Jethro Tull
Too Old to Rock & Roll: Too Young to Die!
1975 - Chrysalis Records
SANDRO PISTOLESI
09/01/2021
Introduzione recensione
Dire che il 1975 è stato un anno massacrante per i Tull è un abuso di eufemismo. Sebbene il nuovo "Minstrel In The Gallery", con il ritorno al progressive ha portato nuovamente la band in alto, all'interno del gruppo iniziavano a formarsi diverse crepe che con il tempo avrebbero potuto mutarsi in voragini. La rotture dei rispettivi matrimoni in casa Anderson ed Evans avevano già di per se portato squilibri all'interno della band, inoltre le massacranti sessioni di registrazioni all'interno della Maison Rouge Mobile durante il tour europeo portavano lentamente la band allo sfinimento. Ma la ciliegina sulla torta la mise il bassista Jeffrey Hammond, che al termine del Minstrel In The Gallery Tour, precisamente il 3 Novembre del 1975 nell'ultima data tenuta alla The St. John Arena di Columbus, interruppe definitivamente la
collaborazione con i Jethro Tull, ritirandosi tra le verdi campagne del Gloucestershire dedicando il suo tempo alla moglie e alla sua primordiale passione della pittura. Per Anderson fu una vera e propria mazzata, oltre ad aver perso un bassista, aveva perso anche un amico. Se vi ricordate bene, sull'album d'esordio il nostro aveva dedicato persino una canzone al suo migliore amico, e fu proprio lui a forzare il suo ingresso nella band sottoponendolo ad un corso intensivo ed accelerato di musica. Mentre in Inghilterra veniva abolita la distinzione giuridica tra uomo e donna, il terribile 1975 stava volgendo al termine e con l'agenda sempre più piena di impegni, la missione prioritaria era quella di riempire al più presto l'enorme vuoto lasciato da Jeffrey Hammond. All'epoca il veicolo più usato per reclutare membri era un annuncio sulle pagine del mitico Melody Maker, il più antico settimanale musicale del mondo, in vita dal lontano 1926. Molte band hanno completato il loro organico sfruttando la famosa rivista, ma Anderson preferì orientarsi su personaggi che aveva visto all'opera fra le molte band che durante i tour facevano da apripista ai Tull. Il primo a venirgli in mente fu l'estroso bassista dei Carmen, band che aveva aperto i concerti ai Jethro Tull durante il tour americano di supporto all'album War Child. I Carmen erano una interessante band americana fondata da David Clark e Angela Allen che amalgamava il progressive rock con il flamenco spagnolo. A causa dello scarso successo in patria decisero di trasferirsi a Londra, dove reclutarono appunto i futuro bassista dei Tull. L'occhio lungo di Ian Anderson aveva intravisto le notevoli capacità tecniche di John Glascock e decise di contattarlo. Non ci volle molto a convincerlo, in quanto John ammirava molto i Jethro Tull, ed entrare a farne parte fu la realizzazione di un sogno. Nato a Islington il 2 Maggio del 1951 in una famiglia dove la musica era di casa, John Glascock iniziò la carriera di musicista alla precoce età di undici anni. Nonostante la sua giovane età al momento dell'ingresso nella band, John a differenza degli altri Tulliani aveva già sulle spalle un curriculum di tutto rispetto, avendo suonato già in molte band ed inciso più di una mezza dozzina di LP e svariati singoli. Oltre ai già citati Carmen, il Bassista di Islington aveva suonato nei Toe Fat, nei Chicken Shack e con i The Gods, band che con il tempo nelle proprie fila ha annoverato astri nascenti del calibro di Mick Taylor, Greg Lake, Lee Kerslake e Ken Hensley che proprio in questi giorni purtroppo è venuto a mancare (R.I.P.). Vista la sua esperienza di musicista navigato nonostante la giovane età, durante concerti Ian Anderson spesso lo presentava con il simpatico nomignolo "Old Brittledick", ovvero Vecchio Mandrillo. Il nuovo arrivato era anche in possesso di ottime abilità canore, in molti lo paragonavano addirittura a Sir James Paul McCartney, e grazie a questa sua propensione al canto, in futuro si renderà molto utile in fase di arrangiamento con cori e controcanti, una novità assoluta per la band. Ma torniamo a noi; scottato dalla improvvisa dipartita del Doppio Hammond, Anderson si legò molto a David Palmer, la cui presenza all'interno della band si stava facendo sempre più determinante. E' con lui che il Compositore di Dunfermline iniziò a lavorare su un musical che vedeva protagonista Adam Faith, noto cantante e attore inglese dell'epoca. Il film prevedeva come protagonisti persone estrapolate da diverse caste sociali e dai differenti stili di vita, c'era una rockstar giunta ormai a fine carriera, una casalinga tuttofare, un talentuoso artista e così via. Ma poi, inspiegabilmente il progetto naufragò, forse a causa dei troppi impegni che infittivano l'agenda di Faith. Con una notevole quantità di materiale musicale ormai pronto che riguardavano il personaggio della rockstar, i Jethro Tull decisero come accaduto per l'album War Child, di usarlo per il nuovo album intitolato "Too Old to Rock 'n' Roll: Too Young to Die! (Troppo Vecchio Per Il Rock&Roll, Troppo Giovane Per Morire!)", riadattando le scritture ad un concept album basato sulla vita di una nostalgica stella del rock ormai vicina al tramonto, chiamata Ray Lomas, figura incapace di accettare allo scorrere del tempo e di adattarsi alle nuove mode. Il prolungato titolo nasce per puro caso durante un più che turbolento viaggio in aereo negli Stati Uniti. L'aereo non è mai stato il mezzo di trasporto preferito da Ian Anderson, specie se nel bel mezzo di una violenta tempesta. La paura che l'aero potesse schiantarsi al suolo di lì a poco, fece venire in mente una frase al Poeta di Blackpool, che pensava di essere ormai troppo vecchio per la vita mondana del Rock'n'Roll, ma allo stesso tempo troppo giovane per morire. La frase di forte impatto gli piacque e fu intelligentemente annotata su un pezzo di carta, frase che in futuro risultò perfetta per dipingere la vita di Ray Lomas. L'album, fu registrato sempre a bordo della Maison Rouge Mobile in quel di Montecarlo, con l'obbiettivo di sfuggire ancora una volta alle mani dell'avido fisco britannico. Ma stavolta il mixaggio non fu dei più felici, ed ancora oggi l'album viene ricordato come il peggior mixaggio di un disco dei Jethro Tull. L'interessante art work interno comprendeva una storia a fumetti dove non mancavano gli spunti comici, che ritraeva le gesta di Ray Lomas, la cui forte somiglianza con Ian Anderson fece sì che la stampa identificasse il leader della band nel personaggio protagonista