KORN
See You On the Other Side
2005 - EMI/Virgin records
DAVIDE PAPPALARDO
13/09/2016
Introduzione Recensione
Prosegue la nostra analisi a ritroso della discografia dei Californiani Korn, storici alfieri del nu metal americano ed ispiratori di molti gruppi che, tra fine anni novanta ed inizio duemila, hanno imperversato tra radio e televisioni; salvo poi, per la maggior parte, scomparire nel nulla una volta passata la moda del genere, soppiantato dal così detto metalcore/groove metal. Non è questo però il caso dei Nostri, sopravvissuti sino ad oggi tra varie vicissitudini, cambi di suono, esperimenti, favori e critiche da parte di pubblico e stampa. Siamo nel 2005, un anno molto importante per la band, il quale si era aperto con l'improvviso abbandono da parte di un membro storico, fondamentale nell'evoluzione di quel suono che aveva caratterizzato il gruppo, nonché un genere intero: Brian "Head" Welch, chitarrista sin dal primo album, il quale con le sue accordature basse e grevi aveva spesso delineato il sound urbano e dissonante caratteristico dei Korn. Un'uscita motivata dalla ritrovata fede religiosa e dalla volontà di allontanarsi da droghe e vizi, a suo dire sempre presenti nella band; essa causerà in seguito alcune polemiche e botta e risposta tra le due parti tramite testi, libri, ed interviste, situazione poi acquietatasi nel 2013 con il rientro del musicista tra le fila del gruppo. La sua uscita, comunque, richiese di fatto anche un forzato ripensamento del songwriting della formazione ora ridotta al quartetto formato da Jonathan Davis (voce), James "Munky" Shaffer (chitarre), Reginald "Fieldy" Arvizu (basso), e David Silveria (batteria), amplificando quel processo di allontanamento dagli stilemi prettamente nu metal, già iniziato con il precedente "Take A Look In The Mirror" del 2003; ora, con il passaggio dalla "Sony" alla "Virgin", la band assolda il team di produttori conosciuto come "The Matrix" (Lauren Christy, Graham Edwards, Scott Spock), legati normalmente a contesti di natura più pop, cercando un sound più elettronico, cosa sottolineata anche dalla partecipazione di Atticus Ross, rinomato collaboratore di Trent Reznor dei Nine Inch Nails. Possiamo quindi vedere un collegamento con gli esperimenti "new wave" di "Untouchables", ma in un contesto ancora più lontano dal suono originario dei Korn, anche se non del tutto avulso da parti legate al passato; i ritmi urbani ed hip hop lasciano il passo a toni gotici e a tratti quasi industriali, creando atmosfere rarefatte e sognanti, melodiche e malinconiche. Quello che sulla carta può sembrare un passo falso, si traduce invece nel riuscito "See You On The Other Side", disco che non mancò di attirare qualche malumore, ma che in generale ricevette ottimi consensi di pubblico e vendite, mostrando una band capace di rinnovarsi anche dopo la perdita di un membro chiave; anche la critica sembrò apprezzare questo disco, il quale si avvicina ad un alternative metal dai connotati sintetici, allora novità nel suono dei Nostri, in seguito sempre più marchio di fabbrica nelle loro nuove produzioni, dove l'amore di Davis per l'elettronica e la musica anni ottanta troverà largamente posto. Del resto, fu lo stesso Jonathan a dichiarare quanto segue, circa questo lavoro: "E' funky, è Heavy, è oscuro, a tratti orientato verso l'industrial. E' uscito fuori così, un album pieno di idee, proprio perché ci hanno lavorato su persone con idee differenti! Ma è definitivamente un album dei Korn, è definitivamente un album ricco di groove. E' l'album più sperimentale che abbiamo mai rilasciato, siamo molto eccitati. Eravamo seduti tutti intorno, ascoltandolo.. ci guardavamo in faccia e ci dicevamo: è incredibile che sia davvero un nostro disco! Credo proprio che la gente lo apprezzerà". Un cambio di rotta che coincide dunque con i cambiamenti pocanzi accennati. La cieca furia del passato, difatti, lascia sempre più spazio ad un'algida malinconia, basata su ritornelli ariosi ed epici, anche questi un elemento che diventerà tipico nel sound dei Korn; andamenti nostalgici che ricreano egregiamente il titolo del disco, un viaggio oltre lo specchio verso un mondo altro dove l'emotività prende forma in paesaggi sonori ben strutturati. Uno dei punti più alti della discografia "post nu metal" della band, una scelta azzeccata, e per certi versi coraggiosa, la quale però lascerà poi il posto ad una serie di episodi dove i Nostri perderanno un po' il filo, tra strade incerte e tentativi di ritorno ad un passato che non appartiene più al loro sentire ed alla loro identità; questo però è il futuro, per ora abbiamo un gruppo rinnovato che ci regala alcuni dei loro brani più riusciti, con una produzione impeccabile capace di trascinarci in questo mondo nuovo ed allo stesso tempo familiare. Il disco si accompagna ad una versione deluxe contenete due remix della prima traccia e tre inediti, mentre per chi acquista in digitale su Itunes viene presentato un ulteriore bonus, usando un'abitudine in voga in quel periodo per favorire il download legale; un totale quindi di venti brani per un'opera lunga e piena di pezzi capaci di catturare l'attenzione dell'ascoltatore, anche se non tutti sono sullo stesso livello creativo.
Twisted Transitor
Si parte con il singolo di lancio "Twisted Transistor" e la sua chitarra a trapano, la quale sviluppa un suono stridente lento e greve; esso si arricchisce presto di baritoni drammatici, mentre Davis interviene con il suo cantato ritmato, il quale si lega indissolubilmente alle chitarre, le quali si danno ad attacchi rocciosi prima delle ripetizioni che anticipano il ritornello giocato su vocals ariose e loop taglienti. Riprende quindi l'andamento precedente, strisciante e sottolineato da effetti elettronici notturni, mentre di seguito ritroviamo l'evoluzione pulsante che ci riporta al ritornello portante; un pezzo dalla facile presa, non a caso come detto uno dei singoli dell'album, adatto per mostrare il nuovo stile "electro-rock" adottato dalla band. Al secondo minuto nuovi riff convessi accompagnano loop vocali dal sapore break, mentre poi seguono parti in cui il growl si alterna con fraseggi squillanti dal sapore più classico; ma ecco che torniamo sulle coordinate del ritornello, il quale si dilunga fino alla conclusione. Una struttura quindi semplice e diretta, dove si fa largo uso dell'elettronica, e dove gli elementi urbani e funk della band vengono totalmente sostituiti da arie sintetiche; si anticipano quindi molte soluzioni che poi diventeranno integranti nel suono dei Korn, ma che ora sono spesso novità che possono stranire, ma anche affascinare gli ascoltatori più "aperti". Il testo si riferisce al ruolo della musica come aiuto durante i momenti difficili della vita, una sorta di celebrazione del ruolo di "voce generazionale" che i Korn si sono da sempre imputati; la sorellina del diavolo ascolta la sua radio malfunzionante, tenendola tra le gambe ed alzando il volume, non avendone mai abbastanza. In una vita solitaria dove nessuno la capisce, la musica invece riesce a venirle incontro, ad accoglierla ed a consolarla. Per questo non deve arrendersi, come nessuno dovrebbe. La musica ci raggiunge dentro, proclamando in eterno i suoi "fanculo" verso tutto, mentre le grida ed i sospiri si avvicendano furiosi: "Hey you, hey you, finally you get it, The world ain't fair, eat you if you let it. And as your tears fall on, Your breast, your dress, Vibrations coming through. You're in a mess - Ehi tu, ehi tu, finalmente lo capisci, il mondo non è giusto, ti divorerà se lo lasci fare. E mentre le tue lacrime cadono sul tuo petto, sul tuo vestito, le vibrazioni arrivano. Sei in un casino" prosegue il testo, descrivendoci quindi un contesto di sofferenza, tipico dei Korn. Sofferenza e solitudine, le quali cercano di essere esorcizzate mediante questa musica pesante ed oscura. Si delira poi sulla volontà di essere "anestetizzati" e lasciati in pace. Si ripetono quindi i versi precedenti in una filastrocca molto basilare, quasi più una base ritmica per la strumentazione che un discorso elaborato; lo stile sempre molto urbano e "giovanile" dei Nostri si riserva quindi anche nei loro testi.
