INSOMNIUM
Where The Last Wave Broke
2009 - Candlelight Records

EMANUELE RIVIERA
04/10/2016











Introduzione Recensione
Dopo essersi ritagliati, con pieno merito, una posizione di spicco all'interno del panorama musicale del melodic death metal del terzo millennio, grazie alla pubblicazione di tre brillanti full length nel giro di soli quattro anni, ecco che i finlandesi Insomnium decisero, a buon ragione, di anticipare il seguente studio album con il rilascio di un piccolo ep, il primo della loro ancor giovane carriera. Una scelta a mio avviso saggia e matura, da parte di una band il cui intento principale non era più quello di emergere dal sottobosco underground, ma, viceversa, di consolidare la propria posizione all'interno della scena contemporanea e rinsaldare ulteriormente il rapporto con i propri fan grazie ad un prodotto di facile acquisizione e leggera assimilazione. Dopo un intenso biennio on stage, caldeggiato e promosso grazie alla lunga e capace mano della label produttrice, utile alla band per misurarsi con la fondamentale dimensione live e a rapportarsi dinamicamente con altre importanti formazioni dell'epoca, Sevanen e soci tornarono in sala prove nella primavera del 2009 per un'unica sessione di registrazioni, ultimata la quale avrebbero visto la luce l'ep oggetto del presente lavoro ed il seguente lp. Il prodotto che qui sarà recensito fu destinato al solo mercato digitale: già si è dibattuto abbastanza, in altri miei lavori, sulla reale portanza storica che simili proposte abbiano al giorno d'oggi e su quale sia il significato di un prodotto teoricamente volto a conquistare una larga fetta di pubblico per il suo carattere insito di brevità e, in linea di massima, low cost, ma la cui mancata release in formato fisico finirà, inevitabilmente, per non intercettare l'attenzione e l'interesse di quei fan "vintage", amanti, cioè, della concretezza e della tangibilità rappresentata da un compact disc o, addirittura, di un ancor più romantico vinile. Chiaro, dunque, che dovremo etichettare il presente lavoro, al termine della nostra disquisizione, come una pubblicazione secondaria, certamente non imprescindibile per la band di Joensuu, il cui unico obiettivo veramente centrato sarà quello di rappresentare un valido taster per il successivo full length, Across The Dark, distribuito solamente un paio di settimane dopo, e di creare, così, la necessaria dose di attesa tra i fan, desiderosi di ascoltare il seguito del valido Above The Weeping World. Probabilmente gli Insomnium posticiparono i tempi per la pubblicazione di un ep di un paio di anni: la loro fama, ormai assodata nel vecchio Continente ed in via di definizione anche negli USA, e lo spiccato carisma mostrato sui palcoscenici, resero questo lavoro quasi superfluo all'epoca in cui venne rilasciato e la già citata scelta di rivolgersi al solo mercato digitale non ne facilitò, di certo, la visibilità. Queste furono, pertanto, le premesse introduttive sotto alle quali vide la luce nell'agosto del 2009, tramite l'egida della fidata etichetta londinese Candlelight Records,"Where the Last Wave Broke (Dove ruppe l'ultima ondata)", composto da sole tre tracce per un totale di 18 minuti appena di musica. Prodotto di nicchia, come poco sopra ricordato, ma in cui non mancherà, certamente, la qualità: gli alfieri del miglior melodic death metal, dalle atmosfere plumbee e nostalgiche, sapranno confermarsi su ottimi livelli riuscendo, pure ad inserire qualche sporadico elemento di novità all'interno della loro tipica proposta sonora. Vediamo di procedere, a questo punto, con la nostra attenta analisi track by track.