dell'album, un po' come era successo per il reietto Aqualung. Teoria smentita a più riprese, in quanto i Tull resero pubblico che il personaggio era ispirato ad un vecchio amico di David Palmer. Comunque sia, la somiglianza c'è eccome! L'autore delle tavole a fumetti è un certo Dave Gibbons, all'epoca un carneade, ma che oggi è uno dei fumettisti più acclamati del Pianeta, basta pensare che la sua penna ha dato vita alla monumentale "Watchmen" di Alan Moore, che nonostante sia datata 1986, è ancora oggi una delle graphic novel più vendute. Anche Doctor Who e Lanterna Verde spiccano nel suo prestigioso ed interminabile curriculum. Aperta e chiusa questa doverosa parentesi torniamo alla musica. Vista la natura del progetto per il quale era stato concepito, all'interno dell'album non troviamo ahimè brani di durata elevata pieni di brillanti spunti come quelli che ci hanno ammaliato nel corso della storia del gruppo, rimane comunque l'ormai consueta alternanza tra brani elettrici ed acustici. La mancanza della magia del sound tulliano che ci ha incantato in questo primo scorcio degli anni settanta peserà notevolmente sulla valutazione ed il successo dell'album. Nelle cantine londinesi stavano fermentando molte band punk, movimento che di lì a poco sarebbe esploso, rendendo il progressive rock un genere ormai obsoleto, forse è anche per questo che i nostri abbiano optato per brani più brevi abbandonando le magnifiche suite che avevano incantato il pubblico in passato. Mi piace pensare che la riluttanza di Ray Lomas ad accettare le nuove mode sia tra le righe la resilienza sviluppata dai nostri e dal progressive rock in generale di fronte a nuovi generi musicali che cercano di spazzarlo via. Comunque se a oltre mezzo secolo da allora siamo ancora qui a parlare di Tull, Genesis, Yes e Re Cremisi, un motivo ci sarà. Presi comunque dalla curiosità, apprestiamoci dunque a tuffarci nella vita di Ray Lomas, che sicuramente avrà spunti interessanti.
Quizz Kid
Si inizia con "Quizz Kid (Ragazzo Quiz)" Si tratta di un brano che strizza l'occhio ad un più accessibile pop rock, contenente una chiara critica nei confronti dei quiz televisivi, uno dei principali veicoli di intrattenimento televisivo degli anni'70. Ma nella prima strofa, troviamo una sorta di introduzione con la quale ci viene presentato Ray Lomas, proponendoci e medesime righe che ritroveremo più avanti all'inizio della title track, come spesso accade nei concept album. Con una linea vocale ammaliante che si stampa prepotentemente nella nostra testa, Anderson dipinge un ritratto che ha come soggetto Ray Lomas, un vecchio rocker incapace di adattarsi alle mode correnti, capelli fin troppo lunghi, pantaloni stretti, l'immancabile boccale di birra nella mano e una cintura che metteva in mostra una scintillante fibbia a forma di teschio. Al minuto 00:55 Irrompe Martin Barre con un potente riff di chitarra, inseguito timidamente dal flauto. Il chitarrista spazza via prepotentemente l'introduzione, catapultandoci nel brano vero e proprio, dove spicca un brillante strumming di chitarra acustica ricamato da pungenti scale di basso e chitarra che viaggiano all'unisono. Ray Lomas, forse accettando che la sua carriera è ormai giunta al termine, decide di trovare una strada alternativa per fare soldi, ecco che lo troviamo intento a sigillare una lettera contenete la domanda di ammissione ad uno dei tanti quiz televisivi in onda sulle principali emittenti albioniche. Nonostante la concorrenza di papabili candidati sia a dir poco selvaggia, nei sogni di chi imbuca la lettera spicca sempre il premio finale, magari una lussuosa vacanza di due settimane ad Ibiza. Arriva il breve ritornello, dove Ian Anderson si prende una delle sue amate licenze grammaticali, giocando con le parole "Quizz Kid" e "Whizz Kid (Ragazzo Prodigio)", seguito poi da un articolato intermezzo strumentale che vede il flauto farsi largo fra scale e colpi stoppati, introducendoci alla seconda strofa. Sono passati sei giorni da quando Ray ha imbucato la lettera. Sorprendentemente il postino consegna un telegramma che informa l'incredulo rocker che è stato scelto per il quiz televisivo. Dovrà recarsi a Londra per un week-end di alto lusso tutto spesato, cena alcol e dopo cena, è consigliato non portarsi appresso la moglie, precisa il telegramma. Qui troviamo un mirato attacco al consumismo e all'alta borghesia, per almeno due giorni chiunque fosse baciato dalla fortuna, potrà vivere nel lusso sfrenato fra pasti luculliani, buon vino e belle signore più che disponibili. Altra fugace apparizione dell'inciso, seguito da un interessante bridge strumentale e si continua con la strofa successiva, dove spicca il basso plettrato di John Glascock e gli irridenti suoni orchestrali sempre diretti da David Palmer. Il lussuoso week-end londinese è a supporto di una prova per un quiz settimanale che ha un seguito importante, si parla di milioni di utenti che ogni settimana fremono davanti al televisore aspettando una nuova puntata. Calano vistosamente i bpm, rimane la chitarra acustica accompagnata da una leggera marcia dai sentori militari. Il nostro Ray ha superato la prova che gli dà diritto di partecipare al quiz, davanti a milioni di telespettatori. Una volta in gioco, sarà il destino a pescare fra le svariate domande quella che più o meno si addice al background culturale del concorrente, facendogli esplodere il cervello fra una pubblicità e l'altra. Una cosa barbara per il concorrente ma divertente per il pubblico. Il tempo del timer scorre dannatamente veloce, mentre milioni di tubi catodici ti portano nelle case degli inglesi pronti a giudicarti, è come avere una pistola puntata alla tua piccola testa mentre ti stai concentrando per dare la giusta risposta. Il brano riprende velocità, riff e scale impazzite si amalgamo fra di loro simboleggiando i neuroni fuori controllo che scorrazzano nella testa del concorrente in cerca della risposta esatta. Nel finale Ian Anderson prova compassione nei confronti del concorrente, un sentimento raro tra i milioni di telespettatori, che sembrano aspettare con trepidazione la risposta sbagliata. Le ultime righe sono una sorta di benedizione nei confronti di Lomas, Anderson spera che possa trovare la giusta ispirazione e dare la risposta esatta, in modo da tornare la settimana successiva a sfidare il cinismo del pubblico. In chiusura torna impazzito il ritornello, quasi oscurato dall'aggressività degli strumenti che lentamente si dissolvono in fader.
