KING DIAMOND

Conspiracy

1989 - Roadrunner Records

A CURA DI
ELEONORA STEVA VAIANA
07/03/2014
TEMPO DI LETTURA:
9

Recensione

Diciotto anni trascorsi in manicomio, diciotto anni trascorsi in un mondo fatto di dolore, solitudine e follia. King non è più stato lo stesso da quella esperienza, da quella telefonata, da quel folle incubo che gli è costato una vita trascorsa in manicomio, a fianco del diabolico Dottor Landau. Un'esistenza fatta di orrori destinati a resuscitare, a imprimersi indelebilmente nella vita del ragazzo, con un piede nel mondo reale e un altro nel regno dell'oltretomba. Un personaggio che abbiamo conosciuto, amato, odiato e per il quale abbiamo provato pena nel capolavoro “Them”: parliamo di “Conspiracy”, maestoso lavoro firmato King Diamond e uscito nel 1989 per Roadrunner Records.



Introdotta dal malinconico e inquietante suono di tastiera, la opener “At The Graves” riassume i pensieri, gli stati d'animo e la condizione di dolore del povero King, al quale manca sua sorella Missy, uccisa in quella cantina in una giornata di follia ultraterrena. King implora Missy affinché possa risorgere dalla sua tomba, per poter tornare a giocare, ridere e scherzare insieme a lei: le basterà seguire loro per trovare la strada. Una voce fa trasalire il protagonista: è quella di Missy. Musicalmente ci troviamo inizialmente di fronte allo strazio del protagonista, che spera di poter di nuovo far tornare sua sorella: la dolcezza inquietante delle note di tastiera iniziale si trasforma, diventando un'aggressiva strofa carica e potente. Un riff spettacolare accoglie la voce del Re, poggiata su tocchi di chitarra, firmati di LaRocqueBlakk, e su tutto lo spessore ritmico del grande Mikkey Dee: adrenalina a profusione mista a un panico incontrollabile. Tutto questo è iniettato direttamente dagli ottimi soli di chitarra intrecciati e dalle inquietanti voci provenienti da un altro mondo, andando a creare uno dei pezzi più belli firmati King Diamond. Tra stacchi, cambi di tempo e scenario, la situazione si fa via via sempre più intensa, mentre una sensazione imperante di respiro affannato prende in mano la scena: ci troviamo di fronte a un muro di emozioni, dipinto da strumenti, voci e arrangiamenti in grado di evocare immagini, sensazioni ed espressioni, intrise di inquietanti smorfie di orrore. Le notti di King sono insonni e in “Sleepless Night” lo troviamo in preda a quesiti che lo tormentano: soltanto loro potranno dargli modo di rivedere finalmente sua sorella e farebbe di tutto per poterla riavere con sé per un solo istante. Per questo motivo decide di stringere un patto con loro: lui gli lascerà Amon, la dimora che tanto desiderano, in cambio chiede di rivedere il fantasma di sua sorella per un'ultima volta. La traccia si presenta con un sound molto corposo e intenso, ma si trasforma all'improvviso in un dolce arpeggio malinconico, sul quale impera la fioca voce acuta del Re, lasciando trasparire le emozioni del protagonista. Tormento e dolore prima, rabbia e voglia di reagire poi: le dinamiche giocano su un'alternanza di aggressività e delicatezza, lasciando modo di comprendere lo stato mentale piuttosto intrigato di King. Un labirinto di ombre, misteri e quesiti attraversato da chitarre fluide ed espressive, riff carichi di emozioni e una componente ritmica adrenalinica. La voce del Re impersona situazioni e personaggi in gioco, passando dal cupo tono rauco di loro allo straziante stato inquieto di King, disperato e speranzoso al contempo, in balia della propria folle decisione. Entra in scena il personaggio del Dottor Landau con “Lies”, presentata da un riff acido e articolato, carico e coinvolgente. Una vena horror compare con la voce del Re di Diamanti, che ci offre una tipica alternanza tra voci basse e acuti sorprendenti, corrugati da una grinta entusiasmante e carica di emozioni. Alle strofe si alternano brevi assoli e parti strumentali, fino all'urlo lancinante di King Diamond, anticipato da tocchi di tastiera terrificanti: ci viene presentato il Dottor Landau, il preferito del giovane King. Durante l'ora di terapia il ragazzo mente, dicendo di aver dormito profondamente e di non aver sentito nessuno di loro: il dottore, felice, si congratula con King per i suoi progressi, promettendogli un incontro con sua madre. Ma in “A Visit from the Dead” scopriamo che il primo incontro di King con qualcuno della sua famiglia è col fantasma di sua sorella Missy: durante la notte sente la presenza di qualcuno nella propria stanza, una presenza proveniente da un altro mondo. Sua sorella è tornata dall'oltretomba per metterlo in guardia, perché sta per accadere qualcosa di brutto: King le chiede di essere più chiara, di dire quel che sa, ma lei gli promette un sogno premonitore. Una dolce malinconia si palesa dagli arpeggi di chitarra che danno il via a questo brano, dove la sensazione è molto onirica, appannata, ma le