due chitarre armonizzate, ma questa volta molto più breve di quello suonato su "Terror Zone"; la partenza del brano è immediata, con il rituale quattro quarti a sostenere un riff particolarmente veloce e complesso, la prima strofa scivola via senza che quasi possiamo rendercene conto ma a tenere alta la nostra attenzione interviene un medley cavalcato in stile Megadeth sul quale Petrozza urla con tutta la sua rabbia una nuova porzione di testo, prima che l'assolo da manuale del thrash arrivi a frantumarci i timpani. Dopo la parentesi solista, in cui anche Ventor dietro le pelli ha avuto modo di liberare tutto il suo estro, una rapidissima terza strofa ci porta al finale netto della traccia, in appena due minuti e quarantasette secondi di potenza travolgente; l'originalità di questa canzone è proprio quella di essere costituita da tre blocchi diversi fra loro, uniti in maniera decisamente azzeccata e condensati in poco nemmeno tre minuti, potendo così creare un'atmosfera decisamente frenetica. Non vi è quindi nessuna ripresa di elementi iniziali del brano, questa ottava canzone può quindi essere considerata, a suo modo, una specie di progressive thrash metal, dove a colpire non è tanto la tecnica ma la varietà stilistica. Come tema delle liriche troviamo la perversione, in particolar modo quella sessuale, tema che per la prima volta trova uno spazio particolare nei testi del gruppo tedesco: le urgenze deviate di cui si parla sono tutte quelle fantasie malate che si possono avere su una donna, raccontate con la calma e la tranquillità che solo un maniaco che le attua può avere mentre si diverte con una povera donzella indifesa ("Hell couldn't be this bad, sold by her father to gratify, she never hand a chance, raped, beaten, sodomized, her martyred soul cries out, yet no one hears her scream, her world is fear and doubt, she's a prisoner of this groteque scene" trad. "l'Inferno non può essere così male, è stata venduta da suo padre per soddisfarmi, lei non ha alcuna possibilità, stuprata, picchiata e sodomizzata, la sua anima martoriata urla ma nessuno ne sente le grida, il suo mondo è fatto di paura e dubbio, lei è prigioniera di una scena grottesca"). Si tratta in fondo di soddisfare i sogni più morbosi, quelli che non dormono mai, anche nella notte più profonda, quando certi individui sono ben svegli e chiusi tra le quattro mura del loro scantinato, dove tengono prigionieri la fanciulla rapita per strada. "Cosa farci con quel giocattolino?" Questo è pensa un deviato mentre è lì che s compiace guardando la ragazza legata e priva di ogni difesa, anzi, proprio questa condizione lo eccita a tal punto da stimolarlo a toccarsie soddisfare così la propria lussuria. Lei è li che urla e si dimena, ma quelle catene sono troppo forti per lei, la disperazione di lei è pari all'eccitazione di lui, che la afferra con forza, la colpisce e poi la fa piegare in avanti per darle il ben servito, violando tutti i suoi più intimi anfratti, le urla sono disperate, eppure nessuno ode nulla, da fuori la notte passa tranquilla, e le grida disperate della vittima restano inudite, dissolte nell'oscurità della notte. viene quindi descritto di come una ragazza possa essere violentata senza che la bestia che la aggredisce provi il minimo rimorso e soprattutto senza che nessuno dica niente, questa è l'omertà: vengono perpetrati crimini su rimini a pochi metri di distanza da noi ma nessuno ha sentito nulla ed il colpevole addirittura "è sempre sembrato una brava persona". 



