IMMORTAL
Pure Holocaust
1993 - Osmose Productions
PAOLO FERRANTE
23/05/2015
Introduzione recensione
Continuiamo questa gelida trattazione sugli Immortal parlando del loro secondo album "Pure Holocaust", pubblicato nel 1993 dalla "Osmose Productions" (e ristampato numerose volte). A distanza di un anno dall'album d'esordio, Olve Eikemo (Abbath Doom Occulta) e Harald Nævdal (Demonaz Doom Occulta) danno alle stampe nel Novembre 1993 questo album con la ormai nota etichetta francese; mentre nell'estate in Francia fervono i preparativi per il lancio dell'album, in Norvegia un evento sconvolge l'intera scena Black Metal: mi riferisco chiaramente all'assassinio di Euronymous (al secolo Øystein Aarseth) per mano di Varg Vikernes e con l'appoggio di due o più complici anch'essi facenti parte della scena Black Metal. Ci sono numerose speculazioni a riguardo, tra le quali anche l'ipotesi di uno scontro per il potere nella scena Black Metal locale; fattostà che l'evento ha causato una vera e propria frattura ideologica: da un lato coloro che rimpiangevano il tirannico controllo che aveva Euronymous sulla scena musicale, che la uniformava e la determinava a propria immagine e somiglianza (tanto da essere considerato una divinità del Black Metal norvegese); dall'altro lato coloro che sono rimasti sollevati dall'evento perché in tal modo hanno potuto finalmente slegare il proprio Black Metal dagli elementi satanici, lo stesso Varg Vikernes coltivò ulteriormente ed esclusivamente il tema pagano/wotanista e, se vogliamo dirla tutta, anche gli stessi Immortal poterono slegarsi definitivamente dal tema satanico. Poi c'erano quelli che, amici di Euronymous, se l'aspettavano come Anders Odden (all'epoca nei Cadaver) "It wasn't odd that he ended up getting killed. He thought he could threaten to kill people without it having any consequences" (Non è strano che abbia finito per farsi uccidere. Pensava di poter minacciare di uccidere la gente senza che questo avesse delle conseguenze) aggiungendo che molti se lo auguravano anche. Nello stesso mese di agosto, pochi giorni prima di essere ucciso, Euronymous dichiara in un'intervista (rispondeva ad Esa Lahdenperä) "Satanism comes from religious Christianity, and there it shall stay. I'm a religious person and I will fight those who misuse His name. People are not supposed to believe in themselves and be individualists. They are supposed to OBEY, to be the SLAVES of religion." (Il satanismo deriva dalla cristianità religiosa, e là rimarrà. Io sono una persona religiosa e combatterò quelli che abusano del Suo nome. La gente non dovrebbe credere in se stessa ed essere individualista. Dovrebbero OBBEDIRE, essere SCHIAVI della religione), manifestando il proprio fanatismo violento che all'epoca caratterizzava ed opprimeva buona parte della scena Black Metal. In questa cornice si inserisce l'album qui discusso, che vede Abbath alla voce, basso ed anche batteria (e su quest'ultimo elemento ci torniamo a brave); mentre Demonaz continua ad occuparsi di chitarre e testi. Per quanto riguarda la copertina. questa è stata realizzata in pieno stile Black Metal (e non solo) del tempo: bianco e nero, oscurità totale in sottofondo e la foto molto scura dei membri della band, ben agghindati di pelle nera e borchie killer, facepaint e sguardo truce inclusi; qualcosa però non torna visto che sono in tre! Il terzo è infatti Erik Brødreskift (in arte Grim) che viene indicato nel libretto dell'album come batterista ma è stato successivamente acclarato che la batteria nell'album è opera di Abbath, sebbene poi Grim si sia occupato di suonare le parti nei live successivi all'uscita dell'album. La fase live con gli Immortal ha lanciato questo batterista che poi entrò in pianta dei Gorgoroth e Borknagar, fino a quando non si suicidò con un'overdose nel 1999, a lui è stato dedicato l'album "Incipit Satan" dei Gorgoroth ed il noto brano dei Nargaroth "Erik, May You Rape the Angels" (Erik, che tu possa violentare gli angeli), oltre che un festival annuale. Dopo queste premesse riuscirà più agevole inquadrare l'ascolto che andremo a fare.