Crazed Institution
La successiva "Crazed Institution (Istituzione Impazzita)" si può definire una parodia nei confronti del glam rock del decennio precedente, dove ci viene mostrato il ritratto di Ray Lomas. Una sferragliante chitarra acustica ed il pungente basso suonato con il plettro fanno da colonne portanti al brano, che ci ricorda vagamente una simpatica ballata country, canzone che indubbiamente risulta funzionare bene. Basta una giusta dose di make-up, un tocco taurino al portamento e tre semplici accordi messi bene insieme ed il gioco è fatto, ecco come nasce una rock star. Grazie al successo, è stato fin troppo semplice indossare al polso un preziosissimo orologio Piaget, il top del top degli orologi negli anni'70 prodotti dalla prestigiosa azienda svizzera fondata nel lontano 1874. Il cambio di tono dell'inciso è azzeccato, l'ammaliante linea vocale di Anderson viene armonizzata da John Glascock e Angela Allen, sorella di David Clark Allen dei Carmen, catturando la nostra attenzione e cantandoci di un Ray Lomas che si sente un Dio, immaginandosi con una corona di rose a cingergli la testa e un crocifisso in puro e preziosissimo platino sulle spalle. Ora è il benvenuto nella folle istituzione delle stelle del rock, ma ben presto dovrà rendersi conti di chi è veramente, la vita di una rock star talvolta può essere effimera e farti precipitare nell'oblio quando meno te lo aspetti. Dopo un breve bridge strumentale dove fa timidamente capolino il flauto torna la strofa, dove troviamo anche Barrymore Barlow che massacra velocemente il charleston, alzando il ritmo del brano. Ray Lomas ha tirato fuori dal cilindro una vincente (quanto semplice) triade maggiore di note che lo porta ai vertici delle classifiche e al centro delle maggiori riviste del momento. Ad accentuare il tono country del brano arriva anche John Evans con un martellante pianoforte in pieno stile honky-tonk. Ma la discesa della carriera di Lomas è alle porte, deve stare attento a tirare i dadi della fortuna nel gabinetto, perché qualcuno potrebbe tirare la catena e trascinarlo in una viscida e mefitica palude dalla quale è difficile risalire. E' venuto il momento di trattenere il respiro e accendere una candela, facendo attenzione a non spegnerla. Ray inizia a rendersi conto di non essere quel Dio che si credeva di essere. Torna l'inciso, che stavolta vede coinvolta tutta la banda. Dopo uno strambo interludio strumentale ritroviamo la strofa, rivisitata in chiave diversa e con tutti gli strumenti al gran completo. Ray Lomas è stato superato dalle nuove generazioni di musicisti, ormai le sue vecchie canzoni sono solo un ricordo e ben presto anche la sua figura si trasformerà in un ricordo destinato ad evaporare in maniera definitiva. Deve trovare il modo di ritrovare quella voce e quelle ispirazioni musicali con le quali si è costruito un agile cammino che lo ha portato nell'olimpo del rock. In chiusura il ritornello proposto a più riprese ci ricorda che la vecchia stella del rock decaduta capisce di essere giunto al capolinea, ma non accetta tutto questo, sognando sempre la sua corona di rose e la sua preziosissima croce in platino.