Where The Last Wave Broke
L'ep si apre, pertanto, con la maestosa title track, intitolata per l'appunto "Where The Last Wave Broke": come spesso accade in prodotti similari la band finlandese decise di riservarsi il meglio in avvio, una scelta indovinata, probabilmente strategicamente suggerita a Friman e compagni da parte dell'etichetta distributrice e volta a far raggiungere subito un alto livello di tensione nell'ascoltatore, all'interno di un prodotto la cui durata complessiva sarà, come precedentemente anticipato, inferiore ai venti minuti. Il pezzo fu anche l'unico del lotto di tre canzoni qui presentate ad essere riproposto nella versione standard del seguente lp, dove si ritagliò una posizione di prim'ordine all'interno della tracklist proposta dagli Insomnium stessi. I riff di chitarra suonano decisi e grintosi fin dai primi secondi della contesa: il pubblico viene coinvolto ed invogliato all'ascolto grazie anche all'inserimento di un breve e cupo assolo melodico, a firma del chitarrista principale del combo scandinavo. Sevanen scende in campo con il suo growl, roccioso come un macigno, quando sono da poco trascorsi i primi quaranta secondi del brano, contraddistinti da una beneaugurante ed elegante armonia strumentale. Il quartetto finlandese mantiene inalterato il legame ancestrale con la natura offrendoci il proprio benvenuto nella luce soffusa, che cresce a poco a poco di un nuovo giorno che sorge, il vento, che soffia placido nella vallata, porta una piacevole sensazione di freschezza e di ritrovata vitalità nei nostri corpi; esso solleva, inoltre, il fumo agre e nerastro che ci impediva di vedere le cose sotto la giusta dimensione. Tuttavia ciò non è sufficiente ad impedire al fuoco di ardere ancora, gagliardo ed indomito, con la forza e l'impeto in grado di consumare, erodere dal di dentro, ognuno di noi, il giardino della vita sfiorisce sotto il peso degli anni, i nostri posteri sulla terra godranno di un simile scenario deturpato nei lineamenti e svilito nei colori. Al minuto 01:20 ecco la prima, significativa, novità che incontriamo: al possente e virile vocalist della band si affianca, per il primo passaggio dal refrain centrale, la voce pulita e sensuale di un valido ospite esterno: si tratta di Jules Naveri, già singer di Enemy of The Sun e Profane Omen. Egli contribuisce, con la sua impostazione vocale diametralmente opposta a quella del buon Niilo, a creare il giusto contrasto tra le due anime della band, (quella romantica da un lato e quella aggressiva dall'altro), innalzando così la qualità complessiva del brano su di un livello decisamente superiore. Positiva, secondo il giudizio di chi scrive, anche la scelta di non affidarsi ad una voce femminile per creare una simile diatriba di sensazioni, come altre band avevano invece fatto in passato, un sound così oscuro e minaccioso non avrebbe, probabilmente, reso giustizia al gentil sesso canoro e sarebbe stato un ulteriore e, forse eccessivo, rimando agli immancabili Dark Tranquillity. L'esperimento piacque a tal punto, sia alla band che alla casa discografica produttrice, da venire riconfermato in diverse canzoni contenute nell'album in uscita di lì a qualche settimana. La narrazione lirica prosegue descrivendo il degrado e lo sfacelo cui è costretta la natura. Quando l'umanità si muove in blocco si palesano numerose vite in rovina che si agitano affannosamente, tutto il rigoglioso splendore della vegetazione è tramutato in pietra, la carne