Unsilent Storms in the North Abyss
Si inizia con "Unsilent Storms in the North Abyss" (Rumorose tempeste nell'abisso del Nord), le chitarre si lanciano in accordi veloci ed il sound è più gelido rispetto al precedente album, la batteria invece è tutta una serie di blast furiosi (che invece mancavano nel precedente album). La voce è uno scream più arcigno, acuto ma particolarmente grattato, che diventerà uno degli elementi distintivi della musica degli Immortal; con le sue ritmiche particolari e pause ad effetto fa gelare l'anima. Un'ottima nota positiva per Abbath alla batteria: ci mostra un velocità e precisione impressionanti (per uno che non è principalmente un batterista!), si tratta di un assalto senza compromessi fatto di velocità, precisione e molto lavoro sui piatti, lo stile ricorda quello di Hellhammer nei Mayhem. Si sente un'aggressione sonora ben congeniata, il basso è penalizzato dal missaggio che predilige i suoni acuti, l'approccio della band rimane piuttosto melodico per gli standard Black Metal: perché se è vero che le distorsioni sono pesanti è altrettanto vero che la chitarre spesso indugiano in passaggi con fraseggi melodici che si colgono facilmente. Rimane l'uso delle parti cadenzate e delle dinamiche alla chitarra, spesso accentuate da sfumature sui piatti, il pezzo comunque suona molto veloce e frenetico. Il testo conserva l'approccio apprezzato nel precedente album e quindi descrive, in prima persona, le sensazioni di chi si trova sepolto in pietre misteriose, sotto un manto di neve, è un demone con la faccia adombrata che anela alla deliziosa luna; una volta entrato nel suo sepolcro invernale riesce, per mezzo di una pavimentazione di ghiaccio trasparente come il vetro, a guardare l'abisso del Nord con le sue tempeste. Sebbene ci sia un riferimento al demone, come protagonista, si nota facilmente dalla descrizione del breve testo che l'intento è solamente quello di offrire uno scenario adatto alla musica che viene proposta: l'approccio in prima persona suggerisce anche un intento evocativo, insomma si vuole proiettare l'ascoltatore in un mondo di fantasia, fargli vivere un'avventura glaciale.
A Sign for the Norse Hordes to Ride
Il secondo brano è "A Sign for the Norse Hordes to Ride" (Al Segnale, le orde norrene cavalcheranno), inizia in modo esplosivo con un riff di chitarra devastante e dedito al caos pur senza cancellare del tutto la melodia, ricordiamo che nel frattempo gli Emperor si stavano muovendo in modo simile e nello stesso anno pubblicavano l'omonimo EP; chitarre zanzarose che devastano mentre un'altra chitarra interviene in plettrata alternata per regalare una melodia glaciale e funesta. La batteria è una certezza: un martellare continuo ed incessante, bellicoso. Quando interviene la voce cambia il riff, che diventa un'alternarsi velocissimo di accordi (questo è lo stile alla Immortal, che impone una velocità assurda anche alla mano sinistra che è costretta a cambiare posizione di continuo), la voce è fatta di ghiaccio: graffiante e carica di gelido odio e ferocia. Poi arriva un assolo storico con un tremolo picking veloce all'inverosimile (oggi è da considerarsi veloce, ma all'epoca era disumano?) che sostituisce gli assoli del precedente album in stile Thrash Metal. Quando riprende la voce, ancora con riverbero glaciale, è un urlo rabbioso desideroso di morte, c'è un annientamento sublime, si riprende la parte chitarristica in tremolo, che offre anche variazioni, è un momento altissimo di maestosità Black Metal. Il pezzo è abbastanza breve, coi suoi due minuti e mezzo, ma è così veloce ed estremo da giustificarne la brevità. Il testo parla di come un'orda si raccolga sulla montagna in attesa dell'alba, mentre i sette venti diabolici dell'odio soffiano nel baratro dei regni sul quale si staglia un trono di ghiaccio. Guardando la scena con occhi da guerriero ed impaziente di iniziare la battaglia, riesce a vedere solamente nebbia nata dal cielo nero di Blashyrk. Riguardo a Blashyrk si è già discusso in occasione della prima comparsa del termine in un testo del primo album (lettura che vi risulterà piacevole recuperare nelle nostre pagine), notando come questo regno fantastico, fatto di ghiaccio e freddo nordico, avesse molti riferimenti ed elementi comuni con un altro luogo mitico (che scoprirete approfondendo la recensione di "Diabolical Fullmoon Mysticism") e poi infarcito di elementi tratti dalla mitologia norrena (prevalentemente l'Edda) e riferimenti al culto di Odino. Gli artigli di un corvo (un riferimento odinico appunto) vengono alzati in cielo ed è questo è il segnale che l'orda attendeva prima di lanciarsi alla carica e sterminare i nemici.