Salamander
La successiva "Salamander (Salamandra)" è una piccola perla che ci mostra quanto Ian Anderson sia un ottimo interprete della sei corde acustica. Giocando con le sovra incisioni il nostro tesse una raffinata ragnatela di note dove le nostre orecchie rimangono impigliate, estasiate dalla fitta pioggia di note scintillanti che brillano come glitter. Chapeau. Al minuto 01:15 il Poeta di Dunfermline recita i pochi versi come un pastore recita il suo sermone domenicale, sermone incentrato sulla salamandra, simpatico e colorato anfibio ma anche animale mitologico al quale nel corso dei secoli sono state affibbiate svariate leggende. Nelle vecchie tradizioni mitologiche ed alchemiche, la salamandra era una creatura mitologica di fuoco, molto simile ad un drago, la sua coda terminava con una freccia appuntita. Era una bestia infernale che aveva la capacità di vivere tra le fiamme senza recare alcun minimo danno e dotata di un potente veleno che causava una sorta di terribili ustioni. La Salamandra veniva spesso riprodotta tra due fuochi, uno cattivo, dove riusciva a sopravvivere e anche a spegnerlo, simboleggiando il dominio, l'altro buono, emesso dalla sua bocca ed aveva un potere purificativo. Il re di Francia Francesco I scelse proprio una salamandra come suo simbolo araldico, associandola al motto "nutrisco et extinguo" che va a riprendere il potere dell'animale di alimentare dalla bocca il fuoco buono e di spegnere quello cattivo. Col tempo, il potere di essere immune al fuoco è stato attribuito erroneamente anche al piccolo anfibio. Lo stesso potere di resistere al fuoco era sinonimo della virtù di superare indenni una serie di tribolazioni, avversità ed anche tentazioni. Ma torniamo a noi. Nel fumetto proposto all'interno dell'album, il nostro vecchio rocker incontra una bellissima ragazza di nome Salamander che lo invita ad andare ad un lussuoso party a Kensington: Ma forse la bionda mozzafiato, oltre al nome è legata sotto altri aspetti all'animale mitologico, bisogna vedere se il vecchio Ray sarà baciato dal fuoco purificativo della salamandra o sarà risucchiato dalle infernali fiamme malvage. Ma, conoscendo Ian Anderson, fra le righe potrebbe esserci di più. Ray Lomas stesso potrebbe essere paragonato ad una salamandra, baciato dalle fiamme del Sole che lo hanno spinto nel firmamento e ora risucchiato dalle fiamme dell'Inferno che lo reclamano. Riuscirà il nostro eroe a districarsi dalla avvinghianti fiamme infernali e resuscitare dalle proprie ceneri come un altro animale mitologico, la fenice, tornando a passeggiare fra le scintillanti strade del lussuoso ed esclusivo quartiere di Kensington? Oppure morirà nella stessa Kensington come un'altra famosa stella del rock, Jimi Hendrix? In coda il suono della sei corde acustica si fa più energico e viene raggiunto da una spifferata che prima rievoca atmosfere medievali per poi passare a qualcosa che odora di esotico.
Taxi Grab
Passiamo ora a "Taxi Grab (Prendi il Taxi)" un rock-blues che rievoca gli esordi della band, ma eseguito in maniera più brillante grazie all'inserimento dei nuovi innesti nella band nel corso del tempo che hanno dato una migliore impronta tecnico-compositiva ai Jethro Tull, senza ovviamente togliere nulla ai predecessori. Dopo aver incontrato Salamander ed essere stato conquistato dal suo sguardo saggitabondo, Ray Lomas decide di accettare l'invito. Ma purtroppo le strade di Londra sono intasate dal traffico, i negozi brulicano di clienti che vanno e vengono, i locali a luci rosse stanno accendendo le loro insegne, attirando la loro abituale clientela, non è facile districarsi neanche a piedi in quella marea di persone, bisogna al più presto trovare un taxi, ma anche questa pare un'impresa più che ardua. Alla chiamata disperata di un taxi di Ray Lomas risponde però Martin Barre con un acido riff blueseggiante dai sentori Hendrixiani, seguito all'unisono dal pungente basso del Vecchio Mandrillo. Nel bridge strumentale troviamo anche martellanti note di pianoforte e l'armonica a bocca. Ian Anderson dimostra di avvicinarsi sempre di più alla figura del polistrumentista, suonando eccellentemente qualsiasi strumento gli si paventi davanti. Altro passaggio di bridge e inciso e troviamo un buon assolo di chitarra dove Martin Barre mischia sapientemente le nozioni di rock e blues cedendo poi lo scettro ad Anderson per un fugace assolo con l'armonica. Barry Barlow sembra porre fine al brano con una interminabile corsa sulle pelli, ma il brano riparte con il suo martellante ritmo. Ormai passata l'ora del tè, le sale bingo iniziano a tirare su le saracinesche, Ray Lomas e Salamander non sono ancora riusciti nell' ardua impresa di trovare un taxi, ma ecco che per magia, la vecchia volpe di Ray scorge un taxi incustodito, momentaneamente abbandonato dal proprietario, richiamato da una impellente voglia di caffè. Con le chiavi ancora inserite nel cruscotto, il vecchio diesel brontolava a bassi giri, aspettando i comodi del suo pilota abituale, ma ecco che la coppia Ray-Salamander si trasforma in due improbabili Bonnie e Clyde, salendo furtivamente a bordo del taxi incustodito e disperdendosi velocemente nel caotico traffico londinese. Nel fumetto possiamo notare che quel vecchio marpione di Lomas non può fare ameno di dare una sbirciatina dallo specchietto retrovisore al prorompente seno di Salamander. Il taxi rimane sempre la soluzione migliore per attraversare Londra, gratis lo è ancora di più. Il brano si avvia verso la conclusione con il ritornello riproposto senza una fine di continuità risultando nauseante, lasciandoci poi con il più classico dei saluti blues da parte di tutti gli strumenti.
