HYBRID CIRCLE

Before History

2012 - Buil2Kill Records

A CURA DI
FABIO MALAVOLTI
09/10/2013
TEMPO DI LETTURA:
7

Recensione

Che la Buil2Kill Records abbia un importante occhio di riguardo verso l'underground italico non é certo una novità, date le tante buone release di cui si é resa protagonista negli ultimi anni. In particolar modo, focalizzando il nostro obiettivo su metal estremo e dintorni, l'etichetta ha scoperto piacevoli band pressoché sconosciute ma che hanno dimostrato in seguito un potenziale di tutto rispetto. La storia dell'etichetta affiliata alla Nadir Music e quella degli Hybrid Circle si incrocia per la prima volta in questo rilascio del 2012 denominato "Before History", concept album basato su un libro omonimo incentrato sul tema della fantascienza, dopo che il sestetto abruzzese aveva autoprodotto tre demo e due full fra il 2006 (anno in cui ha cambiato moniker, da "Sistema 821" a quello attuale) ed il 2009. Proprio in quest'anno veniva rilasciato "Alien Nation", un ibrido di progressive death metal e di una massiccia dose di sonorità alla Meshuggah, ed é proprio a questo connubio che la band si é ispirata nella realizzazione di Before History, un disco in cui l'influenza di Fredrik Thordendal é comunque presente, anche se talvolta si sfiorano sonorità vicine ai Fear Factory. Come già accennato si tratta di un concept album incentrato su una trama "cinematografica" che gira attorno alla generazione dell'Hybrid Circle, un programma in grado di contrastare una nuova e temibile minaccia cibernetica che ha preso forma in potentissimi droni. Sono quindi azzeccatissimi le tastiere ed i sample che fanno da cornice ai brani contenuti nel disco. I sei ragazzi originari di Lanciano corrispondono ai nomi di Stefano Angelucci dietro al microfono, Simone Di Cicco e Alessandro Mitelli alle chitarre, Stefano Mucci al basso, Giuseppe Costantino alla tastiera e Vittorio Del Prete alla batteria. Nel complesso la parte vocale é soddisfacente, anche se migliorabile sia dal punto di vista lirico (anche se é stato fatto qualche progresso rispetto al rilascio precedente) sia da quello dell'esecuzione del growl, a tratti troppo forzato. Per quanto concerne il songwriting va registrata qualche pecca nelle chitarre, dato che a cospetto di un buon lavoro in fase di registrazione troviamo un riffaggio alquanto ripetitivo che secondo me andrebbe leggermente rivisto. Anche il drumming non é dei più fantasiosi, ma supporta costantemente l'operato degli altri strumenti in maniera prevalentemente positiva. L'apertura di Before History é affidata ad "Intro", preludio che ci introduce nel concept con una soffice trama imbastita da chitarra e tastiera, le quali accompagnano un discorso in inglese che si caratterizza di una pronuncia non proprio impeccabile. Ad effettuare il discorso é l'ingegner Isaac West, ideatore del programma Hybrid Circle, il quale spiega i dettagli del virus ed in cosa consiste la sua creazione. Mentre l'intro abbandona le nostre orecchie la tagliente apertura di "Ouverture 209" invade le nostre orecchie, brano nel quale Stefano veste i panni dell'essere umano in preda alla paura ed alle sensazioni negative provocate dall'espansione del virus, ma che si ritrova con il prezioso "antidoto" fra le mani, intravedendo quindi uno spiraglio di luce per l'umanità. L'interpretazione vocale non é delle migliori, ma il buon lavoro in fase di songwriting inficia la buona riuscita del brano, pur non brillando di una grande varietà di soluzioni. Il punto di forza di Ouverture 209 va rintracciata nel refrain di grande impatto e facile memorizzazione. In "The Preacher" Angelucci si immedesima in una mente in cui si annida l'entità malvagia, il tutto sotto mentite spoglie ed infatti il testo é un sunto delle emozioni che prova, e mette in guardia gli umani avvertendoli dell'istinto omicida che risiede in lui, e che quindi é meglio stargli alla larga. Musicalmente é a mio avviso uno dei brani meglio riusciti del platter per le buone soluzioni chitarristiche che si suddividono fra parti tirate e parti melodiche, queste ultime amplificate dal buon lavoro di Giuseppe Costantino alla tastiera. L'intro arioso di "Not Different From Us" ci traghetta in un pezzo un po' atipico che viaggia a metà fra quello che viene chiamato djent e ampi respiri melodici, ma é proprio nelle sfuriate alla Meshuggah che emerge l'eccessiva ripetitività del drumming, peraltro molto derivativo in alcuni tratti. In questo brano la creatura si rivela nei panni dell'essere umano. L'intro sci-fi di "Plan CyberVAC" ci fa tornare in mente i Periphery, mostrando ancora qualche bella trovata in fase di songwriting, anche per quanto concerne la sezione ritmica, e non a caso si tratta dal mio punto di vista del miglior pezzo in assoluto, complice anche un bell'intermezzo di synth. Ora che la minaccia é stata individuata é tempo di contrastarla ed il programma Hybrid Circle é quasi pronto ad entrare in azione. L'unica pecca del brano é probabilmente la presenza di alcune scelte