Politics
"Politics - Politica" si apre con un fraseggio modificato, il quale presto sale d'intensità creando un bel riff; ecco che d'un tratto la voce modificata di Davis crea una melodia sintetica coadiuvata dalla batteria cadenzata, la quale si distende aliena fino al ritornello con chitarre dissonanti: esso si apre in un cantato dai riverberi usati come cori, il quale ci trascina con le sue filastrocche ritmate. Si riprende quindi con l'andamento iniziale, ricco di suggestioni elettroniche ed effetti vintage, collimando poi ancora nel ritornello ben strutturato, semplice e diretto, il quale mostra i nuovi Korn apertamente più "pop"; al minuto e cinquantaquattro un riff roccioso introduce una parte più pacata con vocals strisciatati e fraseggi melodici, la quale poi evolve con asperità elettroniche ed effetti vorticanti. Ricadiamo quindi ancora nella parte centrale, unita a chitarre che ne riprendono in sottofondo il motivo melodico con fraseggi squillanti; la natura del brano, e del disco, è ormai chiara, tra alternanze dove la melodia elettronica contrasta sfuriate comunque sempre filtrate e controllate. Non ci stupisce quindi al conclusione più aggressiva, dove bordate di chitarra e giri circolari più robusti concludono il pezzo, lasciando le ultime parole al cantante; i Nostri delineando un disco dai forti connotati sintetici e basato su ritornelli messi in mostra proprio da quest'ultimi, senza però rinunciare totalmente ai loro connotati più metal e familiari. Il testo tratta del disinteresse verso la politica, fornendo considerazioni sulla corruzione umana e sociale, un tema "attuale" insolito per il nostro Jonathan, il quale normalmente tratta di aspetti più personali ed astratti della sua vita. I politici tutti sono corrotti, e quindi bisognerebbe solo stare zitti ed ignorare il tutto, non interessandosi. Non vogliamo parlare di politica, e non vogliamo sermoni su di essa, perché "non ci interessa un cazzo"; qualcuna vuole andare a letto con un politico per avere vantaggi, pensando che sia la via giusta.. un modo di fare instaurato nella religione, nel sesso, in tutto quello che facciamo. Guardiamo dall'altra parte, come farebbero gli altri, perché alla fin fine la politica, come la vita, risulta essere un contesto in cui tutti sono inseriti in una gara a chi mente meglio. Una gara che noi vogliamo evitare come la peste, visto si che il primo premio non sarebbe altro che un colpo nello stomaco capace di lasciarci massacrati; si ripetono quindi i versi precedenti, mentre poi ci viene detto "Tiny splinters are in your soul (and they remain there), Darkest life in the deepest hole (you sit and pray there). All the deals from the things you've done (you wouldn't ever work for), What you thought was so much fun (you have to pay for) - Piccole schegge nella tua anima (e ci rimangono), la vita più oscura nella buca più profonda (ti siedi li e preghi). Tutte le conseguenze di quello che hai fatto (non ci lavoreresti nemmeno) per quello che credevi così divertente (devi pagarle)", reiterando poi il messaggio anti-politico del testo con le parole precedenti.
Hypocrities
Quando ci si pente, dell'essersi venduti, è sempre troppo tardi "Hypocrites - Ipocriti" incomincia con una parte recitata di soppiatto su un fraseggio squillante, mentre le vocals assumono toni poco umani, tra disturbi elettronici ed oscuri suoni di chitarra; ad un tratto Davis annuncia il titolo del pezzo, seguito da un montante roccioso di chitarra unito al drumming presente e ad effetti di tastiera cosmici. L'andamento alterna alcune cesure con growl, proseguendo poi tra i loop di chitarra ed il ritornello nasale dai toni da cabaret: esso esplode tra tetri suoni malevoli e la ripetizione ossessiva dei suoi versi. Ecco però che s'interrompe presto con un effetto convergente, ridando posto alla marcia portante, la quale si muove tra giri circolari graffianti ed atmosfere sintetiche dal gusto cupo; ritroviamo le alternanze iniziali, ed ecco che ancora una volta prende piede il ritornello angosciante, il quale questa volta va ad infrangersi verso un muro di loop di chitarra sincopati, sui quali Davis riprende con i suoi versi in farsetto. Si prosegue quindi con un allungamento del motivo portante, il quale si protrae fino alla conclusione; un altro episodio dalla struttura semplice e melodica, qui leggermente più oscura e ossessionata, ma comunque giocata su ritornelli trascinanti e costruzioni sonore dove gli effetti in studio aiutano molto. Il testo sembra una denuncia nei confronti dell'ipocrisia dei poteri religiosi, continuando la linea di quello precedente, ampliando le considerazioni generali sulla vita e sul mondo. Il messia altrui non è mai stato il nostro, e dalla rosa piangente di Geremia cadono gocce di sangue, sgorgate direttamente dai petali. Gocce le quali rappresentano tutte le nostre lacrime, versate immancabilmente pensando ad un Dio che non esiste e nel quale si compiono i crimini più atroci. Non ci interessa quello che gli altri vogliono fare ed essere, noi non saremo come loro. Più che "una fede", poi, certi concetti di religione sembrano assomigliare ad una sorta di transazione economica, basata sulle leggi del libero mercato. Tanta merce, tanta concorrenza: dobbiamo pagare il traghettatore, il fottuto guidatore, i preti e i fottuti bugiardi, e le troie che toccano durante i loro appuntamenti.. per ricevere la salvezza, dobbiamo pagare. Soldi che inevitabilmente finiscono in divertimenti scellerati e non certo in altro. Il narratore, naturalmente, non pagherà. "Weeping rose of Jeremiah, Purity unlike no other, Offers help to those who need it. Don't forget care to the brother - Rosa piangente di Geremia, purezza come nessun'altra, offre aiuto a coloro che ne hanno bisogno. Non dimenticare di aiutare tuo fratello" prosegue poi il testo, mentre poi una donnina in casa firma un assegno donando tutto quello che ha, perché pensa che il mondo sta per finire, essendo stata raggirata dalla propaganda religiosa. Si ripetono quindi i concetti precedenti, reiterando il senso di distacco dalla realtà ipocrita del mondo.
