HOLY TERROR
Terror and Submission
1987 - Under One Flag
DAVIDE CILLO
13/08/2016
Introduzione Recensione
La scena Heavy Metal losangelina, anno 1984, era rovente più che mai. Alla nascita della fertile corrente Thrash Metal californiana, per di più, già si affiancavano nuove sperimentazioni ed evoluzioni: band uniche nel proprio genere, ognuna con il proprio sound e le proprie caratteristiche, partendo da proposte musicali influenzate dalla NWOBHM ad altre ben più estreme e aggressive, si veda un'altra band del territorio di Los Angeles, gli Slayer, che nel 1983 con "Show No Mercy" regalavano il loro debutto discografico confermando non solo la fertilità della scena, ma anche le grandi differenze di sound proposte dalle band di questa corrente. Un'altra rilevante band assolutamente unica nel suo genere, veloce, aggressiva e innovativa, rispondeva al nome di Agent Steel. Nel 1984 John Camps, precedentemente vocalist di Sceptre e Abbatoir, decide di adottare lo pseudonimo di John Cyriis e fondare una nuova band, per l'appunto gli Agent Steel, caratterizzati da sonorità Speed Metal caratterizzate da una personalità unica, oltre che da una capacità di interpretare un genere in chiave propria come nessuno prima aveva mai fatto. Premettendo che definizioni come "Thrash Metal" e "Speed Metal" (quest'ultimo termine esisteva, ma con un significato differente) ancora non erano utilizzate nei primissimi anni degli '80, questa band si contraddistinse da subito per la sua capacità di attingere sapientemente dalla corrente classica dell'Heavy a quella emergente del Thrash, proponendo brani rapidi e serrati dove la straordinaria vocalità di John forniva un carismatico tocco contraddistinto da un'unicità assoluta: proprio sulla sua voce acuta e sconsiderata, la band seppe guadagnarsi la sua fetta di spazio in una scena dove le alternative certo non mancavano. La saggia unione fra melodie prese in prestito dalla NWOBHM e quelle tipiche dell'energia del Thrash, rese gli Agent una band in grado di stregare non solo per la sua potenza, ma anche per la sua musicalità, si vedano le influenze di chitarra solista dove l'insegnamento di maestri come gli Iron Maiden non era mai assente. Nel 1985, nella stessa stagione di altri capolavori come "Killing Is My Business? and Business Is Good!", "Bonded By Blood" e "Hell Awaits", gli Agent Steel ci regalavano il loro debutto discografico, intitolato "Skeptics Apocalypse". Rilasciato tramite Combat Records, l'album vedeva oltre a John la presenza del suo fidato batterista Chuck Profus, del bassista George Robb e dei chitarristi Juan Garcia e Kurt Kilfelt; ed è proprio da Kurt che, solo l'anno seguente, la storia degli Holy Terror cominciò. L'axeman californiano decise infatti di lasciare gli Agent Steel e di dedicarsi ad un nuovo progetto, trovando come compagni il vocalist Keith Deen (purtroppo scomparso nel 2012 e che canterà anche nel secondo mitico full lenght della band, Mind Wars), il chitarrista Mike Alvord, il bassista Floyd Flanary e il batterista ex Dark Angel Jack Schwartz, band in cui subito dopo subentrò il giovane maestro delle percussioni Gene Hoglan. I cinque ragazzi, senza perdere tempo, composero e rilasciarono una prima demo, intitolata per l'appunto "1986 Demo", composta da 4 tracce per la durata totale di un quarto d'ora. Come spesso accadeva, quel lavoro per i ragazzi fu un valido biglietto da visita: gli Holy Terror ottennero infatti un contratto con la label inglese "Under One Flag", che proprio nel 1986 aveva rilasciato lavori destinati a rimanere nella storia dell'underground di quella scena: "The Force" degli Onslaught, "Darkness Descends" dei Dark Angel, "Game Over" dei Nuclear Assault, furono tutti lavori rilasciati nell'86 dall'etichetta discografica che stava per rilasciare nel 1987 "Terror and Submission", per l'appunto il debutto discografico dei californiani Holy Terror. Il lavoro, che vedeva Joe Mitchell subentrare nella band alla batteria al posto di Jack Schwartz, era