HOUNDS
Warrior of Sun
2020 - Punishment 18 Records
CRISTIANO MORGIA
05/06/2021
Introduzione recensione
Parliamo un po' di una band italiana. Parliamo un po' degli Hounds da Torino, che con il loro "Warrior of Sun" danno vita al loro debutto licenziato da Punishment 18 Records. Tuttavia, la band è attiva già dal 2016 grazie ad un'idea di Massimo Ventura, Marco De Fabianis e Cairola Enrico, rispettivamente voce e chitarra, tastiere e batteria. L'intento era quello di comporre musica simile a quella dei Savatage e, in effetti, si può notare da subito l'influenza proprio nel nome della band, visto che "Hounds" è anche il nome di un brano degli stessi Savatage, contenuto in "Gutter Ballet", che è uno dei loro album più celebrati. Già questo può darci una prima, anche se non per forza completa, idea di ciò che andremo a sentire. In ogni caso, la band trova il suo equilibrio con l'arrivo di Stefano Paparesta al basso e di Alessandro Zelferino alla chitarra. Ora si può cominciare a comporre musica. Nel 2018 prende vita l'omonimo EP, che diventa così il primo vagito di questo progetto, nel quale sono già contenuti i brani che poi avrebbero formato questo "Warrior of Sun". Ora, in questo disco di debutto, sarà stata rispettata la pulsione che ha dato vita al gruppo? Non ci resta che ascoltarlo per capirlo. Innanzitutto, va sottolineato il fatto che negli ultimi anni stanno uscendo molti lavori di band che cercano di riportare alla luce il suono dei magici anni '80, in quello che molti chiamano una sorta di revival. Secondo il sottoscritto, però, parlare di revival potrebbe quasi essere sminuente in certi casi, visto che il termine ha un certo retrogusto che sa di imitazione e sterilità creativa, come se queste band decidessero soltanto di scimmiottare l'estetica e le sonorità di quei tempi per cercare di cavalcare l'onda della nostalgia. Spesso è così, va detto. Tuttavia, negli ultimissimi anni, per l'appunto, sono usciti alcuni lavori che sono belli punto e basta, che suonano sinceri e puri, in cui si sente che dietro c'è soltanto l'amore per l'heavy metal e, ovviamente, la capacità di metterlo in atto. Possiamo parlare degli Enforcer, che ormai sono diventati un po' i capifila del movimento che a volte viene definito come N.W.O.T.H.M. (New Wave of Traditional Heavy Metal), ma anche di - proprio per restare nell'ultimo periodo - Visigoth, Eternal Champion, Riot Ciry, Traveler, Smoulder, Chevalier e gli italiani Vultures Vengeance che con il loro "The Knightlore" hanno tirato fuori uno dei miei album heavy preferiti. Potremmo, dunque, inserire gli Hounds in questa corrente. Sono un caso di mero revival oppure c'è davvero della qualità dietro? Per scoprirlo appieno occorre leggere per bene la recensione, ma vi anticipo subito che secondo me rientrano nel secondo gruppo. Una cosa che mi fa piacere è che l'album non dura molto e non si perde in inutili lungaggini inserite solo per allungare il brodo, e i "soli" 9 brani forse aiutano in questo, visto che il CD risulta leggermente più compatto. Spesso infatti si inseriscono tanti pezzi e alla fine ce n'è più di qualcuno che poteva anche restare fuori. In ogni caso, la band sui propri profili afferma di essere adatta ai fan di Savatage, Virgin Steele e Judas Priest. Cerchiamo di vedere come, e in che modo l'influenza dei primi si fa sentire nel corso delle canzoni.