si decompone in polvere e ritorna, infine, al suolo, totalmente inanimata. Laddove ruppe l'ultima ondata d'acqua le rive si tinsero del colore rosso del sangue e i luoghi, che un tempo rappresentavano la nostra casa, sono stati trasformati in uno spazio di morte e disperazione. Buono è pure il contributo della batteria di Hirvonen, sempre preciso nel suo incedere caratteristico in mid tempo non eccessivamente debordante, pur lasciando intendere di avere ancora del potenziale da poter esprimere in caso di necessità. Come ci si sente, domanda ancora il robusto frontman, quando la fame ci costringe a mordere la mano che ci aveva nutrito fino a quel momento, quando avveleniamo le acque dei pozzi dai quali abbiamo attinto in passato, le prospettive future che ci eravamo creati nella nostra mente crollano, simili ad un enorme castello di sabbia, l'eredità che lasciamo ai posteri sarà dominata da una terra arida ed infeconda, la razza umana, che un domani abiterà la Terra, sarà pervasa dall'avidità e da pericolose lotte intestine. Dopo la seconda ripetizione del chorus a due voci, al minuto 03:20, le tonalità del pezzo si fanno più sfumate, le classiche note malinconiche e nostalgiche che avevamo imparato ad apprezzare nelle precedenti tre relaese prendono il sopravvento e disegnano scenari carichi di un'atmosfera lugubre e tetra. Ci vuole un nuovo inserimento da parte di Sevanen per ritrovare la grinta delle prime battute e conferire, parimenti, la giusta dose di incisività all'ultima porzione della song, la cui sezione lirica è chiusa, al minuto 04:20, dal classico urlo leonino a perdifiato dello stesso singer. Gli ultimi quaranta secondi sono interamente strumentali, così come lo erano stati i primi quaranta, a dimostrazione di una circolarità della canzone che si spegne laddove era iniziata, metafora ideale della stessa caducità e fragilità della vita umana. Tematiche quanto mai attuali e di urgente necessità, dunque, quelle trattate dagli Insomnium: si parla del difficile rapporto tra l'uomo e la natura, le necessità del primo, impellenti poiché basate su scale temporali di breve durata vanno a cozzare con le tempistiche millenarie e con gli equilibri precari e, fondamentalmente, immutabili della seconda, il rapido ed inevitabile assottigliamento delle risorse a disposizione sul Pianeta Terra, a fronte di una crescita della popolazione globale senza precedenti e concentrata, prevalentemente, in poche aree del Pianeta sarà, inevitabilmente, fonte di contrasti che si tramuteranno in veri e propri scontri fratricidi, inquietanti presagi futuri, (ma anche presenti), in cui l'essere umano, incapace di implementare modelli alternativi di sviluppo, finirà ridotto in uno stato di carestia e di quotidiana tribolazione per la sopravvivenza. Una splendida sezione lirica, dunque, che palesa una grandiosa sensibilità ed un tatto non indifferente per argomenti di questo tenore, rappresentando inoltre un ideale ponte di collegamento tra gli Insomnium ed i Gojira dei fratelli Duplantier, da sempre attenti e combattivi alfieri per un ambiente più vivibile ed a misura d'uomo. Abbiamo già accostato, se ben ricorderete, le due band da un punto di vista lirico, non deve sorprendere più di tanto, arrivati a questo punto, il fatto che esse siano anche due delle favorite realtà del panorama metal contemporaneo del sottoscritto, idealista convinto e, forse, utopico di un ambiente più salutare e basato su modelli di sviluppo ecosostenibili.