composto da 9 tracce per la durata totale di 42 minuti. L'album di debutto dei ragazzi, oltre alla primissima versione 12" vinyl con l'etichetta inglese, vide l'anno seguente (nel 1988) una seconda uscita con la R/C Records di New York, label che in quegli anni rilasciava altre "seconde" uscite come ad esempio lo storico full "Violent Restitution" dei canadesi Razor o, uscendo dal campo Thrash Metal, nientemeno che "Don't Break the Oath" (quest'ultimo non richiede presentazioni). Gli Holy Terror sconvolsero abbastanza il mondo del Thrash Metal, presentando un album che, come vedremo durante il track by track, è influenzato da molti elementi musicali provenienti da scuole di diversa tipologia. La capacità di scrittura di questi ragazzi fu, al tempo ed ancora oggi, relativamente straordinaria; alcune idee presenti su questo disco, nonostante sia sempre stato relegato ad un pubblico di ascoltatori molto più esiguo dei blasoni sopracitati, nei cuori dei thrashers incalliti è marchiato a fuoco con la parola di "capolavoro". Ed è anche uno dei motivi per cui, nonostante la discografia degli Holy Terror sia assolutamente corta (due full lenght neanche), questo nome negli appassionati suscita sempre ricordi d'acciaio e di estasi musicale. E' in questo assai roseo contesto storico che dunque si colloca la prima perla discografica di Kurt Kilfelt e compagni, un lavoro che a buon ragione sarà destinato a rimanere nei cuori di tutti i fan del genere: che dire? buon ascolto a tutti!
Black Plague
Le danze cominciano con "Black Plague (Piaga Nera)", traccia introdotta da un malvagio intro che con una ricercata fastidiosità ci conduce ad una tenebrosa voce dagli accenti satanici. In un costante crescendo del suono di sottofondo, presto coadiuvato da alcuni suoni che ricordano quelli di numerosi grilli, siamo improvvisamente scaraventati nella grande violenza di questa traccia. I riff incalzano con rapidità e aggressività, congiungendosi con una naturalezza impressionante, e la straordinaria voce del vocalist Keith dona accenti non solo taglienti come pochi, ma anche dal sound incredibilmente crudele e sferzante; è la prestazione del cantante ad essere un grande segreto della straordinarietà di queste prime battute del full, mentre i riff conducono con sorprendente scorrevolezza al rapidissimo assolo di chitarra che si interseca meravigliosamente con la potenza del brano e la sua ratio di impressionare sin dai primi istanti tramite un grande impatto sonoro. Terminato l'assolo un secco rallentamento (per quanto sia possibile parlare di "rallentamenti", siamo in presenza di una traccia che fa della velocità una delle sue principali caratteristiche) ci dona un secondo di respiro, proprio come una boccata d'aria presa per non affogare sott'acqua: questo frangente di pausa altro non è che la preparazione ad una nuova scarica sonora, per una traccia che a velocità assoluta ci conduce all'incredibile conclusione di questi quattro minuti di ascolto, aggressivi e inarrestabili. L'irruenza di questi quattro minuti musicali si riflette anche sulla parte testuale della canzone: le liriche narrano della fine dei tempi, che vedranno la malvagità all'apice della storia umana; in quest'era, il bene sarà corrotto al punto che gli esponenti della luce diverranno i primi seguaci del male: è in questo scenario che, fra morte e dolore, si combatteranno le battaglie finali della storia dell'uomo. Questo scenario apocalittico vede i crudeli invasori attaccare e radere al suolo le città, mentre gli indifesi innocenti ne patiscono ogni conseguenza: proprio come una nera piaga, i neri eserciti delle forze del male sono destinati a conquistare ogni cosa, mentre i "perseguitati" asserviti alla tirannia non potranno far altro che perire silenziosamente nel loro infinito stato di dolore e sofferenza. Si conclude questo primo episodio dall'immediato impatto, meravigliosamente contraddistinto anche dalla furia e dal taglio di chitarra ottantiano apportate dalla produzione.