The Sun No Longer Rises
Il terzo pezzo è "The Sun No Longer Rises" (Il sole non Sorge più) con un inizio fatto di accordi dissonanti, poi tremolo picking veloci, intanto una batteria è furiosa e gelida, il lavoro del basso è altrettanto veloce e lascia poco scampo. Nonostante la velocità si riesce a leggere bene la melodia tra le righe, poi una parte rallentata in cui le chitarre hanno il predominio, ecco che poi torna la batteria e c'è una parte fortemente cadenzata, una marcia a tutti gli effetti, la voce è demoniaca ed incalzante, sembra godere di tutte le sofferenze dell'umanità. La dinamica del pezzo varia ed il ritmo si fa più o meno presente a momenti alternati, gli stacchi di batteria sono dei tuoni tempestosi in avvicinamento, la voce ormai è un gracchiare di corvo: malevola, spietata, disumana. Dopo la metà pezzo una pausa che dura un secondo poi il pezzo riparte come se nulla fosse; la genialità di queste pause ad effetto aumenta l'efficacia aggressiva e dimostra anche la precisione del duo. Questo pezzo è una marcia spietata e sadica pronta a distruggere l'umanità. Rullate sui tom, eco di voce che arrivano in molto ritardo, un crescendo di malvagità, poi un tremolo picking che disegna melodie sul ghiaccio, un finale maestoso per uno dei pezzi più rappresentativi dell'album. Le influenze Death, che si potevano percepire nel precedente album, non si rinvengono neanche sforzandosi; quelle Thrash si riescono a notare solo dopo un'attenta analisi, specie nelle parti più veloci in accordi, ma restano irrilevanti. Il personaggio del testo si racconta in prima persona come un'entità che percorre le foreste nebbiose ed innevate, in un luogo della luna, dove sorgono i demoni. Gli occhi degli oscuri nell'aria e le foreste eterne lo attendono, si apre un sentiero ed il sole non sorge più nelle valli, il sole non sorge nel luogo in cui si sta recando e che sta percorrendo, nel Nord dell'inverno eterno nella morsa del gelo eterno. Un altro testo in prima persona, più descrittivo dei luoghi ed altrettanto ambientato in Blashyrk, il gelo è un elemento immancabile e Demonaz si è ispirato alle terre selvagge della Norvegia, con le sue foreste innevate (non di certo all'Islanda che, seppure più gelida, non ha foreste), inaccessibili, e romanzando il tutto con toni demoniaci.