Into The Evernight
In seconda posizione troviamo, poi, "Into The Evernight (Nella notte eterna)", che altro non è che la versione demo di At The Gates of Sleep contenuta nel precedente album, Above The Weeping World. La traccia, assieme alla successiva The New Beginning, venne inserita, a differenza di quanto avvenuto per la canzone precedente, in una edizione speciale del cd uscita contemporaneamente a quella canonica, con differente copertina ed un dvd bonus. Le sonorità si mostrano, fin da principio, più incentrate sul ritmo e sulla ricerca della giusta atmosfera: efficace, in questo senso, l'inserimento di una chitarra acustica che fa capolino per qualche istante, quando non è ancora scoccato il primo minuto del pezzo. Con l'ingresso sulla scena di Sevanen l'ago della bilancia si sposta, progressivamente, verso un sound più inquieto e turbolento cui contribuisce anche un sapiente lavoro intarsio di suoni operato dalle due chitarre. Il primo stacco acustico significativo avviene al minuto 01:40: qui possiamo meglio apprezzare come il ritmo portante si mantenga ancora controllato, la batteria, nello specifico, torna a defilarsi per lasciare maggiore spazio di manovra alle chitarre. Siamo di fronte a quella che è, a tutti gli effetti, una tipica canzone in perfetto stile Insomnium, energica e muscolosa laddove deve esserlo per non tediare il pubblico, ma in cui non si perdono mai di vista l'autocontrollo ed il senso della misura: bene, quindi, non cambiare una formula che, negli anni, si è rivelata assolutamente vincente, ma altrettanto evidente è il fatto che la traccia finisca, così, per risultare simile ad altre già sentite nei precedenti tre full length. Il vocalist del combo finlandese svolge il suo mestiere con la consueta dedizione alla causa ed il suo ruggito cavernoso e profondo, come pochi altri sanno essere, è forse l'aspetto più brillante del brano: Sevanen, con il passare degli anni e delle pubblicazioni, riesce, pur gradualmente, a conferire maggiore personalità alla sua impostazione vocale e ad offrire uno spessore più consistente alle vicende narrate. Il secondo, e ben più corposo, momento per la riflessione e per la malinconia lo riscontriamo a partire dal minuto 03:06: qui parte una sezione di una trentina di secondi in cui ritroviamo la chitarra acustica che ci aveva accolto in apertura e che disegna per noi note suadenti e carezzevoli che ci trasportano su di una dimensione onirica, irreale prima che un fragoroso rombo torni a squarciare con impeto il cielo plumbeo della Finlandia quando siamo, nel frattempo, giunti al minuto 03:40. Nell'ultima porzione le note che vengono scandite per noi si distendono e si allungano, la batteria con i suoi rintocchi di piatti cadenzati e canonici prova a ricamare un'aurea di epicità al tutto, ma finisce per accostarsi, fin troppo da vicino, ai cliché tipici del genere. Rispetto alla canzone "madre" la traccia in oggetto è più breve di quasi un minuto e mezzo: il rush conclusivo, in particolar modo, se da un lato snellisce il brano in maniera sensibile rendendolo più fruibile ed orecchiabile, dall'altro lo tronca di quei lineamenti tipici, fatti di straordinaria solennità e di triste maestosità, del cosiddetto sorrowful melodic death metal made in Insomnium. Non possiamo certo definirla un autentico passo falso, ma, nel complesso, la traccia ha qualcosa in meno della precedente; manca, in linea di massima, un certo mordente, una sorta di quid in più che consentirebbe al brano di non perdersi, a distanza di anni, tra i molteplici ascolti del combo finnico. Un limite, questo, che è forse il solo ed unico realmente ascrivibile alla band di Joensuu in tutti questi anni di onorata carriera: quello, cioè, di non riuscire, se non in qualche raro caso, ad inserire nei propri lavori delle genuine"killer track" in grado di attestarsi decisamente sopra alla concorrenza, in ogni caso, quanto mai aggressiva e sempre ben al di sopra della sufficienza piena. La sezione lirica, curata anche in questo caso, in larga parte, dal leader Niilo, è una sorta di invito sensoriale ad ascoltare i silenzi profondi ed impenetrabili della lunga notte del profondo nord. Percepiamo il vento che fischia tra gli abeti, assaporiamo l'intenso aroma del muschio sopra cui camminiamo nelle tenebre, una melodia triste accompagna i nostri passi nel bosco, gli alberi mugugnano sommessamente e