KING DIAMOND
Them
1988 - Roadrunner Records
ELEONORA STEVA VAIANA
11/02/2014
Recensione
Era il 1988 quando King Diamond, al secolo Kim Bendix Petersen, svelò l'ennesimo asso nella propria manica: “Them” (Roadrunner Records) e tutto un mondo da scoprire. A cominciare dalla copertina, ci troviamo di fronte a qualcosa di più che un semplice concept album: ci troviamo sulla soglia di una casa immersa in un mondo fatto di follia, oscurità e demoni sghignazzanti. Accompagnato dai suoi fedeli Andy LaRocque (Chitarra), Pete Blakk (Chitarra), Mikkey Dee (Batteria) e Hal Patino (Basso), King Diamond illustra una storia romanzesca, intinta in un orrore quasi Lovecraftiano. Una di quelle storie che non fanno dormire la notte, che fanno drizzare le orecchie in cerca di un suono, un fruscio, un movimento strano, nel buio della propria intimità domestica.
“Out of the Asylum” presenta il preludio della storia: un'anziana donna sta uscendo in sedia a rotelle da un manicomio. Missy e King si prenderanno cura di lei dopo aver trascorso un lungo periodo ricoverata, per motivi non svelati...ma intuibili. Stiamo parlando di King Diamond, il re del terrore musicale e dell'orrore reso in note, perlate di grida infernali e strappate dalla groppa di storie sempre intriganti, terrificanti, che ci faranno voltare la testa per paura di essere spiati alle spalle da qualcuno dei suoi demoni. Il terrore è angosciante in questa intro che apre il lavoro: un'atmosfera insana si veste di tasti di un pianoforte acuti, oscuri, cattivi. Delle voci mostruose, sussurrate e straziate dall'orrore, rendono la situazione ancora più inquietante, fino a portarci all'apice della paura, per lasciarci cadere nel vuoto. Si atterra su un terreno devastato da un terremoto di potenza, con “Welcome Home”: un inizio come questo è da ascoltare e riascoltare un centinaio di volte per rendersi conto di quanto non smetta mai di rendere una sensazione taurina di frenesia e bestialità. Che dire di questo pezzo? Maestoso, una perla nera nel regno dei Diamanti da non smettere mai di apprezzare. La nonna torna finalmente a casa dopo molto tempo, Missy e King la accolgono chiedendole se la casa le piace, fino ad accompagnarla nella sua stanza: il letto non c'è, come era stato richiesto da lei stessa. Le chiedono com'è stato il suo ricovero, e la nonna, in maniera inquietante, risponde che sarebbe stato brutto senza di loro al suo fianco, a cantarle canzoni e a farle compagnia. Chi sono loro? Loro sono vivi e osservano tutto coi loro occhi attenti. Il pezzo si dipana articolandosi su di una struttura vertiginosa, in pendenza verso un burrone lastricato di punte, pronte a colpire ogni singola cellula del corpo: King Diamond e la sua voce diabolica si posizionano alla perfezione su un tappeto di chitarre dense e colme di vitalità serpeggiante. Le situazioni si alternano con disinvoltura e una scioltezza propria sola di chi detiene lo scettro del regno dei Diamanti, facendosi sempre più intense, articolate, goduriose: è un brivido continuo lungo la schiena, la paura in note si fa adorare, incupendo non poco l'atmosfera pronta a cambiarsi d'abito, diventando un affannoso correre dietro alle ombre nella mente della nonna. I loro occhi si sentono, si percepiscono vigili, pronti a fissare il piede che batte il tempo e la testa, che fuori controllo, si spinge verso un caotico headbanging. Il sentiero della follia ci porta a “The Invisible Guests”, traccia introdotta da un riff di chitarra ricco di personalità, che sfocia nella bestialità abbattutasi dietro alle pelli. È un tripudio quasi barocco di chitarre, tastiere, emozioni e sensazioni così strane e particolari: King Diamond intona una voce piuttosto stridula, arrogante, per certi versi, ma in grado di trasmettere alla perfezione i pensieri che attraversano la mente del protagonista, che sta vivendo una situazione assurda. La notte stessa del ritorno della nonna, durante il sonno, King si sveglia sentendo delle voci che ridono in maniera folle: una di queste è quella della nonna. Si reca nella