Hidden Dictator

Su "Hidden Dictator" ("Dittatore Nascosto") abbiamo modo di apprezzare il basso di Roberto Fioretti, che nelle canzoni precedenti è rimasto "eclissato" limitandosi a creare solide ritmiche insieme alle pelli di Ventor; in questo inizio di brano ha modo di sfoderare un break semplice ed efficace che si pone a base dei powerchords possenti delle due chitarre. Lo sviluppo della canzone resta sempre veloce e sostenuto ma il tempo questa volta mette da parte il quattro quarti lineare per lasciare lo spazio ad un disegno sincopato che accelera solo nel bridge e nel ritornello; a segnare i cambi è nuovamente il doppio pedale di Ventor, che ha già avuto modo di dimostrare tutta la sua maestria in fatto di raddoppi e dimezzamenti. Una parte particolarmente interessante di questa canzone è quella dell 'assolo: un procedere lento e cadenzato che sostiene un solo articolato ed a metà fra lo speed metal e l'hard rock, mettendo in luce tutta la classe di Blankfire; anche in questa canzone i Kreator si muovono sull'alternanza di parti veloci ed old school e parti lente e maggiormente studiate a livello di apertura e dinamiche, dando così una buona varietà al tutto. Il totalitarismo è un argomento che ha sempre affascinato Mille Petrozza e l'avversione contro ogni forma di regime ha sempre rappresentato una forte componente della musica "politicizzata" del gruppo tedesco; "Hidden Dictators" parla appunto di un dittatore nascosto, invisibile ai nostri occhi, ma il suo controllo è percepibile e marcato e l'apice del suo dominio arriverà senza che nessuno possa avvisarci del pericolo che incombe ("Presence beyond our imagination, horrible being of fate, not one sign of its domination, God prays it never awakes, older than time, stranger than life, don't look for a sign, without warning it will arrive" trad. "Una presenza oltre la nostra immaginazione, un orribile essere del fato, nessun segno del suo dominio, Dio prega che non arrivi mai, più antico del tempo, più strano della vita, non cercare un indizio della sua presenza, arriverà senza alcun preavviso"), Questo potere non ha forma, nessuno lo percepisce, eppure è così radicato da riuscire a tenere in scacco ogni possibile tentativo di resistenza. Il mondo ignora l'esistenza di questo leader, eppure egli c'è e stringe sempre di più il suo pugno di ferro, egli è vecchio quanto il mondo ma non possiamo cercare gli indizi della sua presenza, perchè è talmente furbo da rendersi invisibile. Noi continuiamo la nostra vita come se nulla fosse, ma il dittatore ci sorveglia costantemente, può leggere nella nostra mente, al punto di sapere ogni nostra mossa in anticipo, ed è addirittura in grad di decidere che giorno moriremo, ma noi non ci rendiamo conto del suo controllo. Non è dato sapere di preciso chi sia questo dittatore, se un leader politico o addirittura Dio, che attraverso la fede si impone agli uomini come un despota, i kreator ci lasciano la porta aperta all'interpretazione. Il controllo resta silente e non possiamo fare nulla per impedire che sorga quando meno ce lo aspettiamo Ciò che possiamo affermare con sicurezza è che pur essendo liberi, siamo ingabbiati in una prigione priva di sbarre. 



Mind Slavery

Il disco si chiude con "Mind Slavery" ("Schiavitù Mentale"): l'apertura della canzone è riservata nuovamente a degli accordi aperti, il cui tempo è segnato dalla campana del ride. Il tempo è martellante e scandito e nel main riff le chitarre si concedono un fraseggio che arricchisce lo sviluppo generale prima dell'ingresso del cantato. La velocità è leggermente minore dello standard, ma la canzone è comunque efficace, il ritornello infatti si imprime in testa con maggior enfasi e ed i riff di chitarra possiedono un tiro più delineato e preciso; i Kreator danno nuovamente spazio ad una sperimentazione maggiore, che dalla dinamica principale si concede delle parentesi in cui poter sviluppare fraseggi e soluzioni differenti sempre comunque legati alla struttura principale. "Mind Slavery" possiede un'impronta più heavy metal ma paradossalmente si rivela una delle canzoni migliore del disco: la lentezza e la struttura più marcata infatti consentono di apprezzare meglio la composizione, che magari a velocità elevate non è sempre percepibile nella sua totalità e molte volte da l'impressione di disordine, soprattutto in fatto di band estreme underground; non è sicuramente il caso dei Kreator ma con questo pezzo il gruppo tedesco dimostra di sapersi muovere anche su stilemi più classici, dove mettono in luce l'influenza che su di loro possono aver avuto nomi come Saxon, Judas Priest ed Iron Maiden, gruppi che per quanto estremi si possa essere rappresentano un tassello fondamentale nella cultura di ogni musicista metal. La schiavitù mentale di cui si parla è quella a cui veniamo sottoposti dai mass media, che ci vogliono tenere buoni in modo da poter essere controllati senza problemi, non abbiamo bisogno di cercare la verità perché un mondo fittizio è quello che ci viene messo davanti agli occhi ("Land of solitude, a place of horror and dark and cruel, there's no need to seek the truth, opinions are provided for you, innocence of youth full of visionary fantasies, from subconscious laboratories try to break the chains of barbarity, servants to mother machine, nursed by video screens, paradise of insanity, born into a grave of mental slavery" trad. "Terra di solitudine, un luogo di orrore e buio e crudele, non c'è bisogno di cercare la verità, le opinioni sono già previste per voi, l'innocenza della gioventù, ricca di fantasie visionarie create dai laboratori del subconscio, cerca di rompere le catene della barbarie, servi di una macchina madre, allattati dagli schermi video, un paradiso di follia, nati in una tomba di schiavitù mentale"), viviamo in una realtà desolata e vuota, anche se intorno a noi ci sono miliardi di persone, la desolazione è data dal fatto che ormai non comunichiamo più tra di noi, prendiamo per vero tutto ciò che ci viene detto e basta senza nemmeno porci una benchè minima domanda al riguardo. Non andiamo più alla ricerca della verità perchè non ci interessa, non ne abbiamo nemmeno più voglia tanto siamo pigri, ci basta avere la televisione e qualcosa nel piatto e va bene così, ognuno si guarda il proprio orticello e sono tutti felici. Questa lirica era già profetica nel 1990, oggi, con l'avvento dei social network, ci siamo impigriti ancora di più; ci infervoriamo per una notizia, o meglio, per solo il titolo di una notizia, letta su facebook e subito giùa condividerla con commenti sarcastici da finti intellettuali, per poi scoprire che si trattava di una bufala, siamo giunti al fondo del baratro? Perchè non iniziare a scavare allora? Tanto non sarà certo adesso che inizieremo a liberarci dalla schiavitù memtale a cui noi stessi ci autosottoponiamo. L'innocenza e la spensieratezza dei pomeriggi con gli amici e le serate a far baldoria sono state totalmente eclissate dal qualunquismo e dall'annuire a tutto ciò che ci viene detto o fatto senza più minimamente provare a reagire, siamo schiavi, non c'è alcuna via di uscita... siamo schiavi le cui anime, come cantano i Kreator, sono tenute volutamente in coma.

