Howler

Back to Madness

2014 - Unsigned/independent

A CURA DI
ROBERTA D'ORSI
28/07/2014
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Recensione

Gli Howler sono una sorta di rinascita di un gruppo precedentemente formato con l’ausilio di alcuni componenti derivati da un’altra band, gli Inhaler e dagli Howler stessi, che nell’ultima formazione hanno deciso di mantenere tale nome. Tra svariati cambi di formazione, esibizioni e festival, il gruppo costaricano di San José attivi dal 2008, concepiscono un ep ed uno split, per poi pubblicare nel maggio del 2014, il primo full length dal titolo “Back to Madness”. La band è composta da José Fucas Mora al basso, David El gordo Mora alla chitarra ritmica, Renan Mi tata Obando chitarra solista, Josué Enano Pazos alla batteria e Carlos Díaz alla voce. Il disco autoprodotto contiene dieci tracce per una durata di 59 min. e 34 sec. Cosa ci si può aspettare dall’ascolto di Back to Madness? Puro thrash metal solo in qualche frangente volto a sonorità heavy. Del resto se le band da cui traggono ispirazione gli Howler sono Megadeth e Metallica, Iron Maiden ed Iced Hearth, Black Sabbath e Pantera, il sound da loro creato non può che essere granitico e speed. Ed in effetti è proprio quello che i nostri orecchi udiranno. Cominciando con un timbro vocale rude e lineare, per passare a riffs e pattern di batteria articolati, fino ad arrivare a parti solistiche creative e brillanti. Il tutto condito con una miscela di potenza e melodia, che rende lo stile degli Howler accattivante e coinvolgente.



