IMMORTAL

Damned in Black

2000 - Osmose Productions

A CURA DI
PAOLO FERRANTE
30/07/2015
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Recensione

Dopo l'ottimo lavoro fatto con "At the Heart of Winter" gli Immortal tornano, dopo neanche un anno, a pubblicare un album: "Damned in Black" (2000) con la Osmose Productions. Abbiamo già descritto, nelle precedenti recensioni, gli eventi che hanno portato Abbath a prendere il posto di Demonaz alla chitarra, mentre quest'ultimo continuerà a scrivere i testi per il gruppo. Nel precedente album a suonare era solamente il duo Abbath/Horgh, nel quale Abbath si occupava di voce, chitarra e basso, mentre Horgh della batteria. Non poteva che essere una soluzione temporanea, anche perché agli Immortal è sempre piaciuta la sede live, dunque per questo album il gruppo recluta Iscariah (Stian Smørholm) al basso, il quale all'epoca non suonava in gruppi Metal, a parte una breve esperienza in un gruppo Black Metal a Bergen (Enchanted). Abbiamo notato come il sound, nel precedente album, si fosse arricchito di elementi Thrash Metal e questo album prosegue nella stessa direzione; ma questa è solo la base del sound perché non vanno dimenticati i momenti melodici, anche sintetici, che sono stati introdotti in modo fallimentare con "Blizzard Beasts", ultimo lascito di un Demonaz che, non potendo più suonare come prima, tentava di rivoluzionare il sound degli Immortal con elementi influenzati specialmente dall'opera dei Morbid Angel. Tristemente per quell'album la trovata non ha funzionato eppure gli strascichi di quella sperimentazione si riflettono, in maniera positiva, e vengono reinterpretati nei successivi lavori da Abbath; il quale ne fa tesoro e li applica, in maniera prudente, al songwriting. Parlando dell'artwork bisogna distinguere (come avvenuto per altri album) le versioni, iniziando dalla versione principale possiamo notare una tradizionale foto del trio, in piedi, in bianco e nero, abbigliato alla maniera del Black Metal old school; sul retro una texture in bianco e nero, il tutto effettato in modo da saturare eccessivamente il colore della pelle e con un effetto fumo in corrispondenza delle figure dei musicisti. Non è un granché come lavoro questa copertina, grida old school (e gli Immortal si sono anche abbondantemente distanziati, musicalmente e liricamente, dalla old school, pur provenienti da essa) ma la realizzazione non è il massimo. Molto bella invece la copertina della limited edition (non tanto limited trattandosi di 15.000 copie!), che ritrae uno scenario infernale disegnato in modo magistrale e con dovizia di particolari; la scena mostra dei demoni alati intenti a torturare degli uomini anche per mezzo delle fiamme infernali e del mare di lava incandescente. Tante fiamme, effetti fumo, colorata con diverse gradazioni di rosso e giallo; luminosa ma allo stesso tempo oscura, per via dei mezzitoni scuri, stampata su un box in cartoncino che avvolge il cofanetto o digipack (esistono entrambe le versioni) col CD ed il libretto che comunque riporta la copertina dell'altra edizione già descritta. La differenza delle edizioni, precisiamolo, sta solamente nel formato e nelle grafiche, non ci sono bonus tracks.

