HORRID

Sacrilegious Fornication

2014 - Dunkelheit Produktionen

A CURA DI
MARCO PALMACCI
09/10/2014
TEMPO DI LETTURA:
9

Recensione

Non paghi delle soddisfazioni ottenute grazie all'ottimo "Blasphemic Creatures", gli Horrid, alle soglie dei 2000, sono pronti a tornare alla carica più massicci e determinati che mai, grazie alla notevole esperienza maturata a suon di Death Metal nel corso degli anni '90, periodo di cambiamenti e stravolgimenti delle regole, mutamenti che trovarono negli anni '80 i loro gruppi - teorici più illustri. Era cominciato tutto con la nascita dei Venom, dei Bathory e degli Hellhammer (poi Celtic Frost), il discorso era proseguito con il noto "Reign in Blood", capolavoro degli Slayer marchiato a fuoco sin dalla sua nascita come rivoluzionario, anticipato di un anno dall'altrettanto seminale "Seven Churches" dei Possessed. Il tutto aveva visto la sua naturale evoluzione nelle urla bestiali del titanico "Scream Bloody Gore" dei Death, arrivando poi nei '90 con l'esplosione definitiva di leggende come Deicide, Gorefest, Dissection, gruppi che proprio negli eighties avevano piantato i loro paletti. Di maestri ce n'erano a sufficienza, di allievi pronti a recepire il messaggio altrettanti. In pochi, tuttavia, riuscirono a proseguire su questa strada così tortuosa ed intricata.. e i nostri Horrid fanno a ragione parte di questa "élite", in quanto baluardi dell'estremo italiano assieme ad altri gruppi come Bulldozer, Schizo e Necrodeath. Come già detto, assimilata l'esperienza dei grandi nomi ed assurti a veri e propri "compagni di classe" di altri in seguito divenuti noti, i nostri accumularono nei primi dei '90 un notevole quantitativo di Demo ed EP (il già citato "Blasphemic Creatures", senza scordarsi di "Awaiting for the Truth", EP datato 1996 e delle demo d'esordio, "Eternal Suffering" e "You Are Mine", rispettivamente del 1992 e del 1994), materiale sufficiente a farli balzare all'occhio del grande pubblico, un'esperienza che li portò addirittura a registrare all'interno di un vero e proprio tempio del Metal estremo, i famosi "Sunlight Studio" in Svezia. Arrivato e superato il 2000 è dunque tempo di esordire ufficialmente con un full length, e nel 2002 vede ufficialmente la luce "Reborn in Sin", "esordio" (fra mille virgolette) grazie al quale gli Horrid (all'epoca composti da Max, basso; Belfagor, chitarra; Alex, chitarra; Robert, voce e Matt, batteria) possono continuare la loro avventura, senza porvi freni o rallentamenti. Proseguono con il buon "Rising from the Hidden Spheres", disco del 2006 che vede l'addio di Alex e riduce i nostri ad un quartetto, sino ad arrivare all'acclamato "The Final Massacre", datato 2011, vera e propria rimpatriata, un lavoro al quale partecipano, assieme alle presenze ormai consolidate, membri storici del gruppo,  come James (voce storica degli Horrid) ed ospiti come Satras (voce degli Onirik, ex Nightward e Zaburon). Si arriva così ai giorni nostri e a "Sacrilegious Fornication", uscito nel 2014 sotto l'etichetta "Dunkelheit Produktionen" e registrato nuovamente nei "Sunlight Studio", sotto l'attenta produzione e supervisione del capitano di lungo corso Tomas Skogsberg (già collaboratore di gruppi come Arckanum, Darkthrone, Entombed, Grave, Katatonia ecc.). Dopo aver completato il lavoro di mastering all' "Occultum Studio" di Biella, i nostri sono così pronti per sfornare una nuova perla nera da regalare a tutti i loro fans, vogliosi di brutalità. Tuttavia, proprio durante e dopo l'uscita del disco, la formazione ha subìto un nuovo cambio abbastanza significativo. Desiderosi di proseguire sotto forma di trio, Belfagor è rimasto, dopo varie vicissitudini, l'unico membro originale della band, in quanto Max è stato allontanato per motivi personali e divergenze, mentre Riccardo ha lasciato per dedicarsi in pianta stabile alla sua band, i Bowel Stew. Il gruppo è dunque ad oggi composto, oltre che dal sempiterno Belfagor alla chitarra, da Eligor al basso, Dagon alla voce e Vapula alla batteria. Senza indugi, tuffiamoci dunque in questo nuovo disco targato Horrid.. che l'oscurità ci assista, let's play!

