KAMELOT
Silverthorn
2012 - SPV/Steamhammer
DONATELLO ALFANO
19/12/2012
Recensione
Non è facile pensare ai Kamelot senza una figura carismatica come quella di Roy Khan ma ad oltre un anno dall'inaspettato e doloroso split tutti i fans hanno capito che è arrivato il momento di accettare la dura realtà; quella tra la band statunitense ed il singer norvegese è stata un'avventura fantastica ed irripetibile, cominciata circa tre lustri fa e arrivata a toccare livelli di eccellenza assoluta nella prima metà del nuovo millennio grazie ad un indimenticabile trittico composto da Karma, Epica e The Black Halo, dischi che hanno permesso al gruppo di entrare direttamente nel gotha del movimento power/progressive mondiale, i successivi Ghost Opera e Poetry For The Poisoned (pubblicati rispettivamente nel 2007 e nel 2010) pur confermando le qualità dell'act non sono riusciti ad eguagliare la magia dei tre predecessori soprattutto per la scelta di elaborare un sound più cupo rispetto a quello proposto in passato. Il resto è storia recente con il nostro Fabio Lione chiamato a sostituire Khan (allontanatosi per motivi personali mai chiariti) nel tour di supporto all'ultimo full-length seguito poi dall'annuncio ufficiale della separazione tra l'ex Conception e gli altri componenti. Il chitarrista e leader Thomas Youngblood è un uomo che non si è mai arreso di fronte alle difficoltà, mostrando una fortissima determinazione nel condurre il gruppo ad una terza fase della sua storia lo scorso giugno ha rivelato al mondo intero il nome del nuovo frontman: la scelta è ricaduta sullo svedese Tommy Karevik, già membro dei fenomenali Seventh Wonder, ancora una volta seguendo la strada intrapresa con Roy nel 1998 i Kamelot hanno puntato su un artista proveniente dalla scena prog metal scandinava, considerati i precedenti la decisione è da elogiare senza timori. I due insieme al tastierista Oliver Palotai, il batterista/veterano Casey Grillo (presente dal 1997) ed il bassista Sean Tibbetts (tornato alla base nel 2009 dopo aver condiviso i primissimi passi nell'act) a fine ottobre si sono presentati sul mercato discografico col decimo album in studio, il fantastico Silverthorn! L'attesa è teminata... Chi aspettava da tempo il successore del sopracitato The Black Halo troverà quello che cercava in questo platter caratterizzato da tutte quelle componenti stilistiche che possono essere associate al monicker Kamelot, l'inquietante concept dell'album ruota attorno alla misteriosa morte nella seconda metà dell'ottocento di una ragazzina aristocratica di nome Jolee, inizialmente sembra soltanto un incidente causato dai suoi fratelli gemelli... All'intro "Manus Dei" spetta il compito di aprire l'album, nei primi secondi il pianoforte esegue una malinconica melodia seguita da un altisonante intervento orchestrale e da un maestoso coro operistico, una brevissima parte narrata lascia spazio alla strabordante energia del primo singolo "Sacrimony (Angel Of Afterlife)", il rapido attacco iniziale contraddistinto da efficaci innesti sinfonici e da un riffing tagliente riporta alla memoria i vecchi Nightwish, Tommy entra in scena al diciottesimo secondo ed i paragoni con Roy spariscono in un colpo solo perchè è a dir poco sbalorditivo scoprire il modo con cui riesce a modulare la voce rendendola identica a quella del suo predecessore ed esattamente come nel miglior passato del gruppo esordisce con delle tonalità basse nelle strofe per poi esplodere con tutta la sua forza in un memorabile ritornello, autentico erede di vecchi cavalli di battaglia come Forever o Center Of The Universe, il frontman in questa straordinaria performance viene affiancato prima dalla suadente voce di Elize Ryd (Amaranthe) e dopo da quella iper-aggressiva di Alissa White-Gluz (The Agonist) il breve duello chitarra/tastiere tra Thomas e Oliver (musicista peziosissimo anche sotto l'aspetto compositivo) oltre a mettere in mostra un'eccezionale tecnica strumentale evidenzia l'alchima sempre più forte tra i due, la produzione curata dal fedele Sascha Paeth (da The Fourth Legacy del 1999 è una presenza fissa in cabina di regia) rappresenta la solita conferma in termini di potenza e perfezione. La successiva "Ashes To Ashes" è l'ultima dimostrazione in ordine di tempo dell'abilità dei Kamelot nel plasmare un suono dinamico e coinvolgente, tra ritmi cadenzati alternati a momenti più articolati la track mantiene la tensione incessantemente su livelli alti mentre Karevik prosegue sugli stessi sentieri canori delineati nell'episodio precedente, da segnalare anche il valido inserimento di elementi moderni come la voce filtrata nel bridge e degli arrangiamenti elettronici, un meraviglioso esercizio stilistico creato per farci premere diverse volte il tasto rewind. La struttura di "Torn" ricalca fedelmente quella della title track di Karma, soprattutto per l'utilizzo di quelle suggestive melodie ispirate dalla cultura mediorientale che spesso hanno delineato un altro punto di forza nelle composizioni