IN MALICE'S WAKE

The Thrashening

2011 - Punishment 18 Records

A CURA DI
DAVIDE CILLO
03/01/2016
TEMPO DI LETTURA:
6,5

Introduzione Recensione

Gli In Malice's Wake sono una band oramai veterana della nuova ondata del Thrash Metal: formatisi a Melbourne nel 2002, i ragazzi australiani hanno seguito le orme di maestri del loro paese come i thrashers vecchia scuola Mortal Sin. La band, che vede in Shaun Farrugia (canto, chitarra ritmica) e Mark Farrugia (batteria) due componenti storici,  si è recentemente completata con le due new entry Karl Watterson (basso) e Leigh Bartley (chitarra solista). I protagonisti della recensione odierna hanno avuto il grande merito di iniziare sin da subito a lavorare su brani propri, tanto da rilasciare una demo di 5 brani (intitolata, per l'appunto, "Demo"). Il lavoro, della durata di 20 minuti circa, è stato il primo passo per la band  che cominciava a farsi conoscere nel suo paese. Passo completato con l'EP del 2005, Blackened Skies, anch'esso della durata di 20 minuti, ma stavolta con 4 brani al proprio interno. Per i ragazzi, che si apprestavano ad arrivare al fatidico momento del loro debutto discografico, non restava che darsi da fare con numerosi concerti dal vivo: così fu fatto, mentre le idee per il primo lavoro "ufficiale" in studio prendevano corpo. Tre anni più tardi, nel 2008, arriva così Eternal Nightfall, un lavoro di ben 11 brani della durata complessiva di 45 minuti. Il lavoro, rilasciato indipendentemente, ha permesso alla band di cominciare a riscorrere seguito all'interno dei propri confini. L'album, dal suono potente e incisivo, lasciava spazio alla melodia nonostante il robusto sound che a tratti strizzava l'occhio al metal estremo. Le liriche predilette dai ragazzi descrivevano stragi e disastri globali, non di rado provocati dall'opera umana stessa. Tuttavia, non ci fu ancora un interesse tangibile da parte di un'etichetta discografica, nonostante i complimenti ricevuti dai membri della band in diverse recensioni. I ragazzi, come ogni band appassionata che non ha la fortuna di riscuotere da subito un successo importante, hanno dovuto investire molto sulla loro musica. Ovviamente, ciò non è stato abbastanza rilevante da portare qualcuno di davvero appassionato a sospendere la propria attività musicale. Così, i quattro musicisti, hanno nuovamente investito sul proprio percorso artistico: tre anni più tardi, nel 2011, arriva l'album che sarà protagonista della recensione odierna: The Thrashening, un brevissimo lavoro di 32 minuti per 8 tracce, che come il debutto proponeva un sound che non scendeva a compromessi. Ancora una volta i ragazzi rilasciavano un lavoro indipendentemente, un lavoro che verrà però poi in seguito scoperto dal nostro Corrado della Punishment 18 Records, sempre appassionatissimo ed attentissimo a scovare coloro che meritano un'opportunità. I ragazzi hanno finalmente l'opportunità di dividere il palco con band importantissime del panorama Thrash Metal vecchia scuola del calibro dei magnifici Forbidden e dei tedeschi Destruction, che non hanno poi un tipo di sound lontano da quello espresso dagli In Malice's Wake.  Dopo aver conosciuto la storia di questi ragazzi, divengo curiosissimo per questo ascolto, che non sappiamo cosa ci potrà riservare: ci stiamo finalmente apprestando ad affrontare la parte "track by track" della nostra recensione, dove analizzeremo parte musicale e parte testuale di questo breve ma violento full della durata di mezz'ora musicale: buona lettura e soprattutto buon ascolto a tutti!!