vocali non proprio azzeccate che snaturano un po' la dinamicità e la carica del brano, per il resto ben realizzato. Ma non finisce qui, perché a seguire troviamo un altro buon brano come "Wisdom Popular", più ispirato alla vecchia scuola (persino qualcosina di thrash metal) che non a nuovi filoni, scelta che dà i suoi frutti soprattutto sotto l'aspetto delle linee di chitarra, abrasive e massicce ma al contempo fluenti e dal grande dinamismo. Il tipico ritornello dal respiro melodico é a sua volta uno dei più azzeccati, insomma, dopo qualche indecisione la band sembra aver trovato il giusto equilibrio proprio mentre ci accingiamo a compiere il giro di boa, non prima di questa sorta di discorso di incitamento a credere nella buona riuscita del programma nonostante le pericolose minacce. "Teamworks" conferma la positività del filone centrale del disco, a partire dal songwriting, fatto di strofe tiratissime e del consueto melodico refrain in clean, e passando per l'aspetto lirico, incentrato sulla prosecuzione del progetto di salvezza che incontra la tremenda forza del virus, ormai infiltrato all'interno del pianeta. La macchia rossa é rappresentata dalla pronuncia inglese di Stefano, che gode di ampi margini di miglioramento (peculiarità che emerge soprattutto nel cantato pulito). "Project Bait" pare una jam session fra i Fear Factory ed i Meshuggah non proprio riuscitissima: la struttura dei brani continua ad essere la stessa, e prima o poi toppare era praticamente inevitabile: complice una sequenza di riff dal sapore di "già sentito" ed un ritornello clean piuttosto scialbo, il buon livello raggiunto dalla tripletta precedente viene parzialmente vanificato. Anche le lyrics (manco a dirlo, proprio nel refrain) non sono per nulla convincenti, non tanto per la tematica (questa volta incentrata sull'eccessivo progresso tecnologico, con le intelligenze artificiali che hanno ormai preso il sopravvento sulla mente umana) quanto per l'esecuzione, talvolta "fuoriposto". Lo scontro finale con i droni nemici si avvicina con "The Factory", nella quale Angelucci si immedesima nel condottiero dello schieramento, incoraggiandolo a dare il massimo nella battaglia, che si preannuncia devastante per la grande potenza raggiunta dal nemico. Musicalmente si tratta di uno dei migliori pezzi del platter, soprattutto per merito della struttura leggermente differente che vede linee di chitarra costantemente aggressive e dell'ottimo lavoro dell'accoppiata basso/batteria, incredibilmente massiccio e corposo. In "Onset" le chitarre si dividono i compiti: da una parte il downtuning contribuisce a rendere l'atmosfera tesa e minacciosa, dall'altra la melodia crea un contrasto ottimamente riuscito. La lotta per la libertà dai droni prosegue con un'altra dose di incoraggiamento per la "truppa", con la consapevolezza che sarà durissima e che saranno necessari pesanti sacrifici per portare a casa la vittoria. Si prosegue con "Never The Same Again", che si caratterizza di un aggressivo rifferama radicato nel thrash/death metal ma con parecchi inserti melodici. Ad un certo punto della battaglia il protagonista si ferma a riflettere sul fatto che ha perso i suoi validi alleati e pensa alle prossime mosse da fare per salvare il suo destino. "Cysquare Zero" prende il via con una chitarra dal retrogusto marziale (ripreso nel refrain) che progressivamente sfocia in un passaggio serrato. Di pregevole fattura, oltre all'operato della sezione ritmica, anche gli inserti di synth che conferiscono al brano un'atmosfera eterea e distesa. Lo scontro finale é alle porte, in uno scenario devastato, ma non basta sconfiggere l'ultimo drone, occorre infiltrarsi nel sistema attraverso la keyword "Hybrid Circle" per riconquistare definitivamente la libertà. Compiuto questo ultimo passo la storia finisce, ed "Outro" genera un'atmosfera soffusa grazie a synth poetici che rendono bene il concetto di libertà raggiunto con le lyrics del brano precedente. Mentre chitarre, basso e batteria ci accompagnano per le ultime battute del brano, compare la tastiera che ci trasporta nel capitolo conclusivo intitolato "Circle", bonus track che si può definire una ballata con tanto di chitarre acustiche, voce clean e tastiera a fare da cornice. A mio avviso un brano un po' fuoriposto, in quanto l'outro aveva chiuso in maniera piacevole la storia raccontataci dagli Hybrid Circle. Insomma, fra alti e bassi si giunge alla fine dell'ascolto, secondo me un po' troppo prolisso, ma le qualità della band sono innegabili, e la speranza é che in futuro gli Hybrid Circle riescano a partorire un lavoro un po' più personale. Nel disco sono comunque presenti ottimi brani, su questo non c'é dubbio, ma non mancano anche passaggi a vuoto che spero riescano a far sparire nelle uscite future.


1) Intro      
2) Ouverture 209 
3) The Preacher 
4) Not Different From Us 
5) Plan CyberVAC 
6) Wisdom Popular 
7) Teamwork 
8) Project Bait 
9) The Factory
10) Onset 
11) Never The Same Again
12) Cysquare Zero 
13) Outro 
14) Circle