Madness & Rage
L'album inizia con "Madness & Rage" (Pazzia & Rabbia), che mi ha ricordato, almeno per il titolo la canzone "Madness & Mozart" proprio dei Savatage, contenuta in "Dead Winter Dead" del 1995. Forse il richiamo non è del tutto casuale, visto che sulla copertina di questo "Warrior of Sun" c'è anche un gargoyle che quasi ricorda quello del suddetto lavoro dei Savatage. Qui più che a Mozart, però, il richiamo pare incentrato su Bach e alla sua "Toccata e Fuga", basta sentire le parti di tastiera che seguono il solitario pianoforte iniziale, le quali strizzano l'occhio ad un suono da organo. C'è anche rabbia però, come dice il titolo, e infatti ecco che all'improvviso chitarra e batteria guidano una cavalcata condita anche da qualche urlo in sottofondo. Tutto però pare smorzarsi in un istante, visto che alla fin fine questo è solo un intro, e il vero inizio dell'album si trova con la traccia che segue.
Warrior of Sun
Un riff squisitamente classico dà il via alla traccia che dà il titolo all'album "Warrior of Sun" (Guerriero del Sole) e qua e là si cominciano a sentire leggere tastiere che danno corposità al suono. A loro si uniscono anche i vocalizzi del cantante. Le ritmiche sono medio-veloci e la voce dello stesso cantante leggermente sporca e vagamente aggressiva mentre delinea un contesto misterioso e lontano, selvaggio quasi, in qui le anime dannate lottano contro il Guerriero. Il pre-ritornello dona al tutto quella carica battagliera, grazie anche ai cori in sottofondo, che ben si addicono ad un brano dalle atmosfere fantasy. Qui però è anche il momento in cui si delinea quello che sarà un difetto per più o meno tutta la durata dell'album: la voce. Non sempre è precisa e a volte manca un po' di espressività. Detto questo, l'andamento si fa più cadenzato e deciso con il ritornello, che ha una bella linea melodica che però allo stesso tempo, grazie ai botta e risposta, riesce pure a non perdere la carica battagliera che la canzone aveva acquistato pocanzi. In effetti, serve proprio per dare incitamento: "Corri attraverso la luce, Guerriero del Sole, corri attraverso la luce, credi nella tua potenza". Dopodiché riparte la galoppata con l'onnipresente riff portante, e quasi riusciamo a vedere il Guerriero che avanza roteando la sua spada mentre si fa largo per raggiungere la sua luce, eppure "il Guerriero del Sole li massacrerà tutti, temete la sua potenza". Ecco allora che teste cominciano a volare e sangue a schizzare ovunque, anche se in effetti non sembra esserci una vera e propria via di fuga o un posto dove stare al sicuro. L'unica cosa da fare è combattere o morire. Ecco dunque che rispunta il ritornello a dare nuovamente carica al protagonista del pezzo, che forse riuscirà ad averla vinta. La voce del cantante ci dice proprio così: il Guerriero è riuscito a raggiungere il Sole, e la progressione tutta affidata alle chitarre è molto gustosa, e il prosieguo affidato al pianoforte e alla chitarra solista rende il tutto più interessante e per niente banale (visto che di solito l'assolo si trova a metà pezzo), anche in virtù del fatto che da qui inizia una sorta di coda strumentale, con l'assolo di chitarra in prima linea, per l'appunto, piuttosto gradevole che ci accompagnerà fino alla fine del pezzo.