Il disco si apre con la titletrack, "Sacrilegious Fornication", introdotta da un minuto scarso di dialoghi misti a gemiti, capaci di evocare immediatamente un'atmosfera misteriosa, sacrale, densa di magia (nera, of course) e lascività: una preghiera sommessa rivolta al principe delle Tenebre, Satana, l'Angelo caduto, il ribelle. Ad accompagnare i versi di questa celebrazione, i gemiti di una donna, in procinto di accogliere il Diavolo all'interno del suo corpo, per rendere il rituale completamente officiato. I più attenti avranno colto una citazione più che d'autore, in questi primi secondi; l'audio è difatti tratto da un film horror d'annata e per intenditori, quel "Satan's Blood" (anche conosciuto con il titolo di "Escalofrìo") datato 1978 e diretto dal regista Carlos Puerto. Un inizio del genere lascia presagire grandi cose a seguire, e difatti gli Horrid non si lasciano pregare, entrando immediatamente in scena nel modo migliore ed a loro più congeniale: la chitarra di Belfagor si lancia letteralmente nella mischia, distorta e meravigliosamente old school nel suo sound (una produzione che rimanda ai fasti sia degli Horrid stessi che del Death Metal tutto), che ricorda molto da vicino la primordiale bestialità dei Death periodo "Scream Bloody Gore", unita alla sana furia iconoclasta di gruppi come i canadesi Blasphemy. La chitarra di Belfagor si configura a tutto campo come una sorta di "compromesso" fra due mondi virtualmente opposti: Black e Death Metal non sono mai andati molto d'accordo (un esempio pratico, le "crociate" anti - moshpit mosse da Euronymous, leader storico dei Mayhem, fermo oppositore della scena Death Metal, da lui definita troppo poco estrema ed incline al compromesso), eppure in questo brano i due generi vivono in un connubio "pacificamente guerrafondaio", se l'uso di un ossimoro è concesso. Due mondi che collidono, che danno vita ad un sound unico, sconvolgente, che difficilmente riusciamo, tutt'oggi, a sentire nel nostro paese. Unita allo spericolato riffing di Belfagor, troviamo inoltre la voce di Max, splendidamente minacciosa, "piena" e graffiante, priva di urla sguaiate o acuti forse troppo dequalificanti per un cantante "estremo". La sua tecnica di canto funziona, è coerente con il sound della chitarra e soprattutto rende omaggio a quel che è il clima generale del brano, costruito per essere un assalto senza compromessi, ruvido e digeribile unicamente da chi certi tipi di musica li ama per davvero, non certo per sembrare "cattivo" o divertirsi di quando in quando. Ottimo il lavoro della batteria di Riccardo, decisivo nel dettare i tempi e nel dirigere "la squadra" come un abilissimo regista, tessendo trame ritmiche e beneficiando anch'egli di una produzione volutamente vecchia scuola, che esalta il suo drumming spericolato ma al contempo molto preciso. Il testo è, poi, scritto in puro stile Horrid: la "fornicazione sacrilega" è solo uno dei tanti momenti del rituale nel quale i protagonisti del brano sono immersi, pronti ad evocare il Signore delle Tenebre e a rinunciare per sempre alla "luce" divina. Dio viene visto come un impostore, un portatore di bugie e sofferenza, limitatore delle libertà personali, un cieco tiranno che impone una morale fasulla, dinnanzi alla quale tutti debbono forzatamente inginocchiarsi pena il subire la sua ira. I protagonisti "sacerdoti" del Culto Nero non sono comunque spaventati dalle conseguenze delle loro azioni, ed officiano comunque il loro rituale, per unirsi carnalmente al demonio (tramite il sacrificio di una vergine) ed assurgere al ruolo di Anticristo, per poter condurre così il Cattolicesimo alla rovina più totale. Un Sabba che funge da preparazione ad una "contro crociata", condotta dai guerrieri del Male contro le forze di un Bene considerato tale unicamente in apparenza. In realtà, la Luce è l'Ombra, e l'Ombra è Luce. L'inganno sta nel fatto di aver fatto credere il contrario a troppi, per troppo tempo ("Pain, decay, horrid putrefaction.. I am Sin, i am desecration! I am the Cancer in the rotten body of Christ! Sacrilegious Fornication in the crypts of perdition, sodomatic impalement of the decrepit virgin. God of Hypocrisy, moribound tyrant of false morality, i am your Golgotha" - "Dolore, decadenza, orrida putrefazione.. io sono il Peccato, io sono la Dissacrazione! Son oil Cancro nel corpo marcio di Cristo! Fornicazione Sacrilega nelle cripte della perdizione, impalamento sodomitico della vergine decrepita. Dio dell'Ipocrisia, moribondo tiranno di una falsa Morale, io sono il tuo Golgotha!" [Golgotha, monte ove avvenne la crocifissione di Cristo, ndr]). Si prosegue di gran carriera con il secondo brano del lotto, "Vortex of Primordial Chaos", dove lo stile torna più smaccatamente Death, mettendo momentaneamente da parte le tendenze black mostrate nella traccia precedente. Ancora una volta, la chitarra di Belfagor rivendica a gran voce la sua appartenenza al genere, mostrandosi acida e ruvida quanto basta per dar vita ad una tempesta di note che sembrano, in alcuni tratti, perfettamente in grado di andare a comporre