Triumph

"Triumph" (Trionfo) inizia con un'atmosfera claustrofobica e di dannazione, con delle urla strazianti in sottofondo, appena dopo uno stacco di batteria sul rullante le chitarre fischiano mentre le mani scivolano sul manico, un sound dannatamente Thrash che ricorda i precursori del Thrash/Black Metal (tra i tanti si pensi agli Obscurity). Il basso è presente, pulsa malevolo sotto i riff serrati e cadenzati della chitarra, la batteria è una macchina da guerra che tira un blast dietro l'altro. La voce, così come pure il sound, tende agli acuti grazie ai suoni di chitarra taglienti, al rullante secco ed all'ottimo lavoro sui piatti; anche il suono di cassa è netto e preciso. Uno scream gracchiato ed acuto quello di Abbath, più che consono considerando il sound generale e l'attitudine guerresca del pezzo (e dell'album). Dopo una prima parte esplosiva, verso la metà, il pezzo prende una piega strumentale fatta di parti serrate che si alternano velocemente ad accordi furiosi; il blast fisso ed i suoni molto distorti accompagnano bene una chitarra che amalgama alla perfezione Black e Thrash nel riffing. Poi una parte con delle tastiere che accompagnano un momento più epico, strumentale, poi si riprende con un ritmo più propriamente Thrash, lo scream viene arricchito da un'eco, poi si ritorna alla parte con le tastiere, generosa di blast di cassa, un basso perfettamente a suo agio nelle numerose parti ritmiche, pulsa riscaldando il sound (ed emerge bene anche per questo azzeccato contrasto), un assolo di chitarra segue una parte caotica e malvagia, che porta alla ripetizione della strofa, tutto è un assalto bestiale ed impietoso, è guerra aperta: riff indovinati uno dietro l'altro, fino al finale. Il testo descrive un'era oscura e fredda, molto più delle precedenti, i paesaggi li avvolgono di piaghe ed i fiumi del sangue dei loro nemici, che non smette mai di stillare, scorrono freddi. Una forte cavalcata, potenza ed orgoglio, più intensi che in precedenza. Il suono del corno inneggia al trionfo di una battaglia appena vinta, gli imperi cadono uno dopo l'altro nelle mani dell'orda del Nord, nere orde demoniache. Questo testo inizia l'album descrivendo appunto una situazione di trionfo in cui le orde demoniache si estendono, per la terra, trionfando e conquistando; facendo scorrere infiniti fiumi di sangue per i paesaggi desolati e piagati dalla presenza del male.

Wrath from Above

Il successivo "Wrath from Above" (Collera che incombe) ha una batteria martellante sin dall'inizio, si alternano accordi aperti e ritmi serrati alla chitarra, il basso è molto mobile e veloce, tutto è acuto (specie la cassa) e ritmato, una carica travolgente. Poi una parte di chitarra solitaria, stacchi di batteria e si parte con l'ennesimo blast devastante, i caratteristici accordi veloci e la voce in scream di Abbath, malvagia ed acuta, molto grattata. Le parti vocali hanno lunghe pause, delle quali viene fatto uso sapiente, spesso frasi spezzate di colpo che vengono alternate a lunghi finali ed accenti particolari. Poi una parte melodica in cui lo stile Black Metal primordiale sembra riemergere, con un rallentato cadenzato e nefasto a plettrata alternata, segue sfuriata Thrash con una batteria che impazzisce, si alterna ancora con la parte Black che è a dir poco imponente, merito dell'eco e della voce potente e cattiva come poche. Superata la metà del pezzo c'è tempo per una parte con delle stoppate mentre uno scream continua a farsi sentire in un urlo continuo, per lasciare spazio ad un altro blast senza pietà. Le parti tradizionali degli Immortal sono appunto gli accordi veloci, con cassa sparata a velocità impressionante, poi un assolo che viene pannato e passa da un lato all'altro dello stereo. Altro momento strumentale con una lunga cavalcata interrotta da un rombo di tuono che conclude il pezzo. Se col precedente album si puntava al lato epico (tanto che si potevano fare anche dei paragoni con gli Emperor) con questo album è un assalto feroce che deve molto alle influenze Thrash, presenti nel precedente lavoro ma non così tanto evidenti. Ancora una volta, da sopra i cancelli, percorrono a passi lunghi il tragitto per guidare una nuova carica in battaglia; così esordisce il testo che è battagliero quanto la musica. Scendendo i gradini corrosi dal vento, come ombre che vi scorrono, questi demoni-guerrieri nordici hanno gli occhi che luccicano oscuri celebrando la morte che hanno inflitto. La luna inghiottisce il sole, queste creature che provengono dal proprio mondo lontano, ombre si raccolgono nella tundra, risalgono agli dèi che prima camminavano sulla terra. Questa orda di creature demoniache ridurrà tutto in polvere, la potenza della loro collera è preceduta dal suono della dannazione, ci colpisce con una fiammata di vittorie gloriose, i battaglioni sono pronti ad assaltare tutto.