Frozen by Icewinds
Si prosegue con "Frozen by Icewinds" (Congelata da venti di Ghiaccio), ha un inizio che, da solo, riassume lo stile degli Immortal: due chitarre dialogano tra loro con accordi veloci, molto distorti ma spiccatamente melodici, una batteria che non manca mai di fare stacchi tonanti sui tom e mantiene un blast feroce, velocità assillante. Il basso è una presenza nefasta che ingrossa il suono e rafforza il lavoro della batteria, un rullante che pesta impietoso, le chitarre continuano incessanti il loro assalto ed è una tormenta di neve. Il sound si apre e lascia spazio alle chitarre, solo per un attimo perché il riff cambia, si rafforza il ritmo e compare la voce: questa volta non prende il centro dell'attenzione, rimane abilmente in secondo piano seguendo delle strutture meno appariscenti e delinea così un sottofondo di cattiveria pura, un gracchiare maligno. L'interpretazione vocale è impressionante: mantiene una linea melodica che si conforma alla tonica, accelera rubando il tempo che poi recupera ringhiando maggiormente la sillaba finale, ha un incedere diabolico: un'aggressione artistica, calcolata, controllata. La parte centrale è più lenta, gli accordi sono più aperti ed atmosferici, ma dura poco perché poi gli strumenti incalzano nuovamente, la batteria è un assalto continuo, a volte arriva in ritardo per fare degli stacchi ma è pur sempre efficace, dopo la metà una parte strumentale da urlo, con cambi vorticosi e virtuosi: la tecnica dedita alla malvagità più nera e glaciale. Un pezzo da ascoltare e riascoltare. L'assolo sul finale è particolarmente melodico, non è veloce come i precedenti e sembra abbastanza Thrash Metal come stile, forse un assolo poco indovinato considerando il contesto. Questo testo si presenta in modo piuttosto depressivo e non ha toni epici o pagani, anzi: descrive in prima persona un grido sussurrato (ovattato) proveniente da una bara di pietra, in cui il protagonista è tutto solo nel profondo della notte. Lacrime da vento ghiacciato scorrono dalla sua anima indesiderata, una congrega di nebbia nera canta per lui inni cerimoniali di pura blasfemia. I corvi volteggiano sopra questa tomba, mentre il protagonista, che vi si trova dentro, sogna la Notte congelata da venti di ghiaccio. La desolazione ghiacciata sferzata da tormente gelide è un elemento che possiamo attribuire tranquillamente agli Immortal, specie per il riferimento alle lande glaciali, eppure il riferimento alla tomba, la disperazione ed il lamento non sono propri dello stile di Demonaz: la mia ipotesi (che condivido con voi che avete così tanta pazienza) è che vi sia un riferimento, o parallelo, con l'opera di Varg Vikernes con il primo album di Burzum (del 1991), mi riferisco all'opera nel complesso ma anche a "A Lost Forgotten Sad Spirit" nello specifico, in cui si può trovare una situazione pressoché identica col protagonista chiuso in una tomba posta in una landa desolata.
Storming Through Red Clouds and Holocaustwinds
"Storming Through Red Clouds and Holocaustwinds" è il quinto brano, che inizia con un confusionario quanto evocativo assalto burrascoso fatto di chitarre che suonano a velocità ridicolmente elevata intrecciando melodie dissonanti ed acutissime. La batteria sta dietro a tutto questo con un blast che non accenna a rallentare, la voce vomita cattiveria, meno acuta e più simile agli standard del Black Metal norvegese, meno gracchiante rispetto alla voce degli altri brani. Le parti di chitarra non accennano a rallentare, un grido di incoraggiamento riverberato all'inverosimile, una tempesta rabbiosa e feroce, il basso è in secondo piano ma si riesce a seguire una melodia anche da parte sua. Giunti a metà pezzo si può sentire una parte strumentale che inizia con degli acuti, un pestare forsennato di piatti, le chitarre sono velocissime ed acute, stridule. Poi il pezzo prende più ritmo e prende un tono più epico, torna la voce, questa volta di nuovo gracchiante ed acuta, malsano odio sotto una grandinata di colpi, le chitarre sono una bufera di neve che si abbatte addosso all'ascoltatore sommergendolo di neve all'istante. Violenza e velocità senza pari vengono raggiunte in questo brano, apice dell'odio demoniaco e glaciale arriva alla fine ed in più di quattro minuti non c'è stato un accenno di rallentamento. Il testo propone un misto di riferimenti norreni e satanici: i figli dell'oscurità nordica, sotto il trono della luna, uniti con le forze del male e della distruzione infernale si presentano, questi signori della tragedia assaltano ed i cancelli della valle si aprono di conseguenza. Viene descritto uno scenario di guerra in cui "Eyes in blades shining / Blades in eyes shining" (Occhi che luccicano nelle lame / lame che luccicano negli occhi) in cui questi combattenti si prendono questa valle d'assalto attraverso nuvole rosse - in questo caso si può immaginare la vista del fuoco di una città in fiamme durante la notte, che crea delle nuvole di fumo con riflessi rossastri - e venti di olocausto, indizio dello sterminio che si sta compiendo.