Evil's Rising
Si prosegue in pochi istanti con la seconda traccia di questo storico full-length, intitolata "Evil's Rising (La Crescita del Male)": come si può facilmente intuire dal titolo della canzone, le tematiche non sono destinate a discostarsi molto da quelle che abbiamo letto nella precedente "Black Plague". In queste liriche, sembra quasi di vivere per certi versi una fase subito precedente rispetto a quella della prima traccia, ritrovandoci praticamente all'interno nel medesimo racconto: questo perché il racconto si incentra sull'avvento del male, e su cosa questo si basa. La malvagità infatti risiede nella volontà di ottenere sempre più potere e controllo rispetto a quanto si ha, una malata bramosia che risiede nelle tentazioni provenienti dal peccato: è proprio tale desiderio l'eccesso che porta le povere anime, vittime del maligno, a vivere in un luogo perduto dove ci si lamenta per l'eternità. Per quanto riguarda la nostra Terra, nel pianeta il male è in aumento, e ci si avvicina sempre più al giorno in cui ogni cosa sarà decisa: l'eterno conflitto fra gli infernali fuochi e la splendente luce è dunque molto vicino a concludersi una volta per tutte. Per quanto riguarda il suo lato musicale, il brano si apre con due ben scanditi power chord di chitarra, che introducono l'evocativo intro di sei corde. Dopo questa serie di power chord e macabri acuti chitarristici, veniamo improvvisamente e immediatamente immersi in una furiosa serie di alternate picking a tutta velocità, dove saremo condotti alla bellissima strofa di canto. Durante questa strofa, la velocità è meno estrema rispetto a quanto ascoltato nel primo brano, mentre è più presente una vibrante componente musicale: ciò avviene tramite la sensazionale prestazione del vocalist, che alterna con una capacità incredibile linee di voce estremamente raschiate, furiose e urlate ad altre più pulite e dai toni acuti, contraddistinte da una ben accentuata melodia; su questi cambi vocali si evolve la canzone, fino a giungere allo stupendo assolo di chitarra: siamo qui in presenza di uno stupendo duetto fra i due chitarristi, che si alternano in una serie di esecuzioni sì rapide, ma dotate di melodia e gusto assoluto: fasi come queste ci fanno a tratti proprio pensare a quelle influenze provenienti dalla NWOBHM tanto presenti nelle band di questo periodo storico. Questo bellissimo brano si concluderà lasciandoci in testa le sue melodie e continue "alternanze", ben distinguibili e incantevoli fino all'ultimo e aggressivo istante di traccia.
Blood of the Saints
Ci dedichiamo ora alla terza traccia, intitolata nientemeno che "Blood of the Saints (Sangue Dei Santi)". La canzone ci lascia già ottime premesse con la potentissima introduzione, stavolta incentrata su ritmi lenti; dopo una serie di coordinati ed incisivi power chord, la band californiana lancia subito uno squarciante assolo introduttivo. Nel giro di qualche istante parte la strofa, con la solita grandissima prestazione vocale ma anche uno straordinario supporto da parte della base musicale, che svolge un lavoro roccioso a 360°: se qui l'alternate picking è sì rapido ma non forsennato, emerge in primo piano quella che è la compattezza sonora e la robustezza del sound. Caratteristica principale del brano resta comunque la presenza di una forte linea melodica e musicale, che si va ad unire con la componente più aggressiva in maniera efficace e di eccezionale godibilità: ciò avviene specialmente durante il secondo assolo, ma questo dualismo musicale resta certamente la principale caratteristica della traccia; è inoltre da notare che ciò è ancora una volta reso possibile grazie alla straordinaria prestazione del vocalist, che torna come nella traccia precedente ad alternare sapientemente spettacolari linee di voce più strazianti e taglienti ad altre più acute ma musicali: certamente, senza questa straordinaria voce non potremmo parlare di "Terror and Submission" nello stesso modo in cui ci ritroviamo oggi a fare. Nelle liriche un urlo straziante irrompe nel silenzio della notte: si tratta di una liberazione da una situazione opprimente, un terrore che avvolge intorno a sé una vita satanica e dannata. Ancora una volta, la band ci catapulta in un bellissimo racconto dagli evidenti caratteri apocalittici: nella guerra fra bene e male, i cinque ragazzi scelgono qui nel loro brano di soffermarsi maggiormente sugli aspetti morali, spiegando che l'accusatore sarà il primo ad essere giudicato, come anche quelle che sono le sofferenze incredibili che subiranno martiri e santi. Fra malattie, fame e malefici inganni, vi sarà però una grande luce, antagonista di questa malvagità, una luce descritta come una guida: è nella misericordia e nel sostegno che vive il bene, un bene che presumibilmente avrà ancora molto da dire prima di crollare in questo macroscopico ed eterno conflitto.