stanza della nonna e, aperta la porta, quello che vede è incredibile: nella stanza c'è solo la nonna, circondata da tazze fluttuanti mentre parla con il nulla. La nonna invita King a entrare nella stanza, gli chiede di fissarla nel profondo degli occhi e di dimenticare tutto quello che ha visto. Ma non solo: dice che lo lascerà entrare a scoprire il segreto di quella casa, il segreto di Amon. La musicalità della traccia tocca le vette della follia, con chitarre e voce pronte a tutto pur di scatenare una incontrastata e insensata paura nella mente di chi le sta ascoltando: i profili delle situazioni si svelano perfettamente, prendendo forma e andando a conquistare l'ambiente circostante, qualunque esso sia. Durante “Tea” la storia comincia a svelarsi, ma non smette certo di terrorizzare: il venerdì successivo all'accaduto di “The Invisible Guests”, King viene svegliato dalla nonna che promette di raccontargli la storia della casa di Amon. È l'ora del tè ed è presente anche la madre del ragazzo: la nonna estrae un coltello dal vestito, andando a fare un piccolo taglietto sulla mano della madre. Il sangue, caduto nella teiera, evoca loro: è questo il modo per liberarli. La nonna prepara King a ciò che accadrà, loro cominceranno a raccontare storie provenienti da tutto il mondo, a insegnare e divertire. King comincia ad appassionarsi a quella situazione, vuole ascoltare, imparare: le loro storie e le loro risa lo fanno sentire bene, calmo, come se fosse in Paradiso. Lo fanno sentire talmente bene da fargli desiderare un altro tè corretto col sangue. Il pezzo è abbastanza tranquillo dal punto di vista delle dinamiche, ma molto intenso: la strofa propone un ottimo ¾ che infonde una sensazione di calma onirica e pace dei sensi. È un pezzo emozionale, bello, graffiato, soprattutto nella voce, dalle più inquietanti sfumature di pazzia e personalità: si sente il sapore del tè, del sangue. L'assolo, in particolare, è un ruggente trionfo di note che suonano, cantano, danzano e gridano: il parto di quelle voci direttamente dal pozzo della follia nella quale, ormai, anche King si trova immerso insieme alla nonna e insieme a noi tutti. Ecco che con “Mother's Getting Weaker” la situazione comincia a farsi più intricata: dopo l'ennesimo tè al sapore di sangue consumato, la madre di King ha cominciato a sentirsi strana, stanca ed è diventata sempre più pallida. Non è riuscita neppure a uscire dal proprio letto, l'incantesimo della nonna le si è conficcato nella testa impedendole di parlare, facendola diventare un vegetale. Missy entra in scena, chiedendo al fratello di chiamare un dottore per aiutare la madre, ma King, di tutta risposta, decide di tagliare il filo del telefono, per poi andarsene via: in preda alle lacrime e al dolore, Missy dice a King di odiarlo. Musicalmente parlando il pezzo è un colosso, un esempio brillante di quanto King Diamond e i suoi sono riusciti a creare: i riff e tutti gli strumenti in gioco si abbracciano alla perfezione, rendendo una cascata continua e abbondante di piacere, brividi e sensazioni forti. La voce del Re si sposta magistralmente su range vocali opposti, interpretando alla perfezione, situazioni e sensazioni differenti tra loro: l'intensità di terrore e pazzia viene incrementata da ogni elemento musicale in gioco. Il botta e risposta delle due chitarre, gli stacchi ritmici, le tastiere: tutto grida a gran voce, rendendosi un portentoso esempio musicale, pregno di immortalità e bellezza inesplicabile. La durezza del riff iniziale di “Bye Bye Missy” non apre prospettive molto celestiali per i personaggi in gioco nella storia: al tè del lunedì, come al solito, gli amici invisibili di King e la nonna erano pronti a raccontare le loro storie. Ma la nonna, d'un tratto, alzatasi va ad aprire la porta, dietro la quale trova Missy: in lacrime, chiede cosa abbia fatto a sua madre. Loro vogliono eliminarla, nonostante sia così giovane, e anche la nonna è d'accordo su questo, tanto da afferrare la ragazza per porre fine alla sua esistenza. La ragazza però riesce a