un brano sfociante addirittura nel Brutal. Troppi elementi, difatti, rimandano (e non è certo un male), alla nobile tradizione inaugurata anni orsono dai Cannibal Corpse: la voce di Max sembra quasi sia stata presa in prestito da Chris Barnes, mentre Belfagor dimostra di aver appreso appieno la lezione di axeman come Bob Rusay (ascia dei Cannibal Corpse nella prima storica "trilogia": "Eaten Back to Life", "Butchered at Birth" e "Tomb of the Mutilated"). Il drumming di Riccardo è come sempre impeccabile, preciso a livelli maniacali e nervosi, tanta è la tensione che il batterista riesce a riversare nelle sue raffiche di colpi, serrate come gli spari di un mitra. Sicuramente il brano meno "scandinavo / nordico" e più "a stelle e strisce" del lotto, non rinnega comunque quella che è l'influenza principale degli Horrid: il duo targato Tom G. Warrior, ovvero Hellhammer e Celtic Frost. Se dai primi è ampiamente ripresa la tendenza a sfuriate ed accelerazioni improvvise (parola d'ordine: NIENTE PRIGIONIERI), dai secondi è invece tratta la tendenza a tingere di un nero malsano il proprio sound, renderlo abissale, sepolcrale, ineluttabile; un qualcosa che se ascoltato, riesca a trasmettere la sensazione d'essere trascinati giù in un vortice senza fine. Elemento che si può notare nei momenti in cui le cadenze, all'interno del brano, si fanno leggermente più marcate ed imponenti delle circostanze di pura velocità, come accade ad esempio dal minuto 2:06 al minuto 2:26, frangente seguito da un ampio momento in cui la chitarra di Belfagor acquisisce le ombre tipiche di un proto - Black Metal. Caratteristiche presenti, ma comunque, come già detto, messe più in disparte rispetto ad un impianto generale più marcatamente U.S Death (impossibile non citare, anche per comunanza di tematiche, i Deicide degli esordi). Il brano è in questo caso dedicato ad una figura mitologica ricorrente in diverse culture, quella del gigantesco serpente marino conosciuto nella bibbia con il nome di Leviatano, mentre con quello di Lotan nei poemi dell'antica civiltà Ugaritica. In entrambi i casi, il comportamento del mostro è assai ambiguo, tanto benevolo quanto malvagio: i Nostri scelgono di attribuirgli comunque dei connotati negativi, oscuri, distruttivi, facendolo assurgere a belva assoggettata al caos primordiale, intenta a scatenare la sua furia contro tutto e tutti, a suon di tempeste e disastri. All'interno delle lyrics qualcuno è intento ad evocare la terribile belva, con l'intenzione di farla sua alleata seminando col suo aiuto caos e devastazione ("From the Depths of the eternal sea the great Leviathan will be unleashed / Venomous tormentor, infernal serpent with the eyes of Death! Lotan, Tiamat, Leviathan! - "Il grande Leviathan sarà liberato dagli abissi del Mare Eterno / Tormentatore velenoso, serpente infernale con gli occhi della morte! Lotan, Tiamat, Leviathan!"). Da notare anche la citazione della dea Tiamat, nel pantheon babilonese sovrana degli oceani. In compagnia delle entità fin ora elencate ci sarà, inolte, un'altra terribile belva, la celeberrima Bestia del Mare (nell'Apocalisse di San Giovanni descritta come "una pantera con zampe di orso e la bocca come quella di un leone. Aveva sette teste e dieci corna"), come possiamo dedurre dal verso "I summon the abyssal Cataclysm, Horned Beast of the apocalypse - "Evoco il Cataclisma Abissale, belva cornuta dell'Apocalisse". Torniamo su lidi più prettamente blackened con la tetra "Necromancy", terza track (anche per via del titolo) dal vago sapore Bathoryiano. Notiamo immediatamente come il clima sia tornato più oscuro ed orientato verso sonorità più nordiche che americane, anche se l'influenza di band come gli statunitensi Disgorge o gli olandesi Gorefest ed un sincero gusto per la brutalità si fanno prepotentemente largo nei meandri di una produzione che esalta l'equilibrio (perfettamente mantenuto e che mai diviene "bilico") fra le due importanti scuole, americana e scandinava. Del resto, gli Horrid non hanno certo cominciato ieri la loro avventura: è un nome importantissimo della scena estrema tricolore, il nome di Belfagor può campeggiare sicuramente in quello di un'ipotetica lista di musicisti death metal più rispettati e considerati, vista la coerenza e la forza d'animo con la quale da svariati anni porta avanti questo progetto, senza arrendersi mai. Un po' Bathory ed un po' brutal, la chitarra del nostro va avanti per tutto il brano senza registrare cali o momenti in sordina, macinando per tutta la durata della track riff su riff, che vanno a comporre un piccolo gioiello grezzamente lavorato, ma proprio per questo splendido nella sua "grossa" essenza. Un pezzo ruvido, giocato sulla potenza e sull'impatto, semplice ma molto diretto ed efficace. Menzione d'onore anche per la voce di Max,  in questo contesto più sommessa e "marcia", dall'andatura viscida e viscerale quasi, come se ci trovassimo dinnanzi ad un rantolo di dolore misto a cupa disperazione. Una grande prova offerta da questo combo lombardo, che dimostra quanto la nostra nazione non abbia nulla da