From A Dead Beat To An Old
La successiva "From A Dead Beat To An Old (Da Un Ritmo Morto A Un Vecchio)" è un lentone acustico d'altri tempi che trasuda malinconia da tutti i pori, poche note ma suonate con il cuore. Ray e Salamander sono finalmente giunti a destinazione, ma è ancora troppo presto per il party, l'avvenente bionda chiede a Lomas di aspettarlo nel pub, ha proprio bisogno di andare a casa a rinfrescarsi e prepararsi, si incontreranno nuovamente intorno alle ore otto per andare insieme alla festa. Una volta dentro il pub, Ray ordina una rinfrescante pinta di birra ed incontra un altro nostalgico ben più attempato di lui, un vecchio rocker ancora attaccato alla sua beat generation, movimento artistico giovanile che esplose in America intorno agli anni cinquanta, espandendosi poi anche nel Vecchio Continente. Il vetusto greaser, non riesce ad accettare le mode correnti, ma soprattutto trova difficile distaccarsi dalle abitudini di vent'anni prima, iniziando una nostalgica conversazione con Ray, in compagnia di un paio di schiumose birre. Riaffiorano i ricordi e i simboli di un'epoca ormai lontana e sorpassata, le lunghe notti passate ai bar, le eccitanti cosce bianche delle ragazze coperte dai collant neri. A diffondere un ulteriore senso di nostalgia arriva David Palmer con la sua orchestra di violini, che sembrano piangere di fronte ai ricordi del vecchio greaser, che rivede i vetrinisti mentre creano loro mondi con dei manichini all'interno delle coloratissime vetrine dei negozi, manichini ritenuti fortunati in quanto non hanno dei genitori sempre pronti a giudicarli o a rifiutarli per come vivono, seguendo la moda del momento. Si ricorda anche della fine della guerra, senza le bombe la Domenica aveva un altro sapore, tornando ad emanare i magici sentori delle festività fra campane e odori provenienti dalle cucine. Ma la nostalgia aumenta quando vengono ricordati i personaggi simbolo dell'epoca, come gli Shadow che spopolavano con il singolo "F.B.I:", il talentuoso artista Jack Kerouac, considerato il padre della beat generation, il pittore belga Renè Magritte con le sue visionarie opere futuristiche, o il sassofonista jazz Charlie Parker, tutti quanti accusati di essere scomparsi troppo presto, lasciando da sola nel Mondo quella fantastica generazione che tutti insieme avevano contribuito a formare. Con il pacato ingresso della sezione ritmica cresce leggermente l'intensità del brano, aprendo le porte a David Palmer che ci sorprende con uno struggente assolo di sassofono. Siamo ormai giunti in conclusione del brano, cala nuovamente l'intensità, diminuiscono le note, come la pazienza di Ray Lomas che sembra essersi stufato di ascoltare i nostalgici ricordi del vecchio greaser. Nel fumetto viene simpaticamente citato un brano della band, Lomas si congeda con un laconico "You're Living In The Past (Tu Vivi Nel Passato), devo vedermi con la mia ragazza", non rendendosi conto che lui sta facendo esattamente la stessa cosa, ovvero sta vivendo nel passato. Sono quasi le otto, è l'ora di andare all'appuntamento galante, Ray Lomas offre un'altra birra al vecchio greaser, a patto che se la beva da solo e non continui a tediarlo con i suoi ricordi ormai preistorici.
Bad-Eyed And Loveless
Abbiamo superato la metà del disco, se siete in possesso del vinile stiamo per iniziare ad ascoltare il lato B che si apre insolitamente con uno spartano brano acustico che rievoca le atmosfere del fiume Mississippi, intitolato "Bad-Eyed And Loveless (Occhi Cattivi E Senza Amore)" e dove troviamo un fremente Ray Lomas che è giunto puntuale come un orologio svizzero nel luogo del rendez-vous con Salamander. I tempo passa inesorabile logorando il fegato ed il cuore del vecchio rocker, ansioso di spupazzarsi una giovane e bella pollastra che per miracolo gli è capitata fra le mani. La strada si sta lentamente spopolando lasciando il povero Ray solo come un cane, sono ormai le nove e mezzo, imprecando Lomas si rende conto che la bella bionda gli ha dato buca, dimostrandosi una bella ragazza dagli occhi malvagi e priva di cuore. Ma citando il mitico Marty Feldman potrebbe andare anche peggio, potrebbe anche piovere! Ray Lomas si allontana sconsolato sotto la fitta pioggia londinese definendo finemente e senza mezzi termini Salamander una donna della strada, pensando a come sarebbe potuta essere la serata con una sventola del genere, fantasia di ogni giovane, sogno di ogni vecchio. Accompagnato da poche note acustiche, Anderson recita alcuni versi descrivendo la ragazza dagli occhi cattivi e priva di amore, che con la sua sola presenza per qualche istante aveva fatto fiorire nuovamente Ray Lomas, senza la sua crema lo zucchero non è dolce come dovrebbe essere. La sua incomparabile bellezza rende verdi d'invidia le altre donne. Poi insieme ad una poetica frase che dipinge l'avvenente e malvagia ragazza come un sorso di champagne in una notte scintillante, troviamo anche un verso a cui sinceramente non riesco a dare una spiegazione "She's A Warm Fart At Christmas (Lei È Una Scoreggia Calda a Natale)". A meno che non si tratti di un modo di dire inglese a me sconosciuto, qui alzo bandiera bianca lasciando a voi la completa libertà di interpretazione, si accettano consigli. Sicuramente è un brano inconsueto per aprire il lato B di un disco, un' anonima canzoncina acustica che dura poco più di due minuti senza lasciare il segno avrebbe dovuto trovar posto ben più avanti, brano messo lì forse per le sole esigenze narrative del concept, ma diciamoci la verità, di perle acustiche Ian Anderson ne ha scritte molte (basta tornare indietro alla traccia numero tre e riascoltare la raffinatezza di Salamander ndr), questa non sembra neanche scritta da lui, un brano destinato a finire quanto prima nel dimenticatoio e che assolutamente giustifica lo skip.