Souvenir
"Souvenir" ci accoglie con un roboante fraseggio ad accordatura bassa, il quale presto si sviluppa in un loop stridente che anticipa nei suoi suoni la melodia portante del pezzo; ecco quindi il cantato ritmato sottolineato da battiti in riverbero e da un movimento lento e pesante, come una sorta di parata marziale. Esso ospita le vocals nasali di Davis, le quali poi si uniscono ai giri di chitarra in altisonanti punte preparatorie coadiuvate da tetre tastiere in sottofondo; esplode quindi il bel ritornello dalle chitarre squillanti e dal cantato sincopato ripreso più volte. Torniamo quindi alla marcia imponente, la quale si districa tra i fraseggi grevi e la drum machine, e non ci sorprende il ripetersi dei cambiamenti sentiti poco prima: largo quindi ancora ai ritornelli dalle chitarre drammatiche e dal cantato sentito, i quali si ripetono ossessivamente. Questa volta però a seguire troviamo una sezione che possiamo definire tribale, giocata su melodie vorticanti e tamburi cadenzati, al quale aggiunge asperità dal gusto onirico, molto alla Nine Inch Nails; essa lascia poi posto alla ripresa dei riff roboanti e del cantato filtrato di Davis, riportandoci al ritornello principale che si ripete fino alla chiusura del brano. Il testo riguarda l'esser tormentato da un passato che si cerca di lasciarsi alle spalle, probabilmente riferendosi ai tormenti di Davis durante la crescita, i quali più volte hanno caratterizzato i testi della band; egli non sapeva cosa sarebbe diventato, tuttavia si guarda intorno e cerca in qualche modo di capire cosa vada e non vada nella sua vita. Egli sa di essere una persona particolare, non credeva di meritare amore.. e si chiede perché tutti devono conformarsi, quando bisognerebbe invece sentirsi bene nella propria pelle. Si chiede poi se questo disagio che sente non sia in fin dei conti un "souvenir" lasciatogli dalla tristezza, un metodo nella follia. Che non riesca a rapportarsi col prossimo per questo motivo? In seguito, domanda ad altri di alzare le mani, se si sentono così. "Stand up! Nobody's dyin' to save you. Speak up! Nobody's waiting to see you. Wake up! Nobody's working to pay you. Let me make it clear you have this, Back then, nobody knew in the school yard. Now then! You have grown up to be this hard. Go then! Walk on this world with your heart scarred. You're the souvenir of sadness - Alzati! Nessuno vuole salvarti. Parla! Nessuno aspetta di vederti. Alzati! Nessuno lavora per pagarti. Lasciami spiegare chiaramente, tu hai solo questo, e nessuno lo sapeva, nel cortile della scuola. Ora quindi, sei diventato così duro crescendo. Vieni ora! Cammina nel mondo con il cuore ferito. Sei un souvenir per la tristezza" proclama poi il testo, mentre seguono ricordi tristi nei quali il Nostro si rivede scappare dai bulli della scuola. I responsabili sanno chi sono e Jonathan gli chiede cos'hanno da dire, sapendo che lui non si è mai arreso a causa loro; un viaggio nei ricordi amari dell'infanzia rivista dal presente.
10 Or A 2-Way
"10 Or A 2-Way - A 10 O A due" parte con una ritmica hip-hop sincopata, unita ad effetti siderali stridenti; le sorprese non terminano, perché subito dopo passiamo ad elementi dub dal gusto elettronico e a connotazioni quasi da reggae. Il movimento strisciante che si viene creare prosegue fino al cinquantaquattresimo secondo, aprendosi poi in un ritornello arioso ed epocale, basato sulle vocals di Davis ora evocative, ora più aggressive, e sulla batteria pestata unita a loop graffianti; segue poi una ritmica elettronica unita a strani sample, la quale poi lascia posto alla ripresa dell'andamento d'inizio pezzo. Riecco quindi il ripetersi delle elaborazioni già sentite, finendo nel ritornello lanciato, il quale però ora devolve in un caos sonoro basato su loop di chitarra e disturbi elettronici ben congegnati; qui il cantante si da a versi nasali sottolineati da versi in growl, creando un'atmosfera onirica consumata poi da riff rocciosi e colpi secchi di batteria. Tastiere da conto alla rovescia si percepiscono in sottofondo, mentre di seguito il ritornello ritmato prosegue fino ad incontrare un improvviso effetto di feedback filtrato; ci ritroviamo in una sezione inquietante dove tornano le cornamuse, elemento caro ai Korn, unite a respiri profondi ed altri suoni, i quali continuano fino al finale. Il testo è esplicitamente legato al sesso, descrivendo una donna facile che fa di tutto pur di raggiungere il piacere; forse, un riferimento a qualcuno che ha fatto parte della vita di Davis. Lei sa come iniettare il veleno con le sue dita preziose, cercandone sempre negli altri, leccandolo a fondo senza un particolare motivo, se non per il piacere puro. Striscia suadente, come una serpe, pronta ad avvolgere chiunque nelle sue spire. Non le importa di chi o di che cosa cosa, lei farà a modo suo: non importa se sarà con dieci o due, lei lo farà notte e giorno. "Treasure deep between the places that you hold dear. Can't it hurt to act as if we are in love here? Lie across this chair fingers everywhere. To define all the angels up above here - Un tesoro nascosto tra i luoghi che reputi cari. Non può far male fare finta di essere innamorati, vero? Mettiti su questa sedia, dita ovunque. Per definire tutti gli angeli qui sopra", prosegue il testo, ripetendo poi i versi precedenti; quando lei viene, da brava ragazza, trattiene il respiro, facendolo durare a lungo.. ma quando tutto finisce, forse, una punta di insoddisfazione la assale. Un amplesso che scorre via, lasciando una ragazzina morta su di una sedia, sola e senza nessuno che la ami veramente. Si ripetono quindi ancora una volta i versi precedenti fino alla conclusione.
Throw Me Away
"Throw Me Away Gettami via" viene introdotta da un'elettronica minimale basata su una ritmica lenta e cadenzata, aggiungendo poi una sorta di oscura ninna nanna dove Davis striscia lascivo tra effetti oscuri e squillanti suoni di tastiera; s'implode così in un arioso suono di chitarra controllate ed evocative, sulle quali si distende il ritornello malinconico e delicato, dandoci una sorta di ballad. Tornano quindi i toni precedenti, i quali si districano tra melodie sintetiche ed improvvisi innalzamenti tra fraseggi sempre squillanti e sinuosi suoni elettronici; al secondo minuto e diciotto parte una partentesi elettronica giocata su il basso greve ed attacchi ritmici pesanti, dove Davis assume toni disperati e sottomessi, come in un grido represso di disperazione che implode in se stesso. Seguono poi arpeggi sognanti e sospiri, i quali ci regalano poi un'ultima proposizione del ritornello portante, il quale assume toni sempre più "romantici" grazie all'aggiunta delle sezioni dal gusto progressivo; il loop creato marcia quindi verso la conclusione affidata ad un ultimo colpo di piatto. Il testo sembra legarsi in modo generale al tema delle ferite interiori ed al bisogno di avere qualcosa o qualcuno a cui rimanere ancorati; una ferita nella carne, che scomparirà con le medicazioni, e ci chiediamo se dobbiamo credere che qualcuno ci ascolti mentre preghiamo. Un amore pieno di odio, chiediamo se l'altra persona ci ami per come siamo, nonostante la nostra attitudine alla negatività, alla distruzione. "Don't let them throw me away. Keep me and I'll be okay. Skipping a beat but it plays, Don't let them throw me away, Don't let them throw me away. Screwed up, used up. Crumpled, lying on the floor. Fucked up, shut up, All you did back then was score. I'm feeling weak, Missing parts, incomplete - Non lasciare che mi gettino via. Tienimi e starò bene. Salto un battito, ma il cuore continua a funzionare. Non lasciare che mi gettino via, malconcio, usato. Calpestato, sul pavimento. Fottuto, zitto. Tutto ciò che hai fatto allora era un punto in più. Mi sento debole, con parti mancanti, incompleto" dichiara disperato il protagonista del testo, chiedendo poi di essere tenuto stretto nella luce, di aggiustare le crepe in modo giusto, tenendo i pezzi nel cassetto per sempre, perché potrebbero addirittura tornare utili un giorno, riciclandoli in qualche modo. Tutto quello che si ha da chiedere è di non essere gettati via, ripetendo poi i versi precedenti con convinzione disperata; un ennesimo sfogo emotivo trasformato in musica per i Nostri, seguendo il loro modus operandi storico.
