KHTHONIIK CERVIIKS / HOWLS OF EBB
With Gangrene Edges / Voiidwarp
2017 - I, Voidhanger Records / Iron Bonehead Productions
DAVIDE PAPPALARDO
21/07/2022
Introduzione Recensione
Nella vita ci sono cicli che si chiudono, e cicli che si aprono, collocati in diverse istanze temporali e percorsi paralleli fatti di vite, esperienze, progetti. A volte questi percorsi diversi possono incrociarsi tra loro in fasi diverse, ed entrambi hanno qualcosa da comunicare all'altro, sia esso un lascito dell'esperienza acquisita, o le speranze degli inizi che vengono confidate a chi forse è ormai troppo provato per provarne di nuove, soprattutto alla fine del suo ciclo. Questo discorso può anche essere applicato alla musica naturalmente, e lo split del 2017 qui recensito tra gli americani Howls Of Ebb e i tedeschi Khthoniik Cerviiks a nome "With Gangrene Edges / Voiidwarp" è proprio uno di quei casi. Si tratta infatti dell'ultima testimonianza sonora dei primi, che si sono sciolti ufficialmente in quell'anno, e della seconda uscita dopo il debutto "SeroLogiikal Scars (Vertex of Dementiia)" per i secondi, band ancora oggi attiva e con due album nella loro discografia, l'ultimo "Æquiizoiikum" del 2020. Uno split che consta di un totale di otto tracce per quasi quaranta minuti di musica non facile, almeno per le orecchie di chi non è avvezzo al lato più sperimentale del black e death di stampo dissonante e progressivo; l'ensemble americano composto da R.B. e zELeVthaND (Patrick Brown) era infatti foriero di una commistione tra i due generi molto particolare dove tratti progressive anni settanta, jazz e dissonanze sature dal gusto post-rock fanno da collante in un songwriting alieno, che si sposa perfettamente con i temi di stampo lovecraftiano e occulto (caratteristica questa che ritroveremo spesso nelle band legate a questa tipologia di musica, ma che ha forse la massima coerenza tra musica e contenuto proprio con i Nostri), mentre i tedeschi Okkhulus Siirs (basso e voce), Ohourobohortiik Ssphäross (batteria) e Khraâl Vri*ïl (chitarre, seconda voce) modulano gli estremismi sonori in parti claustrofobiche e schizzate che sembrano volerci proporre dei Voivod che sono diventati cenobiti alla "Hellraiser", araldi di altre dimensioni e orrori inconcepibili. Non è un caso che lo split sia uscito per l'etichetta di Luciano Gaglio I, Voidhanger Records nella sua versione in CD, lasciando il digitale e il vinile alla tedesca Iron Bonehead Records (casa del secondo gruppo qui presente); infatti la label italiana è da anni una delle principali rappresentanti di un certo death, a volte dai connotati black, che ricerca costruzioni particolari e l'uso di dissonanze alienanti e psichedeliche, dimostrandosi come una vera e propria fucina di talenti che caratterizzano il metal estremo più moderno e avantgarde. Parliamo di nomi quali Ævangelist, Cosmic Putrefaction, Tchornobog, Khanus, Acausal Intrusion, Spectral Lore, Feral Light, ESOCTRILIHUM e molti altri, tutti con una propria estetica e sentito, ma legati da un certo quid di fondo che esplora mondi sonori ora cavernosi, ora "discordanti", alieni, dalle geometrie "sbagliate" e dai tratti estranianti, anche psichedelici. Quanto qui sentito rientra in tutto questo, tra le produzioni vintage e i suoni ora marcianti, ora stridenti e angolari degli Howls Of Ebb e le centrifughe dissonanti e le schegge old-school dei Khthoniik Cerviiks, e in un percorso in due parti dove abbiamo tendenze diverse, ma un tutt'uno che genera una sorta di racconto sonoro a quattro mani. Aspetto questo trasposto anche nelle grafiche di copertina, o meglio delle copertine dato che abbiamo una sorta di doppia-faccia rappresentata dalla parte davanti riportante l'immagine scelta da Khraâl Vri*ïl stesso per gli Khthoniik Cerviiks e nella parte anteriore un'opera del defunto Timo Ketola per la metà dei Howls Of Ebb.