sembrano essere partecipi della nostra agitazione sensoriale. Una volta celeste grandiosa e potente come mai ci era apparsa ci osserva dall'alto, laddove essa sembra fondersi in un tutt'uno con le placide acque sottostanti ecco il luogo ed il momento in cui possiamo, finalmente, rinfrancarci l'anima e lo spirito. Ritroviamo, quasi di colpo, un vigore che credevamo essere smarrito per sempre, facciamo pace con la natura, una guerra che, d'altronde, stavamo combattendo senza avversari in quanto essa, da sempre, si è mostrata benigna e magnanima nei nostri confronti, e ci consegniamo interamente a lei per trascorre la notte. Solo allora, quindi, comprendiamo meglio quali erano le motivazioni di fondo alla base della nostra irrequietezza: non la natura quale rivale, bensì noi stessi, in quanto esseri volubili, fragili ed umorali, eravamo causa della nostra infelicità intima, la nemesi oscura che agitava e turbava i nostri sogni, una scappatoia che ci eravamo creati a livello di inconscio per nascondere agli altri ed anche a noi stessi le debolezze e le insicurezze insite, da sempre, in ogni essere umano, incapace di accettarsi per quello che realmente è. Lontani dalla fallacità del sole, isolati nelle remote latitudini settentrionali, quasi proibitive per altri essere umani, troviamo il ristoro desiderato da tempo immemore, tanto che un sonno profondo e gratificante, distesi sopra ad un tappeto di licheni profumati, sopraggiunge quasi immediato. In un simile scenario di purezza ancestrale e primordiale perfino il più candido dei bambini sarebbe in grado di commuoversi e di mentire, di una giusta menzogna. All'ombra di rossi abeti resinosi ci lasciamo cullare dall'oscurità della notte, dimenticando patimenti ed angosce, sogniamo la serenità e la pace dei sensi che tanto agognavamo.

The New Beginning
In chiusura di ep troviamo la traccia più corposa dell'intero lotto: "The New Beginning (Il nuovo inizio)" si sviluppa, infatti, per oltre sette minuti di durata complessiva e si caratterizza per essere una sorta di summa conclusiva di quanto mostrato nei due brani appena descritti. La band pare avere ritrovato il piglio giusto e, pur non presentando nulla di particolarmente originale né rivoluzionario, si muove con la consueta destrezza di sempre a livello strumentale. Il modello di riferimento cui i quattro paiono rivolgere le loro attenzioni è, una volta di più, quello dei Dark Tranquillity di inizio millennio, anche se il sound risulta piuttosto incattivito rispetto a quanto proposto da Sundin e compagni, a partire da Haven in poi. La produzione passa dall'essere grezza e volutamente sporcata nella prima porzione a più accurata e morbida dopo la metà del brano. Non manca, inoltre, la solita, affascinante, aurea di oscurità che gravita attorno ai riff di chitarra proposti dal binomio Friman - Vanni, incessanti nel loro cesellare melodie robuste, ma al tempo stesso permeate da venature nostalgiche significative anche se, a lungo andare, pure abbastanza stucchevoli. Nei primi cinquanta secondi introduttivi fanno bella mostra di sé le tastiere di Aleksi Munter, frizzanti ma, in certi momenti, abbastanza avulse dal contesto generale, elemento di parziale novità inserito dagli Insomnium. Inizialmente a prevalere è l'anima più spiccatamente death metal della band: lo si evince dal maestoso muro sonoro eretto dalle due chitarre, splendidamente accompagnate dall'aggressivo incedere delle percussioni e dei piatti della batteria. Sevanen alterna il suo tipico growl animalesco a momenti parlati con voce soffusa e sofferta ed il tiro della canzone è decisamente accattivante e di sicura presa, addirittura brioso per quelli che sono gli standard tipici cui i nostri ci avevano abituato. Gli equilibri in gioco vengono rimescolati grandemente quando siamo circa a metà brano e, più precisamente, al minuto 03:55: è l'anima più gentile e nostalgica della band che prende, ora, il sopravvento. Le atmosfere si distendono per qualche momento, uno squarcio di luce penetra la spessa coltre delle tenebre finniche che ci stavano opprimendo fino a toglierci il fiato e possiamo, pertanto, immettere nel nostro organismo una salutare e salvifica ventata di aria nuova. Le melodie divengono più ragionate, le note che vengono emesse dalle due sei corde trasudano un profondo senso malinconia e tristezza, le emozioni fluiscono libere a fior di pelle