Love Song
"Love Song Canzone D'amore" inizia con un riff greve e distorto, il quale poi assume toni elettronici tra sibili tecnologici e vibrazioni ronzanti; Davis si da a toni sentiti, mentre la batteria si lancia in ritmiche cadenzate e striscianti, evolvendo poi in una marcia su riffing tagliente e vocals sincopate. Ci ritroviamo così nel ritornello evocativo e pulsante, giocato su giri di chitarra rocciosi, battiti ritmici e vocals da mantra melodico; esso si ferma al minuto e trentotto, dando spazio a nuovi vortici elettronici e a versi da mantra. Inevitabilmente torniamo al ritornello tecnologico e ai suoi movimenti giostrati tra versi nasali ed oscurità di tastiera in sottofondo; esso si prodiga nei suoi elementi portanti fino ad un'improvviso stop, seguito da riff robusti di chitarra ed esercizi ritmici. Le vocals del cantante si dilatano in loop con effetti, mentre poi drammatici strappi di chitarra sorreggono parti più nervose con punte in growl; ecco che d'improvviso tutto si fa più angelico con tastiere d'organo e cantato a coro. Riparte quindi il ritornello, qui unito a versi in farsetto in sottofondo, il quale si trascina verso la conclusione repentina; un brano ancora una volta basato molto sull'elettronica e su siparietti da studio, alimentando un'atmosfera da film di Tim Burton, ovvero nera, ma anche levigata e da fiaba malevola. Il testo sofferto tratta della vita personale del cantante, ricordando le vicissitudini che hanno segnato la sua infanzia. Delle liriche in cui il nostro vuole rivolgersi alla madre, le cui scelte hanno comportato tutto ciò; invochiamo la nostra madre, la quale urlando tiene in mano il nostro cuore, gridando a sua volta, ingiuriando poi il bastardo che ci ha lasciato rotti dentro e sanguinanti, l'uomo che lei amava e per il quale ha lasciato tutto, il quale ha cercato di portare Davis verso la porta della morte. Una scena drammatica che rievoca quindi il divorzio dei genitori di Davis, motivo di grande sofferenza per lui. Una canzone "d'amore" non certo in senso lato, anzi, una vera e propria celebrazione del dolore. Una canzone d'amore per i cari defunti, una lapide per i cuori spezzati, braccia per uccidere o fiori da rubare, un viaggio mentale per il mortale legato alla terra, un sorso del sangue trovato mentre sdraiati moriamo. Mentre piovono necrologi ed è tutto ok, mentre stiamo a faccia in giù nudi. "Don't bring me daffodils, Bring a Bouquet of Pills. See some geranium, Cracked to the crainum. Protect me when you can, Respect me when I am Dying - Non portarmi narcisi, portami un bouquet di pillole. Qualche geranio messo nel cranio. Proteggimi se puoi, rispettami mentre muoio" continua il testo, ripetendo poi i versi precedenti fino al finale.
Open Up
"Open Up - Apriti" viene presentata da ritmi funk di chitarra sincopata e tamburi, mentre Davis s'insinua serpeggiante tra i suoi movimenti, mentre suoni da fabbrica fanno la loro comparsa contribuendo al groove ammaliante qui generato; all'improvviso i toni si fanno più altisonanti aggiungendo riff sentiti. Il ritornello esplode quindi in tutta al sua magnificenza usando sempre un andamento calmo e ritmato, mentre il cantante si da a belle costruzioni vocali sorrette da giri di chitarra e tastiere; rimane poi un sottofondo oscuro, sul quale riprende l'andamento iniziale riproponendone tutti gli stilemi, mentre Davis conosce riverberi da studio che fanno da cori alle sue declamazioni. Riprendiamo di seguito con il ritornello epico, il quale si staglia con i suoi giri solenni e la sua batteria cadenzata, fino al secondo minuto e trentatré: qui archi che ricordano ancora una volta il lavoro di Ross con Trent Reznor prendono piede, unendosi poi a mormorii del cantante e a marce ritmiche incalzanti. Ecco quindi il ritornello degli andamenti ammalianti, tra strani versi vocali ed atmosfere altisonanti dal grande effetto; esso va ad infrangersi contro un fraseggio pieno di disturbi, il quale ci dona una falsa chiusura. Infatti il pezzo prosegue con un arpeggio accompagnato da suoni liquidi e violini, ancora una volta richiamando i Nine Inch Nails più acustici, quelli di "The Fragile" per l'esattezza; e se pensiamo che sia finita qui, veniamo invece sconfessati da cornamuse e movimenti surreali hip hop che ci riportano con i versi folli di Davis ai deliri dei primi tempi della band, ma con un gusto più sofisticato, creando una coda finale sperimentale. Il testo sembra riferirsi all'abuso di droghe ed ai suoi effetti, ben conosciuti dal Nostro e dalla band in generale; non sapremo mai cosa pensava l'altro, mentre vediamo i suoi occhi sbattere e le sue pupille ingrandirsi, mentre poi il testo continua presentandoci i seguenti versi: "Drilling you softly, Pulling you in, Making your mind up, What's sick or a sin - Trapanandoti dolcemente, tirandoti, formando la tua mente, decidendo che cosa è sbagliato o è un peccato". Ora ci si apre totalmente e ci si lascia andare, abbastanza certi, ma chiedendo sotto sotto che non fosse così, dato che in qualche modo ci sentiamo effettivamente deviati, corrotti. La nostra lingua, trafitta, ci dice bugie che sentiamo nella bocca, possiamo inspirare, ma non buttare fuori; quello che abbiamo preso ci fa parlare molto lentamente, cerchiamo di capire come mai, perché. Soffocandoci dolcemente, ciò che abbiamo assunto prende il controllo di noi, dandoci la pala per scavarci la tomba; si ripetono quindi i versi precedenti delineando ancora la descrizione della rovina causata dalla dipendenza da sostanze, che alterano in modo irreparabile fisico e psiche. Un testo abbastanza descrittivo e chiaro nel suo messaggio, probabilmente ricavato ancora una volta dalle esperienze del cantante.
Coming Undone
"Coming Undone - Sciogliendosi" ci accoglie con un riffing da marcia, sottolineato dai colpi di batteria cadenzati; ecco il cantato nasale di Davis, il quale completa questo pezzo, altro singolo dell'album qui recensito, nel suo movimento pulsante. Di seguito giri circolari ne delimitano l'andamento, mentre dopo un effetto elettronico esplode il ritornello sempre ritmato e diretto, il quale mantiene il passo pachidermico fin'ora adottato; nervosismi di chitarra greve segnano la ripresa del movimento melodico iniziale, basato sulle voce di Davis e sul drumming sempre sentito e pesante. Ritroviamo quindi gli sviluppi di poco prima, i quali ci offrono nuovamente il ritornello da processione marciante, aggiungendo anche alcuni suoni squillanti di chitarra e fraseggi taglienti; ecco quindi che Davis si intromette con le sue vocals tra asperità di chitarra, creando un effetto ripetuto ad oltranza. Non sorprende il finale con ritornello, il quale si prodiga nei suoi suoni fino ad un attacco finale con bordate ritmate; ennesimo episodio veloce e dalla struttura diretta basata sul contrasto tra ritornello e parti di accompagnamento, basato in questo caso su un ritmo combattivo mantenuto diligentemente per tutta la durata. Il testo sembra riferirsi ad un momento di crollo nervoso, o crisi esistenziale in generale, durante il quale sentiamo come un perdere di coscienza e consistenza; continuiamo ad andare avanti anche quando il cervello suona come una bomba, sentendo che i pensieri oscuri sono tornati per prenderci con parole dolci ed amare, convincendoci che vada tutto bene, quando invece il timer è stato innescato e manca ormai poco all'esplosione definitiva. In fondo, l'idea di saltare in aria suona come una liberazione per il nostro cuore, chiedendo per favore di colpirci per essere liberati. Stiamo andando in disfacimento, irati, ed è troppo tardi, mentre sembriamo così forti ma siamo delicati, iniziamo a soffocare e presagiamo che stiamo ormai avviandoci verso il totale disfacimento; "Choke choke again, I thought my demons were my friends, Getting me in the end. They're out to get me, Since I was young, I've tasted sorrow on my tongue, And this sweet sugar gun, Does not protect me - Strozzati, strozzati ancora, credevo che i miei demoni mi fossero amici, mentre alla fine mi prenderanno. Mi stanno cercando, da quando ero giovane ho provato il dispiacere sulla mia lingua, e questa pistola di dolce zucchero non mi protegge" prosegue il testo, e capiamo che abbiamo un grilletto tra gli occhi, e chiediamo di farla finita velocemente. Cerchiamo di tenere tutto assieme, ma la testa è più leggera di una piuma, e sembra che non stiamo migliorando; si ripete quindi il coro, senza soluzione a questo malessere che ci distrugge.