dei floridiani, il ruolo da primattore viene interpretato da Tommy in maniera favolosa toccando l'apice in un refrain semplicemente straordinario. La componente sinfonica emerge in tutto il suo splendore in "Song For Jolee", struggente ballad con gli statunitensi intenti a riversare una sfilza di fortissime emozioni, rintracciabili in particolar modo in un raffinato e penetrante pianoforte e nell'intensa prestazione del singer, quest'ultimo coadiuvato da una strepitosa serie di orchestrazioni offre un'ulteriore dimostrazione di poter reggere a testa alta il confronto con Khan. Il mood oscuro e drammatico continua a dominare la scena anche in "Veritas", qui la protagonista è una performance canora di puro stampo teatrale, ad accompagnare il singer troviamo nuovamente Elize, il loro è un duetto colmo di passione e trasporto, i brividi corrono lungo la schiena per tutta la durata del pezzo, da sottolineare anche l'operato di Youngblood, il destreggiarsi tra suoni acustici ad altri elettrici ribadisce le notevoli qualità del chitarrista di Tampa. Un'ottima fusione tra accenni elettronici, partiture classiche ed un massiccio riff introduce la diretta "My Confession", ennesimo gioiello contenuto in questo cd, i Kamelot sono sempre stati tra i massimi esponenti nel proporre un vortice sonoro perfettamente bilanciato tra potenza e maliconia e avvolto in quelle grandi melodie impossibili da dimenticare, la tradizione viene rispettata con un brano destinato ad entrare nei cuori di tutti gli adoratori degli americani. Nella title track il quintetto torna ad esplorare coordinate tipicamente prog metal, da questo punto di vista la sezione ritmica di Tibbets e Grillo si trasforma nel vero motore trainante della band; ritmiche varie ed articolate imperversano in ogni secondo mettendo in risalto uno straordinario lavoro di squadra, il ritornello è gradevole anche se ascoltandolo con attenzione si ha una sensazione di déjà vu, il top lo troviamo nella parte centrale composta un coro angelico ma estremamente misterioso a cui segue un infuocato guitar solo. Nel mid tempo "Falling Like The Fahrenheit" Karevik sale di nuovo in cattedra con un'interpretazione ardente ed ipnotica, il timbro vocale dona alla traccia un'aura solenne ed epica, il consiglio è quello di chiudere gli occhi per lasciarsi trasportare in un viaggio senza meta. La forma più nobile e trascinante del power arriva con "Solitaire", brano guidato dalla doppia cassa impazzita di Casey e dalla chitarra di Thomas, letteralmente irrefrenabile nell'eseguire una favolosa girandola di riff, armonizazzioni ed assoli, basta ascoltarlo nei cinque minuti scarsi del brano per rendersi conto del suo enorme valore come musicista e compositore, la ciliegina sulla torta è rappresentata da un refrain immediato ed affascinante. "Prodigal Son" è una mini suite divisa in tre parti totalmente immersa in uno scenario preoccupante e drammatico; l'ultimo saluto a Jolee viene celebrato nell'intensa Funerale, dopo un avvio segnato dalle campane della chiesa e dalle voci in sottofondo dei presenti il ricordo della povera protagonista viene affidato alla commovente e sofferta voce di Karevik, accompagnato soltanto da un organo la sua performance è da considerare come una delle più sentite nella storia del combo, in Burden Of Shame i nostri si lanciano in un crescendo emotivo segnato da un incessante turbinio di delicati momenti unplugged alternati ad altri di pura ispirazione heavy, le corde di Youngblood continuano a dettare legge guidando i compagni in un'irresistibile spirale emotiva, nella conclusiva The Journey il ritmo aumenta sensibilmente grazie ad un'impetuosa cavalcata metallica dominata da un ritornello grondante epicità e passione. Il combo si congeda con lo strumentale "Continuum", traccia unica ma composta da due sezioni differenti; nella prima troviamo una magniloquente sinfonia orchestrale da colonna sonora concepita appositamente per farci immaginare i titoli di coda dell'opera, dopo un minuto di silenzio arriva la seconda caratterizzata da un violoncello che esegue un'angosciante e tenebrosa melodia, un epilogo degno delle migliori pellicole horror. Silverthorn è un album che ha spazzato via ogni incertezza sul percorso dei Kamelot, la decisione di puntare su un frontman giovane come Tommy e l'aver recuperato i trademark stilistici del passato si sono rivelate mosse vincenti fin dal principio, qualche detrattore li accuserà di aver compiuto soltanto un furbesco dietrofront, niente di più sbagliato... Gli americani continuano ad evolversi senza mai dimenticare quali sono le prerogative fondamentali nel loro sound, la terza fase nella carriera di Thomas e soci è cominciata seguendo questa direzione, sono convinto che in futuro ci riserveranno altre grandissime sorprese!
1) Manus Dei
2) Sacrimony (Angel Of Afterlife)
3) Ashes to Ashes
4) Torn
5) Song For Jolee
6) Veritas
7) My Confession
8) Silverthorn
9) Falling Like The Fahrenheit
10) Solitaire
11) Prodigal Son
12) Continuum