HOLY MARTYR

Invincible

2011 - Dragonheart Records

A CURA DI
PAOLO VALHALLA RIBALDINI
19/06/2011
TEMPO DI LETTURA:
8

Recensione

Per l’italianissima epic metal band Holy Martyr il 2011 segna l’uscita del terzo full-lenght, dopo i successi di "Still At War" nel 2007 e "Hellenic Warrior Spirit" l’anno successivo. L’ultima loro fatica, intitolata "Invincible", lascia da parte l’ambientazione greco-romana dei precedenti album per addentrarsi nel misterioso mondo del Giappone feudale, in particolare del periodo Sengoku Jidai (1478-1605), detto anche "degli stati combattenti". Fu un’epoca di grande caos politico e di sanguinosi scontri tra i clan familiari giapponesi per aggiudicarsi il dominio militare e politico, riassunto dalla figura carismatica e praticamente onnipotente dello shogun (una specie di dittatore tendente a mantenere il potere anche nei momenti non critici per la nazione, e spesso con autorità superiore anche a quella dello stesso imperatore). Forse, più che riferirci al periodo storico vero e proprio, potremmo dire che gli Holy Martyr ne restituiscono fedelmente in questo disco l’immagine trasmessaci dalla cinematografia, dai fumetti, dalle leggende, in primis attraverso i capolavori del grande maestro Akira Kurosawa, il regista considerato uno dei padri della cinematografia nipponica. Non solo samurai e Kurosawa, come vedremo, sono le muse ispiratrici di questo lavoro.