Against the Tide (In the Arctic World)

Passiamo ad "Against the Tide (In the Arctic World)" (Contro la marea, nel mondo artico), un inizio ambient coi suoni dell'acqua e delle melodie cristalline, poi una cavalcata dal sapore Heavy Metal (se non avesse il sound distorto tipico del Black) ed un basso molto mobile ed in primo piano, passaggi veloci e blast di cassa fisso. Un approccio piuttosto melodico, le tastiere accompagnano il blast mentre uno scream lancinante entra in scena, la parte è ritmata ed è composta da accordi cadenzati e veloci. La voce va avanti ritmata e si alterna con parti di urla in lontananza per fare in modo che si senta anche la melodia delle tastiere, la batteria gioca molto col rullante e piatti, le dinamiche sono molto ben curate. A metà il pezzo si fa più caotico e violento, ritornano gli Immortal battaglieri e feroci, la voce interpreta il cambiamento con delle parti più grattate; la batteria è una serie di blast veloci e spietati, poi un passaggio chitarristico molto interessante in cui si alternano accordi aperti e melodici e accordi serrati, sotto una parte melodica. Un pezzo prevalentemente strumentale questo, si riprende con la parte simil Heavy, poi segue la parte melodica con le grida in distanza, che si avvicinano sempre di più, portando la strofa. La voce ha un'eco che aiuta a rendere il pezzo più glaciale. Un assolo acuto e glaciale, fatto di note acute che scorrono veloci, poi riprende il riff principale che sfuma nel silenzio tra urla in distanza. Pezzo godibile ma non eccezionale, forse allungato un po' troppo, forse composto da molte parti strumentali che si ripetono identiche. Viene descritta la vasta distesa artica, con venti mutevoli che spazzano i ghiacci desolati, dove nuvole tempestose si ammassano oscure e pensierose. In questo luogo scorrevano fiumi ghiacciati, in una saga di un tempo, nei margini del cielo. Il suo urlo disperato risuona nel creato perché è ancora intrappolato in questi crinali; qui il sole è svanito per sempre e l'aspra desolazione gli ha rapito anche l'anima. Il mondo è invecchiato, sverzato dai venti, la sua anima viaggia con un cuore nero, quando l'oscurità gli si avvicina c'è un mondo in cui riesce a respirare e la saga prende vita con la brezza che spazza l'orizzonte. Testi in questo stile erano molto presenti nel precedente album che, come questo pezzo, avevano più componenti melodiche rispetto a quelle che abbiamo trovato negli altri pezzi di questo album prima ascoltati.

My Dimension

Ancora più introspettivo il testo del successivo brano, "My Dimension" (La mia dimensione), in cui il protagonista parla sì di sé, ma in una sorta di dialogo con l'ascoltatore. Descrive occhi di pietra, di ghiaccio, che lo osservano, il cui luccichio lo raggiunge anche mentre dorme, incatenato in un sogno delle antiche profondità in un viaggio mentale nei cammini più oscuri. La luce bruciante di questi occhi giunge nella notte, lui si sveglia dal sogno ma sta comunque proseguendo il viaggio mentale. Adesso un richiamo seducente, probabilmente dagli occhi, che chiede di seguirli, che saranno in grado di esaudire i desideri più oscuri, che promettono una dimensione più alta, attraverso l'infinito, un posto in cui i cristalli stessi respirano e non c'è alcuna differenza tra giorno e notte, un'oscurità ancora più torva. Se questo è lo scenario descritto, la musica non è altrettanto ambientale, inizia con un rullante feroce, chitarre con accordi veloci, cassa e piatti serrati, la voce è ancora lo scream di Abbath, molto grattato e non tanto acuto come nei precedenti brani, sempre ritmato e col caratteristico stile che tronca di netto la coda delle frasi. Le chitarre sono cadenzate, delineano delle melodie malefiche, il basso è caldo e malevolo, statico nella melodia ma veloce nel ritmo. Verso la metà il pezzo si distende e prende dei ritmi più tranquilli, pur rimanendo cattivo, poi un assolo accelera i tempi con delle note cristalline in surround che passano da un lato all'altro, sembra concludersi e poi riprende con rinnovato vigore e velocità. Segue la strofa, ancora un blast incessante, una variazione ritmica dà più spazio alla cassa mentre la chitarra ripete il riff principale del pezzo. Brano che continua a coinvolgere, anche dopo che la struttura si ripete per la seconda volta, azzeccato ed evocativo nelle melodie e nell'atmosfera quasi epica, sfuma nel silenzio diversi secondi prima della fine, lasciando un finale muto.