Babel's Catechism
"Babel's Catechism" è la prima traccia della metà dello split dedicata agli Howls Of Ebb, un episodio dominato da suoni di basso assolutamente grevi e distorti, saturi di effetti estranianti, e accompagnati da chitarre dalle accordature altrettanto basse e vocals occulte piene di riverberi. Lo stile è quello tipico della band, acido, alieno, "vintage", e qui le cose si fanno in qualche modo ancora più esoteriche, con più di una comunanza con il modus operandi dei sempre americani Negative Plane. Non ci è dato conoscere le parole del testo in questo occasione poiché non sono state riportate in nessuna versione dello split per motivi sconosciuti, ma data la media delle manifestazioni testuali dei Nostri, non è difficile immaginare possibili riferimenti biblici che prendono vie alienanti e cosmiche legate alle atmosfere lovecraftiane tanto care alla band. Di sicuro comunque questi tratti li ritroviamo nella musica, che si apre con un effetto teso prima di darsi a soluzioni dominate come detto dal basso e da chitarre irresistibilmente anni settanta. Le vocals misteriose e caustiche del cantante completano un quadro che avanza disturbato solo da cesure improvvise riempite con malevoli rumori oscuri e "fastidiosi", prima di riprendere con la propria marcia. E' interessante notare come il cantato, nonostante i connotati cavernosi e l'uso del riverbero, riesca a creare una sorta di ritornello grazie a un'accentuazione di certi passaggi (tecnica che come detto prima li collega alla grande band sopra citata). Momenti progressivi mettono in gioco suite dove chitarre dilungate in tratti acidi si uniscono a batterie jazz che si danno a galoppi secchi sottolineati dal basso sempre presente. La corsa "sghemba" ottenuta è un perfetto esempio del mondo sonoro dei Nostri, unico nel suo songwriting e produzione che sembrano usciti da un mondo alternativo dove la musica anni settanta ha mantenuto i suoi connotati psichedelici nei decenni successivi, trasferendoli in toto anche al metal estremo. Troviamo tratti death, black, progressive e avantgarde, ma nessuno di questi termini preso da solo può descrivere in alcun modo convincente quanto qui ascoltato. Ecco che la tensione si innalza in un crescendo stridente che raggiunge nuovi stop ritmati prima di evolvere senza però trovare un climax: nuove cesure ci consegnano tratti sospesi e batterie accennate, declinando chitarre dai feedback assurdi. Un'esplosione cavernosa ripresenta il trotto cannibale, che si trasmuta secondo i modi di ulteriori galoppi psichedelici protratti fino alla chiusura della traccia.
With Gangrene Edges
"With Gangrene Edges" parte con suoni metallici in lontananza e canti occulti, sottolineati da un effetto in levare dal gusto molto horror; non ci sorprende molto l'esplosione improvvisa di chitarre dissonanti, atte a creare un vortice nero segnato da un grido del cantante. L'impianto generale ricorda non poco i Deathspell Omega di "Paracletus", anche nell'immediato passaggio pulsante dai tratti stridenti che fa da ponte verso aperture maestose e progressive. Passaggi jazz fanno da collante con attacchi black/death rocciosi e feroci, anima putrida del pezzo ascoltato, e tale atmosfera non poteva che trovare corrispondenza nel testo. Esso è delirante, misterioso, e oscuramente cosmico al punto giusto, rappresentativo degli accenni e metafore che sembrano usciti più da un'entità altra piuttosto che da un essere umano. Un crogiolo cosmico si rompe davanti ai nostri occhi a causa delle sue estremità in cancrena:l'inferno non ha una furia uguale a quella del tornio verso il tempo (interessante variazione della famosa frase "hell hath no fury like a woman scorned" che è una reinterpretazione di un passaggio della tragedia di William Congreve "The Mourning Bride"), la sua frizione non fallirà mai, ed è per questo che si mostrano i segni di disfacimento sub-dimensionale. E' chiaro che ogni volontà d'instaurare un discorso concreto sui testi degli Howls Of Ebb sarebbe vana e buttata al vento: le parole dei Nostri sono come la loro musica, emanazione di terribili realtà cosmiche che non possono essere davvero comprese da mente umana, destinata a reinterpretarne parti secondo immagini vicine il più possibile