Condemned to Hell
Nuovamente tastiere in evidenza nell'introduzione di "Condemned to Hell" (Condannato all'Inferno), le quali ci lasciano con una sensazione di misterioso e arcano. Il riff che si inserisce quasi spezzando la cupa quiete sembra accattivante, ma ancora incompleto in qualche modo; serve infatti l'ingresso della sezione ritmica con un mid-tempo grintoso e dalle tinte teatrali a dare vigorosità alle chitarre, con ancora le tastiere a mo' di organo a seguirne la scia. L'ambientazione sembra ancora essere fantasy, ma stavolta c'è un certo tocco gotico in più, come già fatto notare, e il testo non fa che portarci ancora di più in quel mondo: "L'orizzonte sembra così lontano, sono davanti il cancello dell'Inferno. Demoni e re si alzano dalla fonte, alzo la mia spada per annientarli tutti". La sezione ritmica, con quell'andamento quasi ipnotico ma brioso ci avvolge come le fiamme degli Inferi, e non accenna a mostrare chissà quali cambiamenti, tanto che il riuscito ritornello riesce comunque a farsi notare. Solo in occasione del breve assolo che segue il refrain l'avanzata del mid-tempo sembra farsi più pacata, ma ecco che la narrazione riparte e con essa torna anche l'energia. Siamo ancora una volta nel mezzo di una battaglia, e pare quasi che questo brano sia il seguito del precedente, ma stavolta le cose sembrano essere peggiori, in quanto a pochi passi da chi combatte c'è l'apertura che porta direttamente al centro della Terra. Si sente il calore che ne esce. Eppure, c'è da combattere: "Nessun posto in cui fuggire, nessun posto in cui nascondersi, è tempo, qualcuno morirà. Come centinaia di soldati combatto, non mostro pietà per nessuno." La battaglia però non sembra avere un esito positivo per chi racconta la canzone, visto che come ripete insistentemente il ritornello, è condannato all'inferno, e le urla graffianti del cantante paiono voler presagire le urla di dolore dei dannati che già si trovano sottoterra e aspettano nuove anime che andranno a far loro compagnia. Non male la sezione solistica, in cui ci sono anche dei cori che invocano l'Inferno stesso. Dunque, una canzone piuttosto semplice e diretta, ma niente male comunque.
Beyond the Horizon
Inizio quasi fantascientifico per "Beyond the Horizon" (Oltre l'Orizzonte), che grazie alle tastiere mi ha portato alla mente atmosfere à la "Blade Runner". Sono sempre le tastiere ad essere in primo piano anche quando Massimo Ventura comincia a cantare, tastiere che rendono il suono molto più corposo e donano alla traccia un certo piglio sinfonico. Le chitarre risultano in questo caso lievemente nascoste, ma il risultato finale è comunque riuscito. Se con le canzoni precedenti eravamo su lidi più veloci ed energici, qui le ritmiche sono più lente e morbide, le linee vocali drammatiche mentre descrivono un campo di battaglia invaso dai corvi. In poche parole, stiamo parlando di una canzone che ha tutte le carte in regola per essere definita una sorta di ballata, anche se non per forza delicata. Il ritornello ce ne dà la conferma, con le sue linee vocali ariose e sognanti, in cui anche la chitarra si sente un po' di più. La melodia del ritornello, dicevamo, è molto gradevole e riesce ad entrare in testa piuttosto in fretta, il problema sta nella voce che la canta, la quale a volte sembra non essere proprio in forma. Il brano procede con le tastiere a permeare tutto, pare quasi di poterle vedere sotto forma di un'onda di luce non troppo accecante che avvolge tutto e lascia delle ombre leggere e sfumate. Il protagonista del brano, che pare essere lo stesso dei primi due brani, si trova ora in un momento di riflessione, che segue quelli di sangue e sudore che l'hanno preceduto: "E quando la tempesta è calma, la mia battaglia ancora procede, troverò la mia strada, da solo." L'assolo sembra portare i pensieri del protagonista via lontano, così da dargli il tempo di riposare, ma il tempo scorre e non c'è nessuno che lo ferma, siamo noi che dobbiamo adeguarci. Ecco quindi che la band decide di accelerare, togliendo così al protagonista quell'attimo di tregua che sembrava aver trovato: "Non posso riposare ora, devo andare, devo tirare dritto, non mi fermerò mai". Questo repentino cambiamento però non viene vissuto con disturbo, tanto che un nuovo assolo si fa portatore di una nuova presa di coscienza che ci guida verso l'ultima ripetizione del ritornello, che perdendosi oltre l'orizzonte lascia spazio ad una coda strumentale con le ritmiche portanti e un nuovo assolo che piano piano ci accompagna verso la dissolvenza finale. Nonostante qualche difetto nella voce, questo è senz'altro uno dei brani più interessanti dell'album.