Endless Possession

L'album si apre con il primo brano, intitolato Endless Possession (Possessione Senza Fine): il master, di volume potentissimo, ci mette di fronte un sound roccioso e rumoroso, certamente più vicino al moderno che alla vecchia scuola. Con il riff iniziale la band propone una rapidissima sfuriata in alternate picking e qualche ben piazzato power chord. Tramite i ritmi elevati, la band si mostra vicina alla scuola tedesca, prendendo un po' più di distanza dal thrash della Bay Area statunitense. La linea vocale, estremamente moderna, consta in una voce roca e gutturale, che ben si amalgama alla scelta di produrre un album con un sound potente e da studio di produzione moderno. Molto valido il velocissimo riff che ricorda un po' (ma non troppo!) quello di "Hit The Lights" dei Metallica,  ma ovviamente il tutto è reso più rapido ed estremo adattandosi ai più recenti tempi del metal. Estremamente robusto il lavoro svolto dalla batteria, che coadiuva nel migliore dei modi la durezza della linea musicale. Il riff migliore del brano è certamente quello mid-tempo che introduce  il breve assolo dopo un paio di minuti di ascolto, la parte si mostra corta di durata ma molto indovinata. Nelle liriche il protagonista si ritrova in una tremenda realtà demoniaca da cui è impossibile fuggire: con l'avanzare della canzone, questa realtà pare essere a tutti gli effetti l'inferno, una dimensione da cui non vi è scampo, e si pagano le cattive scelte fatte nella propria vita. Vivendo un senso di totale follia, l'uomo ha però la consapevolezza di essere giunto alla fine, dal momento che ogni urlo di disperazione rimarrà vano. A fare da compagnia alla vittima c'è solo la morte, che gli mette di fronte un amaro destino da cui non v'è salvezza.

Evil by Design

Passiamo ora al brano successivo, intitolato Evil by Design (Disegnato dal Male): la canzone, velocissima, mostra una melodia più enfatica ed allegra rispetto alla precedente. I rocciosi riff vengono presto coadiuvati dalla profonda voce del vocalist, anche se l'autentica protagonista della canzone è la batteria: le sezioni di doppia cassa sono intense e rocciose, e donano a questa canzone una compattezza unica. Nella prima parte il pezzo manca di un vero e proprio assolo principale, mostrando invece un paio di brevi stacchi d'assolo di qualche secondo, dove spicca l'utilizzo della leva in linea di una band storica come gli Slayer. Gli stessi Slayer influenzano lo stacco subito precedente all'assolo principale, breve ma tecnico ed interessante. Il brano è davvero quadrato e ben strutturato, e personalmente lo trovo anche superiore al precedente per le seguenti caratteristiche: esso trasmette innanzitutto più "energia" grazie alla sua notevolissima fase ritmica. In secondo luogo, questo pezzo è in grado di esprimere un sapiente mix di influenze teutoniche e Slayeriane, per creare un muro sonoro che alterna i due tipi di sound, simili, con assoluta efficacia e potenza. La grande incisività di questa traccia è degna di nota, e nella sua semplicità riesce a divertire ed interessare l'ascoltatore. Interessanti anche le liriche, che qui prendono argomenti di critica sociale: nel brano si descrive la razza umana, affermando che è facile continuare a vivere mettendo la testa sotto la sabbia e ignorando la malvagità che ci scorre accanto. Questo modo di fare è lo stesso che ci condurrà al nostro più oscuro futuro, un'epoca di orrore e dolore, dove la storia sarà registrata nel sangue. La nostra è una specie che porta guerra, schiavitù, morte, crudeltà e avidità, schiavizzando i propri simili come nessun'altra forma vivente ha mai fatto. 

