KLEM

Ritagli di tempo

2013 - Autoprodotto

A CURA DI
PAOLO GLENNTIPTON ERITTU
18/04/2014
TEMPO DI LETTURA:
7

Recensione

La storia dei Klem inizia nel 2010 in seguito a un confronto musicale, che vede protagonisti il batterista Francesco Schiavi e il chitarrista e cantante Leonardo Scali; uniti dalla passione per la musica, i due si scambiano varie idee per alcune tracce, e qualche settimana dopo si ritrovano a provare, in compagnia del bassista Roberto Patuzzo, già collega di Leonardo nei Jab. Il gruppo debutta nel 2011, suonando in vari locali della loro zona, arrivando ad autoprodurre un disco nel 2013: “Ritagli di Tempo”, così intitolato per il fatto di essere stato scritto “facendo coincidere i momenti di tempo libero tra gli impegni lavorativi dei componenti del gruppo”. Il lavoro presenta dieci tracce di un rock dalle molteplici influenze, dal metal al pop, che viene da loro definito scherzosamente “Rock Fluo”, e che ora andremo ad analizzare.



Si parte con “Scacco matto”, dove una chitarra solitaria riecheggia in maniera accattivante, prima dell'esplosione di un riff di matrice punk, grezzo e veloce, che muta in una marcia cadenzata durante le strofe, per poi articolarsi maggiormente durante il ritornello. Salta all'orecchio un ottimo lavoro da parte di tutti i componenti, anche se la voce rimane piuttosto anonima per quanto riguarda la timbrica. Il testo parla di come nel nostro “bel paese” si giochi una partita a scacchi tra i potenti, che vede però solo noi come perdenti, “controllati e manovrati” con panem et circenses; “La soluzione la puoi trovare, ma è al di fuori” è una frase che rappresenta la nostra attuale situazione in maniera tristemente chiara. “Specchi infranti” inizia con un riffing serrato e potente, per sfociare in una linea ritmica quasi funk che si alterna con lenti arpeggi. Il ritornello punta a un pop melodico, con tanto di cori, e sebbene sia musicalmente scontato, è ben inserito nel contesto del pezzo, che verso viene arricchito nella seconda metà da un piacevole assolo, semplice ma appassionato, prima dell'ultimo ritornello. Il testo parla della fiducia nei confronti di un'altra persona, dalla quale si è separati da uno specchio di apparenze (“Tu non puoi sentire quello che non dico, / puoi soltanto interpretare ciò che vedi.”) che ne offusca la vera natura. Ed è ora la volta di “Quando cogli un fiore”, che descrive come in una società colorata e ovattata si sia perso ogni legame con la realtà e con il mondo, chiusi in una “palla di gomma” che rotola via dalla vita vera, e nella quale anche i fiori hanno perso il loro profumo, divenendo una mera illusione di bellezza, un'immagine priva d'anima (“ti accorgi quando cogli un fiore, che l'aroma non c'è!”). Il pezzo inizia con uno scanzonato stoner rock, che cessa d'improvviso per lasciare spazio a un bel lavoro di basso che inserisce la voce, che attacca all'improvviso insieme alla batteria, seguita dalla chitarra. Questa traccia ha una struttura strumentale ben curata, con intermezzi di basso in solitaria, cambi di ritmo, e un comparto chitarristico molto valido; il tutto rende il pezzo ricco e scorrevole, sopperendo a una parte vocale che vive perlopiù di ritornello e pre-ritornello. “Da te” è un'esortazione a prendere in mano la propria vita (“il tuo foglio verrà scritto da te”), a fare sì che siano le proprie scelte e le proprie decisioni a modellarla e a renderla degna, perchè “Non è detto che la vita sia comune a tutti sai”. La traccia parte con un rauco urlo incuneato in una solida base di rock'n'roll cadenzato, che in seguito non si articola in maniera particolare, mantenendo una forte vena blues, tuttavia si nota la predominanza della batteria sugli altri strumenti, specie nel ritornello e nella seconda metà si ha un assolo di chitarra che guarda molto ai “primordi”. Si arriva ora a “Mobile classico”: un brevissimo pezzo southern dall'incedere lento, arricchito da qualche apertura melodica. Placide chitarre acustiche, cori di sottofondo, accenni di piano e armonica e l'abbaiare di un cane di piccola taglia (?) per un pezzo rilassante, che fa prendere un po' di respiro. Ed ecco che si ritorna allo stoner con “Poi si fermerà”, un pezzo dal ritmo quasi ossessivo, pressoché privo di variazioni, se non si conta una breve escalation strumentale verso la fine. Il testo vede la musica come qualcosa che riempie una vita altrimenti vuota, che ravviva il corpo, una “cassa armonica che amplifica la fantasia”. La chitarra mantiene un battito costante, sorretta da basso e batteria che tralasciano gli artifizi tecnici in favore di un sound potente e grezzo. D'un tratto tutto cessa: la musica si è fermata, così come il cuore. Ma ecco che con un colpo di coda la canzone vede un outro strumentale dai ritmi serrati. Inizia ora un crescendo musicale che introduce “Sfera di Cristallo”, una traccia che, sebbene abbia un riff principale dalle ritmiche interessanti, spara “già sentito” da tutti i pori quando si arriva al ritornello, cadendo in un baratro profondo, dato che si rifà a un qualcosa che a sua volta manca di originalità. Che poi possa piacere o meno è relativo. Il testo evidenzia la passione quasi morbosa del protagonista verso la sua amata (“Una sfera di cristallo, sì. / No non sarebbe niente male / per ascoltarti pure respirare”). Una dichiarazione d'amore con un protagonista che è talmente preso e legato da questa passione da essere commiserato pure dal suo pesce rosso, ma che riesce lo stesso ad esserne felice; oltre a questo, c'è anche una riflessione sullo scorrere del tempo, con la sua precisione matematica che riesce ad essere distorta all'inverosimile dalle nostre percezioni, infatti “Niente è bizzarro come il tempo quando scorre lento”. Giunge poi uno strumentale, la (troppo) breve “Fluo”, un brano dove la chitarra si inserisce timidamente solo verso la fine, e a farla da padrone è un basso roboante ed espressivo. “2” tocca invece territori e atmosfere più pop, con una musica leggera e linee vocali più morbide. Il testo è un'altra love song, che se da un lato può risultare un po' banale a livello di musiche, con chitarra acustica ed elettrica che si alternano nello sfornare accordi roboanti carichi di pathos e la voce che mescola gioia e malinconia, dall'altro è salvata da un testo che si presenta meno banale della maggioranza delle infinite controparti, allontanandosi da iperglicemiche rime “cuore-amore”, pur mantenendosi su quella linea di pensiero (“Che mi pensino pazzo, io sulla luna ci arriverò”). Insomma, la canzone scivola bene, ma su una pista troppo battuta per poter emergere realmente, e rimane una fra tante. “Acqua, terra e fuoco” si piazza saldamente sui binari del rock contemporaneo, risultando forse un po' stucchevole e già sentita, ma rimanendo suonata e cantata con maestria, con una voce più graffiante che nei pezzi precedenti e una chitarra dal suono grezzo che viaggia su potenti basi di basso e batteria. Il testo può essere letto come un manifesto di perseveranza verso un amore ostico (“Sento che qualcosa c'è nell'aria, che cambierà. / E l'insicurezza se ne va al di là di / ogni decisione, e di qualsiasi situazione.”), e il ritornello sfoggia un'escalation di musica e voce molto accattivante e grintosa.