Liar
"Liar - Bugiardo" ci assalta subito con un riffing massiccio, il quale si alterna con effetti da radio che non prende e sinistri fraseggi squillanti; ecco che Davis poi accompagna un andamento urbano con batteria cadenzata e giri rocciosi. Andiamo quindi ad infrangerci contro coretti angelici, i quali fanno da ariosa cesura insieme a parti di chitarra leggere, prima dell'esplosione del ritornello melodico; esso avanza tra chitarre ruggenti e piatti, mentre il cantato conosce riverberi evocativi. Una serie di bordate chiudono poi questa sessione, anticipando la ripresa dell'andamento iniziale strisciante e dalla tensione sottintesa; si ripetono però subito le modifiche di poco prima, cadendo ancora una volta nel ritornello dalla facile presa e nei suoi versi pieni di pathos. Questa volta poi il registro ci porta su versi isterici da hip hop schizzato, i quali ci ricordano i Korn dei vecchi tempi, sottintesi da giri graffianti in loop; ci blocchiamo con una cesura dall'arpeggio delicato ed il cantato sospirato, la quale collima nell'ennesima ripresa del ritornello portante, il quale avanza come già sappiamo. Tornano quindi le chitarre squillanti mentre Davis ripete ad oltranza il titolo del pezzo; segue poi una serie di bordate e chitarre dissonanti, le quali proseguono di seguito in solitario. Ecco nuovi arpeggi e parti sospirate, le quali collimano in un effetto in digressione; ad un tratto cornamuse e suoni pieni di break e loop di riff prendono controllo della scena, chiudendo così il pezzo. Il testo parla del desiderio di tradire, nonostante si cerchi di rimanere fedeli ad una persona che si dichiara di amare; come un fratello, il narratore ci dice che la amiamo e non dobbiamo arrenderci agli istinti, aggrappandoci a sappiamo cosa, in modo tale che le tentazioni spariscano come in un battito. I demoni tuttavia aleggiano. Essi sono addestrati per sedurci, e ci prosciugheranno appena possono, e già ci hanno lasciati a malapena uomini; imprechiamo chiedendo come si può negare quello che sentiamo dentro, e sappiamo di mentire nel dire che desideriamo solo lei, pensando di poter spegnere il fuoco con l'acqua. "It's not wrong to let go, And let the woman ride you, For fuck sake, don't lose touch with the dog that's inside you. She wanted what you had, You bet she smelt the spore, Don't give up, fuck her up. One more time, slam that door - Non c'è nulla di male nel lasciar fare, e nel farti dominare dalla donna. Cristo, non perdere contatto con il cane dentro di te. Lei ha voluto quello che volevi, puoi scommetterci che ha sentito la spora. Non arrenderti, fottila. Ancora una volta, sbatti la porta", prosegue il testo, ripetendo poi ossessivamente i versi precedenti in un mantra accusatorio; giudice e giuria di se stessi e dei propri istinti.
For No One
"For No One - Per Nessuno" parte con un riffing sommesso sottolineato dal drumming cadenzato; esso poi s'innalza con i cimbali che suonano come sonagli, mentre poi Davis compare con i suoi toni nasali coadiuvati da fraseggi ad accordatura bassa. Alcuni colpi di chitarra fanno da cesura, mentre poi si prosegue aggiungendo suoni più convergenti in sottofondo; al cinquantasettesimo minuto prende piede il ritornello arioso puntellato da parti melodiche e giri in loop. Esso si sviluppa fino ad un'improvvisa interruzione, dopo la quale abbiamo il ritorno ai movimenti precedenti; il songwriting è basilare, ripetendo le evoluzioni già incontrate tra ritmi strisciatati ed esplosioni di ritornello. Riecco quindi gli strappi di chitarra ed i toni evocativi, i quali ci trascinano fino al secondo minuto e sedici; qui riff taglienti si uniscono a rullanti di batteria, creando una marcia decisa. Ad essa segue una sequenza dalle belle linee vocali e dalle chitarre a trapano; ecco quindi bordate stridenti ed atmosfere drammatiche, le quali però presto sfociano in una ripresa dell'ormai familiare ritornello; proseguiamo quindi fino ad una serie di effetti in reverse, i quali terminano il pezzo in termini più elettronici. Nulla di epocale, per un episodio un po' sui generis molto lineare; in ogni caso nulla di orribile od inascoltabile. Il testo sembra descrivere una serata alcolica (magari non solo alcool) durante la quale si esagera su ogni fronte, rivivendo luoghi che in passato hanno significato sofferenza; ne stiamo uscendo, stiamo andando via da qui, sfondando la porta, ed abbiamo rubato la ragazza altrui, che era già in precedenza la nostra, sapendo che "era una troia". Dobbiamo correre da quello che odiamo, ed è questo il nostro tipo di disastro; entriamo e prendiamo quello che vogliamo, e poi corriamo al negozio di liquori tirando su gli amici e dicendo loro che è l'ora di entrare, senza spiegargli per quale motivo. Potremo guidare tutta la notte e non ci fermeremo né per la polizia, né per altri, seguendo la luce e dando fastidio a chi ci ha sminuito, lanciando mattoni alle loro finestre e scappando poi via; nuove cose da fare vengono trovare mentre cambiamo direzione. "Go past the school, the church, the places that caused us hurt, We're gone. If we keep movin' foreward, Maybe we'll forget where we're from, We're gonna shake things up, We're gonna break it down, We built this car with our rejection - Vai oltre la scuola, la chiesa, i luoghi che ci hanno fatto male. Siamo andati. Se continuiamo ad andare avanti, forse dimenticheremo da dove siamo venuti, dobbiamo sconvolgere le cose , dobbiamo fare tutto a pezzi, abbiamo costruito quest'auto con il nostro rifiuto" prosegue il testo, descrivendo poi come sia impossibile tornare indietro, nemmeno se volessimo sapere dove siamo ora, e ci rendiamo conto che ultimamente ci stiamo devastando proprio bene; una descrizione insomma di una notte brava con atti di vandalismo, viene da chiedersi se tratta da qualcosa di veramente fatto dai Nostri mentre erano ubriachi.