Onslaught

Continuando così, noi stessi porteremo la nostra fine e non avremo alcuno scampo. Il brano successivo si intitola Onslaught (Assalto Furioso), e a differenza dei precedenti ci propone un intro in grado di essere musicale e davvero coinvolgente. Incredibile ancora una volta il lavoro ritmico, che tramite la produzione riesce a tirar fuori il meglio di sé. Il riff che comincia in flanger è particolare e musicale, riportandoci incredibilmente allo stile di chitarra utilizzato nel debutto discografico dei californiani Testament. L'abile batterista riesce a supportare al meglio la profonda linea vocale,  e gli elevati ritmi della musica rendono questo brano interessante e stuzzichevole all'ascolto. Per la prima volta, questo complesso mette la melodia al centro di un brano, al contrario dei brani precedenti dove avevamo ascoltato una musica fatta di pura violenza e velocità. Ciò non toglie che anche questo terzo episodio di questo "The Thrashening" fa dell'impatto la sua principale caratteristiche, ma possiamo godere di alcune stupende melodie come quelle del riff di apertura e quello di chiusura. Il brano perde solo un po' nella sua parte centrale, ed è forse un peccato perché sarebbe potuto essere un cavallo di battaglia per questi ragazzi australiani. Tuttavia, resta che sono 4 minuti di musica valida e che certamente suscitano la nostra curiosità ed interesse. Le drammatiche liriche di questa canzone ci raccontano della guerra nella sua versione più drammatica possibile: i protagonisti infatti si vedono obbligati ad uccidere per poter sopravvivere, e migliaia di uomini crollano senza vita al suolo. Sangue e morte sul volto dei bambini, figli della guerra, che difficilmente potranno avere un futuro pacifico e roseo come avrebbero sognato. Con l'avanzare della canzone le povere vittime continuano ad aumentare ritrovandosi senza vita, al punto che tramite una metafora la band esprime questo con una autentica "pioggia di sangue". Per i sopravvissuti, non resterà che tramandare delle agghiaccianti storie di sangue e morte, dove uomo uccide uomo, dove l'assassinio diventa la principale abilità della nostra specie.

Fuel for the Fire

La grande follia umana, che ci porta a combattere una guerra senza chiedersi il perché. Il quarto brano, intitolato Fuel for the Fire (Benzina per il Fuoco), si mostra differente dai precedenti per possedere degli accenti infinitamente più vicini all'Hardcore Punk: l'intro infatti ci propone un riff grezzo e tagliente in matrice punk californiano vecchia scuola (mantenendo ovviamente la medesima produzione "metallara" e moderna), coadiuvati da giochi di chitarra sulla leva come il buon vecchio Kerry King (ma non solo) insegnava. Dopo questa lunga introduzione parte la strofa, dove la gutturale voce si unisce all'incisivo riff che mantiene le stesse melodie del riff opener. Questa canzone si mostra al nostro ascolto molto varia, oltre a spezzare l'ascolto dalle atmosfere più monocromatiche dei primi brani. Interessante qui la contrapposizione fra ritmiche vecchia scuola e voce moderna, in un mix che risulta essere in fin dei conti gradevole nel modo in cui si pone. Il pezzo manca di un assolo, mettendo in primo piano rapida ed energia, con un'enfasi semplice e genuina che ci accompagnerà per tutti questi brevi (per il genere) 3 minuti di ascolto. Nella canzone si descrive l'umanità nei suoi lati più tristi e malvagi. Nel racconto, che si avvicina parecchio al precedente per le tematiche trattate, l'umanità intera condivide una violenta tendenza per il combattere e per l'uccidere. Solo nel ritornello della canzone è però presente un'ideologia cristiana, ovvero quella che i più deboli tengono sulle loro spalle il peso del mondo. Tuttavia, qui la nostra specie viene definita come un'unica e malvagia categoria, pronta ad odiare e a fare del male. Disimparare l'odio del genere umano viene quindi descritta come una missione quasi impossibile, e alla portata di (forse) pochissimi eletti in grado di provare empatia ed emozioni, e con la possibilità di modificare un destino che, durante le liriche, viene definito come già impostato. 