The Darkness That Embrace Me

Si prosegue l'ascolto con "The Darkness That Embrace Me" (L'oscurità che mi abbraccia), anche in questo caso c'è un attacco in stile Thrash, questa volta sembra anche essere contaminato dal Death Metal ed ha momenti melodici per via di parti di tastiera che danno atmosfera mistica. Dopo uno stacco di batteria si ripete l'intro con delle variazioni chitarristiche, si passa ad un tempo più tranquillo ed interviene lo scream acuto e grattato di Abbath; le influenze Death continuano a farsi sentire, specie nella chitarra e nella metrica adottata nel riffing. Si ripete la struttura, il basso è tipicamente Thrash/Death prima ondata nella pulsazione (qualcosa ricorda i Witchery). Un pezzo carico di malvagità e mistero, poi a sorpresa delle stoppate con dei passaggi chitarristici a tonalità più basse: tutto questo continua nella linea delle influenze Death che non sono quelle ascoltate in "Blizzard Beasts" perché non sono effettate come in "Domination" dei Morbid Angel e continuano ad avere marcate influenze Thrash. L'elemento Black Metal non cessa mai di essere presente, diventa più evidente in una successiva parte a plettrata alternata, cadenzata, che poi viene alternata alle stoppate; ha un effetto molto interessante ed originale rispetto a tutto quello che abbiamo già ascoltato degli Immortal. Un pezzo meno feroce degli altri, anche se la parte successiva prende più vigore, grazie ad un buon lavoro di piatti, poi una parte melodica di chitarra, il basso continua a sferragliare in sottofondo. Si ripropone la strofa, dopo una parte melodica segue da uno stacco di batteria e poi porta ad un assolo veloce e melodico che sfuma nel finale. Un altro testo introspettivo: terra annerita di fronte a lui, nebbia, l'anima si ghiaccia, lui si muove furtivamente nella notte col cuore nero. Le lune in cielo lo accecano, ma riesce ancora a vedere quanto basta per continuare a vagare, si sta avvicinando sempre più alle alte montagne che cercava, si sta facendo più freddo e la neve gli colpisce il viso. Nelle loro terre raramente si può vedere il sole, nelle terre del grande re inverno il ghiaccio parla, in orizzonti di sogni invernali. Torna insomma il lato poetico e descrittivo dei testi, che disegnano gli scenari nordici e glaciali di questo mondo fantasioso che molto deve ai paesaggi islandesi ed artici. Dunque il protagonista sa che riuscirà a raggiungere l'infinita oscurità che lo abbraccia.

In Our Mystic Visions Blest

Nello stesso stile anche il testo del successivo "In Our Mystic Visions Blest" (Benedetti nelle nostre visioni mistiche), si descrive un luogo spazzato dai grandi venti, in cui un'antica marea si rovescia in avanti; ricordano il passato diabolico e di come siano stati richiamati dall'oscurità. Solo nelle ombre oscure e sinistre i suoi pensieri si schiariscono, la voce della mente diventa reale e passano gli anni della memoria. Sono benedetti dalle loro visioni mistiche, dove la terra rende il vento gelido, il mondo si scuote e ruggisce, le loro anime sono come una sola. Un testo breve, che si ripete, abbiamo già notato in molti testi degli Immortal che un tema ricorrente è quello paesaggistico, di cui si è già detto, ma anche quello della memoria, degli antichi? una sorta di rivalsa in cui questi popoli nordici semi-demoniaci tornano a rivendicare ciò che gli apparteneva e, carichi di odio, si spingono oltre nella brama di conquista e distruzione. Furiosi accordi veloci, un blast su cassa e rullante esplosivo, poi uno scream doppiato ed effettato suona demoniaco e rabbioso, malvagità e furia ovunque: parti strumentali bestiali si alternano a passaggi Blackened Thrash/Death Metal demoniaci, fatti di ritmiche serrate che si alternano a parti più aperte. Al centro del pezzo una parte strumentale più melodica con una plettrata alternata malevola, prosegue con in sottofondo una chitarra dalle ritmiche incalzanti, si alternano parti con una cassa a velocità moderata - nelle quali si approfondisce il lato melodico del riff - poi una parte pestata, in cui Abbath si concede anche dei fischi alla chitarra, ancora una volta le voci si sovrappongono in modo demoniaco prima dell'ennesima sfuriata di violenza ed ecco che il pezzo si conclude. Un pezzo breve insomma, non particolarmente brillante ma con dei passaggi intensi.