a una parvenza di collegamento logico e riferimento al nostro reale. La musica si da al black/death psichedelico caro alla band, accentuato da chitarre che, come di consueto, sembrano uscite da un disco dell'epoca, ma allo stesso tempo conservano anche tratti legati ai due generi estremi prima nominati. Si tratta di una ricetta unica che è propria della band, nata da un sapiente dosaggio di produzione, accordature, e anche songwriting; l'asprezza e le distorsioni, nonché le dissonanze, incontrano gli stessi elementi dall'altra parte dello specchio, in una commistione che supera barriere di genere e temporali. Cataclismi fatti da desideri alieni creano precipizi fatti di pantani caustici, la non immacolata nascita può splendere, ma l'elemento sovversivo sedimenta in eterno. La consumazione del tempo sotto il torchio non è eterna, e per questo si ha sempre paura, e davanti ai nostri occhi si crea una pozza in cancrena fatta di anti-materia. La traccia sprofonda in oscurità sotterranee e dal sapore esoterico, pregne di essenza dark ambient, dalle quali si erge poi un climax psichedelico stridente e pestato, coda che va a consumarsi in una digressione in feedback prima di riportarci verso campane gotiche. Intanto noi trasmettiamo verso prigioni e dimensioni-trappola del tempo e dello spazio, e portiamo distruzione testandone i limiti, mentre con estremità in cancrena il crogiolo si rompe.
Bellowed
"Bellowed" è sia l'ultimo pezzo degli Howls Of Ebb presente nello split, sia l'ultima traccia della loro breve, ma fulminante, carriera dato che dopo l'uscita del lavoro il duo si scioglierà con grande rammarico degli amanti dell'avantgarde metal estremo più psichedelico e dissonante. Esso riprende in una continuazione sonora e, supponiamo, anche tematica il suono che concludeva la traccia precedente "With Gangrene Edges?", qui reso come un'introduzione che procede fino all'esplosione di una cascata infernale fatta di colpi di batteria potenti e sobbalzi gracchianti di basso e chitarra che si lanciano in cacofonie dissonanti dai tempi folli; ci perdonerà il lettore se ancora una volta vengono tirati in ballo i terroristi black francesi DsO, ma è impossibile ascoltare e non pensare ai vortici organizzati del capolavoro "Fas - Ite, Maledicti, in Ignem Aeternum". Il galoppo da caccia selvaggia prosegue incessante, incontrando tempi ritmici sincopati, gettandosi poi in uno stop improvviso. Torniamo da esso con versi malevoli e arie oscure piene di venti tenebrosi, territorio per esternazioni teatrali e cupe piene di riverberi. Si delinea ora il breve, ma molto evocativo testo, che ci dona un'ambigua considerazione gravida di sinistri significati e intenti lasciati alla nostra percezione e interpretazione: colui che non ha illusioni, si corica con l'infelice che sta nell'abisso, e se lo tiene come compagno di letto fino alla fine dei suoi giorni. Parole tetre che fanno verso al titolo della traccia, traducibile con "Urlò". Esso ci lascia con vari quesiti, ma di sicuro ci da l'idea di un terrore esistenziale concretizzato nello sfogo di un urlo davanti a un'ineluttabilità che non possiamo accettare. I tratti gotici e industriali intrapresi dalla traccia incontrano piatti improvvisi e colpi frastornanti, come in una casa degli orrori di un parco giochi piena di spaventi improvvisi; essi vengono raggiunti da feedback noise che salgono d'intensità fino a sfociare in nuovi galoppi black pulanti e decisi. Chitarre ronzanti e distorte ricreano un certo gusto non dissimile da quello della seconda ondata del black, e nemmeno da certe tendenze post-punk del tipo più abrasivo. Incontriamo quindi nuovi vortici neri, destinati a fondersi con intenti psichedelici e squillanti e con nuovi interventi grevi di basso distorto, configurando un pandemonio destinato a collassare in una nuova parte dark ambient. Tornano i venti funerei e cosmici, protagonisti drone degli ultimi due minuti del pezzo, una sorta di requiem per la carriera dei Nostri. Un momento che forse non poteva essere più adatto per salutare la band americana, ricco di elementi che hanno caratterizzato il loro percorso musicale, tra stranezze psichedeliche, bassi sferraglianti, elementi black e death, intrusioni di elementi altri.