durante questi quaranta secondi di stacco acustico. Si torna, in seguito, a pestare sull'acceleratore per l'ultima porzione della traccia, anch'essa contraddistinta da un discreto, ma non trascendentale, alone di epicità. Non si riesce, in ogni caso, a raggiungere i livelli di coinvolgimento e di interesse toccati nella prima parte del pezzo, si ha la sensazione che la band sia un po' a corto di energie e ciò lascia abbastanza interdetti dal momento che abbiamo appena superato il quarto d'ora dal momento in cui abbiamo premuto il tasto play sul nostro lettore. Il basso di Sevanen viene posizionato sullo sfondo come troppe volte succede all'interno delle formazioni moderne, pertanto è pressoché impossibile stilare qualsiasi forma di giudizio circa la prestazione di Niilo che può, d'altro canto, concentrarsi di più sull'aspetto lirico e vocale dove, infatti,offre il meglio di sé. Ciò che maggiormente sorprende all'interno di un contesto comunque decisamente valido e brillante è proprio il titolo che gli Insomnium offrono al brano stesso: francamente non ci pare di assistere a nessun nuovo inizio nel corso della carriera artistica della band e non bastano i pure positivi inserimenti delle tastiere a giustificare in toto una simile dichiarazione di intenti che, a nostro avviso, resta compiuta solamente per metà. Corretto, invece, a parere di chi scrive, aver inserito la canzone quale "semplice" bonus track in coda alla versione deluxe di Across The Dark e non nella tracklist originaria, come altrove caldeggiato. Non sembrano, in definitiva, esserci presupposti tali da poter spostare in maniera decisa l'ago della bilancia circa il giudizio che già stavamo elaborando nella mente in merito a questo ep. Ma prima di stilare il nostro responso finale analizziamo, come d'abitudine, anche la sezione lirica di quest'ultima traccia proposta. Ecco, pertanto, che ci troviamo di fronte ad un continuo contrasto di scenari e situazioni, all'apparenza in contraddizione l'una all'altra. La prima immagine che incontriamo è quella di un'alba luminosa, rottura inequivocabile rispetto ad un passato oscuro e tetro, forze gagliarde che scacciano via le ombre che ci tormentavano, un sentiero di luce che, dalle altezze celesti, giunge fino al suolo e riscalda i nostri cuori. Immediatamente dopo le colorazioni giallo vivo appena accennate sfumano, però, nel bianco del ghiaccio e dell'aridità invernale. Sopra ad una distesa innevata giace un ragazzo solitario, congelato dal freddo pungente, insensibile ormai a qualsiasi stimolo esterno. Questo è il nuovo inizio cui si fa riferimento nel titolo, cominciare tutto daccapo partendo da un foglio bianco, immacolato, la libertà, del resto, va conquistata attraverso lo spargimento di sangue. Quando un odio atavico ed insanabile, sopravvissuto attraverso i secoli della storia, finisce per avvelenare anche le menti più illuminate la diffidenza prende il sopravvento sulla cortesia, l'invidia ha la meglio sui nobili ideali. Non vi è alcuna vittoria nella morte, sconfitti sia nello spirito che nella carne sono i padri che vengono traditi dai loro stessi figli. Questo è, dunque, il prezzo che dobbiamo pagare? Come può scaturire qualcosa di buono se non ci possiamo più fidare nemmeno dei nostri discendenti? Un nuovo inizio è sorto, l'uomo rinasce attraverso la devastazione, tutta la speranza dell'umanità è riposta nelle mani di pochi individui eletti. Il finale cambia ancora le carte in tavola e riporta tutto nella dimensione della routine quotidiana: niente di nuovo sotto il sole, chiosa laconico Sevanen in chiusura di brano, solo l'ennesimo, triste capitolo di una storia comune che altri termineranno in nostra vece. Pezzo che dunque offre il meglio di sé da un punto di vista squisitamente lirico: una narrazione semplice e lineare ma le cui immagini, altamente evocative, contengono, al loro interno, una straordinaria forza dirompente. A fare da cornice al tutto abbiamo tinte apparentemente placide e distensive, ma che rivelano, viceversa, sofferenza ed angoscia ai più alti livelli immaginabili. Una aridità generale che, prima ancora che essere fisica, tangibile sul suolo congelato delle lande finlandesi, è interiore, atavica nell'animo umano, non più in grado, ormai di stabilire relazioni costruttive e dinamiche con i propri simili e chiuso in sé stesso nella mestizia e nella desolazione più complete.