The Cronogate
Giungiamo così più o meno a metà album, ed è la breve strumentale "The Cronogate" (Il Cancello del Tempo) a segnalarci l'arrivo. I suoni delle tastiere sono anche qui futuristici e dal piglio fantascientifico, con suoni e rumori che sembrano provenire direttamente dal varco sormontato dal gargoyle che troviamo in copertina, con lampi e scintille che rimbalzano sull'armatura del guerriero mentre ne varca la soglia. Verso la fine, però, i rumori più dissonanti sembrano svanire nelle pieghe del tempo, e tutto sembra farsi più calmo. Il varco è stato attraversato e ora ci troviamo in un altro tempo.
City Hunter
Attraversato il varco, non facciamo neanche in tempo a renderci conto di dove ci troviamo che veniamo investiti da "City Hunter" (Cacciatore Urbano) e la sua energia. Non è un caso che questa canzone sia stata scelta anche come singolo di lancio. Siamo infatti alle prese con una bella cavalcata vecchio stile a cui è difficile dire di no. Come era stato predetto, la strumentale di prima ha catapultato il guerriero in un altro tempo, e se prima tutto sembrava permeato da un'aria fantasy, ora pare che ci troviamo in un futuro post-atomico, in qui la spada del protagonista potrebbe sembrare soltanto un relitto da un'epoca dimenticata. Eppure, il coraggioso guerriero del sole non si dà per vinto e entra perfettamente nel suo nuovo ruolo. La cavalcata allora trova un leggero rallentamento proprio nel ritornello, che dà al brano quasi il piglio dell'inno e fa subito colpo: "Un cacciatore di città, direttamente dal passato, che vive quest'incubo, che cerca uno scontro". Le tastiere non se ne stanno a guardare neanche qui, ovviamente, e accompagnano le chitarre anche quando quella solista decide di mettersi a corre in mezzo a palazzi fatiscenti, tra vicoli oscuri e umidi. La cavalcata continua dunque, e il guerriero pare proprio averci preso gusto. Pare quasi di vederlo nelle vesti di un novello Rick Deckard che si aggira in una metropoli decadente e priva di pace e luce. A chi spetta allora portare un po' di tranquillità e giustizia? Beh, proprio al city hunter! La canzone sembra finire poco dopo questa strofa, ma ecco che gli Hounds piazzano il colpo di coda con assoli e fugaci cambi di tempo che vanno a comporre la coda del pezzo. Tuttavia, quando sembra che stia per arrivare la fine, arriva una nuova energica strofa in cui vediamo che il guerriero si è trasformato in un cacciatore di taglie parrebbe: "Se c'è un prezzo sulla tua testa, attento, il cacciatore urbano ti vuole morto. Non penso che apparirai nello stesso modo, quando le luci della città non nasconderanno la tua colpa".