emozioni sono molto chiare. La voce del Re è delicata, triste e ricca di sfumature piuttosto fredde, ma la situazione si trasforma radicalmente a metà traccia, acquisendo una vena aggressiva e potente: King Diamond si distacca dal falsetto, impostandosi su tonalità gravi e rauche, le chitarre diventano vorticose, le pelli si infuriano. Assistiamo alla metamorfosi del giovane protagonista, malinconico e triste inizialmente, ricco di entusiasmo misto a terrore, nel vedere il fantasma della sorella dopo diciotto lunghissimi anni. È la Marcia Nuziale di Wagner a introdurre il sogno di “The Wedding Dream”, nel quale entra in scena anche la madre di King, vestita di bianco e sul punto di sposare il Dottor Landau, intenzionato a mettere le mani su Amon. La disperazione del protagonista è evidente: una voce investita di tristezza e paura si impone sui riff intervallati alla marcia, che si trasformano in una corsa sfrenata ansiosa e potente. Il pezzo si muove su dinamiche che non lasciano tempo di respirare, la paura di King è assolutamente tangibile ed evocata alla perfezione da ogni singolo strumento: ogni assolo, acuto e tempo tenuto aumentano la portata di tensione della situazione, andando a riassumere perfettamente l'orrore di un sogno che sembra essere maledettamente simile alla realtà. Un presagio messo in musica, terrificante e vertiginoso, dritto verso un baratro di follia sempre più densa e accecante. “Amon Belongs to Them”, ormai è un dato di fatto: la casa è loro, il patto è stato fatto. King accoglie sua madre in quella casa maledetta, facendola nuovamente sentire a proprio agio, in un ambiente a lei familiare; ma l'idillio dura ben poco, il Dottor Landau si presenta alla porta di casa e King fa di tutto per non lasciarlo entrare, ma sua madre insiste. Il ragazzo cerca di spiegare tutto a sua madre, ma ciò che riesce a emettere è solo un impetuoso fiume di parole deliranti, incomprensibili e palesemente intrise di follia. Il pezzo si presenta molto spigoloso, con un bel solido pavimento musicale e ritmico, piuttosto cupo, e una voce spinosa, acuta, disperata: il dolore grintoso di King si riversa nella voce del Re, un perfetto tramite tra noi e loro. I riff che compongono il brano sono piuttosto classici e goderecci, arricchiti di ottimi assoli e ritmi frenetici, attraversati da terrificanti tocchi di tastiera da brividi sulla schiena. Brividi che proseguono imperterriti con la strumentale “Something Weird”, un terrificante quadro musicale inquietante, ma ricco di vitalità, vigore e bellezza entusiasmante. Un brano a metà strada tra la tristezza di una vita distrutta dalla maledizione dettata da loro e tutta l'inquietudine dettata da un mondo ultraterreno, impossibile da spiegare, impossibile da capire. Un'impronta totalmente differente quella di “Victimized”, drammatica, sì, ma potente, ricca ed energetica: strofe coinvolgenti, linee vocali sempre più impressionanti, ombre fluttuanti sempre più vive e palesi. Il mood generico del brano è molto più teso, una corsa frenetica verso un burrone di speranze destinate a morire e maledizioni nere come il petrolio, con la parola Conspiracy che finalmente fa la sua comparsa. Un assolo molto melodico ed estremamente elegante compare assieme a un tempo piuttosto strano, troviamo luccicanti tocchi di clavicembalo a rendere la situazione ancor più intensa: un brano spettacolare, che si dirama con immaginari tentacoli terrificanti, in grado di cingere la mente e rapire l'anima. Il Dottor Landau e la madre di King vanno dal reverendo Sammael, convincendolo della nuova ondata di follia dell'uomo che 18 anni prima aveva ucciso la nonna: il reverendo ci crede, ipotizzando che probabilmente è Satana ad averlo ridotto così e che ormai non c'è molto da fare. La sentenza di morte è ormai giunta per il povero King, tradito dalla madre e dal Dottor Landau, architetti della sua maledizione solo per poter entrare in possesso di Amon. L'odore di morte infernale fuoriesce da ogni nota terrificante di “Let It Be Done”, dove il reverendo Sammael suggerisce al Dottor Landau e alla madre di dar fuoco alla bara di King per poi seppellire ciò che ne rimarrà nella tomba di Missy. Una cattiveria melmosa e nera esplode in un fiume di orrore, fatto di un'atmosfera talmente agghiacciante, da paralizzare ogni pensiero. “Cremation” è l'epilogo di questa tragedia, iniziato da una chitarra convulsiva e da una tastiera in grado di evocare quelle fiamme, quel dolore, quella paura e quella orrenda consapevolezza di essere stato usato nuovamente come burattino. Un rituale musicale di odio e vendetta, condensato in riff energici e tastiere inquietanti che si ripetono, si ripetono e si ripetono, andando a creare un mantra bellissimo e tragico al contempo. È fra le fiamme che King giura la sua vendetta, gridando e promettendo ai suoi assassini che tornerà dal regno dei morti per rendere loro la vita un inferno.