Ordunque, il disco risulta variegato, molto ben suonato nel suo insieme (pezzi come “Mobile classico” o “Fluo” sono davvero belli), e carico di tutta la passione e la buona volontà che questo affiatato terzetto è riuscito a scatenare, e che riesce a farci percepire perfettamente, con testi che riescono a sollevarsi dal sottostante mare di banalità (seppur in alcune tracce rischino di caderci). Il problema che più mi ha infastidito è la voce: non che sia stonata o brutta (tutt'altro), ma non sono riuscito a percepire qualcosa che la differenziasse dalla “voce standard” che risuona nei microfoni di innumerevoli gruppi pop/rock contemporanei, melodica ma priva di carisma. Considerando che è il primo lavoro di questi ragazzi, a tali errori si potrebbe porre rimedio, raddrizzando il tiro e riuscendo (con facilità) a diventare una realtà ben distinta dalla massa, ma questo non è possibile, perchè purtroppo la band si è sciolta agli inizi di Aprile 2014. Un peccato, viste le potenzialità, ma non è troppo tardi per porvi rimedio!


1) Scacco matto
2) Specchi infranti
3) Quando cogli un fiore
4) Da te
5) Mobile classico
6) Poi si fermerà
7) Sfera di cristallo
8) Fluo
9) 2
10) Acqua, terra e fuoco