The Light
La corsa del pezzo precedente ci ha fatto venir voglia di prendere una pausa, e a questo ci pensa "The Light" (La Luce). Dico così perché l'inizio soffuso e il prosieguo da ballata ci fanno prendere un respiro. Le chitarre sono leggere e delicate, ma non passa troppo tempo prima che riescano ad emergere con dei riff che, tuttavia, non risultano comunque invadenti o roboanti, e ben si sposano con l'atmosfera sognante che qui si respira. È come se il guerriero ora stesse davvero riposando dopo aver seguito qualche ricercato in mezzo ai vicoli puzzolenti della metropoli; come se si trovasse sul soffitto di un grattacielo a contemplare le stelle e a pensare alla sua vita: "Il vento ululante che alza la polvere riporta indietro gli echi dal passato. Provi a scappare, provi a nasconderti, non hai nessuno al tuo fianco". Finalmente vede la luce anche il ritornello, il quale ha un retrogusto decisamente Savatage, specialmente per quanto riguarda i riff in sottofondo, che non sono molto distanti da quelli di Criss Oliva. Così come quanto ascoltato fin qui, anche il ritornello ha un retrogusto sognante e quasi liberatorio, con una di quelle linee vocali fatte quasi a posta per essere cantate tutti insieme ondeggiando le braccia, anche se comunque non resta impresso al primo ascolto. Le ripetizioni che si susseguono sicuramente aiutano e aiutano il pezzo a prendere la tipica forma di una ballatona. Però, gli Hounds decidono di tirare fuori l'asso dalla manica. Poco prima di metà brano, le ritmiche si fanno più vivaci, aiutate anche dal pianoforte e dalla chitarra solista. L'atmosfera da lume di candela diventa un ricordo e la progressione solistica ci fa sentire tutt'altre sensazioni. Non è finita qui però, visto che dopo l'assolo le ritmiche si tramutano quasi in una galoppata in cui la batteria risulta molto frizzante. I versi stessi si fanno in un certo senso incoraggianti: "Devi raggiungere la luce, ma ne hai perso la vista, domani sarai il tuo sole." Liriche che restano comunque criptiche. A questo punto la canzone sembra finita, visto che ogni strumento tace e sembra che la notte sia calata sopra la metropoli. È un'altra finta però, poiché la batteria e la chitarra, fomentate da un urlo del cantante, non hanno intenzione di sparire e tornano a farsi sentire prima di svanire nuovamente tra i fumi. Un altro momento di silenzio a cui segue un'altra ripartenza, che però stavolta è affidata alla sola chitarra solista, la quale piange le ultime note mentre la canzone la forza a zittirsi per portarci verso la fine definitiva di questi otto minuti e trenta e verso la luce. "The Light" è il brano più lungo dell'album e grazie ai cambiamenti che mette in gioco nella seconda parte riesce a trasformare quella che sembra una semplice ballata in un pezzo piuttosto raffinato e dal piglio progressivo.
Hero's Fate
Dopo la lunga "The Light" è il turno di "Hero's Fate" (Il Destino dell'Eroe), che comunque raggiunge quasi i sei minuti e mezzo. Già dall'inizio, con le onnipresenti tastiere, l'umore è piuttosto gioviale e brioso. Le tastiere continuano a farsi sentire parecchio anche quando la voce diventa protagonista, e le chitarre paiono leggermente nascoste. Eppure, da questa nebulosa violacea emerge una carica avventurosa che ci accompagna nello spazio: "Vediamo le stelle nel cielo, ci guidano attraverso l'oscurità; nello sconosciuto voliamo, esplorando la profondità del freddo spazio". Letto così potrebbe sembrare un viaggio verso l'ignoto che mette solo ansia, eppure le ritmiche di questa strofa, e forse ancor più quelle del simil-ritornello che la segue e che a lei si lega direttamente, ci rendono questo viaggio più piacevole e all'insegna di una genuina scoperta. Il viaggio nello spazio continua, le stelle si fanno innumerevoli intorno a noi, il Sole si allontana e improvvisamente ci sentiamo catapultati all'interno di un buco nero. Eppure, è solo così che si possono esplorare le profondità del freddo spazio. L'energia che trasmette la canzone, però, non deve essere vista come una specie di sprezzo del pericolo, anzi, visto che è proprio il testo del pezzo a porre l'interrogativo sul destino del protagonista e su cosa lo attenderà nel buio. In ogni caso, poco prima della metà del pezzo, l'atmosfera si fa decisamente più pacata e lenta, da ballata, con la chitarra solista che si lascia andare ad un assolo molto sentito e "morbido", le cui melodie seguono le indefinite onde delle nebulose che appaiono in lontananza, mentre le tastiere che cominciano a definire una melodia piuttosto accattivante luccicano come le galassie che si intravedono guardandosi intorno. La melodia della tastiere non era buttata in mezzo a caso, e infatti ecco che torna il cantante a darle voce con uno dei momenti più interessanti del pezzo e uno dei più orecchiabili dell'album: "Eroi di domani, soldati del nuovo mondo, eroi di domani, sognatori del futuro". Sembra proprio uno di quei ritornelli finali che si trascinano fino alla fine e fanno venir voglia di cantare, ma la band decide di smorzare quest'istinto ben radicato in noi e piazza un altro assolo e altre progressioni strumentali che, ora sì, ci portano ancora più nello spazio sconosciuto e vanno a chiudere il brano.