Mortal Fear
Chiuso questo bellissimo terzo brano ci dedichiamo ora alla quarta traccia, penultima del side A, che si intitola "Mortal Fear (Paura Mortale)": sin dai primissimi istanti la traccia si contraddistingue per una enorme componente melodica, superiore a qualsiasi altro brano di questo full-length (per quanto ascoltato fino a questo momento). Le ritmiche di chitarra assecondano qui la linea vocale, fungendo da semplice base per l'interpretazione di Keith Deen al microfono, come sempre incredibile per la capacità di rendere aggressiva e soprattutto incisiva una musicalità neanche semplice da valorizzare a causa della sua semplicità e linearità di base. Il brano, su continue, affilate e furiose ma musicali scariche di alternate picking, ci conduce allo squillante assolo di chitarra, che torna qui ad essere un vero e proprio duetto fra i due chitarristi. Se la produzione valorizza ancora una volta questo lavoro, questo discorso vale anche per questa sezione di scambi di chitarra solista, che si dimostra stupenda per la sua capacità di esaltare l'ascoltatore senza però snaturare la fluidità e gli accenti musicali della traccia: insomma, ancora una volta ci ritroviamo ad ascoltare un encomiabile compromesso fra potenza e melodia; fra l'altro, la presenza di questa canzone a questo punto dell'album si rende perfetta nel modo in cui si inserisce negli equilibri del full. Il pezzo ci narra di un viaggio fra mortalità e immortalità, dei confini fra ciò che è umano e ciò che al contrario possiede una natura divina. Il protagonista di questo racconto è un cercatore di fortuna, un erede al trono che durante ciò che appare come un lunghissimo cammino riflette sulla mutevole natura delle cose. In particolare, il brano si incentra sulla constatazione che persino gli immortali dei possiedono limiti, l'incertezza regna sovrana in tutto ciò che esiste e il vero dono della vita lo si comprende probabilmente durante il tanto temuto momento della morte. La traccia, ancora una volta contraddistinta da un racconto estremamente interessante e accattivante, conferma la tendenza di questo "Terror and Submission" nel trattare tematiche perlopiù ultraterrene e talvolta caratterizzate da brevi accenti di stampo filosofico.