Le canzoni sono tutte piuttosto lunghe, così come l’opener “Sacrifice”. La prima parte combina doppia cassa e riffs di chitarra in un concentrato di adrenalina pura. L’esecuzione crescente alle pelli è goduria per l’udito. Una caratteristica però salta subito all’attenzione di chi ascolta, e cioè i richiami netti alle sonorità del passato. Nel momento in cui a metà canzone il songwriting cambia, ci troviamo di fronte ai.. Megadeth!!! Non solo la musicalità, ma anche il timbro vocale si inasprisce come quello di Mustaine. La composita costruzione di armonie melodiche e speed è sicuramente un punto a favore, così com’è una piacevole sorpresa l’innesto chitarristico “classicheggiante/sinfonico” subito dopo lo stoppato verso il termine del pezzo. L’eterna lotta tra bene e male raffigurata da un’Apocalisse imminente. Un esercito di non morti invade la terra, bisogna sgominarli e prendere la “testa del Cavaliere Nero”. Qualcuno deve sacrificare la propria vita per la salvezza dell’umanità. “Endless Cemetery” ha la medesima durata della traccia precedente, ma concettualmente ci troviamo su due fronti diversi. Nonostante il lungo minutaggio il sogwriting mantiene una costante ritmica piuttosto sostenuta. Poco prima di arrivare ai tre minuti il registro muta rallentando la corsa, che si trasforma in una sorta di marcia, scandita dai colpi alla batteria e da un riff grave della chitarra. Il binomio delle due chitarre favorisce una variazione che ci accompagna ad un assolo strepitoso, mentre la batteria incalza la sua prestazione. E via verso il finale con uno stoppato che anticipa il termine vero e proprio, ad opera di una partizione concitata. Una rabbia che si tramuta in vendetta, appagando la propria sete di crudeltà uccidendo e spargendo odio. Questo traspare dalle liriche del brano. Il protagonista è risucchiato in un vortice di morte, in un cimitero infinito. Dolore, carestia e rimorso lo attanagliano. Ma non c’è via d’uscita, non c’è alternativa, o si risorge o si marcisce. Proprio come una marcia funerea comincia “March After Death”. Si respira aria di sonorità a cavallo tra Maiden e Testament nella parte arpeggiata, poi di nuovo la marcia iniziale che precede un cambio registro. La mutazione si palesa con ritmiche speed rispetto all’intro. Prepotente il suono del basso, che aggiunge quel quid in più ad un pezzo scorrevole ma vario al medesimo tempo. La line up che compone gli Howler denota buone capacità esecutive e creative, benché come detto prima, l’influenza di altre band, prende spesso il sopravvento. Questo è dimostrabile ascoltando il riff di chitarra combinato col pattern di basso e batteria, che ricalca molto quello di Master of Puppets dei Metallica, dove duettano chitarra e stoppati di batteria. Si parla ancora di battaglie. Di combattimenti contro forze oscure e di dolore. Chi ha già pagato un prezzo alto, può sostenere uno scontro verso il Re del male. “At Full Speed” si compone di strofe e refrain piuttosto lineari e ripetitivi, il cui andamento è piuttosto sostenuto. Se ci aspettiamo la varietà, è nella parte centrale del brano che la troviamo. Assoli di chitarra inframezzati da buone prestazioni alle pelli. Un songwriting semplice nelle parte iniziale e finale, e riccamente orpellato nel mezzo. Decisamente catastrofico e demoralizzante il testo della canzone. La Terra e tutto ciò che la compone sta cadendo. Violenza dilagante, ombre, guerra e forze demoniache. Diciamo che gli Howler hanno una visione un tantino negativa e apocalittica, della vita. Ma tant’è che sicuramente molti dei riferimenti, altri non sono che metafore di ciò che l’uomo affronta al giorno d’oggi. Disperazione, guerre, inciviltà ed intolleranza, possono indubbiamente essere descritti con effigi drammatiche, quali appunto l’eterna lotta del bene e del male. La successiva track porta come titolo il moniker della band. "Howler" ha un inizio lento sempre con quel velo apocalittico da cattivo presagio. Per poi irrompere con furia squarciando il cielo con roboanti riff. Il comparto sonoro altalena da momenti speed al altri più morbidi, smuovendo la ritmica senza renderla mai noiosa. Poi poco dopo i quattro minuti, arriva un arpeggio a donare maggiore intensità emotiva, che con l’aggiunta dell’interpretazione parlata del vocalist, sembra di udire un pezzo di musical. Molto bello! Al termine del cameo “teatrale” una batteria impazzita comincia a macinare colpi a tutta birra. Il ritornello è uno di quelli accattivanti, da ricordare al primo ascolto. Molto bello il testo di Howler, che parla di lupi mannari. Il protagonista ha brama di sangue e carne, crede di impazzire, non capisce il motivo. Ma è una notte di luna piena a dargli una risposta, rivelandogli la sua nuova identità. Comincia la caccia alle prede, ed ogni volta che consuma un pasto è soddisfatto. Ma appena la luna scompare, il rimorso si impossessa di lui. Vuole che tutto finisca, ma non vuole morire. Dei cacciatori lo inseguono, rigonfi di odio per lui. Mentre la luna si riaffaccia nella notte, sente i proiettili d’argento violargli l’anima. Trenta secondi iniziali che sicuramente piacerebbero a Jason Becker, quelli della parte introduttiva di “The Mercenary”. In questa traccia la chitarra solista dà il meglio di sé. Come se impossessato da un raptus di estremo virtuosismo, il leader guitarist, si propone in un vero e proprio show alle corde. Il resto dei compagni gli sono da ferreo supporto, non di meno è la prestazione vocale sempre grintosa. Con l’andare del brano anche batteria e basso ci offrono un “monologo” di tutto rispetto, mettendosi in mostra con le proprie capacità. Brano a dir poco travolgente questo Howler. La vita di un mercenario fatta di morte ed agonia. Queste le liriche della song. Il mercenario cerca un posto nella vita, nulla sembra avere senso, solo uccidere è quello che gli spetta fare, ogni giorno.  