Big Dipper
Per quanto mi riguarda anche la successiva "Big Dipper (Gande Carro)" è una canzone che si lascia dimenticare facilmente, sin dalle prime note si percepisce che è nata per un musical, se escludiamo il flauto ci accorgiamo che ha ben poco dei Tull, fra le note non percepiamo quella magia tulliana che ci ha incantato sin dagli esordi della band, ma questo come sempre è solo il mio opinabilissimo parere, sicuramente la in giro ci sarà qualcuno che apprezza questa insolita canzone. E' il flauto ad aprire la traccia numero sette, seguito da un ondeggiante giro di basso scimmiottato subito dopo dalla chitarra e da un martellante suono di tastiera che conferisce un'atmosfera a dir poco bizzarra. Barrymore Barlow si aggiunge alla banda con l'avvento della prima strofa. Ancora scosso dal pesantissimo bidone affibbiatogli da Salamander, lo sconsolato Ray si reca alla stazione con l'intenzione di tornare a casa, dove dopotutto non è così male come sembra. Con lo sguardo perso nel vuoto ripensa ai fasti della gioventù, quando era rispettato da tutti, non come adesso, trattato in malo modo da una pupa qualunque che un tempo avrebbe strisciato ai suoi piedi. Era il leader del gruppo, veniva soprannominato "Big Dipper (Grande Carro)" come l'asterismo più famoso dell'Universo, un punto di riferimento irrinunciabile per determinare la posizione di altre costellazioni, lui era il punto di riferimento del gruppetto. La banda di giovincelli scapestrati era solita recarsi a Blackpool al Pleasure Beach, il parco di divertimento più famoso di tutto il Regno Unito, erano gli eroi delle montagne russe. Nell'inciso spiccano pacati accordi distorti che esaltano le imprese del giovane Ray, un vero latin lover che attirava come una calamita pollastre per tutta la banda. I ragazzi del posto erano adirati dal fatto che dei forestieri prepotenti e rumorosi venissero a conquistare le loro donne e a sfogare nel week end tutta la rabbia accumulata durante la settimana, facendo una baldoria tale da far vibrare l'imponente Tower Ballroom, (struttura risalente al 1894, spirata alla Torre Eiffel ed alta 158 metri ndr), non tralasciando le molteplici vomitate nei bagni pubblici del parco divertimenti. Al minuto 1:50 il brano sembra finire, ma con uno scontato copia e incolla i nostri continuano a martellarci il cranio con la strampalata strofa, dove stavolta troviamo il nostro dongiovanni a corteggiare una ricca vedova che oggi potremmo tranquillamente definire una "milf". Altro copia e incolla dell'inciso e il brano si avvia verso l'epilogo, senza infamia e senza lode, senza lasciare nessun flebile segno, se non quello di passare quanto prima al brano successivo.
Too Old to Rock 'n' Roll: Too Young to Die
Siamo arrivati alla title track, che invero si differisce dal titolo del platter per l'assenza del punto esclamativo finale. "Too Old to Rock 'n' Roll: Too Young to Die (Troppo Vecchio Per Il Rock'n'Roll, Troppo Giovane Per Morire)" è un brano che ha diviso da sempre i fans della band, come del resto l'intero album, ci sono tulliani che la odiano, altri che la amano. A me personalmente non dispiace, anche se avrei preferito una minore durata, anzi trovo che sia il momento migliore dell'intero disco nonostante qualche difetto. Forse sarà per il livello affettivo che provo nei confronti del brano in questione, in quanto è quello che mi ha fatto avvicinare alla band. A metà degli anni 80 il canale principale per la musica era la mitica emittente toscana Videomusic, all'interno del palinsesto vi erano diverse trasmissioni, come ad esempio la mitica "Heavy con Kleever" condotta da Clive Malcolm Griffiths, meglio noto come Clive, nelle vesti di un tipico metallaro accanito, con tanto di parruccone nero che lo faceva somigliare vagamente a Cronos dei Venom. Chi ascoltava metal e hard rock aspettava con trepidazione la trasmissione, che se non rammento male andava in onda due-tre volte a settimana, e spesso il mitico Kleever presentava speciali o concerti dedicati a singole band. La puntata dedicata ai Jethro Tull aveva come sigla proprio "Too Old to Rock 'n' Roll: Too Young to Die", con quella linea vocale ammaliante simile ad un verme che si insinua nel cervello. E' così che mi avvicinai timidamente al mondo tulliano. Ma torniamo a noi, come anticipato, il punto di forza del brano è sicuramente l'azzeccata linea vocale, che risulta vincente sia nella strofa che nel ritornello, ricamata sapientemente dall'orchestra diretta da David Palmer ed impreziosita da certosini intagli di chitarra, basso e pianoforte nonché dagli ancestrali cori di Maddy Prior, voce del gruppo folcloristico Steeleye Span. Dopo la brillante introduzione guidata dalla chitarra troviamo la strofa sentita all'inizio della prima traccia, presentata in maniera assai più brillante, dove Anderson ci dipinge nuovamente la figura caratteristica di Ray Lomas. Il primo passaggio dell'inciso fa decollare il brano, grazie al pregevole lavoro orchestrale. Avevamo lasciato un Ray Lomas abbacchiato che cercava di tirarsi su di morale pensando agli spensierati anni della gioventù, durante il viaggio in treno che lo stava riportando a casa. Una volta arrivato il nostro Ray sentiva ancora quella frustrazione compulsiva pensando al passato e a come si erano ridotti ora i suoi vecchi amici, tutti sposati con famiglia, una monotona settimana lavorativa che si conclude sempre con una partita di tennis al sabato e con il solito pranzo domenicale, con automobili sportive al posto delle mitiche Harley Davidson. Già, la moto, lui invece colto da una sindrome di Peter Pan era rimasto ancora attaccato allo stile di vite di un tempo, e in garage aveva ancora la sua vecchia Harley, soprannominata Doris, ferma da tanto tempo lì a prendere polvere. Improvvisamente Ray viene sopraffatto da un irresistibile desiderio di cavalcare nuovamente la sua piccola Doris, e decide di andare a fare una corsa sulla Strada Statale A1. Il segnale stradale recita che non si possono superare i 70 chilometri orari, ma lui se ne infischia e fa ruggire il motore della vecchia Harley spingendola fino a 120 chilometri orari, quasi il doppio del limite consentito, forse colto da un improvviso raptus suicida. Arrivato in prossimità dell'incrocio con la A66, denominato Scotch Corner, causa la folle velocità Ray perde il controllo della moto e senza neanche frenare si schianta contro il guard-rail. Ma come recita l'azzeccatissimo ritornello, Ray Lomas è forse troppo vecchio per il Rock'n'Roll, ma per fortuna ancora troppo giovane per morire, il suo folle tentativo di lasciare il mondo che non riconosce più il suo stile di vita e le sue canzoni non è andato a buon fine, e ora si trova in un letto di ospedale, in coma, per chissà quanto tempo. In chiusura di brano i nostri alzano vistosamente l'asticella dei bpm, gli strumenti iniziano una folle corsa, inseguendo la vecchia Doris, per poi andarsi a schiantare in maniera trionfale verso la fine. Il brano è stato rilasciato come singolo il 19 Marzo del 1976.