invidiare a nessuna scena estera, parlando sia di tradizione sia di novità. Le lyrics, questa volta, esplorano un lato affascinante e terribile della tradizione occultistica: la Negromanzia, ovvero la magia della morte, l'abilità del resuscitare i defunti per ottenere da loro risposte circa domande o dubbi su un futuro prossimo. Intesa anche (e più semplicemente) come Magia Nera, essa forniva, ai suoi adepti e praticanti, l'abilità di evocare demoni e bestialità infernali, per poi adoperarli come fedeli servitori o "soldati" incaricati di lanciare terribili maledizioni ai propri nemici. In questo brano, come negli altri, si capisce quanto certe tematiche siano state notevolmente approfondite dai nostri: viene citata la Sphagia, ovvero il sacrificio rituale offerto alle divinità "sotterranee" fra cui spicca Ade, signore dell'oltretomba greco. Una pratica antica ed arcana, che non molto spesso aveva trovato spazio in testi del genere. Il tutto viene comunque inserito in un contesto satanico, nel quale a comandare è la figura del Caprone antropomorfo ed ermafrodita, il Baphomet ("Ancient Evil Lord, Horned God / Necromancy in the Temple of the Goat" - "Antico sovrano del Male, Dio cornuto / Necromanzia nel tempio del Caprone" / "Cthonic Realm of Death, tormented Stygian souls, the order of the Sphagia, flesh and bones on the altar of Hades" - "Reame ctonio della Morte, anime tormentate dello Stice, l'Ordine della Sphagia, carne ed ossa sull'altare di Ade"). Giunti al quarto brano, "Demonic Sadocarnage", notiamo come la tendenza a spingersi verso mete maggiormente più blackened che puramente Death sia ormai consolidata. Il suono della chitarra di Belfagor si fa particolarmente arcano ed affascinante, capace di creare una melodia dal gusto particolarmente decadente, perfettamente "nel mezzo",  come avevamo notato nella titletrack. Un sound che ricorda estremamente da vicino quello degli svedesi Dissection, seppur con le dovute differenze: paragonando questa track ad una qualsiasi di album come "The Somberlain" ci accorgiamo difatti come l'uso della melodia sia ben più limitato (anche se comunque presente) e maggiormente filtrato attraverso una produzione volutamente più aggressiva e grezza, sconfinante come già detto nel Black più ansimante e "polveroso" (primi Mayhem, ancora fortemente legati a stilemi maggiormente più thrash - death, i già citati Bathory, o anche i francesi Mutiilation). Una melodia quindi inserita proprio per rendere il brano ancor più misterioso ed aggressivo, ruggente, rombante; un pezzo che sicuramente sa come catturare l'immaginario di qualsiasi buon appassionato di Death e Black Metal. Il primo rimane comunque il genere dominante. Nonostante il riff principale tenda, come già detto, al "ricamo" di una tetra melodia, le note sono serrate, vicine fra loro, la batteria le spezza e le organizza, inserendole in delle raffiche serrate e precise, la voce di Max torna ancora una volta a sfoggiare un growl invidiabile, alla pari di quello di autentici colossi esteri. In due momenti ben distinti, a partire dal minuto 2:06 sino ai tre minuti abbondanti, notiamo inoltre degli splendidi rallentamenti, che rendono il brano maggiormente cadenzato e proprio per questo più aggressivo, viscerale, quasi si tramutasse in un'oscura marcia funebre, onorante chissà quali terribili entità. Un momento che vede il suo termine proprio nel finale del brano, autentica sfuriata Death Metal da incorniciare e trasmettere alle nuove generazioni. Un vero e proprio momento "cult", sicuramente fra i migliori del disco. Le lyrics, poi, sembrano quasi una sceneggiatura da film horror, tanto sono esagerate ed impressionanti: questa volta, gli Horrid ci parlano di un mondo sommerso, una cripta molto simile ai sotterranei di cui i Celtic Frost ci parlavano nel celeberrimo brano "Into the Crypts of Rays", nei quali il maniaco era solito sacrificare giovani donne e uomini al Maligno, per ottenere in cambio potere e ricchezze. In questo contesto, comunque, la violenza è unicamente a scopo ludico e ricreativo: le ignare vittime vengono adescate e condotte nella cripta, dove i Demoni straziano i loro corpi in un impeto di divertimento e sadismo. La sofferenza delle loro vittime è la loro forza, vedere gli umani in lacrime implorare pietà gli farà unicamente venir più voglia di esagerare con le torture. Il tutto avviene "sotto terra", in un tempio maledetto, delle tombe dannate dalle quali è impossibile uscire. Non manca l'ennesima nota storica (punto forte del songwriting tutto), questa volta il contesto è preso in prestito dalla mitologia Maya: queste catacombe - cripte sono infatti parte della Xibalba, oltretomba abitato dagli spiriti della morte e della malattia. I demoni sadici e torturatori in questione sarebbero dunque i Signori di Xibalba, divinità custodi del luogo incriminato, guidate dal terribile Cizin, dio della morte e dei terremoti ("Enter the cave of Madness, catacombs of terror, labyrinth of Sadness / Face the tyrannical council of Xibalba, where Cizin burns dead souls, when razors dissect your corpse / Blood, pus, mephitic stench / torture, disfigurement and amputation - "Entra nella grotta della follia, catacombe del terrore, labirinto della tristezza / Faccia a faccia con la tirannica adunanza di Xibalba, luogo in cui Cizin brucia le anime morte, dove rasoi affilati smembrano il tuo corpo / Sangue, pus, puzzo nauseabondo / Tortura, sfiguramenti, amputazioni"). Arrivati al quinto pezzo, "Blood on Satan's Claw", salta subito all'orecchio come lo schema non sia cambiato più di molto. Belfagor decide nuovamente di tingere i suoi riff sfoggiando la disturbante melodia (pesante, asfissiante, meravigliosamente grezza) già presentataci nel corso dell'album e in misura minore nella track precedente, facendo assomigliare il brano ad un vero e proprio momento di proto - black preso in prestito direttamente dai primi anni '90, periodo in cui il nostro concreto e muscolare axeman aveva cominciato a muovere i suoi passi nel mondo del Death. L'impianto generale deve sicuramente molto agli Hellhammer, grazie all'alternanza di sfuriate e momenti più cadenzati, mentre la voce riprende ancora una volta connotati maggiormente americaneggianti. La chitarra di Belfagor risulta di nuovo il compromesso perfetto fra i due volti dell'acciaio estremo, sia il Nero sia la Morte, un tipo di sound che da troppo tempo non ascoltavamo, causa la tendenza al votarsi totalmente all'avant garde che troppe band stanno assumendo, ultimamente. In un mondo dove lo sperimentalismo fine a se stesso viene eccessivamente rincorso, quasi fosse la nuova Città dell'Oro, ben venga un gruppo come gli Horrid, capace di ricordarci come il passato debba necessariamente essere distinto dalla Storia: per ottenere un esempio concreto di ciò, basta ascoltare attentamente l'andatura generale del brano. Un'andatura che quasi risulta essere accattivante, mutuata da uno speed metal "marcio" come poteva esserlo quello di gruppi come i Venom o i già citati Celtic Frost. Andatura unita ad un sound aggressivo, cupo, che sa distruggere e farsi terra bruciata attorno. In più, quel tocco struggente e disperato, la "nera" melodia tanto cara ai gruppi più tipicamente Black venuti in seguito. Dal minuto 2:30 in poi sembra, addirittura, di ascoltare un brano scritto a quattro mani da Obituary ed Asphyx: partenza "lenta", con sfuriata finale. Non si può veramente chiedere di più, questo brano accontenterà tutti i Metalheads appassionati di un certo tipo di musica, senza esclusione. Un momento esaltante e dinamico, che scatena la belva insita in noi, vogliosa di pogare e scatenarsi sotto il palcoscenico come se non ci fosse un domani. Le lyrics tornano questa volta a parlare più prettamente del principe delle tenebre, andando ad attingere a piene mani nella tradizione horror dei primi anni settanta. Il titolo del brano, difatti, è lo stesso di un omonimo film del 1971, diretto da Piers Haggard e noto in Italia con il titolo "La Pelle di Satana". Il film, che inaugura in un certo senso il filone cinematografico settantiano riguardante i possedimenti demoniaci, narra della storia di un tranquillo villaggio sconvolto dal ritrovamento, avvenuto in un campo durante delle normalissime attività agricole, di una testa mostruosa, deforme, dallo sguardo spaventoso e priva di un occhio, nonché piena di strane chiazze di pelle su di essa. L'autore del ritrovamento, l'agricoltore Ralph, ancora scosso e turbato decide di chiamare immediatamente il Giudice del paese, per portarlo sul luogo e mostrargli "il mostro". Giunti sul posto, tuttavia, la testa è misteriosamente scomparsa. Come solitamente accade nei film dell'orrore, il testimone viene creduto pazzo e nessuno sembra curarsi delle sue "baggianate". Tuttavia, dopo il ritrovamento, cominciano ad avvenire fenomeni assai inquietanti: soprattutto i giovani abitanti del villaggio cominciano a comportarsi in maniera strana ed inquietante, attratti dal male e dal Demonio.. in più, una Bestia è comparsa a seminare il terrore. Il Male ha messo le sue radici ed è pronto ad affondarle sempre di più, per trasformare un placido luogo immerso nel verde in una novella Babilonia ("Deformed skull, on eye cadaver, undead brain. The fiendish mark is on your skin. Rape, murder, ritual sacrifice, the blood on Satan's Claw! Enslaved bodies, bewitched souls" - "Teschio deforme, cadavere con un occhio solo, cervello non morto. Il Marchio demoniaco è sulla tua pelle! Stupro, omicidio, sacrificio rituale, il sangue sull'artiglio di Satana! Corpi schiavizzati, anime maledette"). Si fa largo la ritmica nelle battute iniziali della sesta track, "The Fire Of Impenitence", sezione che in questo brano può sicuramente farsi notare più marcatamente che in altre circostanze. L'inizio, affidato ad una batteria precisa e puntuale, ad un basso meravigliosamente distorto e ad un accenno di chitarra, può quasi ricordare l'andatura di brani come "Lilith", capolavoro dei sempiterni Death SS. Tuttavia, il momento dura poco, e gli Horrid tornano a dominare a suon di decibel, distaccandosi da un ritmo più arioso ed accattivante per tornare a martellare in maniera