Seen It All
"Seen It All - Visto Tutto" si presenta con suoni di percussioni in mono, passando poi ad un riffing nervoso come una scossa elettrica coadiuvato da un drumming strisciate; Davis si aggiunge con un cantato ieratico mentre il movimento prosegue solenne, conoscendo poi punte melodiche sottolineate da testiere come carillon, le quali creano il ritornello sognante che fa da perno al brano. Seguono poi atmosfere più oscure ed industriali, tra effetti angoscianti e giri rocciosi; riprende quindi l'andamento iniziale, il quale instaura ancora una sequenza serpeggiante, la quale non può che sfociare nuovamente nel ritornello cadenzato, il quale però qui ospita in sottofondo alcune delle oscurità di poco prima. Arriviamo così al secondo minuto e ventidue: all'improvviso un suono delicato di pianoforte sottolinea un esibizione sofferta e piena di pathos da parte di Davis, poi coadiuvata da effetti cosmici in sottofondo. L'effetto è ben congegnato, e ricorda molto nel suo crescendo pacato alcuni momenti del già nominato Reznor, sicuramente dovuti alla presenza di Ross; il tutto poi implode con archi solenni e loop circolari maestosi di chitarra, confermando uno degli episodi migliori del disco. Riprende intanto il ritornello, il quale si districa poi in solitario tra effetti vorticanti e nuove linee evocative e notturne; ecco quindi poi una coda ambient con suoni di corno tibetano prima, e cornamuse dopo, la quale crea una sorta di siparietto simile ad altri già visti alla fine di alcuni pezzi precedenti, il quale chiude così il brano. Il testo fornisce considerazioni esistenziali dal punto di vista di una persona che ha vissuto e fatto molte cose, spesso considerate immorali; siamo un animale, il testimone di una caccia alle streghe, il mostro sulle scale, il fantasma che è nello specchio: insomma, siamo tutto ciò che gli altri temono, uno shock all'anima, una voce dentro l'altrui testa. Abbiamo visto tutto, ma non possiamo assaporarlo, l'abbiamo spaccato contro il muro, portandoci ad inginocchiarci, abbiamo fatto tutto, rovinati e sconvolti.. e proprio questo tutto rimane inutile, poiché non abbiamo potuto trattenere nulla a noi. "I'm the hunted, I'm a predator, I'm the answer to the riddle, I'm the upbeat. I'm the headfuck, I'm the way yarn flips to the middle, I'm the player, I'm naive. I'm the one who's not addicted, I'm the logic to the fuck up, I'm the broken one who fixed it - Sono la preda ed il predatore, sono la risposta ad un indovinello, sono il positivo, la lavata di capo, sono il modo in cui la storia arriva a metà, sono il giocatore, l'ingenuo, quello che non è drogato. La logica per lo scazzo, il rotto che ha aggiustato tutto", prosegue il testo, confessando poi che siamo solo bambini con lacrime agli occhi, i quali tengono un dono ora rotto, e ci chiediamo cosa ci rimane.
Tearjerker
"Tearjerker - Strappalacrime" è l'ultimo pezzo della versione standard del disco, una sorta di ballad elettronica piena di emotività ; essa si apre con suoni tersi e misteriosi, sui quali Davis tesse la sua trama vocale disperata, ma calma, quasi un pianto trattenuto, il quale delinea un'emotività sofferta legata a movimenti di pianoforte e potenziata da riverberi ben posizionati. Il brano prosegue su questa direzione, sconfinando al minuto e trentaquattro in alcuni effetti industriali e suoni più rarefatti; il tutto con gusto minimale, lasciando la scena alla voce del cantante e alle atmosfere reiterate tra linee elettroniche e tasti dal sapore classico. Qui il metal viene totalmente lasciato da parte, in favore di un lento tecnologico dove Davis da il meglio di se; ma non dobbiamo pensare che questo riassuma l'episodio: infatti al terzo minuto e trentadue una batteria cadenzata si unisce a riff grevi riportandoci su territori più familiari, coadiuvati poi da un assolo maestoso e malinconico pieno di nostalgia. Si arriva così al finale, dove ritmi in riverbero e fraseggi delicati sottintendono un loop ambient protratto fino alla conclusione; di sicuro il momento meno tipico di tutto il disco, il quale deve molto alle influenze esterne in sede di produzione. Il testo tratta del non sentirsi amati, dell'essere soli e scoraggiati da tutto; vorremmo ci fosse qualcuno che ci amasse, quando eravamo qualcuno sapevamo che c'era qualcuno ad amarci. "As I sit here frozen alone, Even ghosts get tired and go home, As they crawl back under the stones - Mentre sto seduto qui solo e congelato, anche i fantasmi si stancano e vanno a casa, mentre strisciano sotto le pietre", dichiara il testo, mentre desideriamo qualcosa in più di questa solitudine satura. Vorremmo che gli altri potessero sentirla e rubarla, rapirla, corromperla, ma non possiamo: è solo solitudine satura. Ci chiediamo se il silenzio che sentiamo durerà per sempre, ma non lo sappiamo, sentiamo che ci dice di andare a casa, di chiuderci dentro, che tanto a nessuno importerà se usciamo. Stanotte gli scherzi di natura entreranno in scena, gli spauracchi che come al solito verranno a tormentarci. Accendiamo le luci, attendendoli, arrendendoci ad un'altra notte insonne. Si ripetono i versi precedenti, i un bagno dall'acqua fredda e una vita che è stantia; un testo pregno quindi di desolante sconforto esistenziale.
Inside Out
"Inside Out - Dentro Fuori" è il primo inedito, introdotto da strappi sonori di chitarra e snare sintetici, il quale poi conosce un riffing spettrale sorretto da piatti cadenzati e dal cantato di Davis sempre lascivo e strisciante; esso ci porta gradualmente verso toni più concisi, dove giri squillanti e parti vocale decise creano un veloce ritornello più minimale rispetto al solito. Riecco quindi gli elementi precedenti, i quali si uniscono ad effetti in sottofondo, tra campionamenti ed obliquità acide; essi esplodono di nuovo nel ritornello dal piglio veloce, arrivando poi ad un'inedita sessione dove suoni "fantascientifici" accompagnano i toni quasi isterici del cantato, poi convertito in un growl feroce. Ecco quindi un momento caotico quasi noise con i suoi loop e vocals protratte; esso si consuma presto ridando spazio ai toni nasali di Davis, i quali poi convergono nell'ennesima ripresa del ritornello propulsivo. Esso si protrae più di prima, chiudendosi poi con alcuni effetti elettronici che richiamano Ross e la ripresa dei suoni di chitarra campionati, i quali dopo un falso finale in dissolvenza chiudono i battenti in solitario; nulla di epocale, per un pezzo non malvagio, ma che non aggiunge molto a quanto già sentito. Il testo prosegue sulla linea di diversi altri brani del lotto, dando anche qui una visione distorta del sesso, ed in generale di una relazione malsana dove desiderio e disprezzo si fondono indissolubilmente; ci piace il modo in cui l'altra è conciata, nuda e senza trucco, mentre la vediamo pulsare sotto la pelle. A volte vorremmo strisciare dentro, e non c'interessa come parla, o come veste, e nemmeno della sua fisionomia facciale; non volgiamo parlarci, non abbiamo nulla da dire, sappiamo cosa rappresenta, la vogliamo dentro e fuori. Ci piace il modo in cui le sue labbra si contraggono, mentre è sdraiata, mentre i tremori e le grida manifestano i pensieri dietro ai suoi folli occhi; "Bitch so untamed but outside it, a work of art, But underneath it you're beautiful when you're torn apart. That's the fucking amazing shit, the wish that makes you take the punishment to your heart as I squeeze it hard. That's the fucking amazing shit the wish that makes you, Take the punishment to your heart as I squeeze it hard - Una troia così indomita, ma fuori, un capolavoro, dentro sei bellissima quando sei a pezzi. Questa è la cosa fottutamente stupenda, il desiderio che ti fa accettare la punizione nel tuo cuore mentre lo schiaccio duramente" prosegue il testo, mentre beviamo il latte dai suoi seni, e nemmeno la sua merda ci dispiacerebbe. Mettiamo la nostra lingua nel suo orecchio, per divorarla lì e subito. Un testo esplicito, a tratti osceno fino all'estremo, intriso di maniacale ossessione.