Guardians of the Netherworld
Ultimo capitolo del Side A di questo 12'' è il quinto tassello di questo album, dal titolo "Guardians of the Netherworld (Guardiani Degli Inferi)". La canzone viene introdotta con un riff di chitarra magnetico, stregante per la sua bellezza e per i suoi caratteri criptici. Contraddistinto da ritmi lenti, questo potente e brevissimo intro risulta essere evocativo al massimo e, per certi versi, richiama ad un sound tipico di quella che qualche anno dopo diverrà la scena metal nordica. Terminata questa breve introduzione la canzone ci dona una strofa serrata ma mai eccessivamente rapida, contraddistinta dalla cadenza ritmica e dal carisma vocale del vocalist. Questa è una traccia che, rispetto alle precedenti, si dimostra addirittura più originale e per l'appunto magnetica, accattivante per il suo modo di proporsi al nostro ascolto; uno degli elementi fondamentali della canzone è la progressiva accelerazione: il brano, infatti, nella sua durata diviene progressivamente più rapido e sostenuto, contraddistinguendosi inoltre per lo straordinario assolo di chitarra che, sostenuto dal riff principale che caratterizza quasi l'intera durata della traccia, mostra nella sua lunga durata le incredibili capacità tecniche di questo quintetto; sebbene questa fase di chitarra solista sia piuttosto classica, ciò non impedisce a questo lungo frangente di chitarra di rivelarsi spettacolare e esilarante, su evoluzioni musicali che profumano ad ogni singolo istante di buon vecchio Thrash Metal ottantiano: è proprio questo assolo che, eseguito encomiabilmente da Kurt Kilfelt, regala a questo già fantastico brano una marcia in più, la capacità di rendersi unico anche rispetto ad alcune delle precedenti tracce che già erano di alto livello. I protagonisti di questa canzone sono i guardiani di luoghi proibiti, protettori di un posto dove la visione di anime appassite e l'ascolto di urla di dolore sono all'ordine del giorno. In questo luogo etereo, quindi basato su una realtà non incentrata sulla materia ma presumibilmente sull'energia, si combatte una letale guerra: in particolare, il conflitto sembra essere interno fra i protettori stessi, questi custodi del luogo proibito; mentre la lotta infuria, questo luogo viene descritto con accenti pagani, dove è infatti completamente assente la presenza della santa trinità: ci si trova quindi dinanzi a uno spietato conflitto civile etereo, combattuto con tecniche a noi del tutto estranee e difficilmente conoscibili tramite quelle che sono le nostre umane e limitate conoscenze.
Distant Calling
Chiuso il bellissimo Side A di questo full-length, il Side B si apre con "Distant Calling (Chiamata Distante)", traccia che ruggisce sin dalle primissime battute con un riff in alternate picking di velocità esagerata; questo rapido frangente musicale sarà tuttavia ben presto destinato a trasformarsi, dal momento che seguirà un'evoluzione di ritmo più contenuto e contraddistinta da un'enorme componente melodica. Questa "Distant Calling" si caratterizza infatti sin da subito per la maggiore musicalità, cosa che si riflette anche sulla performance del vocalist: la linea vocale è infatti meno aggressiva e tagliente rispetto al solito, ma si mantiene comunque in qualche modo affilata e carismatica al fine di valorizzare al meglio le melodie di questa bellissima canzone. Ruolo secondario hanno invece le due chitarre, che fungono qui per gran parte della traccia da mero accompagnamento melodico per quella che è ancora una volta la carismatica vocalità di Keith Deen. Di grande spessore è invece l'assolo di chitarra, gustoso ed esplosivo, e che davvero rende giustizia alla bellezza di questi quattro minuti e venti di ascolto: siamo in presenza di un brano che porta grandi influenze provenienti dalla NWOBHM, integrate con le più aggressive e incisive del metal più tipico della seconda metà degli anni '80. Una volta terminato l'ascolto, realizziamo che questa è davvero una traccia che è in grado di far innamorare lasciando in testa la sua intrigante melodia. Le liriche, evocative più che mai, ci narrano di un viaggio oltre la morte. Nella parte iniziale, le parole si focalizzano sulla descrizione dei tempi che stiamo vivendo, tempi di grande confusione e di inganni. Ad un certo punto, però, il protagonista ha l'opportunità di dare uno sguardo all'eternità, a ciò che vi è oltre la vita a noi conosciuta. L'uomo, o a questo punto sarebbe meglio dire l'anima, riesce a dare uno sguardo alla luce delle luci, all'essenza prima della vita, a ciò che noi conosciamo come Dio. L'incontro con l'eternità porta con sé nuove cognizioni dell'ordine delle cose ma, tuttavia, sembra che per il protagonista questo diverrà definitivo solo in un secondo momento. Gli Holy Terror confermano dunque ancora una volta laloro tendenza nell'affrontare questo tipo di ricercate tematiche, in un racconto ancora una volta affascinante e realmente in grado di generare coinvolgimento emotivo.