decisa e determinata. Ancora una volta, ci viene proposta una "miscela" molto particolare: l'elemento Black viene decisamente messo da parte, per presentarci (soprattutto parlando delle linee di batteria e chitarra) un Death n Speed assai particolare, che fonde atmosfere Death Metal di gusto old con l'aggressività Heavy - primordiale di colossi del genere come i Venom e sicuramente gli Slayer. Ospite d'eccezione, il cantante Johan Jannson degli svedesi Interment, che riconduce le vocals ad un contesto si aggressivo ma meno gutturale, più ruvido ed adoperante il growl in maniera più "ragionata", allontanandosi dalla brutalità che abbiamo potuto percepire in altri brani. Il pezzo è sicuramente ben riuscito, scorre liscio e privo di problemi, non aggiungerà moltissimo a quanto detto sino ad ora ma si lascia sicuramente ascoltare ed apprezzare, facendo la sua figura. L'abilità nel non creare fasi di "stanca" o  noia è sicuramente da sottolineare: molto spesso, album di band del genere sconfinano nella ripetizione infinita di un unico stilema, dando vita a decine di pezzi - fotocopia praticamente indistinguibili. La vecchia scuola, in questo caso incarnata perfettamente dal master mind Belfagor, non delude mai. Con il suo bagaglio culturale il chitarrista è in grado di mescolare a suo piacimento diversi tipi di sonorità, dimostrandosi un autentico colosso del suo genere, un musicista che sa osare intelligentemente e che può offrire ai suoi musicisti tantissimi spunti per sviluppare il suono in più direzioni. Questo ulteriore brano lo dimostra ampiamente: Death Metal delle origini che non dimentica le sue nobili radici Speed e che anzi le esalta e le rende protagoniste, cosa volere di più? Il testo è nuovamente incentrato su tematiche anti cattoliche di stampo satanico, ed è nuovamente citata una figura non sempre presente in determinati testi, la cui presenza è giustificata da una notevole cultura in determinati ambiti. Parliamo del demone Adramelech, demone citato per la prima volta nella storia in una lista stilata dalla chiesa durante il primo concilio di Brega. Esso è il gran cancelliere degli Inferi, nonché uno dei dieci arcidiavoli (generali capi delle 666 legioni infernali). Il protagonista del brano si identifica come un suo sottoposto, quasi fosse un messia profetizzato da Adramelech stesso. Il suo compito, commettere un autentico deicidio in nome di Satana, per porre così fine alla santissima Trinità e al regno dei cieli ("Father, i crush your superstition. Son, i devour your soul. Spirit, i annihilate your virtues / Incinerating your false scriptures / i am the flame in the hands of Adramelech, he who fuels the satanic vengeance" - "Padre, distruggerò la tua superstizione. Figlio, divorerò la tua anima. Spirito Santo, annichilirò le tue virtù / Incenerisco le vostre false scritture / sono la fiamma nelle mani di Adramelech, colui che alimenta la vendetta satanica!"). Tornano di gran carriera le sonorità scandinave con l'avvento di "Diocletianic Persecution", settima track di gusto svedese, che ci fa quasi pensare ad un album degli Unleashed, ma con sonorità maggiormente orientate verso un'estremizzazione ed un appesantimento del contesto tutto, reso ruvido e frustante, "urticante" addirittura grazie alla chitarra di Belfagor che qui decide di ricondurre la band su orizzonti più marcatamente Death, accantonando altri accorgimenti o "incursioni" di vario tipo. Un altro brano che non conosce sosta e fila via, provo di "stop" o comunque di pause che ne rallentino il ritmo, forsennato e tenace, sorretto splendidamente dalla batteria di Riccardo, che si lancia in blast beat mozzafiato in grado di rendere il tutto ancora più possente. Giunti a questo particolare momento del disco, vicino alla conclusione, "Diocletianic.." si conferma un episodio che sicuramente infiamma gli animi e ci invoglia a continuare, ad andare a vanti, a concludere degnamente un'avventura straordinaria che ci ha sicuramente messi dinnanzi ad una delle più grandi realtà estreme della nostra penisola. Il brano torna nuovamente ad occuparsi di tematiche storiche: protagonista (anche del titolo) è l'imperatore romano Diocleziano, regnante dal 284 d.c al 305 d.c., noto alla storia non solo per aver terminato il periodo di crisi che l'impero Romano stava in quei secoli subendo (cambi repentini di governanti, i quali rimanevano in carica per pochissimo tempo perché assassinati da congiure varie), ma anche per un cieco odio contro i cristiani. Sotto il suo regno, difatti, furono diverse le persecuzioni perpetrate ai danni dei seguaci di Cristo, in particolar modo dal 303 al 305 si ricordano gli atti maggiormente violenti e l'intolleranza dell'imperatore. Devoto seguace del pantheon romano delle origini e dunque ancora legato a divinità come Zeus, egli promulgò delle leggi che bandissero i cristiani dalla vita pubblica, gli vietassero di raggiungere alte cariche statali e soprattutto gli impedissero di esprimere liberamente la loro religione. I testi sacri venivano difatti confiscati e bruciati, ed i ribelli condannati a morte. Per