Pied Piper
La successiva "Pied Piper (Pifferaio Magico)" conferma la mia teoria che gran parte dei brani erano stati concepiti per un musical e l'adattamento forzato ad un album rock non si è dimostrata una scelta felice. Se pur eseguito in maniera eccellente, la canzone ha ben poco di tulliano. La sezione ritmica e la chitarra elettrica sono fin troppo in secondo piano rispetto all'invadente orchestra diretta da David Palmer e all'onnipresente chitarra acustica. Pregevole è invece l'interpretazione vocale di Ian Anderson, che per tutto il brano si sposa alla perfezione con le disneyane melodie dei violini. Avevamo lasciato Ray Lomas in un letto di un ospedale, in un preoccupatene stato comatoso, con le poco chiare dinamiche dell'incidente che facevano presumere ad un fallito tentativo di suicidio. Ma a quanto pare, seguendo le liriche si è trattato di un vero e proprio incidente dovuto alla forte velocità e all'imprudenza di Ray Lomas. L'equipe medica dell'ospedale ha svolto un lavoro eccellente, rattoppando il nostro eroe e facendolo tornare quasi come nuovo. La striscia a fumetti ci illustra un particolare non da poco. Durante il periodo in cui Ray era in coma, un gruppo rock di capelloni vestiti in pelle nera si è impadronito del mercato musicale, spopolando nella mitica trasmissione Top Of The Pops e riportando alla ribalta il vecchio look da rocker tanto caro al nostro Ray, che ovviamente si sente di nuovo una stella e vuole sfruttare al massimo questa seconda opportunità che gli ha dato il fato, riportandolo dall'Inferno al Paradiso. La notevole abilità con la penna di Ian Anderson sfrutta la figura del Pifferaio di Hamelin come una sorta di metafora della seduzione e dell'adescamento. Le fiabesche trame dei violini accompagnano quella vecchia volpe di Ray Lomas di fronte alle scuole, offrendo da fumare agli scolari ma soprattutto sfruttando il suo look da rocker tornato nuovamente di moda per sedurre le avvenenti studentesse dai riccioli biondi e dalle eccitanti divise scolastiche, e qui potrebbe trasparire un velato riferimento alla pedofilia, sottolineata dalla sibillina linea vocale del Cantastorie Scozzese che ci canta di una giacca di pelle di nuovo simbolo della musica rock, del potere ammaliante di una semplice canzone rock in quattro quarti e del fascino della motocicletta, ingredienti che mixati insieme ad una buona dose di malvagità e meschinità donano un potere magnetico nei confronti delle giovani donzelle, che ignare di cosa le aspetta, non vedono l'ora di terminare la lezione per andare fra le braccia di un rigenerato Ray Lomas di nuovo in auge. Quando nell'ultima strofa Anderson canta in maniera ambigua "I've a tenner in my skin tight jeans. You can touch it if your hands are clean. (Ho dieci sterline nei miei jeans attillati. Puoi toccarlo se le tue mani sono pulite.)" il riferimento alla pedofilia è lapalissiano, teoria confermata nel finale con l'inciso riproposto in loop, che senza veli evidenzia l'adescamento da parte del pifferaio magico, sottolineando che anche stavolta il folle motociclista rocker ha tratto in inganno la vittima di turno. Il brano termina anonimamente in fader, lasciandoci con l'amaro in bocca, magari sul finale ci aspettavamo un brillante colpo di coda che potesse alzare un minimo la valutazione, ma non è così.
The Chequered Flag (Dead Or Alive)
A fatica siamo giunti dunque al termine di quello che una volta era il lato B del disco, lato B di cui salvo la sola title track e proprio la conclusiva "The Chequered Flag (Dead Or Alive) [La Bandiera A Scacchi (Vivo o Morto)]" elegante ballata orchestrale, atipica per la band ma eseguita magistralmente e di una raffinatezza unica, brano che mi ha fatto lo stesso effetto della mitica "So Tired" di Ozzy Osbourne, canzone che quasi stonava nel contesto hard rock di "Bark At The Moon", ma che allo stesso tempo riusciva ad emergere e ad entrare anche nel cuore dei metallari più duri grazie alla sua poetica raffinatezza. David Palmer è il protagonista assoluto, guidando magistralmente i malinconici violini, facendoli intrecciare magicamente con le chitarre e il pacato suono del pianoforte. Il duo Glascock-Barlow pare suonare insieme da una vita, accompagnando con classe per tutto il brano, non disdegnando passaggi dolci ma efficaci che fanno crescere il brano quando serve. I riferimenti automobilistici e la bandiera a scacchi bianco-neri rappresentano il corso della vita, ogni giorno ogni essere vivente si trova in prossimità del traguardo, sarà la bandiera a scacchi a stabilire se vivo o morto. Troviamo un qualcosa di malinconico quando Anderson, spinto dai violini canta "Isn't it grand to be playing to the stand (non è grandioso giocare in tribuna)", dipingendo perfettamente tutta la frustrazione di Ray Lomas che ormai si sente un stella del rock caduta, che mestamente si ritrova a vedere altre band che fanno successo, riportando clamorosamente il vecchio rock in voga. La sua vita ora somiglia sempre di più a quella dei suoi amici d'infanzia, monotona e priva di stimoli, le uniche soddisfazioni sono un tè servito da una infermiera nella sua camera, qualche biscotto e la lettura del giornale, mentre i raggi solari cercano timidamente di filtrare dalle tende, come se volessero risvegliare Lomas dal quel torpore che ormai lo attanaglia da tempo. Per lui questo tipo di vita è sinonimo di capolinea, non riesce a neanche capire se è vivo o morto. Ma se andate a sbirciare le ultime due tavole del fumetto troverete un bel colpo di scena. Dave Gibbons disegna un Ray Lomas riflessivo e speranzoso, sdraiato nel suo letto a fantasticare, sperando che ancora una volta la bandiera a scacchi possa decretarlo un vincitore. La sua tenacia, il suo rifiuto nei confronti del naturale processo di invecchiamento, la voglia di tornare alla ribalta, ecco che vengono premiate. Qualcuno bussa alla porta, come nel brano di apertura, è ancora una volta il postino che consegna nuovamente un telegramma. Il telegramma è spedito da un magnate di una casa discografica che lo invita a mettersi di nuovo al lavoro su una demo che contenga un singolo da primato in classifica. Il fumetto si chiude con una profetica frase e ci rimanda alla settimana successiva, quando Ray Lomas sarà un'acclamata pop star. Intorno al minuto 03:30, il triste lamento dei violini sembra sfumare, portandoci verso l'epilogo, ma c'è tempo per un'altra strofa, dove troviamo un gradito cameo, un compositore sordo che altri non può essere se non Ludwig van Beethoven, sicuramente uno dei musicisti più ammirati da Ian Anderson. La sezione ritmica ed i violini fanno crescere per un'ultima volta il brano che ci lascia con l'inciso e lasciatemelo dire, con la ciccia di gallina, come si dice dalle mie parti.