Terror and Submission
A questa straordinaria traccia segue nientemeno che la title track, intitolata per l'appunto "Terror and Submission (Terrore e Sottomissione)": dopo due power chord, il brano si apre con uno spettacolare assolo di chitarra, che "schizza" la sua melodia come un colore decora una tela in un'arte di pittura disegnata con senso artistico e un gusto unico, ma anche con quel sano senso dell'improvvisazione tipico dei grandi capolavori. Il bellissimo riff di chitarra ha la capacità di essere allo stesso tempo caratterizzato da un'enorme energia e potenza e da un gusto eccezionale, un'unione tra aggressività e melodia tipica di davvero pochi capolavori. Sebbene le variazioni all'interno della traccia siano davvero poche, arriviamo al terzo minuto d'ascolto con il massimo livello d'attenzione e di apprezzamento possibile: quando un brano, pur avendo poche variazioni, riesce a mostrarsi così spettacolare, ciò vuol dire che si è davvero in presenza di una base musicale di livello assoluto, caratterizzata da quella componente di genialità tipica ed esclusiva delle grandi canzoni. L'assolo di chitarra si mostra semplicemente perfetto, accompagnandoci con la sua eccezionale melodia nelle prime battute e poi prendendo velocità e un'espressività unica nel corso del suo sviluppo. La parte di chitarra solista è straordinaria in quanto è sia aperta che conclusa da una bellissima linea melodica che si mantiene in tema con l'unicità di questa traccia capolavoro, un episodio che scorre con una scorrevolezza e naturalezza unica; infine, non si può ancora una volta non citare la straordinaria prestazione vocale, qui splendida prima di tutto dal punto di vista compositivo. Il racconto del brano torna qui a incentrarsi sul grande ed interminabile conflitto fra forze del bene e forze del male, un conflitto che coinvolge milioni di anime nello svolgersi degli avvenimenti. In queste liriche tutto ciò che è cattivo è qui rappresentato dalla figura di un principe delle tenebre, nemico che porta terrore e scompiglio, sottomettendo più vittime possibili; mentre nell'atmosfera si diffonde un forte odore di sangue, le banshee urlano la loro aria infernale mettendo in pericolo ogni anima fedele e sensibile. Il ritornello, che ripete più volte le parole "submit to force", descrive le imposizioni che gravano su tutti coloro che vogliono mantenere uno stato di libertà, tentando di distaccarsi da ciò che proviene da questa misteriosa e malvagia forza antagonista che vincola le anime ad un destino che non sentono come proprio: appare dunque un obbligo, una forzatura che impedisce il più basilare diritto alla libertà, la vera componente malvagia di questa spettacolare title track.