questi atti, Diocleziano passò alla storia con il soprannome "l'Avversario di Dio" ("Diocletianic persecution! Enforcement of pagan traditions, protected by the signum Iovis. Restoration of the imperial cult, universal sacrifice, ira deorum. Beaten, imprisoned and tortured, insulting the holy cross. Purification through extermination" - "Persecuzione Diocleziana! Imposizione delle tradizioni pagane, protette dal Segno di Giove! Restaurazione del culto imperiale, sacrificio universale, Ira divina. Picchiati, imprigionati e torturati, insultiamo la croce santa! Purificazione grazie allo sterminio"). Ci avviamo alla conclusione con l'ultimo brano originale del lotto, "Goddess of Heretical Perversity", che proprio per congedare come si deve l'intero disco decide di premere sull'acceleratore dimostrandosi l'episodio più roboante e possente dell'album. La voce di Max torna, come da tradizione Brutal, incredibilmente cavernosa, gutturale ed inquietante, un growl da manuale che si sposa perfettamente con la chitarra di Belfagor che sembra voler esplodere da un momento all'altro: nuovamente un Death metal classico ma suonante quasi come "oltranzista", quasi fosse una dichiarazione di intenti più che un brano inedito. La chitarra, la batteria, il basso, la voce: tutto fuso assieme per assalire i nostri sensi, farci capire che questa è la strada, e così il Death Metal deve essere suonato. Un'aggressività tutta europea ed americana contemporaneamente; se il brano suona chiaramente come un pezzo della nostra old school, sono altresì riscontrabilissime le nette influenze di gruppi come Deicide e Possessed. E' un brano corto, non troppo elaborato e non eccessivamente figlio delle contaminazioni riscontrate negli altri pezzi, ma va benissimo così. Gli Horrid ci sono, la loro potenza viene perfettamente spiegata in queste note così cariche di rabbia atavica ed ancestrale. Un assalto che non lascia scampo, che mette le carte in tavola e convince anche i più scettici: "Sacrilegious Fornication" è un album da possedere ad ogni costo, perché figlio di un periodo in cui certe sonorità sono oramai divenute più uniche che rare. Perché farsi scappare un'occasione del genere? Un commiato del genere meritava un testo all'altezza, e nuovamente, così è: il brano è questa volta incentrato sulle grandi blasfeme, ovvero le divinità (o figure) femminili che in un certo qual modo possono averlo ispirato molto da vicino. Lilith, Shub Niggurath, le Succubi ma anche tutte le streghe ingiustamente bruciate sul rogo a causa delle persecuzioni cattoliche, tutte queste donne hanno giurato fedeltà al Demonio per compiere la loro atroce vendetta o per servirlo e guadagnare così importanti posizioni all'interno della gerarchia infernale. Un testo breve quanto il brano, ma sicuramente di grande impatto, che glorifica la magia sessuale e rituale, riferimento Crowleyiano ed atto mediante il quale le donne "infernali" possono generare i loro pargoli e rinfoltire così le schiere sataniche. Non manca la tematica anti cattolica, esplicata nel voler estendere l' "invito" a farsi possedere anche alle suore, da sempre simbolo cattolico di purezza e castità. Impossibile non citare, in certe circostanze, i già nominati Death SS, che avevano affrontato il tema della sensualità lasciva e magica in diversi loro brani, come "Scarlet Woman" e "Lady Of Babylon" ("Masturbate the whore of sodomy, deep inside the womb of depravity. Penetrate the harlot of bestial impurity / Praise the queen of sexual magick, praise the goddess of heretical perversity" - "Masturba la pu**ana della sodomia, in profondità l'utero della depravazione. Penetra la zo**ola dell'impurità bestial / Lode alla regina della Sessualità Magica, lode alla Dea della perversione erotica!"). Abbiamo parlato di ultimo brano originale perché la conclusione è in realtà affidata ad un omaggio che gli Horrid hanno voluto tributare alla leggendaria band di Tom G Warrior, gli Hellhammer (ovvero il "seme" dei furono Celtic Frost), eseguendo una cover di "Massacra" un loro brano tratto dall'EP "Apocalyptic Raids", datato 1984. Una band, gli Hellhammer, molto vicina agli Horrid per diversi fattori. Anzitutto, la predilezione per l'assenza di fronzoli a favore di un sound più concreto, senza contare la comune adozione di una produzione volta a rendere il sound ancora più marcato e per certi versi "diabolico". Colleghi anche di attitudine, in quanto l'immaginario dei due gruppi coincide su tematiche demoniache ed orrorifiche. Da tutti definiti come uno dei "peggiori gruppi mai esistiti", gli Hellhammer sono diventati, in seguito, per gruppi come i Nostri, delle vere e proprie icone di coraggio e di sperimentazione, di bestialità sonora, un complesso dal quale prendere spunto per poter creare, inventare ed osare, perché no. Questa versione di "Massacra" non differisce molto dall'originale ma è incredibilmente arricchita e rivestita di elementi che le rendono più che giustizia. Il sound degli Horrid si fonde magnificamente all'aggressività della band di Warrior ed il contesto  ancor più estremizzato riesce