Ketoniik Katechesiis
"Ketoniik Katechesiis" è il biglietto da visito dei tedeschi Khthoniik Cerviiks, band che ci allieterà per la restante parte dello split chiamata "Voiidwarp" con le successive tracce (ci sarà un ulteriore brevissimo intermezzo e una conclusione strumentale) all'insegna di un black/death claustrofobico e sperimentale, ma anche dalle sezioni melodiche ben studiate. In questo caso però non abbiamo nulla di tutto questo, in quanto ci troviamo davanti a una sorta di intro oscura dalla durata di due minuti e ventiquattro secondi, caratterizzata da effetti inquietanti in un loop che s'innalza man mano che la traccia prosegue. Suoni industrial generano un a sorta di ferrovia meccanica su cui si adagiano voci campionate femminili e maschili che contribuiscono all'atmosfera tesa e misteriosa del tutto; nella seconda metà l'abrasività s'intensifica toccando connotati noise che vanno a consumarsi nella successiva "Spiiral Spiire Stiigmata".
Spiiral Spiire Stiigmata
"Spiiral Spiire Stiigmata" è la prima canzone vera e propria della band tedesca presente nello split, presentata senza molti fronzoli tramite chitarre dissonanti in un assetto death/jazz sottolineato da cascate ritmiche. Il suono è denso, nervoso, ma anche in qualche modo ammaliante e ipnotico, destinato a essere sconvolto da grida funeste e accelerazioni black in doppia cassa. Finiamo così in vortici caotici che sono graziati da un certo quid orchestrale, alternati con trotti black metal più tradizionali che sfociano in malinconie melodiche e divagazioni progressive che si mantengono coerenti all'impianto generale. Verso il quarto minuto le vocals si manifestano pienamente con i loro toni demoniaci e maligni, perfetti per la musica che si fa accelerata e drammatica come non mai; il narratore instaura un discorso non meno allucinato del suono della band, creando spaccati tematici che sembrano una ripropostone verbale di quadri impressionistici, o di trip psichedelici e molto lisergici. Egli è perplesso, sente che la sua mente sanguina lacrime, cicatrici e paure, mentre delle spirali si connettono tra loro sorpassando il vuoto interiore, e segue con riferimenti verso insanità che sono anche delle sanità ed elettricità liquide. Se già l'ascoltatore non si sente in un mondo totalmente alieno, ci pensa la strumentazione a trascinarci in dimensioni dell'entropia dove tutto danza come degli atomi impazziti. Ancora una volta diventa d'obbligo il paragone con i Deathspell Omega, ma anche con Ulcerate e Gorguts, e in generale con la scuola più claustrofobica e dissonante del death metal tecnico. Oltre all'astrazione, c'è anche la sostanza: riff circolari squarciano l'etere mentre un drumming galoppante incita atmosfere decise e aggressive. Intanto visioniamo un portale del vuoto fatto di plasma, e vediamo immagini di un culto del tempo meccanico che crea un'interna divisione-progenie, un neuromante (impossibile non cogliere il riferimento al romanzo del millenovecentoottantaquattro "Neuromancer"di William Gibson, simbolo del cyberpunk letterario). Tutte le sue vene sono laccate e rimangono in infra-verde, la scala a chiocciola verso Neukropolis è un sogno abortito; intuiamo accenni a una non-trama che rimarrà probabilmente in eterno persa nelle menti dei Nostri. Nuove ariosità psichedeliche ci consegnano melodie capaci di muovere l'animo con un pathos che contrasta abilmente le asperità sonore, in un'esperienza ricca e mutevole. Ora la nostra vita precedente è disintegrata, e tagliando i nostri stessi fili d'oro ci troviamo senza copertura e carne, solo con trecento miglia di impulsi celebrali. Parole che rafforzano le suggestioni cyperpunk in un superamento della carne in una sorta di spiritualità digitale pregna di transumanesimo. Il tempo e lo spazio si dilatano, a ogni centimetro c'è un decadimento, ogni passo equivale a un millennio, ogni miglio un eone. Il risultato è un casino axoplasmatico, una disinformazione fatta di xenoletture, "un creeg nel ack cosmico". La trama sonora e tematica si consuma in un'ultima cavalcata black, annullata da un finale caotico dal gusto industriale.