Conclusioni

Come tanti altri gruppi i Kreator hanno rappresentato, e rappresentano tutt'oggi, lo zoccolo duro della scena tedesca, notoriamente più estrema e conservatrice di quella americana, anche se sempre alla ricerca di nuovi spunti per rafforzare la propria creatività album dopo album e fedele fino alla morte ai propri principi ed alle proprie tradizioni. Per essere un album del 1990, "Coma Of Souls" si presenta come un lavoro thrash metal decisamente innovativo, fresco ed originale, dove le strutture lineari vengono arricchite con soluzioni ritmiche diverse da quelle canoniche del genere ma che in ultima analisi si rivelano interessanti e di impatto. Abbiamo avuto modo di apprezzare come, pur restando sui biari guida del sound inizale della band, i quattro abbiano voluto sperimentare soluzioni comunque diverse dal solito, pur rmandendo coerenti con quanto avevano fatto in precedenza, anche perchè, come anticipato in apertura, il percorso artistico dei Kreator non avrebbe potuto svilupparsi se la band, una volta trovata la propria dimensione, si fosse fermata lì senza minimamente guardarsi intorno. Ripercorrere la loro discografia invece deve esssere un'avventura, un viaggio nel quale rimaniamo sbalorditi ascolto dopo ascolto, piacevolmente sorpresi nel notare che, dal primo album a "Coma Of Souls" le acque stiano iniziando a muoversi. Quello che abbiamo sul piatto con questo quarto album è dunque un antipasto di un convivio ben più vasto a base di Thrash Metal, il Creatore sta quindi iniziando a muoversi intraprendendo quel cammino che lo condurrà fino alla leggenda della scena tedesca, perchè quindi fermarsi qui e non proseguire oltre? "Coma Of Souls" non è un disco epocale, e non deve esserlo in fondo, dato che molti altri grandi dischi hanno ancora da venire, ma di sicuro è il disco ideale per l'epoca ed il punto della discografia della band in cui è stato pubblicato. È un quinto album perfetto, perchè possiede la cattiveria dei quattro predecessori ma al tempo stesso anticipa quello che stanno per diventare i Kreator; una perla di thrash metal genuino, suonato da un gruppo che si butta anima e corpo nella propria musica senza doverne rendere conto a nessuno, quattro musicisti che sanno bene dove vogliono arrivare, ma non sanno ancora quando di preciso ci arriveranno; l'attitudine comunque traspare ad ogni nota ed ogni riff è frutto di ore ed ore passate in sala prove a cercare la soluzione migliore per ogni contenuto, un lavoro di fino dunque, svolto da musicisti ancora "in erba" per certi aspetti ma "veterani " per certi altri, che si meritano senza dubbio il seguito che hanno oggigiorno. La post produzione è ancora molto standard, vuoi anche per la presenza di un budget non elevatissimo, ma per il genere in questione è sicuramente ideale, proprioper la sincerità che trasmette: ogni strumento è stato equalizzato e mixato in modo tale da far uscire perfettamente l'anima dei musicisti che hanno registrato senza troppe macchinazioni digitali e seppure vi siano delle piccole "pecche" tecniche, che peraltro solo gli ascoltatori abtuati al digitale possono notare, il gruppo suona compatto e coeso quindi bella lì.In passato era in studio che si notava la differenza tra chi sapeva suonare e chi no, sul nastro veniva inciso ciò che usciva dalle mani e se non si era capaci ne si pagava le differenze, ma al tempo stesso se si era dotati il nastro magnetico rendeva giustizia a chi sapeva padroneggiare il proprio strumento e pace se vi era qualche imperfezione, perchè sovrascriverla (che all'epoca era anche un proesso più articolato di oggi) significava minare quel groove seminale del resto della registrazione. Su "Coma Of Souls" troviamo ancora una band giovane che ha tanto da dire attraverso la propria musica ma che ha già comunque le idee chiare sui messaggi che vuole lanciare; chi già conosce il gruppo sa bene quanto valga questo disco, mentre per chi ancora non ha mai sentito parlare di loro e vuole approcciarsi al Thrash, esso rappresenta sicuramente un buon punto di partenza.

1) When The Sun Burns Red
2) Coma Of Souls
3) People Of The Lie
4) World Beyond
5) Terror Zone
6) Agents Of Brutality
7) Material World Paranoia
8) Twisted Urges
9) Hidden Dictator
10) Mind Slavery
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