Conclusioni
Se questo album fosse realmente uscito come colonna sonora dello sfumato progetto cinematografico che vedeva come attore protagonista Adam Faith, saremmo qui a parlare di tutt'altra cosa, ma trattandosi di un concept album di progressive rock, o rock/ hard rock che sia, la valutazione le e considerazioni cambiano notevolmente. E' la prima volta che mi capita di trovare tre se non quattro brani che invitano allo skip in un album dei Jethro Tull, e il responso dei botteghini penso mi dia ragione. "Too Old to Rock 'n' Roll: Too Young to Die! (Troppo Vecchio Per Il Rock'n'Roll, Troppo Giovane Per Morire!)" vanta il triste primato di essere l'unico disco prodotto dalla band negli anni '70 a non aver ricevuto la certificazione di disco d'oro. Nonostante quella che una volta era la facciata A del disco sia tutto sommato la migliore, curiosamente i miei due brani preferiti si trovano sul lato B, ovvero la title track e la raffinata ballata conclusiva. Chiaramente oltre alle due sopra citate, ci sono forse altre due / tre canzoni che non sono proprio da buttare, ma di certo non riescono a fare avvicinare neanche lontanamente l'album ai capolavori del passato. Curiosamente, nonostante l'album non sia fra i preferiti dei fans, la title track col tempo è divenuta una delle canzoni più famose del gruppo, subito dietro alla sempiterna "Aqualung" e alla monumentale "Thick As A Brick". Penso che il perché di questa involuzione compositiva sia celato nella natura per la quale erano state concepite le canzoni, oltre ovviamente ai vari problemi e malumori personali di qualche componente e alla dipartita di Jeffrey Hammond, anche se è doveroso precisare che il simpatico Bassista di Blackpool è stato rimpiazzato in maniera adeguata, tant'è che a mio avviso, il lavoro effettuato dalla nuova sezione ritmica è una delle poche cose liete del platter, per il resto, le varie performance degli altri musicisti sono tutte sottotono, fatta eccezione per un paio di magistrali interpretazioni vocali di Ian Anderson, meno ispirato però con il flauto rispetto al passato, come del resto la chitarra di Martin Barre, quasi mai protagonista e sottotono con gli assoli. Il talento di John Evans sembra evaporare lentamente con il passare degli anni, forse oscurato dall'ottimo lavoro di David Palmer sempre più presente e a suo perfetto agio con l'orchestra su brani nati per una colonna sonora. L'album è stato registrato fra il 19 Novembre del 1975 ed il 27 Gennaio del 1976 a bordo della familiare Maison Rouge Mobile Studio nei pressi di Radio Monte Carlo, fatta eccezione per le tracce 8 e 10, che sono state registrate ai Morgan Studio di Bruxelles. Dello splendido ed originale art work interno affidato alle talentuose matite di Dave Gibbons in collaborazione con Michael Farrell abbiamo già ampiamente parlato in precedenza. Nel front di copertina color ocra troviamo un Ray Lomas fin troppo somigliante a Ian Anderson che ci mostra il gesto dell'ombrello, andando a scongiurare la seconda parte del titolo che infatti è corredata di punto esclamativo, in alto a sinistra il logo della band in nero, mentre il titolo dell'album viene proposto in rosso. La Chrysalis lo ha rilasciato il 23 Aprile del 1976 nel Regno Unito ed il 17 Maggio del 1976 negli Stati Uniti D'America. Il successo riscosso ai botteghini non è stato florido come in passato. Il nono album in studio dei Tull, in patria non è andato oltre la venticinquesima posizione, mantenendo più o meno lo stesso standard nel resto d'Europa, dove in alcuni stati riuscì ad arrivare in decima posizione, mentre negli Stati Uniti non andò oltre la quattordicesima. Ma per tutte le band di progressive rock quelli erano tempi bui a causa dell'avvento del movimento punk. Gli Yes, i King Crimson e gli ELP erano fermi da due oltre anni, i Genesis dovevano risolvere la grave dipartita di Peter Gabriel, per citare le band maggiori dell'epoca, tutti segnali che ormai il Mondo andava avanti, ricalcando proprio la trama narrativa di "Too Old To Rock" che col tempo si è rivelato fra quelli che hanno avuto meno successo, accollandosi l'aggettivo di album controverso, in quanto alcuni tulliani lo odiano altri lo amano. I sinceramente non riesco a schierarmi con nessuna delle due fazioni, di certo non lo odio, ma neanche lo amo come un Aqualung di turno, tanto per fare un cristallino esempio. Comunque sia non può mancare negli scaffali di chi ama la band, mentre per chi cerca di avvicinarsi al Tull World per la prima volta, è consigliatissimo guardare più indietro.
2) Crazed Institution
3) Salamander
4) Taxi Grab
5) From A Dead Beat To An Old
6) Bad-Eyed And Loveless
7) Big Dipper
8) Too Old to Rock 'n' Roll: Too Young to Die
9) Pied Piper
10) The Chequered Flag (Dead Or Alive)