Si conclude così la storia di King, con la promessa di una vendetta dal sapore amaro, ma che sorride a denti serrati in faccia a coloro che lo hanno perseguitato, sfruttato, coloro che gli hanno rovinato la vita. Il quarto capolavoro firmato King Diamond, l'ennesimo connubio azzeccato di musica e orrore, il degno sequel di un masterpiece come “Them”, la triste conclusione di una vita e un personaggio al quale ci eravamo affezionati, col quale avevamo combattuto e avevamo sperato. La speranza muore in “Conspiracy”, ma risorge nelle sembianze di una promessa di vendetta rabbiosa e inquietante, e diciamolo, più che giustificata: le tastiere in questo lavoro hanno un ruolo più decisivo, assieme alle chitarre sono in grado di evocare pensieri, paure e angosce, sono in grado di far danzare le ombre. E la voce del Re si veste, al meglio, di sfumature intense, ricche di quel bagaglio emotivo che abbiamo incontrato in King. “Sì vendetta tremenda vendetta, di quest'anima è solo desio” per citare il Rigoletto di Giuseppe Verdi: una vendetta amplificata da un fuoco che arde e brucia i sentimenti, una desiderio di vendetta talmente potente, da far tornare dall'oltretomba i morti. Riposa in pace, King, e vendicati nella furia.


1) At the Graves
2) Sleepless Nights
3) Lies
4) A Visit From the Dead
5) The Wedding Dream 
6) "Amon" Belongs to "Them" 
7) Something Weird08. Victimized
9) Let It Be Done
10) Cremation

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