Unreal
Spetta a "Unreal" (Irreale) chiudere l'album, e la band confeziona un altro pezzo piuttosto lungo che arriva quasi a toccare i sette minuti. Anche qui l'introduzione è molto affascinante, con le tastiere che disegnano suoni avvolgenti e sognanti e guidano il cantante in linee vocali pacate e piuttosto riuscite. Questo fino a quando le chitarre decidono di intervenire spazzando via ogni sprazzo di quiete e lasciando invece spazio a ritmiche coinvolgenti e galoppanti che strizzano l'occhio alle sonorità tipiche dell'heavy americano. Il testo, inoltre, descrive bene questa sensazione di una corsa svolta quasi guardandosi le spalle: "Veloce come il vento, vagando, gridando, cavalcando nella notte, giunge cacciando". La caccia del segugio è iniziata! Tuttavia, il ritornello ci mette di fronte ad un rallentamento in cui sembrano fare la comparsa le atmosfere sognanti già sperimentate all'inizio, ed è anche un refrain piuttosto lungo. Un breve assolo segue direttamente senza aspettare una pausa o chissà cosa. Non c'è tempo da perdere, perché il nemico è dietro l'angolo e potrebbe attaccare da un momento all'altro. Ecco allora che la galoppata riprende, mentre percepiamo gli occhi gialli del nemico che ci guardano nella notte e sentiamo i suoi denti digrignare rovinando il silenzio notturno. Il lato morbido e dal retrogusto malinconico del ritornello riporta un attimo di calma, però, dopotutto, non si può certo stare troppo rilassati quando c'è un segugio infernale che non si fermerà finché non avrà raggiunto il suo scopo. Infatti, si riparte subito con tempi medio-veloci, anche se stavolta ritmiche e riff sono diversi, come per sottolineare che il nemico è vicinissimo e pericolosissimo: "Il segugio è di nuovo a caccia, rinchiuso nella tua testa, non puoi scappare da nessuna parte, mai, mai più". Questi versi risultano un po' sibillini, e svelano che forse il nemico sanguinario si trova soltanto nella testa di chi fugge. Un trauma? Un'ossessione? O qualcosa di più concreto? Difficile da dire, ma è una svolta interessante. In ogni caso, da qui in poi troviamo il finale del pezzo che, come abbiamo già apprezzato nel corso del CD, non vuole finire troppo subito e in effetti si lascia andare ad un paio di assoli e anche a un paio di cambi di tempo, facendoci passare da momenti in linea con tutta la traccia ad altri più calmi e da ballata, fino all'assolo sanguigno e passionale che va chiudere una volta per tutte la canzone, anche se la chiusura definitiva è affidata al misterioso verso che recita: "Il segugio è arrivato". Forse non il miglior brano dell'album, ma comunque un buon modo per finirlo.