prendere la teiera, minacciando di gettarla a terra e farla in mille pezzi, se non la lasceranno stare: la lascia cadere, la teiera e tutto il suo interno si riversano sul pavimento. Le loro voci si disperano perché Missy ha rotto Amon e ora, ancor più di prima, merita di essere uccisa di sotto, nella cantina. La situazione musicale è piuttosto tesa fin dall'inizio: un'atmosfera cupa e piuttosto misteriosa si riversa nell'aria, portandosi dietro un odore di gelida paura rampante e dirompente. Non c'è un elemento che non sia posizionato alla perfezione, la situazione si trasforma gradualmente, intensificandosi, tornando a essere più calma ed esplodendo in una portentosa pioggia di tentacoli emersi dall'oscurità, con gli assoli di chitarra. Tempi e controtempi spianano la strada alle voci di loro, che si disperdono in un panorama terrificante, sempre più intenso e nebbioso: che dire poi del finale? Una scarica di adrenalina dosata su di un tempo dispari, intrisa di piacere, di brividi e di ombre. L'atmosfera di tensione permane anche in “A Broken Spell”, sancita da un inizio trionfale e molto deciso: la strofa è orecchiabile, fluida e in grado di coinvolgere a tutto tondo l'ascolto e l'ascoltatore. Una vena di allerta spinge il pezzo verso una sensazione di affanno, di fuga e paura per qualcosa che chiede a gran voce morte e vendetta fino a esplodere, emozionalmente, in uno splendido stacco melodico e strumentale: rimangono in gioco tutti gli strumenti, che suonano, però, velati di un certo timore per la propria vita. Una echeggiante chitarra pulita accoglie la voce acutissima di King Diamond, proponendo un riff dai toni pacati, ma piuttosto malinconici: questa situazione sospesa viene squarciata dal Re che canta il terrore di King, mentre le dinamiche, sullo sfondo, si incrinano verso un'espressione di aggressività seducente. Ed ecco comparire un botta e risposta di assoli da far accapponare la pelle, bello in una maniera regale e con una sfumatura dorata di intensa vitalità. La storia raccontata in questo brano è incentrata su ciò che accade in King dopo che Missy è stata uccisa: nella sua mente comincia una guerra sfrenata per il controllo per riprendersi se stesso. Loro lo hanno comandato per tutto questo tempo, ma con la teiera andata in frantumi hanno perso i loro poteri. Sbirciando dalla finestra della cantina vede qualcosa muoversi: un'ascia fluttuante, diretta verso la cucina. Dopo questo folle momento King vede uscire del fumo dal camino e, terrorizzato capisce: di Missy ormai è rimasto solo un cumulo di ceneri, ma l'incantesimo è finito, lui è tornato in sé e tutto quello che sa è di odiare quella maledetta nonna. In “The Accusation Chair” King decide di affrontare la nonna, che gli chiede, tuttavia, di non perdere la testa e non fare follie: i suoi occhi riescono a penetrare nella sua testa, anche se King cerca di convincersi che sia tutto normale. Riesce a svuotare la sua mente, a deviare il potere di quella donna infernale, ormai non più sotto la loro protezione: dopo averle preso il bastone la colpisce, impedendole di fuggire. La nonna ormai è morta, ma loro vogliono lui: comincia a correre nella foresta, sentendosi osservato da quegli occhi infernali, sentendo le loro voci, sentendosi uno di loro. La portata emotiva della storia è rispecchiata alla perfezione da una situazione musicale perfettamente interpretata: una strofa incalzante, ricca di tensione e ipnotizzante, lascia trasparire tutto il turbinio di pensieri, paure ed emozioni che attraversano King. Vittima e carnefice evocati in una composizione musicale in grado di caricare sempre di più: lo stacco ritmico di chitarra e tastiera animerà gli incubi più profondi di ognuno di noi, trascinandosi dietro un vaso di Pandora colmo di stranezze, misteri, sangue e demoni. La morte della nonna è interpretata da una voce cavernosa e tombale bassissima, alla quale va ad alternarsi la paura di King, solo, in una foresta, con occhi inquietanti puntati contro e un mondo di paura dentro di sé. La strumentale title track