Tomorrow's End
"Tomorrow's End (La Fine del Domani)" è l'ottava traccia di questo full-length, con cui ci apprestiamo a procedere. La canzone si mostra sin dai primi istanti estremamente classica, proponendo un Thrash Metal rapido e aggressivo che in alcuni frangenti profuma addirittura di scena teutonica. La vocalità torna qui su accenti molto taglienti e incisivi, abbandonando quell'esigenza di unire sotto un'unica anima aspetti più "melodici" e aspetti più "metallari". Nel suo stampo classico, la canzone dopo 2 minuti e 30 circa di ascolto si ferma improvvisamente proponendo un riff più particolare e di minor velocità: torna qui una certa componente melodica, sebbene le armonie siano piuttosto standard e per certi versi prevedibili. Come un fulmine a ciel sereno, dopo questo frangente "calmo" della durata di un minuto circa, il velocissimo assolo di chitarra sferza a rapidità estrema, tramite un duetto fra i due chitarristi che disegna uno scambio dalla godibilità assoluta. All'interno di questo stupendo full, questo pur bellissimo brano ha qualcosina in meno sotto l'aspetto innovativo, mentre rincara la dose sotto il punto di vista della potenza e dell'impatto sonoro. In toto, appare giusta la scelta di inserire una traccia subito più rapida e tagliente dopo aver ascoltato la bellezza artistica delle precedenti "Distant Calling" e "Terror and Submission". Le liriche narrano di un Apocalisse che si abbatte sulla Terra: qui proiettili di morte cadono dal cielo portando alla distruzione dell'umanità, un'oscura nebbia porta la vita a marcire, presenze malvagie ululano attraverso l'aria minacciando morte e terrore. In questo scenario terrificante sono i demoni a dominare la notte, portando dolore e malattia; è inoltre Lucifero ad essere al timone dei destini dell'umanità, causando quindi un'era di guerre e distruzione. Questa sorta di "impero infernale" ottiene sempre più controllo, mettendo il nostro pianeta in uno stato di crescente crisi. Purtroppo, alla fine di questo racconto non vi è alcun finale felice, ma solo la tremenda consacrazione di un destino che non porta con sé nulla di buono. Il brano si mostra puntuale e preciso, adatto al ruolo che ricopre all'interno del full, e la mancanza di accenti positivi all'interno delle liriche serve nientemeno a ricordare che siamo in ascolto degli Holy Terror, una band del mondo Heavy Metal con i controfiocchi: se si desiderano fiabe per bambini, "Terror and Submission" è dunque il posto sbagliato dove cercare.
Alpha Omega - The Bringer of Balance
L'album si chiude con la nona traccia, intitolata "Alpha Omega - The Bringer of Balance (Alfa e Omega - Il Portatore di Equilibrio)". Le prime battute mostrano subito una canzone enfatica e ricca di spunti, primo fra tutti quello derivante dal riff principale: questo è estremamente particolare e, in una continua e breve ripetizione di note, è caratterizzato da una grandissima espressività. Questa tendenza della prima parte di traccia tende, con lo scorrere del brano, a trasformarsi in qualcosa di più roccioso, un sound duro e compatto; siamo dunque in presenza di una canzone che fa della sua robustezza la sua principale caratteristica, sebbene anche (oltre ovviamente al vocalist) gli assoli di chitarra svolgono un ruolo chiave: a questi frangenti di chitarra solista è infatti dato il compito di "spezzare" il brano da queste serrate e continue scariche ritmiche, restituendo l'enfasi iniziale tramite squillanti accenti intrisi di un gusto unico e da una grande capacità di riportare con efficacia le melodie principali della traccia. Altra grande qualità di questo ultimo pezzo è quella di mettere in atto nella sua seconda parte una serie di stupendi stop and go: il brano realmente si ferma per alcuni attimi, per poi riprendere dopo pochi istanti il riff prima interrotto. Questa caratteristica, insieme ai continui e numerosi assoli di chitarra, permette a questo bellissimo episodio conclusivo di non annoiare mai nonostante la mancanza di frangenti particolarmente "brillanti" sotto il punto di vista dell'imprevedibilità, della capacità di scoprire e sorprendere durante l'ascolto. Nella scelta di chiudere questo bellissimo full-length con un brano basato sulla potenza e compattezza sonora, incuriosisce come sempre approfondire le criptiche ed enigmatiche liriche della traccia. Questo racconto si focalizza sul male, e in particolare sulle aberranti gesta che questo fa compiere ai danni di coloro che sono più buoni e fedeli: in una vera e propria guerra, che per la verità assume perlopiù i tratti di un massacro, avviene lo sterminio di numerosi soldati timorosi del combattimento, dunque timorosi della morte. La ricerca della luce e la caduta nel peccato sono altre tematiche fondamentali del brano: in particolare, è il peccato il mezzo tramite il quale i malvagi compiono i loro atti e, tramite questo mezzo d'inganno, la propria anima entra in una sorta di status d'angoscia derivante dalla consapevolezza che durante la propria vita non si è agito come in realtà si doveva.