Crawling Caos

Differenti invece le tematiche del brano successivo, ovvero il quinto di questo full length, intitolato Crawling Caos (Il Caos Strisciante): questa traccia narra di un evento apocalittico e che porterà alla totale distruzione del nostro pianeta. Nella parte iniziale del brano si preannuncia l'arrivo di un disastro, un'autentica maledizione che in brevi tempi si abbatterà sulla Terra. Gli umani, fino all'ultimo momento, non cessano di predicare l'ignoranza. Il misterioso nemico e distruttore è Nyarlathotep, creatura Lovecraftiana che non conosce alcuna pietà. Infatti, nessun essere vivente sarà risparmiato, e le strade diventeranno rosse come il sangue di coloro che hanno perso la propria vita. Il brano si apre con un macabro arpeggio in melodia minore, che dopo pochi istanti vedrà l'ingresso graduale della distorsione. La parte ci offre un riff bello e interessante, che con particolarità esegue la versione distorta dell'arpeggio iniziale. Questa introduzione melodica si spegnerà però immediatamente per lasciare spazio ai ben più classici power chord del riff principale, che pur non brillando certo per originalità (anche all'interno di un genere classico) è proposto con acume e opportunismo. Segue un interessante riff che si contraddistingue per una melodia vagamente folkeggiante, e che sarà poi riproposta a tratti nel corso del brano. Grandissimo il lavoro del drummer dietro le pelli, che con un instancabile muro sonoro di doppio pedale riesce a far elevare questa canzone ad un livello superiore al suo. La voce del cantante si fa qui ancora più moderna ed estrema, sfociando a tratti in un growl profondo e penetrante. Certamente bello e valido infine l'assolo conclusivo, che si ispira nelle melodie e nella fattura ai Testament del lead guitarist Alex Skolnick, come del resto fanno anche il riff finale e il brano in generale, senza però mai esagerare varcando la soglia della tolleranza. La canzone si distacca dalle altre per presentare tre livelli differenti di sonorità, visto che dal melodico intro si passa ad un thrash classico che diviene metal estremo con l'avanzare della traccia.

Join Us and Fight

Il nostro ascolto procede spedito verso il sesto brano, intitolato Join Us and Fight (Unisciti a Noi e Combatti). Nella canzone si vive nella consapevolezza che nessuno potrà salvare il futuro dell'uomo se non l'uomo stesso. Devastazione e distruzione, furia e cattiveria, hanno sparso il sangue ovunque nel corso della storia. Di questo passo, affermano le liriche, presto vivremo l'estinzione della nostra specie. L'unica possibilità per gli uomini è quella di unirsi e combattere, per salvare il pianeta ed il valore della vita, uniti sotto un unico ideale. Questo, chiaramente, porterà al mettere a repentaglio la propria sopravvivenza; è il minimo, tuttavia, che bisogna fare per mantenere sufficiente il valore della vita stessa. In un'epoca in cui i media sono controllati è dura però trovare chi è disposto ad unirsi, quindi il primo passo sarà, presumibilmente, quello di mettere i cittadini a conoscenza di come le cose funzionano realmente. Il robusto riff iniziale è estremamente classico ma potente, ed è interessante per come sfrutta la plettrata alternata. La particolare strofa si mostra per essere composta da dei semplicissimi power chords lasciati respirare e che si seguono l'uno dopo l'altro, mentre il vocalist ci propone la sua voce gutturale e che svolge una funzione riempitiva della musica. Nella traccia vediamo poi la presenza di brevi stacchi serrati  e di notevole potenza ritmica, dove abbiamo modo di constatare il buon lavoro svolto in fase di produzione. Per quanto riguarda la linea vocale, questa si fa ancora una volta (come nel brano precedente) estrema e raucamente tagliente. Il pezzo, che non ci propone nulla di troppo diverso, ci tiene comunque compagnia per 3 minuti musicali dal groove alternato e mai troppo omogeneo. Abbiamo per adesso ascoltato un brano da buon thrash metal suonato alla maniera moderna e con sfaccettature estreme, con qualche sprazzo interessante e degno di nota.