a farci capire, ulteriormente, quanto la band svizzera sia stata importante per lo sviluppo del metal a venire. Una cover eccezionale, rispettosa dell'originale ma molto fedele al marchio Belfagor. Il chitarrista soprattutto offre, difatti, una prova da manuale, facendo propria la canzone scelta come tributo e plasmandola a sua immagine e somiglianza. Per un amante delle cover molto personali come Tom (si ricordi "Mexican Radio", seppur con le dovute differenze) sicuramente sarebbe un bel sentire, e speriamo che il Warrior nazionalpopolare riesca un giorno ad entrare in contatto con questo lavoro, per rendersi conto quanto la sua lezione non sia stata gettata alle ortiche ma anzi abbia fatto numerosi proseliti. Bisogna andare orgogliosi di band come gli Horrid, poco ma sicuro. Il testo del brano è molto semplice ma comunque interessante e decisamente "demoniaco". Il "massacro" di cui parla il titolo deve essere operato contro tutto ciò che è "buono" o comunque "ottimista", ma dal punto di vista religioso. Il tutto viene auspicato, difatti, per purificare il mondo dalla decadenza nella quale la morale religiosa lo ha fatto cadere, con le sue superstizioni, le sue false dottrine e la violenza con la quale specialmente gli "emissari" di Dio hanno diffuso il suo culto, diffondendo ancor più paura nella popolazione, già preda di religioni altrettanto sanguinose e spaventose. Viene glorificata la figura del diavolo perché visto come un fermo oppositore di tutti i culti, in un impeto forse di satanismo LaVeyiano ("Away is the sun, endless the night, Mankind's massacra, intelligence is dead. There have been satanic rites, in blood, inverted crosses. Expulsion of all mortals, the "good side" isn't better. Destruction and hate, men will never learn that religion's created by men" - "Il Sole è lontano, la notte è senza fine, massacre dell'umanità, l'intelligenza è morta. Ci sono stati riti satanic, croci capovolte immerse nel sangue. Espulsione di tutti i mortali, il "lato buono" non è il migliore. Distruzione ed Odio, gli uomini non impareranno mai che la religione è creata dagli uomini").

Tirando le somme, non si può non accogliere con gioia un album di questa portata. Non soltanto per via del suo essere un disco suonato magnificamente, ma anche per via del suo status di "prole" illustre di svariate tradizioni, fra di loro differenti ma legatissime: Thrash, Black, Death, tutti questi elementi sono riscontrabilissimi in un disco come "Sacrilegious Fornication", suonato col cuore, e non con la voglia di strappare un sorriso compiaciuto a qualche esperto della domenica. Nei solchi di quest'album possiamo percepire l'attitudine di un metallaro di lungo corso come Belfagor, musicista attento e tecnicamente ben dotato, ma al contempo uno dei nostri, che non si è dimenticato le sensazioni che si provano quando per la prima volta si toglie dalla confezione il disco nuovo della propria band del cuore e lo si posiziona nel giradischi o nel lettore cd, per farsi travolgere dall'ennesima ed indimenticabile sequenza di note, compagne di mille battaglie combattute a suon di mosh ed headbanging. E' lui, il cuore degli Horrid, è lui il genio (oscuro) che si cela dietro un monicker che ancora oggi incute curiosità e rispetto sia nei più giovani sia nei più esperti. Un cuore pulsante che fa delle sue conoscenze e della sua passione un mezzo per diffondere messaggi oggi un po' persi dietro sperimentazioni forzate e troppo spesso prive di senso, di spessore. Fatte "tanto per", dicendolo molto semplicemente. In un 2014 in cui il verbo di "ciò che è" sta tramutandosi lentamente in "ciò che era", non è da tutti riportare prepotentemente in auge un tipo di sonorità da troppi messa in disparte perché considerata "obsoleta". Ma riflettiamo: può forse definirsi obsoleto, il tentativo di imporsi al pubblico seguendo i propri schemi e non quelli "accettati" dalla massa? E' forse obsoleto il seguire i propri istinti e trascriverli in musica? E' forse obsoleto ricordare come dietro a certe sonorità ci siano state delle autentiche rivoluzioni, i cui princìpi, in un'epoca così tristemente piatta, potrebbero risvegliare le menti dei giovani, ormai troppo atrofizzate dalla tecnologia, schiave delle macchine o delle varie stupidaggini internettarie - televisive? Ascoltando "Sacrilegious Fornication" si può respirare un sano odore di istintività, valore ormai sepolto da ansie, paranoie, paure, semplicemente dalla volontà di essere "bravi" e farsi accettare ad ogni costo. Finché metallari come Belfagor potranno essere liberi di esprimere la propria arte, non avremo nulla da temere: il baluardo del sacrosanto "fa ciò che senti" rimarrà per sempre vivo nel cuore di ognuno, ed allora vedrete che non ci saranno mode o comandamenti che terranno.

1) Sacrilegious Fornication
2) Vortex of Primordial Chaos
3) Necromancy
4) Demonic Sadocarnage
5) Blood on Satan's Claw
6) The Fire of Impenitence
7) Diocletianic Persecution
8) Goddess of Heretical Perversity
9) Massacra 
?(Hellhammer cover)

 

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