Traumantra
"Traumantra" è semplicemente un intermezzo strumentale di ventotto secondi, quindi difficilmente qualcosa che possiamo considerare un brano vero e proprio analizzabile in maniera dettagliata. Abbiamo pochi secondi di effetti noise gracchianti che si promulgano in un drone senza variazioni, destinato a sfociare nella successiva "Come To The Subeth"
Come To The Subeth
"Come To The Subeth" parte in quarta con riff death/black e cantato cavernoso tagliente, creando un mantra che sprofonda a fasi alterne in deliri funerei che sembrano quasi ricreare lo sludge allucinato degli Electric Wizard, sebbene in un contesto diverso. Un connubio di riferimenti vecchi e nuovi gestito magistralmente in sede di songwriting e di esecuzione. Anche in questa occasione, quasi inutile dirlo, il comparto tematico è perfettamente in linea con quello musicale in quanto legato a visioni che vanno oltre ogni concetto di realtà e coerenza, sfidando ragione, spazio, tempo. Ci ritroviamo circondati da una vana estasi, una percezione veloce di forme date per scontate che sono secondi spaccati di uno stop eterno, il tutto mentre il fallimento conquista reami di smeraldo; siamo argonauti comatosi e ardenti, astuti nottambuli senza sonno che desiderano di muoversi ancora, e che ora si fondono con muri d nebbia. Lo strato musicale sorregge senza problema tale estetica grazie a giri di chitarra roboanti, drumming ora cadenzato e controllato, ora lanciato, e severità sinistre. Non mancano aperture epocali sinistre, amplificate da urla che diventano suoni di unghie sulla lavagna; ma il tutto è liquido e mellifluo, e melodie progressive compaiono senza annunci, salvo essere presto violate da suoni squillanti e volutamente fastidiosi. I tedeschi si dimostrano perfetti compagni per gli americani che hanno dominato la prima metà dello split, entrambi forieri di una riproposizione di modi e usi mutuati dalla musica anni settanta e traslati in un contesto black/death, seppur con tutti i distinguo tra Khthoniik Cerviiks e Howls Of Ebb. Dissonanze e marce alterate ci trascinano verso costruzioni irregolari, dove tratti contratti vengono seguiti da linearità ammalianti. Ingannati da un vello dorato, comandiamo i nostri fantasmi e prendiamo il nostro dazio, con lembi ghiacciati che accarezzano un' anima molto compressa. Il tutto con gioia, mentre andando verso il Subeth attendiamo la grande morte frammentata. Una cesura decisa si arricchisce di assoli in un galoppo che presto conosce toni dittatoriali di doppia cassa, contornati da riff drammatici e colpi secchi; ma riecco le psichedelie anni settanta in un gioco continuo che non si perde, ma di sicuro porta l'ascoltatore in labirinti mentali e sonori. Largo quindi a nuove asperità nere, in un lungo viaggio che non può lasciarci impassibili. Gruppi di stelle di ketamina incoronano una cresta in catalessi, e un'aquila affamata, con le ali staccate, cerca il subbuglio. Un noi-stessi mal collocato da qualche parte rimane, mentre gli impulsi svaniscono nella grazia del Nirvana fatta di staffette ri-arrangiate. Molecole dionisiache sotterrate riavvolgono mantra della verità creando percorsi scelti per noi, rivelando ciò che il nostro io non può vedere. Insomma, temi che davvero rielaborano quelli del mondo psichedelico in una chiave mistica e cosmica, rendendoli consoni alla musica dei Nostri. La conclusione vede vortici black metal che creano una cavalcata da tregenda che va a consumarsi con versi urlati epici, pieni di riverbero, e rallentamenti improvvisi che evolvono in un coda finale ricca di emotività. Sinergie cristalline estinguono tutto ciò che è in mezzo, il movimento decade nella polvere, e crediamo solo nel MDD (dati i temi cosmici, possiamo azzardare che intendano gli effetti della decompressione sul corpo).