No Escape

Condivideremo ora l'ascolto della settima traccia, la penultima, intitolata No Escape (Nessuna Via di Fuga): qui le liriche sono un genuino omaggio alla filosofia Heavy Metal in tutta la loro semplice perfezione. Durante la notte, a fare da protagonista è il motore, e la cricca delle due ruote si prepara ad andare a caccia. Ovviamente, le prede sono coloro che non aderiscono alla bandiera metallara, coloro che non sono in grado di sentire il richiamo dell'acciaio. Così, freddi come l'acciaio, i bikers si preparano a colpire le loro vittime, intesi come servi della società, uniti dall'immortale sogno che perseguono. Inutile nascondersi, si conclude la traccia, perché coloro che inseguono sono in grado di vedere: i fuggitivi vengono descritti come ratti, esseri inferiori che si nascondono fra i morti come loro. Tuttavia, il giorno sta arrivando, e sotto la luce del sole non sarà possibile trovare un luogo dove scampare alla minaccia. E' sempre bello leggere liriche come queste, e sapere nella propria esperienza che il medesimo argomento è stato trattato in centinaia di modi differenti. Ogni versione di queste liriche è interessante quanto (o anche più) della precedente, perché ci rende in grado di capire eventuali paragoni e differenze. In questo caso, la band è stata molto sprezzante e violenta nel modo in cui ha posto il punto della filosofia dei motociclisti. L'introduzione della canzone si caratterizza per un violento riff di velocità medio/basse, contraddistinguendosi dagli intro spesso molto rapidi dei brani precedenti. Molto divertente anche la successiva sezione ritmica, che richiama molto lo stile Thrash Metal Bay Area utilizzato al 2° minuto del primo brano. Mentre la voce del vocalist rimbomba e le ritmiche si inseriscono l'uno con l'altro come veloci schegge di vetro impazzite, a sorprenderci è l'inverosimile rapidità del doppio pedale di batteria, che raggiunge velocità certamente in studio impressionanti, se consideriamo che certi standard batteristici si raggiungono spesso solo in alcuni sottogeneri più tecnici del metal estremo.  La canzone, pur non variando mai riff e strutture ritmiche, si fa notare nel finale per il breve ma godibilissimo assolo, anche qui influenzato dal virtuoso dei Testament Skolnick: la parte squilla con qualità e pulizia sonora assoluta, evidenziando con grande sapienza l'espressività di ogni nota come meglio non si potrebbe fare. 

Nuclear Shadow

Siamo ora giunti a parlarvi della traccia conclusiva di questo full, intitolata Nuclear Shadow  (Ombra Nucleare): qui la band sceglie di concentrarsi sulla macabra descrizione di un paesaggio post-nucleare. Il freddo vendo passa attraverso le desolate terre distrutte, spazzate via dalla letale distruzione di armi atomiche. La tanta morte sparsa è espressa tramite la metafora "infinite sabbie insanguinate". La realtà a cui si assiste è peggiore di quella immaginata nei sogni peggiori, dove alla vita umana non viene attribuito alcun valore. Il protagonista di questa canzone, un uomo, si ritrova quindi a camminare per questa triste landa vuota, vivendo in prima persona l'incredibile orrore della vicenda. Guarda a nord, sud, est o ovest non cambierà in alcun modo lo scenario a cui si assiste: è il vuoto più totale che domina incontrastato. Il ritornello ci racconta che l'ombra del nucleare si è abbattuta, non lasciando nessuno vivo. Le testate nucleari hanno quasi "portato fortuna" a coloro che sono morti per primi, che non hanno avuto la possibilità di vivere in prima persona l'orrore di ciò che stava per accadere. L'apertura della canzone è influenzata dai teutonici Destruction nei brevi accenti del riff d'apertura, che per addirittura (non in senso negativo) un minuto ci accompagnano fino all'ingresso della strofa. Questo passaggio di transizione rappresenta uno degli elementi emblematici di questo album: il riff iniziale di matrice old school viene sostituito, con l'ingresso del vocalist, da un riff più moderno e ritmato: questo tipo di trasformazione avviene molto spesso durante il disco per coadiuvare la vocalità del cantante nel migliore dei modi. Quest'episodio finale, di durata maggiore rispetto a tutti gli altri brani del full, si contraddistingue per la costante alternanza fra parti con un groove lento e profondo e parti con velocità estreme e difficilmente ripetibili. Realmente, l'ultimo minuto della traccia è interamente dedicato al medesimo riff che conduce alla conclusione del pezzo: questa parte ripete senza fine la parola "destroy",  mentre l'utilizzo della leva di chitarra conclude il brano in fade-out in maniera lineare e estremamente digeribile all'ascolto. Con pochi riff, la band ha costruito un brano completo e ideale per con chiudere questo rispettabile full.