si presenta come un salto in un mondo parallelo di tranquillità, interrotto, però, dall'entrata in scena di tastiere che fanno accapponare la pelle: con un'aurea onirica, delle voci di un altro mondo e dei suoni dello stesso stampo, si viene a plasmare una situazione veramente angosciante, terrificante e grottesca. Per non farsi mancare proprio niente, con un inquietante suono di carillon il pezzo finisce, lasciando aperte dietro di sé porte nelle quali è meglio non andare a sbirciare. “Twilight Symphony” si apre subito sulle note della strofa, affannata e ricca di sensazioni da scoprire: il tutto si intensifica sempre più, liberandosi in un ritornello dai toni misteriosi ma evocativi. Le dinamiche raddoppiano, i riff di chitarra si fanno sempre più crudi e cupi: cosa sta succedendo? La polizia sta facendo domande a King per il delitto della nonna e il ragazzo spiega le sue motivazioni di quel gesto al Dottor Landau: se non l'avesse uccisa, lui sarebbe stato il prossimo. Nessuno ha trovato tracce di Missy e King non sa come aiutare le indagini: come può spiegare quello che è successo? Le loro voci comunque non lo hanno abbandonato, continua a sentirli cantare nella sua mente: il dottore torna e gli chiede spiegazioni sulla storia. Dopo averla ascoltata, prendendolo per pazzo, lo fa portare via: da quel giorno non ha più visto la mamma, né ha più avuto notizie di lei. Ma lui deve andarsene da quel manicomio adesso, per tornare in quella vecchia casa, da loro e dalla nonna. “Coming Home” esplode con un'inquietudine terrificante, dove si svela un delirante dialogo tra King e la nonna: sembra che King sia tornato dall'anziana donna, che sapeva già del suo imminente arrivo. È felice di vederlo, nonostante ciò che ha fatto alla sua gola, e gli comunica che loro lo stanno aspettando di sopra, anche Missy è presente, seduta sul letto del nonno. E la nonna scommette che King non vede l'ora di bersi un bel tè. Il pezzo si chiude con un terrificante rumore sordo, come di un corpo caduto a terra senza vita...Per concludere, la bonus track “Phone Call” si apre col rumore di passi su un pavimento in legno e un telefono che squilla. È King a rispondere, a sua nonna, morta in un certo senso ma evidentemente non completamente: gli chiede di tornare alla vecchia casa, dove un qualcuno lo aspettando. Lui ride, a metà strada tra il panico e la pazzia di chi non vuole che tutto cominci di nuovo, portandosi dietro altra follia, altro sangue, altre voci. “Them” non è un disco, è un mondo: una volta scoperto non si torna più indietro. Tutti gli elementi del meglio della musica di King Diamond continuano ancora una volta a far emozionare, a rapire, a terrorizzare. I riff presenti in questo lavoro riescono talmente tanto a colpire da non scordarseli mai e, nel terrore del buio della notte, non sarà difficile risentirli suonare nella propria testa. Gli anni d'oro di King Diamond, a partire dai Mercyful Fate, non hanno mai smesso di terrorizzare ed entusiasmare al contempo, spingendo tutti gli amanti del genere verso il pendio dell'irrazionale, della paura incondizionata, dell'oscurità. Un mondo nero, striato di pazzia, ma intriso di una bellezza stilistica e tecnica da lasciare senza fiato. Truppe di demoni, voci e ombre, pronte a schierarsi con una composizione musicale dalla raffinatezza unica, per far provare il gusto dell'ignoto anche a chi è solito considerarsi una persona normale, integra mentalmente. Non c'è niente di normale dentro a “Them”, un terreno intriso dalla follia di un personaggio inquietante, quello della cara e dolce nonnina, e dalla mente suprema di King Diamond, che ogni volta riesce a superare se stesso. E se di notte sentirete sussurrare, ridere e parlare qualche voce nella vostra casa e nella vostra mente, niente paura: potrebbero semplicemente essere loro.
1) Out of the Asylum
2) Welcome Home
3) The Invisible Guests
4) Tea
5) Mother's Getting Wicker
6) Bye Bye Missy
7) A Broken Spell
8) The Accusation Chair
9) Them
10) Twilight Symphony
11) Coming Home
Bonus Track:
12) Phone Call