Paralaxiis
"Paralaxiis" è la strumentale conclusiva, un pastiche di poco più di quaranta secondi segnano da suoni grevi e disturbati, una linea statica dai contorni inquietanti a causa di effetti striscianti e gorgoglianti in sottofondo che richiamano suggestioni horror.
Conclusioni
"With Gangrene Edges / Voiidwarp" è uno split che mette in gioco due realtà che funzionano egregiamente come due facce della stessa medaglia, esponenti di una rilettura psichedelica della materia black/death in due diversi stadi della loro esistenza. Un finale per gli Howls Of Ebb, che si accomiatano definitivamente dalle scene dopo il loro ultimo full length "Cursus Impasse The Pendlomic Vows" tramite le tre tracce qui proposte, e un proseguimento di inizio carriera per i Khthoniik Cerviiks che si trovano a metà strada tra il debutto di due anni prima "SeroLogiikal Scars (Vertex of Dementiia)" e il futuro "Æquiizoiikum" del duemila e venti. Otto tracce dove cinque sono episodi veri e propri completi, una è una strumentale sperimentale, e due sono sprazzi di pochi secondi che fanno da collante per le parti della seconda metà dello split, dove i due gruppi riescono a creare qualcosa che ha senso in un ascolto complessivo, mantenendo però l'identità di entrambi i partecipanti come ben delineata. Gli americani infatti sono decisamente caratterizzati da una produzione vintage e da un suono di basso protagonista, nonché da forti ingerenze jazz e atmosfere occulte e lovecraftiane, mentre la band tedesca mantiene anch'essa punti di contatto con la musica anni settanta, ma con un gusto più cosmico e progressivo, segnato da melodie umane e spirali black/death dissonanti. L'ascoltatore avventuroso trova qui quindi un viaggio fatto di suoni appartenenti alla scuola più sperimentale del metal estremo dissonante, capace di creare commistioni di universi sonori che in mani meno esperte sarebbero quantomeno indigeste, ma che invece con i Nostri funzionano in modo impeccabile. Le due entità rafforzano l'opera semplicemente seguendo il proprio corso, mantenendo però quell'elemento di fondo difficilmente definibile a parole che permette un discorso fluido e continuo. Misteri dell'io, cosmogonie psichedeliche, vuoti interiori, altre dimensioni, entità non definibili, questi gli elementi tematici di un universo sonoro che non lascia la presa su di noi, ma allo stesso tempo sa anche essere variegato e non scontato. Il lavoro si conferma come uno dei momenti migliori per le discografie qui coinvolte, summa di una carriera di appena quattro anni per gli Holws Of Ebb, con all'attivo anche due album eun EP, e secondo gradino per quella in crescendo degli Khthoniik Cerviiks, che affinano le loro armi in vista del futuro secondo album, a oggi il loro disco migliore e conseguenza anche di evoluzioni messe in atto proprio in questo split. In definitiva qualcosa che i fan di entrambe le band (ed è facile che spesso i fan di una siano già fan dell'altra) devono assolutamente ascoltare e possedere, non una semplice curiosità o un lavoro pubblicato per obbligo contrattuali, bensì uno split che trova nell'unione di forze e intenti una sua estetica unica, come dovrebbe sempre essere con questo tipo di opere.
2) With Gangrene Edges
3) Bellowed
4) Ketoniik Katechesiis
5) Spiiral Spiire Stiigmata
6) Traumantra
7) Come To The Subeth
8) Paralaxiis