Dopo un articolato inizio chitarristico “Betrayal” procede diretta e veloce per la sua strada. La voce del frontman si “pulisce” leggermente, mentre le finali pronunciate rimangono sempre molto alla Piero Pelù.. “eaaaah” per intenderci! I riffs non perdono di incisività. La sezione ritmica compie un lavoro coi fiocchi, in particolare la batteria, che in alcuni frangenti, sferra vere e proprie mitragliate di doppia cassa. Nel refrain Carlos Dìaz rinvigorisce la voce aggiungendo la sua profondità cavernosa. Pregevole il pattern di batteria ad un minuto circa dalla fine. Piuttosto eloquente il titolo del brano, che parla di un traditore. Il protagonista viene tratto in inganno da chi credeva suo amico. La maschera su quel volto non riesce più a nascondere la verità. Il protagonista non dimentica e la fine del traditore è vicina. Un corposo riff di basso introduce “Fury”, e lo strumento rimane piuttosto in prima linea per tutto il brano. Il songrwriting ha una base semplice e solida, i riffs sono accattivanti, le parti di chitarra armoniose e strutturate con buona dose di tecnica creativa. Alle pelli non manca incisività, quella misura azzeccata di colpi netti e potenti contrapposta al semplice ruolo di accompagnamento. Il protagonista della canzone sente una furia impossessarsi di lui. Una sorta di follia lo conduce verso lidi di vendetta e di morte. Sembra più una metafora per raccontare il proprio strazio personale. Una battaglia che il protagonista compie da solo, affrontando le ombre della vita. L’assetto compositivo di “Back to Madness” la titletrack dell’album, presenta uno stampo più heavy, conservando tutti i crismi del thrash, esecuzione vocale compresa. Sempre molto presente il basso, che si scorge lungo tutto il songwriting. Il suono delle chitarre si incupisce ulteriormente in questo brano. Ne danno prova i concisi riffs, le brevi cavalcate alle corde e le rullate di cassa. Come sempre il registro sonoro muta in continuazione, non c’è spazio per la noia, e di questo agli Howler bisogna darne atto. Traducendo il titolo della track ci troviamo di fronte a “Ritorno alla follia”. Ed in effetti il testo sembra proprio il delirio senza (apparentemente) senso del protagonista. Sostanzialmente si parla di una persona che ha commesso atti deprecabili, spinto da rabbia e odio. Per ogni vita che ha spezzato, per ogni crimine commesso, nell’abisso infernale ha un premio da ritirare. Ma i dadi del destino giocano la loro partita, ad azione corrisponde una reazione uguale o contraria si dice, vero? Per cui per ogni “premio” c’è anche uno scotto da pagare. Ad un tratto il protagonista sembra rivolgersi ad una persona potente (forse la stessa dei crimini appena citati?). L’individuo pare si crogioli nella sua posizione di potere, guardando tutti dall’alto in basso e sentendosi in diritto di fare quello che crede, anche la peggiore delle azioni. Ma il nostro protagonista/eroe non è d’accordo, e decide di combattere tale personaggio. I primi tre minuti dell’ultima canzone “Massive Destruction” non denotano particolari attitudini creative. La ritmica procede sostenuta ma piuttosto lineare e semplice. Poi c’è un cambio registro in cui è il batterista a dare il La, e lo fa con un assolo il cui pattern è davvero interessante. Poco dopo gli si affianca una chitarra con un effetto tale da sembrare un sintetizzatore tipico della musica elettronica presente nei videogiochi anni ’80.  Uno stoppato e via con lo stesso riff di base ma aumentato di velocità. Brevi assoli di chitarra che intervallano le strofe. Fino al vero e proprio assolo in cui le corde della chitarra cominciano a fare fumo per poi incendiarsi completamente. La cavalcata degli strumenti continua verso il finale in strumentale per circa un paio di minuti. I conflitti interiori e il disagio sociale, sono sicuramente i due elementi chiave nelle liriche degli Howler. L’ultimo pezzo non fa differenza. Guerre inutili che nascono dall’odio e dal potere, vengono paragonate alle forze oscure. Ed il potente di turno viene impersonato come Il Signore Oscuro. Il testo è un’ode alla ribellione degli status che ci vengono imposti, alle minacce psicologiche, alla sottomissione. Ognuno di noi può combattere per le proprie idee, per la propria libertà, per la propria salvezza.



Nonostante una produzione non eccelsa, un audio con delle pecche, dovute chiaramente al prodotto confezionato “in casa”, il primo full length degli Howler può definirsi un più che discreto lavoro. Consideriamo inoltre che le influenze “storiche” di altre band da cui hanno attinto, sono molto evidenti. Ed è qui che i costaricani dovrebbero soffermarsi. Ovvero cercare un’identità creativa più personale. Poiché le capacità le hanno eccome. La dimostrazione è data da tutte e dieci le tracce contenute nel disco; tracce in cui traspaiono tecnica, songwriting ricco, ritmiche articolate, potenza e cambi registri mutevoli. Ogni componente dona un fondamentale contributo, grazie alla somma di essi la band ha potuto regalarsi e regalarci questo buon Back to Madness.


1) Sacrifice
2) Endless Cemetery
3) March After Death
4) At Full Speed
5) Howler
6) The Mercenary
7) Betrayal
8) Fury
9) Back to Madness
10) Massive Destruction