Conclusioni

Questo The Thrashening è un valido album underground, consigliato per tutti i thrashers che non possono perdersi un'uscita del loro genere preferito. Personalmente non apprezzo il Thrash Metal proposto in maniera così moderna, specie dal punto di vista vocale, ma è una considerazione personale che non influirà in alcun modo sul lavoro che mi ritrovo a fare, visto che obiettivamente dal punto di vista tecnico ci troviamo di fronte ad un vocalist preparato. Lo stesso discorso lo si può fare per la produzione, certamente moderna, ma sempre più scelta dalle band del genere (anche se, proprio recentemente, stiamo assistendo ad una tendenza inversa di questo uso).  Per il resto, pur non trovandoci di fronte ad un ascolto indimenticabile, per intenderci uno di quelli in grado di cambiare la storia della musica o di un genere, ci ritroviamo di fronte ad un gruppo di buoni musicisti, con batterista e chitarrista solista che ne sono limpido esempio. Gli assoli di chitarra sono infatti sempre puliti e perfetti, belli da assaporare per il modo professionale in cui sono eseguiti sulla sei corde. Allo stesso modo, il lavoro dietro le pelli, come accennato, riesce a donare un salto qualitativo a questo full aumentandone potenza e carico sonoro. Dal punto di vista compositivo si può comunque certamente maturare e migliorare, divenendo più personali senza abbandonare la genuina vena del genere suonato, e sono sicuro che i membri stessi della band sarebbero d'accordo con me in questo giudizio. Laddove ci ritroviamo in presenza di musicisti capaci, possiamo infatti nutrire la speranza di assistere ad un'evoluzione del sound positiva, sebbene come la storia della musica ci ha saputo insegnare le abilità tecniche hanno ben poco a che vedere con quelle compositive. Tirando le somme, i musicisti in fase di produzione e realizzazione si sono ritrovati di fronte a due scelte: quella di rilasciare un album potente e impressionante o quella di optare per un sound ottantiano e meno sbalorditivo al primo ascolto, ma più classico. I nostri hanno chiaramente scelto la prima possibilità, rilasciando un full con un livello di volume master estremamente alto e che punta sin da subito a lasciare di stucco colui che ascolta. Questa scelta va di pari basso con quelle che sono le caratteristiche dei musicisti, specialmente del vocalist come brevemente accennato in apertura di recensione.  Le liriche sono anch'esse interessanti, specie nei casi di tracce come Evil by Design o Fuel for the Fire, che forniscono un coraggioso e ben distinto giudizio sull'umanità, condiviso o meno che esso sia. Ci sono anche casi di liriche che non aggiungono un granché a quanto abbiamo in altri casi letto, come accade in Onslaught, ma tuttavia i temi trattati (certamente essere una band che parla come prima lingua quella inglese aiuta) possiedono sempre con sé una certa profondità. Infine, l'artwork si allinea moltissimo alla produzione: questo perché è anch'esso molto moderno come concept e realizzazione, non in linea con quelli tipici dei full-length Thrash Metal vecchia scuola usciti durante gli anni '80. Nel disegno vediamo un autentico ammasso di teschi, che appaiono addirittura dotati di vita propria.  Questo si evince dagli occhi, che sono spesso illuminati e luccicanti, come se stessero maliziosamente scrutando l'osservatore. L'elemento cardine della copertina è un misterioso vortice, quello che include al suo interno il logo della band, che sembra inghiottire al suo interno ogni elemento illustrato. L'intera illustrazione appare come astratta, quasi come se si trattasse di uno spirito o di una visione, una contorta spirale in grado di risucchiare al proprio interno i più sfortunati. Auguro con tutto il cuore agli In Malice's Wake buona fortuna con il proseguimento della loro carriera, di cui approfondirò (e invito ad approfondire) tutti i lavori usciti. Alla prossima!

1) Endless Possession
2) Evil by Design
3) Onslaught
4) Fuel for the Fire
5) Crawling Caos
6) Join Us and Fight
7) No Escape
8) Nuclear Shadow
correlati