Conclusioni
Raggiunge una sufficienza piena il primo ep rilasciato dalla melodic death metal band finlandese degli Insomnium, anche se, francamente, il quartetto finnico sembra trovarsi maggiormente a proprio agio su distanze ben più lunghe. I tre pezzi che compongono il lavoro sono ben suonati ed egregiamente composti, ma non riscontriamo nulla di veramente trascendentale nel corso dei 18 minuti che compongono questo Where The Last Wave Broke. Il meglio, come sopra evidenziato, lo riserva l'iniziale title track, dinamica ed energica al punto giusto per garantirsi la promozione nell'imminente lp della band, le rimanenti due tracce, (di cui peraltro una sola inedita, dal momento che Into The Evernight pare essere stata incisa addirittura durante le registrazioni per il secondo album, Since The Day It All Came Down datato 2004), si muovono su binari piuttosto canonici per quelli che sono gli standard che già avevamo imparato a conoscere nei precedenti tre full length rilasciati dai nostri paladini. Lungi dall'essere etichettato come un autentico passo falso, l'ep oggetto della presente recensione va preso ed ascoltato per quello che è: una breve introduzione preparatoria a quello che sarà il ben più importante e riuscito successivo album Across The Dark, un prodotto di facile ascolto destinato ai fan più sfegatati ed agguerriti. Il combo originario di Joensuu si limita a svolgere il proprio compito con la ormai nota diligenza e schiettezza, ma viene da chiedersi quanto realmente fosse interessato alla realizzazione di un simile prodotto, quando ormai la fama, almeno a livello europeo, era stata raggiunta in grande stile. La scelta di affidarsi al solo mercato digitale poi limitò ancora di più l'accessibilità all'ep che, infatti, scivolò via abbastanza inosservato nel giro di alcune settimane appena. Da rimarcare, in ogni caso, la buona prestazione offerta dal batterista Markus Hirvonen e gradevoli sono pure gli intermezzi elettronici a firma di Aleksi Munter, senza picchi particolari, (ma neppure senza critiche realmente condivisibili), il lavoro svolto dalle due chitarre, Friman - Vanni è sinonimo di garanzia assoluta in questo senso, mentre il vocalist ringhia rabbioso ed energico nei momenti più serrati mostrando una maturità espressiva acquisita, nei momenti più pacati e serafici, (laddove aveva evidenziato qualche lacuna negli anni precedenti), una mano gli viene offerta dal valido singer Jules Naveri che rappresenta forse la nota più positiva e sorprendente dell'intero lavoro, oltre a costituire l'unico elemento veramente di novità rispetto ai precedenti ascolti della band. Efficace è pure il lavoro svolto dalla produzione che garantisce un sound nitido e definito in ogni sua componente. Gli Insomnium confermano quanto di buono fatto vedere nei precedenti tre lavori e, con discrezione e senza eccessivi clamori, danno appuntamento al prossimo capitolo della loro scalata verso l'olimpo, noi saremo presenti per raccontarvelo come sempre, per il momento godiamoci questo gustoso antipasto con la consapevolezza che il meglio deve ancora venire.

2) Into The Evernight
3) The New Beginning