Le figure principi di questo affascinante capitolo della storia umana sono senza dubbio i samurai, che tutti conosciamo per essere guerrieri valorosi, votati all’onore, al coraggio, alla disciplina ed al servizio, circondati da un’aura di leggenda tale da renderli praticamente invincibili nei resoconti che parlano di loro. Le prime due piacevoli sorprese, sfogliando il booklet elegante e curato, illustrato come se fosse una pergamena giapponese, sono la dedica dell’album al defunto Ronnie James Dio e l’augurio alla popolazione del Giappone, colpita in questi ultimi mesi dalla terribile catastrofe dello tsunami e dal conseguente incidente nucleare, di rialzarsi fiera in piedi il più presto possibile. Il primo brano dell’album è la strumentale "Iwo Jima", ispirata chiaramente al famoso scontro tra la marina statunitense e quella del Sol Levante durante la Seconda Guerra Mondiale. Parziale base concettuale è stata fornita anche dal magnifico film di Clint Eastwood, "Letters from Iwo Jima", che tratta appunto dal punto di vista giapponese questa tremenda battaglia. Giusto il tempo di abbandonare l’estatico arpeggio di "Iwo Jima" e "Invincible" ci catapulta immediatamente in un sound fatto di chitarre pesanti, di una sezione ritmica incalzante e di una voce stentorea e potente, quella del frontman Alex Mereu, perfetta per rendere non solo l’immagine degli eroi giapponesi della cinematografia di cappa e spada, ma anche il loro tonante grido di battaglia. La successiva "Lord of War" è l’unico brano a discostarsi leggermente dall’ambiente nipponico, trattandosi di una rivisitazione musicale dell’omonimo film interpretato da Nicolas Cage, che racconta le vicende di un trafficante d’armi ai giorni nostri, e della sua ascesa verso il successo tramutatasi poi in bruciante sconfitta. Qui le ritmiche dei chitarristi Eros Melis ed Ivano Spiga (compositore di tutte le canzoni tranne "Iwo Jima", scritta dal bassista Nicola Pirroni) si fanno più fitte ed aggressive. Anche "Ghost Dog" prende spunto da un episodio del grande schermo, in questo caso dal magnifico film del 1999 di Jim Jarmusch interpretato da Forest Whitaker. Il protagonista è un gigantesco sicario di colore, che vive ai tempi nostri in totale solitudine eseguendo i comandi del proprio padrone e leggendo continuamente l’Hagakure, sui cui principi basa la propria esistenza. "The Soul of my Katana" è un pezzo che loda le capacità e la sacralità dell’arma prediletta dai samurai, la spada che simboleggiava l’appartenenza alla nobiltà: il potere di portare armi caratteristico anche delle aristocrazie guerriere occidentali. "Shichinin No Samurai" racconta fedelmente il capolavoro di Akira Kurosawa, intitolato"I Sette Samurai" (in cui figura anche l’attore-feticcio di Kurosawa, Toshiro Mifune) e fonte di ispirazione di una delle maggiori leggende western della nostra cultura, "I Magnifici Sette". La storia narra di sette samurai arrivati per diversi motivi in un villaggio di contadini vessato da briganti senza scrupoli. In un’epoca di grande decadenza per i principi di valore e compassione tipici dei guerrieri giapponesi, che diventano sempre più mercenari al soldo del miglior offerente, i sette protagonisti scelgono di aderire agli antichi comandamenti onorevoli e di difendere il villaggio senza nulla in cambio, andando coraggiosamente incontro alla morte. "Takeda Shingen", un brano potente ed aggressivo sin dalle primissime note, si ispira ad una delle figure storiche giapponesi più importanti, Shingen del clan Takeda (i nomi di personaggi storici del Giappone feudale sono strutturati anteponendo il nome del clan al nome proprio). Egli fu un generale di grande capacità, ed autore di gesta militari che ancora oggi riecheggiano nella memoria del popolo giapponese. "Kagemusha" si ispira ad un altro capolavoro di Kurosawa, erroneamente tradotto in Italiano come "l’ombra del guerriero", ma che in realtà significa "guerriero-ombra", e si riferisce alla storia di un ladruncolo strappato alla forca per impersonare il defunto Takeda Shingen, ed evitare così la facile invasione delle terre dei Takeda. Totalmente identificato nel ruolo del feudatario, si ritrova alla fine della vicenda a cercare la propria identità perduta su un campo di battaglia. "Sekigahara" narra la grande battaglia avvenuta nel 1600 fra i clan Tokugawa e Toyotomi, che determinò l’inizio della cosiddetta "era Tokugawa", una lunga parentesi di dominio da parte di questa famiglia, destinata a concludersi solo nel 1867. Il ritmo in controtempo da parte della batteria ed i numerosi stacchi lo rendono un pezzo epico ma al contempo molto heavy. "Zatoichi", invece, è l’ultimo brano del cd, il più orecchiabile e trascinante. Il samurai protagonista, raffigurato anche sulla copertina del digipack, è un massaggiatore cieco, giocatore d’azzardo, che dietro un aspetto fragile ed innocuo nasconde un’imbattibile padronanza della spada. Errando per il Giappone, difende gli oppressi ed i bisognosi, spesso scontrandosi con le famiglie criminali dei villaggi in cui transita. Reso celebre dai film e dalle serie televisive interpretate da Shintaro Katsu, Zatoichi è stato riportato alla ribalta qualche anno fa nella rivisitazione offerta dal grande attore e regista Takeshi Kitano. Esaurita la breve analisi dei singoli brani, possiamo dire qualcosa anche sul suono del disco: innanzitutto, la produzione si dimostra molto compatta, figlia di un buon mastering che amalgama la trama sonora in un concentrato di potenza ed assalto già caratteristica degli Holy Martyr. Il lavoro delle due chitarre, sia nelle ritmiche che negli assoli, è pregevole, e restituisce all’ascoltatore l’esplosività di un heavy metal ispirato sì alla vecchia scuola, ma al contempo arricchito dai mezzi della tecnica moderna (evento cui, ad essere completamente onesti, oggigiorno è difficile assistere anche nelle produzioni più avanzate del metal europeo, non tanto per lacune performative o tecnologiche, quanto più per scarsità di idee). La voce potente, quasi arrogante, del bravo Alex Mereu riempie egregiamente lo spazio sonoro ad essa destinato, ed in molti punti del disco sembra veramente di assistere a quelle scene di samurai incazzati che (forse restituendo un cliché troppo abusato) hanno spopolato nell’immaginario occidentale. D’altronde, l’album non è un libro di storia, quanto più, per ammissione dello stesso Ivano Spiga, il cammino attraverso un magnifico sogno fatto di leggende, racconti, poesie, spade ed onore. L’epic metal in fondo si basa su questo, quindi non possiamo far altro che dire che i Martyr sono stati ancora più "epic" in questo terzo capitolo della loro storia. Un plauso va alle potenti ritmiche di Daniele Ferru alla batteria, ed al suono martellante ma naturale e pulito di Nicola Pirroni al basso. La varietà dell’ambientazione, che si distanzia dagli immaginari fantasy e nordico comunemente saccheggiati all’interno del genere, contribuisce ad aumentare la curiosità e l’attenzione verso questo "Invincible", che si rivela un ottimo prodotto, sia in assoluto sia comparato a molti omologhi del genere in ambito europeo. I testi non banali e la particolare accentazione data dalla pronuncia del cantante conferiscono ai brani una peculiarità che invoglia al secondo, e poi al terzo ascolto. Manca forse, come unico possibile neo, un pezzo leggermente più calmo che equilibri l’economia generale del disco. Nel complesso, una felice novità del 2011, che farà contenti molti fan del metallo epico italiano, desiderosi di una variazione più heavy ed aggressiva rispetto ai canoni del genere oggi così in voga. L’unico consiglio, non ascoltate troppe volte "Zatoichi" o incorrerete nell’ira del vicinato.. 


1) Iwo Jima
2) Invincible
3) Lord of War
4) Ghost Dog
5) The Soul of my Katana
6) Shichinin No Samurai
7) Takeda Shingen
8) Kagemusha
9) Sekigahara
10) Zatoichi