It's Me Again
"It's Me Again - Sono Sempre Io", introdotta da un fraseggio greve e tagliente, il quale poco dopo si fa roccioso e pulsante, aprendosi a bordate ben calibrate. Ecco che al venticinquesimo secondo dopo una breve cesura con effetto parte il cantato ispirato di Davis, il quale segue il ritmo sincopato di chitarra e batteria; al quarantacinquesimo secondo si apre il ritornello arioso e dagli effetti sintetici, coadiuvato da riff possenti e parti in growl che fanno da contraltare a quelle in farsetto. Riprende quindi l'andamento sorretto dai giri contratti, il quale si dilunga nei suoi toni taglienti, il quale inevitabilmente collima di nuovo nei versi precedenti, seguendone le evoluzioni; al minuto e cinquantasei un riffing combattivo si unisce al drumming calzante e a linee vocali con effetti di Davis, le quali donano un tono sinistro al tutto. Ecco quindi che implodiamo con bordate sostenute, le quali frammentano al composizione fino ad una cesura; riecco di seguito il ritornello familiare, sconvolto dalla dualità tra pulito e growl, il quale prosegue fino alla conclusone improvvisa. Un'aggiunta apprezzabile, che non sarebbe sfigurata come brano principale, decisa e robusta nei suoi toni; insomma un buon modo per aprire questa parte "aggiuntiva" del disco. Il testo sembra riferirsi ad un'attitudine negativa sempre presente verso la vita, dove anche a causa di quanto si è sofferto, si vede sempre il lato negativo delle cose. Siamo ancora noi, che strappiamo poesie piene di stronzate, che distruggiamo l'altrui positività, che fottono le cose per vederle sanguinare, e le prendono a calci per farle gridare, una scelta alternativa conseguente di una vita sempre vissuta allo sbando, causa sofferenza; se gli altri vedono la bellezza, noi vediamo il dolore, se vedono il cielo, noi vediamo la pioggia acida. "I rip your throat out on a whim. Yes, it's me again, I only ask for everything. Yes, it's me again, I squeeze it to feel it breathe, I smash it to fuel this need. I am the antidote for whatever sickness you feed - Ti taglierò la gola per un capriccio. Si, sono sempre io, chiedo solo di avere tutto. Si, sono sempre io, lo strizzo per farlo respirare, lo distruggo per riempire questo bisogno. Sono l'antidoto per qualsiasi malattia tu nutra" prosegue il testo, nel quale dichiariamo di essere l'antidoto per il veleno della positività, che "affligge" il prossimo. Noi rappresentiamo questo, l'ingiustizia fatta all'uomo, e tutti i bastardi sanno chi siamo, la prova vivente che si può svoltare e dire che siamo ancora noi.
Eaten Up Inside
"Eaten Up Inside - Divorato Dentro" è il terzo inedito, aperto da un groove sotterraneo sottoposto ad effetti elettronici, il quale poi esplode in un riffing deciso alternato ad effetti inquisitivi stridenti dal gusto industriale; il loop creato si ripete mentre Davis recita il testo con aria spettrale ed evocativa, chiamando il mente certi gruppi nu metal più sintetici quali gli Orgy e i Deadsy. Al quarantatreesimo secondo prende piede il ritornello malinconico, il quale si apre a soluzioni molto new wave nei suoi tratti con cori sintetizzati in un tripudio di emozioni; riecco quindi la ripresa del movimento iniziale, al quale poi in sottofondo si aggiungono fraseggi che portano il marchio di Ross. Non ci sorprende la ripresa delle arie esplosive, le quali si ripropongono brevemente prima di una cesura con fraseggio marziale, la quale si ripete poi in bordate con rullanti; essa funziona da siparietto, prima della ripresa del ritornello , dritto e semplice, ma sempre accattivante. Arriviamo così alla conclusione dal gusto "remix", dove disturbi elettronici frammentati trascinano il pezzo verso il suo finale segnato da un ultimo verso di Davis; ennesimo brano potenziato dall'elettronica e votato ad un animo "retro-futurista" dal grande impatto. Il testo esprime in modo semplice e diretto il sentirsi divorati dentro dal dolore ed il desiderare la morte come una liberazione; moriremo sorridendo, ricordando nel mentre tutto il nostro passato, tutto ciò che ci è stato detto. Un carosello ci farà ridere, mentre scompariamo per terra, ormai prossimi alla morte. Chiediamo di esser lasciati andare, ghiacciati nel tempo, stanchi di vivere, divorati dentro; "Let me die, Go away, I never got what I wanted, I never got what I needed, What's on my mind. Who can say? It's my invention I'm beating, I can not stop all this bleeding - Lasciami morire, vai via, non ho mai avuto quello che volevo, ne quello di cui avevo bisogno. Cos'ho in testa, chi può dirlo? E la mia invenzione che picchio, non posso fermare il mio sanguinare", prosegue il testo, ma noi saremo pronti: basta darci la morfina per dormire, e forse mentre sogniamo scivoleremo via. Non abbiamo mai ottenuto quello che volevamo, ed è la nostra infezione che stiamo nutrendo, mentre non possiamo fermare il nostro sanguinare.
Last Legal Drug
"Last Legal Drug (Le Petit Mort) - L'Ultima Droga Legale (La Piccola Morte)" si apre con toni contratti supportati da tamburi marziali, convertendosi poi in una raffica di chitarra sulla quale si appoggia il cantato lascivo di Davis; si striscia così con toni sincopati, incontrando poi cori ariosi ed acidi, sottolineati da versi più velenosi. Ed è così che arriviamo al notturno ritornello sottolineato da tastiere sinistre e cantato ritmato, il quale poi si blocca con un suono di piano; riecco quindi il movimento iniziale, con la sua marcia trascinante, la quale può solo riportarci alla sua naturale evoluzione nei toni evocativi del ritornello cantato con tono nasale dal cantante. Esso s'interrompe questa volta con un fraseggio quasi psichedelico, sul quale si organizzano di nuovo i tamburi e le chitarre nervose; arriviamo quindi ad un effetto vocale trascinato, il quale introduce un epico motivo roccioso, il quale avanza maestoso. Si ripropongono quindi i versi estranianti, sorretti da asperità distanti mentre si consumano in se stessi; note lontane ed un effetto di chitarra ronzante con feedback conclusivo chiudono quindi la narrazione sonora fin qui riportata, per un episodio i qualche modo onirico, ma anche nervoso e dai sottintesi malevoli. Il testo torna sul tema del sesso, una vera e propria ossessione per Davis, vissuto sia come piacere, sia come una droga che può distruggere come qualsiasi altra cosa di cui si abusa; chiediamo all'altra di mettere la mano sulla sua pelle, iniziando a strofinare piano, e le chiediamo se lei può sentire. Il piacere diventa dolore, il sesso diventa folle, ed è proprio allora che lei risponde di si, che può sentire tutto quello che le viene fatto. Il raggiungimento del piacere assoluto risulta un qualcosa di particolarmente sofferto: l'orgasmo viene chiamato "la piccola morte", proprio per lo stato di totale abbandono. Le chiediamo per favore di gridare quando muore, gridare pietà per entrambi, ed è vero quello che dicono, ovvero che l'amore potrebbe essere l'ultima droga legale. Chiediamo quando grida di lasciar scorrere tutto, e noi potremmo farla rimanere od andare, e poi il testo continua con "Push that one more time that's all, And the rain begins to fall. You feel it? Can you feel it? People who ain't seen shit been telling you that its a sin, You say it, As you feel it - Schiaccialo ancora una volta, basta questo. E la pioggia inizia a cadere. La senti? Puoi sentirla? La gente che non ha visto un cazzo ti dice che è un peccato, lo dici mentre lo senti.", chiudendosi poi con la ripetizione di versi precedenti.