Damned in Black

Siamo quindi arrivati alla traccia conclusiva, "Damned in Black" (Dannati nell'oscurità), ha un inizio con accordi aperti ed un rullante marziale, entrano poi in gioco dei cori sintetici e la chitarra si fa più melodica, altro stacco, chitarra ritmica solitaria e la batteria che si ricollega. Il sound è maestoso come quello del precedente album, la stessa impronta epica, molto particolare ed in primo piano il rullante. Lo scream è ben scandito e regolare, non tanto veloce, nella melodia c'è una vaga impronta Epic o Viking (nei cori), ecco che il pezzo prende una vena Thrash/Death, si ravviva anche nel ritmo, passaggi veloci di cassa o rullante durante il riff; poi il ritornello è un climax esplosivo, con uno scream prolungato e sullo sfondo un riff semplice ed atmosferico. Sound incentrato sulla semplicità, niente caos guerriero come nei primi pezzi, ogni parte dura molta e viene sviluppata in molte variazioni, la fase strumentale è prevalente, i passaggi son fluidi ma non così veloci come ci avevano abituati gli Immortal. Ecco che si sentono i famosi arpeggi puliti, tipici del gruppo, atmosfera corale con le tastiere ed arpeggi riverberati, un momento molto alto, che poi prosegue in versione estrema grazie ad un basso molto interessante e presente, fischi alla chitarra ed il pezzo si arricchisce di una seconda chitarra melodica che sembra prendere una piega neoclassica; uno stacco che mette in mostra le abilità della batteria e si torna al riff melodico già ascoltato e descritto in precedenza. Un bel lavoro, le parti si susseguono in modo fluido, si riprende con la strofa, il tutto ha un'atmosfera epica fino al finale in cui si riprende il ritmo Thrash, complice l'ottimo basso. Il testo non poteva che parlare di una marcia di battaglia, i neri demoni reclusi marciano oltre la loro indistinta forma e si manifestano; questi demoni marciano e si celano nelle ombre indistinte, si infuriano. Queste orde del male marciano nel momento in cui è imminente la fine di tutto, l'apocalisse, sono dannati in nero. Fiumi orrendi turbinanti inghiottono tutto ciò che hanno davanti, questa è la visione che attendevano da tanto tempo; ora i coraggiosi, gli dèi ritornati, marciano di nuovo in terra.

Conclusioni

Abbiamo ascoltato un album che, stilisticamente, prosegue l'evoluzione inaugurata col precedente "At the Heart of Winter", in questo album le influenze Thrash sono più evidenti mentre le melodie cedono un po' di spazio alle nuove ritmiche introdotte da queste influenze predette. Il nuovo bassista si presenta più che bene, ha messo molto del suo nelle ritmiche ed il lavoro complessivo ne ha beneficiato. Questo album è un ottimo lavoro anche se non raggiunge la grandiosità del precedente, in alcuni caso i riff sono tirati un po' troppo per le lunghe o i tempi non sono sempre così veloci come siamo stati abituati ad aspettarci dal gruppo. Altro dato da non sottovalutare è la durata complessiva dell'album, piuttosto esigua trattandosi di circa trentasei minuti; probabilmente conseguenza del fatto che questo album è stato pubblicato appena un anno dopo del precedente, quindi non ci sarà stato molto tempo per comporre nuovo materiale e riguardarlo tutte le volte necessarie con la cura che invece è stata spesa per il precedente. Nondimeno un lavoro eccellente, è un dilemma capire quale sia il migliore tra questo album ed il precedente, sono entrambi ottimi lavori però la mia valutazione tiene conto del fatto che a caratterizzare in modo specifico gli Immortal sono proprio le melodie che si potevano leggere, nella trama del riffing, sin dai primi lavori; oltre a questo c'è il fattore della durata e di un concept che stenta a decollare anche musicalmente. I testi hanno due fasi: la fare guerresca iniziale e quella introspettiva nella seconda parte dell'album, che si sintetizzano poi nel brano finale che contiene entrambe le componenti in maniera equilibrata. I momenti più positivi sono dati sicuramente dalla descrizione dei paesaggi surreali ispirati ai ghiacci polari, alle riflessioni malinconiche sugli antichi splendori ed alla voglia di rivalsa. E' davvero un bel lavoro, unica pecca la troppa fretta perché se già è bellissimo così scommetto che con più pazienza ed attenzione avrebbero tirato fuori un altro capolavoro ai livelli di "At the Heart of Winter". Un album importante per ogni appassionato di Black Metal che non disdegni le sapienti contaminazioni ed apprezza le atmosfere epiche che riesce ad evocare questo lavoro.

1)
2) Triumph
3) Wrath from Above
4) Against the Tide (In the Arctic World)
5) My Dimension
6) The Darkness That Embrace Me
7) In Our Mystic Visions Blest
8) Damned in Black
correlati