Eternal Years on the Path to the Cemetary Gates
Passiamo al sesto brano, "Eternal Years on the Path to the Cemetary Gates" (Anni Eterni nel cammino verso i Cancelli del Cimitero), l'inizio è una parte chitarristica, sostenuta da una batteria che segue a ruota, eseguita a velocità forsennata, al limite del Grindcore, si riescono comunque a leggere le melodie glaciali, poi degli stacchi di batteria che ritmano l'esecuzione. La voce è di nuovo gracchiante e malevola e gli stacchi offrono delle pause e delle cadenze che rendono più sinistra la parte; lo scream rende benissimo e funziona alla grande in una parte del genere, bella ritmata e veloce. Il pezzo continua ad essere furioso, il basso si apprezza perché offre atmosfere cupe che rendono il senso di oscurità mentre le chitarre non sono altro che una bufera di neve. Nella seconda parte una parte più strumentale con delle chitarre che dialogano tra loro con frenesia pazzesca, la voce riprende a manifestarsi nella propria immonda malvagità, una variazione della strofa, ancora più ritmica grazie al bel lavoro della batteria che sa imporsi con dei suoni freddi e metallici. Il finale è uno scatto d'ira con la voce, velocissima, che pronuncia le ultime parole di fretta, giusto in tempo per la fine del pezzo. Si parla di una tomba, custodita nel sepolcreto sulla strada che va ai cancelli del cimitero ed affondata nel fiume che va alla fossa del cimitero, voci spirituali chiamavano attraverso un fumo agghiacciante mentre apparivano visioni gelide di un regno morente. Questo brano insomma riprende l'immaginario della tomba, però la inserisce in un contesto diverso, più lugubre se vogliamo, poi l'odio emerge da una tomba infernale, dando vita ad un'ombra alata che ha accumulato eterni anni di sofferenza ed odio verso tutti, è il protagonista che emerge dalla tomba, risvegliatosi le ali nere svaniscono (spicca il volo immagino) e nessuno sa dove sia andato a finire. Insomma questo testo ci presenta una creatura che, incatenata eternamente nei ghiacci, riesce a risvegliarsi e - memore dell'eternità di sofferenza e consumata dall'odio accumulato in questo periodo - è pronta a scagliarsi contro chiunque. Molti conoscono il mito di Fenrir, quantomeno la parte in cui questo enorme lupo bestiale viene intrappolato da catene ghiacciate, in una fossa di ghiaccio in cui viene condotto con l'inganno dagli Æsir, lo stesso dio Týr mette una propria mano nella bocca del lupo come pegno e questo, una volta compreso l'inganno, gliela stacca; Vánagandr, un altro nome di Fenrir, significa "il mostro di Ván" che era appunto un fiume che, secondo il mito, sgorgava dalle fauci del lupo intrappolato nella sua tomba di ghiaccio a soffrire in eterno ed accumulare odio che avrebbe scatenato negli eventi del Ragnarök (il corrispettivo norreno dell'Apocalisse). Ci sono troppe similitudini coi contenuti del testo, non è il caso di trascurarle ma non mi arrischierei nemmeno a dire che il riferimento sia stato intenzionale: potrebbe darsi semplicemente che Demonaz abbia attinto inconsapevolmente al mito nordico che, comunque, fa parte della sua cultura? eppure permane qualche dubbio: perché abbiamo già letto riferimenti alla lotta contro gli angeli del paradiso, alla rivolta del regno inferiore che sta nella fossa; sembra che ci sia un interessante parallelo mito nordico / religione cristiana che porta al parallelo Ragnarök/Apocalisse in cui i protagonisti presentano caratteri misti presi in prestito dall'una o dall'altra cultura e poi rielaborati, in chiave più o meno fantasy, e proiettati nel mondo di Blashyrk.