Twisted Transitor Mix
Troviamo ora ben due remix del singolo "Twisted Transistor", la prima a cura dello storico produttore Dante Ross, da molti considerato uno degli uomini di punta della scena hip-hop, il quale si era già occupato in passato di "Here To Stay" dandone un remix contenuto in un singolo, la seconda dei non meglio precisati The Dummie (probabilmente un alias interno per chi ha lavorato al disco); "Twisted Transistor (The Dante Ross Mix)" ci offre quindi un pianoforte delicato in apertura, il quale sorprende l'ascoltatore prima dell'apertura delle ritmiche sincopate e delle tastiere da ballo hip hop. Seguono snare ed andamenti felpati dal ritmo lento e costante, sostituendo i riff dell'originale con la ripetizione delle melodie sintetiche; vengono mantenuti i fraseggi notturni, usati come substrato per l'avanzare controllato del pezzo . Una reinterpretazione che ci riporta quindi su lidi classici r&b ad hip hop, giocata su loop e toni decisamente più caldi rispetto all'originale; ecco che al secondo minuto e venti i riff vengono usati insieme ai loop vocali di Davis, collimando poi una sessione sognante con fraseggi delicati, la quale regala toni quasi progressivi, prima di riprendere con il solito andamento prima della conclusione.
Twisted Transistor Mix II
Segue quindi "Twisted Transistor (Dummies Club Mix)" la quale presenta toni più veloci, con le sue ritmiche frammentate basate su bassline a sega elettrica, regalandoci una rielaborazione EDM ricca di snare pulsanti e movimenti da danza sintetica, tra electro-house e pulsioni tecnoidi; le chitarre scompaiono in favore di suoni dance ripetuti in loop, mentre le vocals di Davis ripetono la loro lezione. Al secondo minuto e cinquantasei groove da movida salgono in sottofondo, ripresentando poi gli ormai familiari beat da festa; riecco quindi i toni frammentati iniziali, ora uniti ad accenni di tastiera e ad effetti misteriosi, mentre il cantante conosce manipolazioni varie nella sua voce. Ora le chitarre si riducono quindi a sample ripetuti, mentre la matrice sintetica la fa da padrona, tra suoni elettrici e ritmiche in quattro quarti; ed è così che si continua fino al finale di questo lungo remix che raggiunge quasi gli otto minuti, nel quale il titolo del pezzo viene ripetuto ad oltranza sulla batteria sintetica con gusto ossessivo.
Conclusioni
In sostanza, "See You on the Other Side" è un lavoro che senza ombra di dubbio merita una più che abbondante promozione. Un lavoro dai tratti "dark" dove il suono della band si fa evocativo ed in qualche modo elegante, pur conservando una certa aggressività di fondo, dai toni ora drammatici, ora malinconici, ora più diretti e robusti; l'elettronica viene usata per creare atmosfere oscure un po' patinate, ma che non inficiano i riff e le parti più brutali. Notiamo una maggior melodia nei ritornelli ariosi, caratteristica che incomincerà a prendere sempre più piede nel suono dei Nostri, fino al punto di diventare il perno dei pezzi proposti in futuro; è chiaro che i Korn sentono ormai stretti i panni del nu metal, genere dal quale già avevano incominciato a distanziarsi con l'album precedente, e che Davis abbia colto l'occasione della dipartita di Welch per rinnovare il sound del gruppo implementando influenze elettroniche ed alternative a lui. Proprio Jonathan, lo ricordiamo, è cresciuto a pane e new wave, scoprendosi in seguito fan di gruppi del calibro di Nine Inch Nails, Killing Joke, Manson, etc., band a lui molto care e dalle quali ha cercato di trarre ispirazione. Un punto di svolta che proietterà la band in pieno millennio inoltrato, scontentando alcuni fan della vecchia guardia, ma elaborando alcuni lavori d'interesse affiancati ad altri meno riusciti; a loro onore va detto che la sperimentazione non verrà a mancare, salvo qualche tentativo non troppo convinto di tornare al passato, e nemmeno la capacità di creare brani catchy che non si discostano da un modus operandi che è loro, caratterizzato dalle vocals ora nasali, ora aggressive, ora disperate, ora malinconiche del cantante, e dalle chitarre ad accordatura bassa, le quali però si faranno sempre più levigate, forse anche troppo, allontanandosi spesso dalle connotazioni metal fin qui sempre presenti. In ogni caso la carriera dei Korn non sembrò soffrire di grossi problemi, ed il disco fece registrare buonissimi risultati di vendita, e anche la stampa lo vide decisamente di buon occhio, preferendolo sicuramente al precedente "Take A Look..."; naturalmente diversi furono i concerti in supporto, i quali li videro i Nostri suonare con nomi quali Mudvayne, Evanaescence e Deftones, nonché le partecipazioni a festival quali il "Download". Tutto a gonfie vele insomma, ma all'improvviso un'amara notizia: i vari tour vengono cancellati a causa di una malattia del sangue diagnosticata a Davis, la quale quasi lo ucciderà, creando i presupposti tematici per il prossimo disco del gruppo. Inoltre, il batterista David Silveria abbandona la band dopo anni di militanza come membro fondatore, cambiando ancora di più la struttura della band e alimentando l'idea dei detrattori che i Korn stessero per scoppiare; in realtà, come detto, al contrario di alcune aspettative la band sarà sempre quella più longeva e dal costante successo tra quelle nate dal crossover/nu metal degli anni novanta, capace di mantenere un'identità nel bene e nel male riconoscibile pur muovendosi tra stilemi e tendenze del presente. I tempi sono quindi maturi per quel "Untitled" che vedrà Atticus Ross, abbandonato il collettivo The Matrix per divergenze, alla produzione; disco ambizioso che però, come visto nella recensione al riguardo, non manterrà proprio tutte le promesse fatte in precedenza, anche e soprattutto a causa di limiti tecnici insiti nella band, non certo una formazione progressive o poliedrica. Un volo pindarico potremmo dire, il quale segnerà la chiusura di questo primo periodo sperimentale a favore di un ritorno al passato non molto riuscito e le successive infatuazioni EDM e dubstep. Ma questo è il futuro, il nostro viaggio a ritroso invece ci porta ancora più indietro nel tempo fino a "Take A Look In The Mirror" , l'ultimo disco con la formazione classica al completo, il quale vedrà alcuni degli episodi più brutali della loro carriera e l'imporsi di sonorità lontane dal loro solito nu metal; un disco spesso sottovalutato, ma che in realtà ancora mostra un'aggressività sentita, mentre con gli anni spesso il pilota automatico prenderà piede creando una falsa rabbia che in realtà non appartiene più ai non giovanissimi, e molto ricchi, Korn. Facciamo quindi un passo indietro, e guardiamo nello specchio!
2) Politics
3) Hypocrities
4) Souvenir
5) 10 Or A 2-Way
6) Throw Me Away
7) Love Song
8) Open Up
9) Coming Undone
10) Liar
11) For No One
12) Seen It All
13) Tearjerker
14) Inside Out
15) It's Me Again
16) Eaten Up Inside
17) Last Legal Drug
18) Twisted Transitor Mix
19) Twisted Transistor Mix II