Conclusioni
Questo "Terror and Submission" possiede tutto ciò che serve per poter essere un album capolavoro, un lavoro sì appartenente al mondo dell'underground ma con quel qualcosa in più che contraddistingue le grandi opere: nota dopo nota, riff dopo riff, questo storico full-length di debutto dei californiani Holy Terror è in grado di generare nell'ascoltatore un coinvolgimento emotivo straordinario, cosa possibile solo in presenza di un lavoro di qualità ben superiore all'ordinario. Il primo elemento musicale che sorprende in queste nove tracce d'ascolto è l'incredibile capacità di unire alla perfezione un'anima melodica ed una aggressiva: l'album non è mai realmente "poco aggressivo" in alcun momento, ma certamente molto spesso dotato di una propria e ben contraddistinta musicalità, e il modo in cui questi due modi di essere si vanno a congiungere è il vero tassello di genialità del lavoro; in particolare ciò è possibile tramite le straordinarie capacità vocali di Keith Deen, che riesce a donare un carisma unico ad ogni singolo frangente di canto, anche in momenti non facili: ad esempio, talvolta avviene che la linea musicale della strofa è già molto espressiva e ben delineata autonomamente e, a quel punto, la vera difficoltà per un vocalist è quella di non mostrarsi scontato e banale dietro al microfono nell'emulare una base melodica già ben espressa dal riff di chitarra; in queste fasi, Keith Deen riesce a mostrare tutte le sue capacità riuscendo a donare un tocco unico anche a sezioni musicali caratterizzate da questa grande difficoltà, rendendo un brano di ottimo livello un brano straordinario a tutti gli effetti. Ovviamente, sono tutti i componenti della band a svolgere un lavoro encomiabile, in particolare Kurt Kilfelt possiede capacità di composizione fuori dalla norma. Un'altra cosa che colpisce è il posizionamento delle tracce, veramente sapiente: tramite il modo in cui è strutturato, questo "Terror and Submission" riesce non solo a non far annoiare nemmeno per un secondo il suo ascoltatore, ma ad intrattenere ad un livello di attenzione massimo fino all'ultimo respiro. Tutto ciò è possibile grazie a un continuo alternarsi fra momenti di intensità massima e momenti di intensità minore, e soprattutto fra tracce incentrate su una maggiore vena aggressiva e altre più basate sulla loro capacità musicale e melodica a 360°. Questo full è in grado di servire canzoni compatte e rocciose, in grado di scorrere con una naturalezza e scorrevolezza sorprendente, che si mostrano però allo stesso tempo accattivanti e carismatiche. "Terror and Submission" è, in poche parole, un album che ha la capacità e il merito di restare nel cuore, anche grazie ad uno stile musicale unico ed esclusivo del lavoro, non ascoltabile o riscontrabile in nessun'altra band al mondo. La bellezza e la caratterizzazione delle liriche inoltre certamente aiuta, in quanto riesce ad immergere l'ascoltatore in un universo parallelo e continuo: se molte volte trattare la stessa tematica all'interno di un full può essere negativo, qui invece ha un effetto straordinario in quanto dona un effetto "concept" che si congiunge in maniera straordinaria alla linea musicale delle nove tracce, una linea musicale che sembra a sua volta autonomamente parlare di un Apocalisse o di un conflitto fra forze del bene e forze del male, di una tentazione satanica oppure di un'ascesa al cielo. Bellissimo anche l'artwork che, raffigurante una croce su cui è inchiodata una creatura demoniaca simile ad un grande e mostruoso serpente dotato di braccia, (esatto, non è Gesù Cristo a essere inchiodato ma un essere malvagio) trascina con sé un senso ricco di grande profondità e che è in grado di lasciare i più grandi spazi alla nostra libera interpretazione.
2) Evil's Rising
3) Blood of the Saints
4) Mortal Fear
5) Guardians of the Netherworld
6) Distant Calling
7) Terror and Submission
8) Tomorrow's End
9) Alpha Omega - The Bringer of Balance