As the Eternity Opens
Il penultimo brano è "As the Eternity Opens" (Quando l'Eternità si Schiude), ha una partenza ritmata ed una velocità minore rispetto al precedente, sembra più battagliero e cadenzato e non pare voler giocare prevalentemente sulla furia. Dei veloci passaggi di chitarra e poi uno stacco, quando inizia lo scream ci sono delle parti di chitarra stoppate, poi il pezzo riprende il ritmo cadenzato e moderato, la voce continua minacciosa e crea delle parti originali e ben interpretate, come un dialogo demoniaco. Una parte in plettrata alternata e la voce prolunga lo scream per stare dietro al sound che si apre e si amplia, la batteria rimane statica e martellante per non disturbare la melodia epica e l'atmosfera che crea, ci sono degli stacchi solo prima dei cambi o variazioni di strofa e questi sono anche abbastanza frequenti. Nella parte centrale l'accordo chitarristico si fa più acuto, ma la voce resta nella stessa tonalità della strofa precedente, poi è la volta di una parte strumentale più evocativa e poi una sfuriata in cui il blast beat può sfogare tutto ciò che aveva trattenuto; presto il pezzo ritorna nei binari cadenzati, la voce ritorna ma questa volta la batteria pesta di più sui piatti e la cassa con doppio pedale fa il macello. Sulla parte finale un coro dal sapore nordico (chi ha detto Bathory?) si fa sentire, brevemente, poi si ripete la strofa, questa volta con parti stoppate e batteria silenziosa. Un bel pezzo che offre sfumature diverse, adotta soluzioni differenti da quelli che lo precedono e mostra come gli Immortal siano in grado di escogitare brani dal valore ancora più melodico senza sacrificare in nessun modo l'aggressività. Anche in questo caso si parla di un risveglio da un sonno di morte, mentre il protagonista è richiamato da voci spettrali si alza ed il vento spazza via la polvere dal sarcofago; l'essere ricorda ancora il proprio viaggio oltre i cancelli dell'abisso, un regno fluttuante fatto di male ed oscurità. In questo scenario malevolo una luce si insinua, cercando di salvare l'anima del protagonista, una luce cieca che non riesce a vedere i cancelli dell'immortalità che si stanno aprendo per accoglierlo, dei sonagli accolgono la sua anima mentre l'eternità si schiude. Il testo non sembra suggerire implicazioni metaforiche, nonostante ciò sembra cogliersi un significato di rinascita, dopo la morte, nel senso di riesumazione sotto una forma demoniaca.
Pure Holocaust
L'ultimo brano è "Pure Holocaust" (Puro Olocausto), che inizia con un fade-in che in principio sembra una pioggia ma, man mano che il volume aumenta, si capisce essere una feroce batteria che insiste sui piatti e rullante, assieme a delle chitarre velocissime. E' la devastazione per eccellenza, una parte cadenzata in plettrata alternata, largo uso di piatti, il basso è frenetico, a ciò si aggiunge la voce gracchiante e malefica che, nel caratteristico scream ritmato con parti veloci e parti prolungate, contrasta con la regolarità del ritmo della batteria. Il pezzo poi assume un tono più aperto, grazie alla plettrata alternata che rende stabile e meglio riconoscibile la melodia, la batteria rimane abbastanza statica nella veloce cassa a doppio pedale, poi le variazioni chitarristiche propongono variazioni e cambi veloci di accordo, si tratta di melodie infernali, ammiccanti e malefiche. Verso la metà uno sfogo di chitarra con delle stoppate di basso a tempestare, poi è la volta della batteria che diventa una mitragliatrice fatta di cassa e rullante incessanti: un preludio a quello che sarà definito War Black Metal. Accordi veloci e parti acute dissonanti, tempi costanti di batteria che si concede qualche stacco sui piatti; il finale arriva nel pieno della strofa. Il testo viene cantato in modo veloce, bellico e confusionario, con una pronuncia che tradisce l'accento norvegese: descrive una scena in cui il possente suono della dannazione chiama, mentre il cielo dell'olocausto si avvicina e sulle tempeste sopra i cieli neri domina il potere di un cavaliere venuto a cavalcare i sette inverni con venti di freddo e venti di morte. In questo caso si possono notare le similitudini con L'apocalisse: il riferimento ai sette inverni sembra calcare i sette sigilli, poi il riferimento al cavaliere sembra ricordare l'Apocalisse che parla dei quattro cavalieri, in questo testo si parla di un cavaliere e si dice che sia venuto a portare venti di guerra, ciò sembra identificarlo col primo cavaliere dell'Apocalisse: "Quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni». Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora.", dalla lettura di questo passaggio non emerge una netta connotazione positiva e quindi vi sono state esegesi contrastanti: una gli ha dato connotazioni positive, addirittura in alcuni casi identificandolo col Cristo Redentore, altri hanno parlato di un sovrano illuminato pronto a guidare i giusti; senza entrare nel merito, si fa presente che l'esegesi che attribuisce una connotazione negativa è la più accreditata, sia per una questione di interpretazione sistematica (gli altri tre cavalieri hanno sicure connotazioni negative ed il primo agisce assieme a loro) sia perché l'arco e la corona ricordano a quel popolo ebreo gli odiati persiani (mentre quando la Bibbia parla dei giusti menziona sempre la spada, mai l'arco), emblema della guerra e della devastazione che ha portato (per un approfondimento in tal senso cfr. An Introduction to Reading the Apocalypse di Columba Graham Flegg). Un fulmine colpisce la terra del nord e ci conduce a stagioni di gelo, il sole muore, la vallata è disseminata di tombe e l'olocausto è appena cominciato: una marcia di orde demoniache che vuole far precipitare tutto nella dannazione, mentre in cappelle di empi demoni si innalzano canti funerei e blasfemi.
Conclusioni
Riassumendo abbiamo appena finito di ascoltare un album epico: mentre il primo album, anch'esso rivoluzionario a modo suo, scontava alcune incertezze e forse anche i paletti imposti da un Black Metal un po' troppo settario, questo secondo album ha saputo - grazie ad una sapiente integrazione di influenze che provengono da altri artisti rivoluzionari - realizzare un risultato ancora melodico ma pieno di una furia inaudita. La comparsa del tremolo picking e del doppio pedale hanno determinato un ruolo fondamentale nella riuscita dell'impresa, perché molto di ciò è dovuto alla velocità (a volte ridicolmente eccessiva) delle parti, una nota altrettanto positiva la merita lo scream che in questo secondo album è più originale, personale e contraddistingue Abbath: un gracchiare malevolo ed agghiacciante. I pezzi non hanno molte influenze diverse tra loro eppure non risultano troppo simili o monotoni: anzi la forza dell'album è proprio questa abitudine degli Immortal di cambiare e variare in continuazione, questo li salva dalla stagnazione che a volte caratterizza i riff Black Metal, di band meno valide, che vengono ripetuti allo sfinimento. Il testo è un altro elemento molto positivo, Demonaz costruisce un mondo di fantasia traendo ispirazione da mito norreno e religione cristiana, fondendo abilmente le due e ricavandone un terzo mito che ambienta nel regno di Blashyrkh. L'ambientazione glaciale, l'approccio a volte intimistico altre belligerante dei testi sono degli elementi suggestivi che risvegliano e stimolano l'immaginario dell'ascoltatore che non può fare altro che rimanere affascinato. Elemento lirico che va a braccetto con la musica che, grazie ad un missaggio che privilegia le frequenze alte ed un'esecuzione chitarristica che indulge in note acute, mentre la batteria si dedica spesso ai piatti, riesce a creare un binomio coerente e compatto che sembra gridare, come un corvo malevolo che volteggia nell'aria in attesa della morte del viaggiatore assiderato o dei combattenti furiosi, che il Black Metal vuol dire ghiaccio e freddo: concetto che adesso viene dato quasi per scontato, ma in realtà deriva solo dall'arte degli Immortal (che, se vogliamo, ha ribaltato l'immaginario del Black Metal visto come caldo infernale? visione che però rimane ancorata nel sound Bestial Metal oppure swedish Black Metal). Un prezioso album essenziale per chiunque apprezza il Black Metal ma anche valido per chi, non disegnando le sonorità estreme, voglia avvicinarsi ad un ascolto che offre spunti melodici ed evoca scenari.
2) A Sign for the Norse Hordes to Ride
3) The Sun No Longer Rises
4) Frozen by Icewinds
5) Storming Through Red Clouds and Holocaustwinds
6) Eternal Years on the Path to the Cemetary Gates
7) As the Eternity Opens
8) Pure Holocaust