Conclusioni
Dunque, cosa possiamo dire ora che l'album è terminato? "Warrior of Sun" degli Hounds è solo un'opera di revival fondata interamente sulla nostalgia oppure è qualcosa di più? Come vi avevo già anticipato nell'introduzione, per me non è semplice revival. Vediamo meglio perché. Innanzitutto, la band si presenta come influenzata dai Savatage (e già lo si capisce dal nome e dalla copertina), quindi qualcuno potrebbe aspettarsi una presenza ingombrante della band americana, che incombe sul debutto di questa band italiana che, inesperta, cita continuamente Oliva e soci. Invece non è così. La presenza dei Savatage, ma volendo anche dei Virgin Steele, seppure in maniera minore (che comunque hanno un'idea di musica Metal che non è così differente da quella dei primi), si sente qua e là, come per esempio nei riff, nelle tastiere o in alcune soluzioni proprio, però non è così opprimente come si poteva temere all'inizio. Anzi, gli Hounds riescono a confezionare un album che suona sì figlio di certe sonorità - come si potrebbe fare altrimenti? - ma non ne risulta un mero clone composto soltanto per cavalcare l'onda della nostalgia riproponendo sonorità acclamate. In più, il fatto che "Warrior of Sun" prenda ad esempio band sofisticate come Savatage e Virgin Steele allontana gli Hounds da tutta quella pletora di band che invece ripropongono quell'heavy metal duro e puro fatto di borchie, battle jacket, alte velocità e acuti. Sia chiaro, adoro tutto questo, ma è soltanto per dire che gli Hounds decidono di seguire una via diversa che li differenzia dal resto. Ma scendiamo più nel particolare. L'album funziona piuttosto bene e le canzoni funzionano tutte altrettanto bene, e quindi il lavoro scorre senza troppi intoppi. La seconda parte è composta da brani più lunghi, che superano anche gli otto minuti, come nel caso di "The Light". Inoltre, il fatto che, escluse le due strumentali, le canzoni vere e proprie siano solo sette aiuta a rendere il tutto più compatto. In effetti, con cinque brani che superano i cinque minuti, ma anche i sei e gli otto, mettere altri pezzi sarebbe risultato forse pesante. Questo invece è l'equilibrio giusto. Tra i pezzi migliori spiccano la diretta "City Hunter" e le più articolate "Beyond the Horizon" e "Hero's Fate". Ecco, uno dei punti di forza dell'album è proprio quello di proporre soluzioni spesso raffinate e non scontate. Canzoni che all'inizio sembrano solo cavalcate heavy metal, all'improvviso inseriscono un rallentamento o un assolo là dove non te l'aspettavi, canzoni che magari sembrano semplici ballate, improvvisamente si trasformano in canzoni più lunghe che propongono altre sfumature e colori. Questa è una delle cose che ho più apprezzato di questo lavoro. Eppure c'è anche qualche problemino. La produzione a volte non è all'altezza secondo me, i suoni a volte risultano un po' ovattati e le chitarre sono quelle che subiscono di più, visto che a volte si sentono di più le tastiere che loro, soprattutto nei riff. Quindi, un suono più limpido sarebbe stato più apprezzato per il tipo di proposta della band, ma questa è una cosa che, chissà, potrà essere migliorata nell'eventuale seguito di quest'album. L'altro difetto, che per il sottoscritto è il più grande e ridimensiona parecchio il voto finale, è senza dubbio la voce. Essa infatti spesso e volentieri è imprecisa e sforzata, le linee vocali magari sono interessanti e le melodie accattivanti, ma la voce del cantante suona troppo "fai da te", quasi da demo, per abbellirle appieno, e a volte avviene proprio il contrario, ovvero che le suddette melodie e linee vocali risultino non proprio riuscite, se non addirittura fastidiose. Bisognerebbe lavorare di più anche su questo, perché con un controllo maggiore sulla voce si potrebbero avere risultati molto interessanti, visto che la proposta musicale è parecchio interessante. Attendiamo il secondo album.
2) Warrior of Sun
3) Condemned to Hell
4) Beyond the Horizon
5) The Cronogate
6) City Hunter
7) The Light
8) Hero's Fate
9) Unreal